Marta Morotti, giovane scrittrice già di successo al suo romanzo d’esordio
Continuano le mie interviste a “donne eccellenti” che portano vita alla vita e che incarnano una o più aspetti della Energia del Femminile. Dopo Enrica Bonaccorti, Laura Gessner e Giulietta Bandiera oggi incontriamo una ragazza molto giovane ma che, con il suo libro di esordio, è già una scrittrice di successo.
A Marta Morotti dovevo un’intervista e con questa ho forse pareggiato i conti. Le devo un’intervista da più di quindici anni, quando era proprio una bambina. Allora io scrivevo come free lance per alcuni giornali e in particolare per il settimanale Gioia. Era la prima metà d’agosto e avevo pensato di scrivere un pezzo sulla riapertura della scuola, ero a Sestri Levante dove allora avevo una casa sulla Baia del Silenzio e Marta era lì, sulla spiaggia, giocava con altri bambini della sua età. Le avevo fatto un po’ di domande e lei mi aveva risposto con molta serietà. Ma a metà dell’opera il pezzo è stato bloccato dalla redazione che aveva altri progetti e a me questo fatto è spiaciuto soprattutto per i bambini che avevo coinvolto. Ma il femminile funziona così, procede in modo circolare e non lineare , fa strane circonvoluzioni e sceglie strade lontane e contraddittorie tra loro per arrivare alla meta. E oggi, dopo così tanti anni, siamo apparentemente ritornate al punto di partenza a sanare un vuoto energetico che io avevo creato con la mia intervista mancata. Ma, noi donne, del Tempo Lineare ce ne facciamo un baffo e oggi quella bambina è una splendida donna di ventinove anni che sta per sposarsi e che ha scritto un bellissimo libro di successo, pur essendo il suo romanzo d’esordio “L’altra metà del mondo”.
Non escludo di averlo inconsciamente letto proprio perché sentivo di averle fatto uno sgarbo ma man mano che procedevo nella lettura ne sono rimasta affascinata tanto che , dopo averlo terminato, scrivevo così:. Questa della Morotti è una storia a tratti dura, a tratti sognante, a tratti piacevolmente fuori dalle righe ma scritta sempre col binomio vincente di cuore e mente che lavorano insieme. Non è un romanzo d’amore ma è il tripudio dell’amore che si scatena quando si esce dall’apparenza e si sceglie di cavalcare la vita, non accontentandosi di osservare dall’esterno anche quello che agli occhi del mondo appare “diverso”. Una trama, all’apparenza “normale”, il racconto di un inizio d’estate a Torino dopo la maturità, rivela pagina dopo pagina continue eccezionali sorprese che accompagnano il lettore a capovolgere la verità per poterla penetrare davvero. E’ la storia di una giovane ragazza torinese che vive in famiglia all’ombra di un fratellino con ritardo mentale e un padre poco presente; la storia di una vita con il freno a mano, incapace di lasciarsi andare al presente e di affrontare l’esistenza con l’entusiasmo e la gioia di vivere che una diciannovenne potrebbe avere. Ma questa vita con il freno a mano non vede l’ora di ripartire, di rinascere, di rimettere tutte le marce possibili e riscoprire finalmente qual è la sua nota, quella che ha smesso di suonare ma che è rimasta al caldo nel mondo delle infinite possibilità che la protagonista, finalmente, sarà di nuovo in grado di considerare. Uno stile fluido, vivo, notevole per un esordio, accompagna il lettore a cambiare il punto di vista, a comprendere come tutto possa cambiare e non vi siano certezze se non quelle che ciascuno ha dentro il proprio cuore: non è possibile giudicare le vite degli altri perché anche quello che giureremmo essere la verità altrui in realtà è solo una proiezione mentale della nostra verità.”
Un romanzo che ha già vinto il Premio Internazionale Il Molinello, il Premio Internazionale Montefiore e il Premio Internazionale Città di Cattolica.
Laureata in lettere, sta scrivendo il suo secondo romanzo e insegna Scrittura Creativa al Liceo Classico di Varese. Insieme al giallista Emiliano Bezzon è stata invitata a presentare a Varese Andrea de Carlo e il suo ultimo romanzo “L’imperfetta meraviglia”, in qualità di “provocatrice”: una bella responsabilità e un grande onore per una scrittrice così giovane! Per la prima edizione del suo romanzo, uscita con Harlequin Mondadori, ha messo alla prova la sua capacità organizzativa, tenendo lei stessa contatti con la critica, organizzando incontri per presentare il libro in tante città italiane. Ora, con la nuova edizione voluta da Harpercollins, la casa editrice si sta occupando di tutto, presentazioni, articoli, recensioni, pubblicità, trasferte. Marta si è onorevolmente meritata questo trattamento che le case editrici oggi ormai riservano soltanto agli autori di successo. Ne sono felice.
