La confessione di Nicola all’amico Giuseppe
di Giuditta Abatescianni
“Giuseppe, amico mio carissimo, voglio dirti una cosa, se non mi sfogo divento matto.
La questione è che mia moglie da un po’ di tempo in qua sta facendo la cretina e se ne viene fuori con frasi del tipo: “ Nicola voglio andare a ballare, noi la sera dobbiamo uscire, andare a cinema, andare al teatro, andare a fare qualche viaggetto.”
“Meh e che c’è di male in tutto questo?”
“Niente, niente però finora non le sono mai venuti questi desideri ma, da quando ha fatto amicizia con una donna divorziata le sono venuti tutti queste voglie di fare la vita della donna libera. Pensa, Giuseppe, che ora va dall’estetista, dal parrucchiere e anche in palestra! Insomma secondo me è proprio uscita fuori di testa. E non è finita qui, pensa Giuseppe che la sera incomincia a fare la gatta morta rimirandosi allo specchio con lingerie di pizzo e poi mi stuzzica! Insomma mi è venuto subito qualche sospetto, mi sono innervosito talmente tanto che non ci ho visto più e l’ho caricata di botte. Tu mi conosci, Giuseppe, sai che in vent’anni matrimonio non le ho dato mai uno schiaffo, anche se, a volte, lo meritava! Comunque non so che cosa mi ha preso, lei non ha reagito ed è andata a dormire sul divano.
Stamattina non mi ha portato il caffè a letto, mi sono alzato e l’ho trovata già vestita truccata con qualche cerotto sulla fronte e sul labbro e una valigia: stava andando via da casa, via da me.
Non so che cosa mi è successo, devi credermi, il sangue mi è salito alla testa, lei nientedimeno stava andando dai carabinieri per denunciarmi, a me!!! E per che cosa poi? Per un po’ di pugni calci e schiaffi come un bravo marito deve fare perché la moglie stia al proprio posto!
E lei anziché ringraziarmi per il mio amore ha incominciato a ribellarsi e a dirmi che ormai era finita, che io sono stato violento e prevaricatore, a me, capisci Giuseppe, a me che sono un uomo onesto e lavoratore. Meritava una lezione, ho afferrato una bottiglia che era in cucina sul tavolo che lei non si era manco degnata di sparecchiare come faceva sempre e gliela ho spaccata in testa.
A dirti la verità vedendo che il sangue le colava sul viso, mi sono un poco allarmato, ma poi lei ha incominciato ad urlare come una pazza, le dicevo di stare zitta perché gli inquilini del condominio avrebbero potuto sentire, ma lei niente, niente, continuava a urlare e a offendermi pesantemente.
Giuseppe, amico mio carissimo, tu che sei un uomo come me, credimi io non volevo farle del male, non volevo davvero, sono un uomo buono, tu mi conosci da sempre, però lei mi ha costretto e stavolta ho preso una sedia e gliela ho scaraventato addosso chissà se la finiva di urlare.
Lei è caduta per terra, l’ho chiamata, ho cercato di scuoterla ma lei era svenuta. Sotto la gonna si vedevano le mutandine nere di pizzo e allora davvero non mi sono controllato e ho infierito su quel corpo discinto con calci e calci e ancora calci, così almeno aveva smesso di urlare e divincolarsi, era svenuta. Ah sì amico mio ora che mi sono sfogato mi sento più libero.”
“ Scusa Nicola ma tua moglie poi si è ripresa?”
“ Ma proprio questo è il fatto, fratello mio, quella dispettosa mi voleva fare spaventare, voleva darmi una lezione fingendo di essere morta. Le ho gettato acqua in faccia ma lei aveva gli occhi spalancati che mi guardavano torvi e non fiatava…era morta!”
“ Accidenti Giuseppe ma hai chiamato un’ambulanza per portarla in ospedale?”
“ Ma che dici, ormai quando mi sono reso conto che non c’era più nulla da fare, era morta davvero, mi sono ripreso e così l’ho spogliata da quegli abiti provocanti, l’ho lavata per bene, l’ho rivestita decentemente e poi dopo averla avvolta in una coperta…”
“ Giuse’, ma che stupidaggini mi stai raccontando, ieri sera hai visto qualche film d’orrore?”
“No no e poi no, ho fatto esattamente quello che un uomo, un marito onesto e onorato deve fare quando la propria moglie va fuori di testa; ti dicevo, dunque che giunta la notte ho caricato il corpo nel cofano dell’automobile e dopo averle legato una grossa fune al collo l’ho scaraventata in mare. E chi la troverà più e poi se qualcuno mi dovesse chiedere notizie sulla sua assenza da casa, risponderò semplicemente che lei ha scelto di separarsi e cambiare città.”
“ Senti Giuseppe a questo punto credo che tu non stia bene, ascoltami andiamo insieme alla questura e racconta come sono andati i fatti, ti devi costituire e non preoccuparti io ti sarò vicino.”
“ Embè tu pure sei impazzito, secondo te dovrei andare in prigione soltanto per aver compiuto il mio dovere, la colpa è stata soltanto sua, non doveva cambiare da un giorno all’altro, doveva rimanere al proprio posto e senza grilli per la testa!”
“ Amico mio ascoltami, ti prego, fallo per le sante anime del purgatorio, fallo per chi vuoi, io davvero non ti riconosco più, dai andiamo in questura.”
“ E va bene , ti voglio dare retta, andiamo andiamo, l’auto è parcheggiata proprio qui davanti al portone, vieni vieni, ora so che sei un vero amico e che vuoi aiutarmi e ti ringrazio.”
“ Scusa Giuse’ ma che strada stai prendendo, da qui non si va in questura: questa è la strada che porta al mare.”
Giuditta Abatescianni nata a Bari il 17 dicembre 1950.
Funzionario in pensione della pubblica amministrazione si dedica con passione a tutto ciò che la mette in comunicazione con il sociale.
La sua esperienza professionale nei primi quattordici anni si è svolta presso la manifattura tabacchi di Bari nel periodo post-sessantottino a contatto con le problematiche lavorative soprattutto delle donne. Nell’ultimo decennio si è occupata della trattazione del contenzioso penale relativo alle violazioni delle leggi doganali, attività questa che le ha permesso di toccare con mano la cruda realtà dei meno fortunati ed in particolar modo della vasta popolazione degli extra-comunitari.
Ha studiato lingue straniere, lettere e filosofia.