Intervista a Francesca Bartellini,Francesca, drammaturga, regista, e attrice di grande carisma.
di Serena Dinelli
Evento straordinario a Milano il 23 e 24 aprile: va in scena al nuovo Teatro Pacta, Salone Dini, “Sermones”, scritto e interpretato da Francesca Bartellini, dialogo con il pubblico di Eva, una Donna-Prete, vestita dai costumi ideati da Caterina Crepax.
Un attraversamento stupefacente della nostra cultura millenaria per associazioni fulminanti e anche comiche, dai buchi neri alla Santissima Trinità, che approda alla luce della libertà e del rinnovamento. Felice tour de force che ho letto tutto d’un fiato, per cui ho deciso di intervistare Francesca, drammaturga, regista, e attrice di grande carisma. Di Francesca Bartellini avevo già apprezzato il film su Mario Monicelli e il bellissimo documentario sul poeta Sandro Penna (alla fine, tra il pubblico della Casa del Cinema, a Roma, c’era chi piangeva commosso…). Questa autrice propone sempre avventure speciali, come il film “Ubuntu”, un percorso attraverso il cammino difficile del perdono, girato tra Italia e Sudafrica nel 2000: Desmond Tutu aprì subito le porte a questo progetto, poi finanziato dalla Rai e dalla Produzione Les Films D’ICI, la stessa che ha prodotto “Fuoco a mare”.
Serena Dinelli: Francesca, il tuo curriculum ha un grande spessore. Reciti in italiano, inglese e francese, scrivi e realizzi per il teatro e per il cinema, hai fatto cose di grande qualità. Com’è nata la tua vocazione artistica?
Francesca Bartellini: E’ nata nell’infanzia, vivevo in una famiglia molto stimolante, mia madre era una bravissima giurista, ma purtroppo l’ho perduta presto; mio padre mi ha fatto crescere in un ambiente pieno di musica, e tutt’ora, quando scrivo per il teatro, mi accorgo che sento il testo e la messa in scena come una partitura musicale … Poi nella mia storia c’è stata come una rottura, ho perso il filo della vocazione artistica per qualche anno, prima volevo studiare fisica, “il cosmo mi parlava”, ci capivamo, ma ho finito per studiare filosofia, specie i filosofi del Rinascimento, su cui ho fatto il Master alla Ecole d’Hautes Etudes a Parigi. Poi, come per caso, mi sono imbattuta di nuovo nel teatro, incontrando a Milano Renzo Casali e il gruppo della Comuna Baires, con loro ho studiato e lavorato per un periodo. Io però, più che al teatro d’avanguardia, sono vicina alla scuola inglese, in cui il testo teatrale e la drammaturgia sono importanti. Però ormai avevo ritrovato la strada, e mi sono trasferita negli USA, dove ho lavorato per alcuni anni, in particolare con l’Organic Theater di David Mamet a Chicago, anche su testi miei, e mi sono anche formata col mio maestro, Joseph Strasberg, il figlio di Lee. Poi sono tornata in Europa, dove ho scritto e prodotto vari documentari, tra Africa, Grecia, Italia, Francia. E’ nata allora che la prima versione di Sermones. In quel periodo stavo studiando i Manoscritti del Mar Morto, i Vangeli apocrifi, e la diversa, affascinante storia di Gesù che ne viene fuori … Su questo avevo scritto un testo ampio, ma allora suonava troppo provocatorio, l’ho tagliato e ne ho ricavata una scheggia, Sermones.
S.D.: Quello che particolarmente mi piace e mi interessa del tuo lavoro è che attraversa la realtà con uno sguardo in cui ci sei profondamente come donna, che pensa e sente con la sua speciale sensibilità, ma a tutto campo, senza limitarsi a certi temi.
F.B.: Sì, per me il femminile e il maschile sono due grandi principi vitali. Il mondo e la cultura in cui viviamo, da qualche migliaio di anni, ha espulso e emarginato il femminile. Ma il maschile da solo non ce la fa, vediamo come combina anche veri disastri. I due principi sono molto differenti e nella diversità possono intersecarsi. Oggi, lo scompaginamento culturale totale che stiamo vivendo apre le porte a nuove e diverse possibilità, al di là degli enormi e spesso tragici ‘pasticci’ in cui per troppo tempo siamo stati immersi. Allora sarà la luce per tutti.
S.D.: Un’ultima domanda. Quali ti sembrano le difficoltà e i punti di forza nella tua esperienza di donna artista?
F.B.: Sì, per esempio il mondo del cinema, dove girano soldi e potere, è molto maschile, e non è facile. Lo hanno detto del resto anche Meryl Streep o Kate Blanchet. Le alleanze con le donne in gamba nell’ambiente artistico sono importanti. Io considero le persone, non penso alle donne a priori, e ci arrivo ogni volta nei fatti. Quello che ho visto è che alle donne, quando smettono di competere, non importa nulla del potere per come oggi è. Certo, ci sono donne in atteggiamento competitivo, come preoccupate di essere le più brave per un ‘padre interno’. Ma quando vanno al di là, le donne hanno un atteggiamento meravigliosamente diverso, e collaborare è bellissimo.