Ama molto l’arte e aiuta i suoi genitori nella sede milanese di via Saffi della loro galleria d’arte contemporanea.. Si definisce impulsiva, insofferente e ingombrante, e ritiene di essere piena di difetti e di dire tante parolacce ma a me sembra una persona molto matura, con una grande capacità introspettiva: l’introspezione, quindi, e anche l’empatia sono le componenti energetiche del Femminile più evidenti in lei . Vedo la sua “eccellenza “nella capacità di convogliare le sue contraddizioni e le sue insicurezze di giovane donna in una creatività che non è sporadica e contingente, come spesso succede, ma che si è incanalata nella costruzione di un romanzo. E’ facile usare i propri punti di fragilità e le proprie sfumature interiori per piangersi addosso, per trovare scuse alle proprie difficoltà esistenziali, per giocare a fare la vittima. E’ meno immediato, invece, saperle infondere in una storia, in una serie di personaggio, in una idea narrativa. Questo lo fanno gli scrittori di talento. E Marta di talento indubbiamente ne ha molto.
*Da cosa è nata l’idea di scrivere un romanzo come il tuo bellissimo “L’altra metà del mondo”?
Da un’esigenza. L’esigenza di raccontare qualcosa di diverso da me, qualcosa che riguardasse altre vite. Quelle vite intrise di dolore, che non si spiegano, che non si raccontano, se qualcun altro non lo fa per loro.
*Che ruolo ha l’amore nelle sue svariate forme ed espressioni nel tuo romanzo e nella tua vita?
L’amore, in tutte le sue forme, è salvifico. E’ quel sentimento che permette di sopravvivere quando non si hanno più ragioni per farlo. E’ quel sentimento, che quando è sano, ci fa sentire necessari per gli altri. Personalmente, senza l’amore della mia famiglia, quello dei miei amici e quello del mio compagno sarei una persona profondamente incompleta.
*Non ci sono momenti in cui staresti benissimo da sola?
Non credo nella teoria che sostiene che ci si debba bastare da soli. Che si debba cercare la completezza in se stessi. Siamo esseri empatici e credo sia necessario l’altro per riconoscere noi stessi.
*Ci sono punti di contatto tra te e la protagonista?
Sì e no. Quando ho raccontato Maria, quando l’ho pensata, ideata, costruita, ho voluto che fosse completamente diversa da me. Per contesto, per carattere, per aspetto fisico, per esperienze vissute. Ma inevitabilmente, qualche goccia della mia persona, si è mischiata alla sua. Ci assomigliamo nel provare un senso di inadeguatezza nei confronti del mondo
*Maria indossa una sorta di corazza per proteggersi dal rischio di amare. Cosa diresti a questo proposito alle tue coetanee?
Più che proteggersi dal rischio di amare si protegge dal rischio di riconoscersi. L’amore è il mezzo perché ciò avvenga. Alle mie coetanee non saprei bene cosa dire. A 31 anni, posso dire di aver di fianco la persona con cui vorrei costruire la mia famiglia, il mio futuro. Ma non è stato semplice arrivarci.
*Maria ti ha in qualche aspetto trasformata?
No. Maria mi ha piuttosto cresciuta. Professionalmente parlando, il romanzo Le due metà del mondo e i suoi personaggi sono stati una prova. Per vedere se potevo lavorare sulla lunga stesura. E mi sono resa conto di potercela fare. In questo senso, Maria mi ha resa più consapevole, più fiduciosa.
*Quali sono le due metà del mondo?
Magari ne esistessero solo due metà… Il titolo è metafora dell’interiorità di Maria. La sua persona è divisa tra una parte cosciente, concreta, che la tiene legata alla vita reale e una parte che invece la trascina nel suo mondo, nel suo bozzolo, così che possa proteggersi dalla verità. In generale, però il mondo interiore di una persona, penso sia un miscuglio di sentimenti, emozioni, esperienze, parole, pensieri, sensazioni. E’ un impasto a volte omogeneo, a volte grumoso, a volte non amalgamato, di ingredienti diversi. Perciò non riesco a pensare a due sole metà.
*E qual è la tua altra metà del mondo?
Non saprei definirmi in due metà. Io sono piena di contraddizioni, sono un magma ribollente di sentimenti. Sono divisa in mille specchietti che un giorno si uniscono facendo combaciare i margini e riflettendo un’immagine nitida di me e che il giorno dopo si scompongono e riflettono ognuno una piccola parte di me, creando confusione. Però piano piano sto imparando a conoscermi meglio e ad essere più equilibrata. E non credo neanche nella metà della mela. Mi piace pensare a due mele intere, un po’ ammaccate, naturali, polpose, non perfettamente lucide e da vetrina, che rotolano insieme, vicine.
*La realtà cambia a seconda del punto di vista. Un dato di fatto che nel tuo romanzo è introdotto dalle due voci narranti, quello della protagonista e quello di sua madre. Nel tuo modo di vedere e di vivere la vita questa consapevolezza ha già portato dei cambiamenti in te e nelle tue relazioni con gli altri?
Assolutamente. Io so che ognuno vede le cose a modo suo. Non sempre lo ricordo, ma ne sono consapevole. Questo mi porta a cercare di comprendere gli altri, a cercare di vedere le cose attraverso i loro sguardi. Questo mi porta a scrivere. Poter vivere attraverso altre prospettive è il mio obbiettivo come scrittrice e come essere umano. Perché vivere guardando l’esistenza solo dalla mia prospettiva, per me, è riduttivo e triste.
*Lo hai scritto mentre vivevi a Torino, una città che quindi conosci bene. Perché lo ambienti proprio lì, non penso che tu lo abbia fatto solo perché la conoscevi bene.
Perché è una città molto particolare, piena di contraddizioni. Una città che respira e pulsa e che soffia la sua essenza nelle vite di chi la abita. E’ una città bellissima, ma molto malinconica, dal mio punto di vista. Sembra sempre sul punto di piangere, ma alla fine sorride. Io me ne sono andata per diversi motivi, uno di questi è che sentivo profondamente la sua tristezza e me ne impregnavo. Ora, che la vivo sporadicamente, la apprezzo molto di più. E’ splendida, è irrisolta, è amata e odiata. E’ ricca e clochard, è luminosa e piena di angoli d’ombra. E’ ricca di umanità e lei accarezza questa umanità come una gattara in solitudine accarezza le sue creature.
*Perché hai scelto di affrontare il tema del “diverso”?
Perché il diverso è un concetto molto relativo. Diverso da chi, diverso da cosa? Diverso da me, ma uguale a qualcun altro. Mi interessano quelle vite che passano inosservate, che sembrano srotolarsi mollemente lungo il corso degli anni e che invece sono vite profondamente sofferte, sentite, vissute. Che innescano bombe a orologeria. Il diverso non è diverso quando è noto, quando è conosciuto. E’ solo altro, qualcosa di altro rispetto a noi, come tutto è altro rispetto a noi prime persone. Il concetto di diverso, se conosciuto, sfuma, si scioglie nell’assimilato e perde quella connotazione negativa che si è abituati a dargli.
* Di fronte a qualcosa che ti ferisce o ti turba qual è il tuo atteggiamento, tendi a scappare o ad affrontare le trasformazioni che da lì sicuramente ti stanno aspettando?
Tendenzialmente abbraccio la vita, in ogni suo aspetto, ma non sempre con coraggio. Spesso mi capita di avere paura. Devo dire, però, che i cambiamenti no, quelli non mi spaventano. Perché non sono una persona che riesce a sedersi sulle situazioni o che si accontenta di vivere facendosi attraversare da emozioni slavate. Mi piace pensare di essere protesa al miglioramento e questo implica continui cambiamenti.
*Se qualcosa ti ferisce o ti turba cosa fai?
Se qualcosa mi turba o mi ferisce, non sempre riesco a esprimere il mio risentimento o il mio dolore. Non riesco ad arrabbiarmi come vorrei. E’ uno dei motivi per cui ho scelto di cominciare un percorso che mi aiuti scavare in quelle piccole buche dello spirito che si riempiono di cose non dette, di ricordi sbagliati, di errori mai corretti. Perché la sofferenza porti a cambiamenti positivi ha bisogno di essere compresa e io non sempre riesco a comprenderla.
*Quali consigli dai alle giovani donne che, come te, amano scrivere?
Di farlo. Di esercitarsi, scrivendo sempre. Di non farsi intimorire da chi dice loro che non ce la possono fare. Di scrivere quello che vogliono e non quello che viene chiesto loro dal mercato. Di essere coraggiose, nella scrittura.
*Pur essendo il tuo primo romanzo hai avuto già premi, riconoscimenti e ottime critiche. Ti sei chiesta perché questa tua storia piace così tanto?
Sì, ma non trovo una risposta. Penso, semplicemente, che piaccia. Ma non sono in grado di dire perché.
*Questa tua attenzione alla forza interiore delle donne da dove nasce?
Da esempi di donne che ho intorno, come mia madre. Ma sarò sincera. Non mi piace massificare le donne in un unico insieme, definendole tutte forti, tutte perfette, tutte elogiabili. Credo che siano esseri umani e che come tali ci siano donne forti, meravigliose e donne deboli, spregevoli. Così come uomini orribili e uomini straordinari. Ma chissà perché, nell’immaginario sociale attuale, così come in quello passato, quando è una donna a dare dimostrazione di forza, stupisce ancora.
*Il tuo stile è davvero impeccabile. Come ti è nato questo amore per la parola scritta?
Non lo so. E’ il mio mezzo per comunicare. Quello attraverso il quale mi esprimo meglio. Ma non so da cosa nasca. Semplicemente non posso fare a meno di scrivere perché sviluppo del malessere. Se non scrivo per troppo tempo mi si forma un grumo di parole nello stomaco che esige di essere espulso se no provoca un grosso fastidio. Non posso fare a meno della scrittura.
*Fino ad ora l’essere donna ti ha condizionata in qualche modo nel tuo lavoro?
Non particolarmente. Sono una persona che si impone quando sente di non essere presa sul serio. Ma per ora, i miei editori, il mercato e la critica, mi hanno presa sul serio quanto basta. Quindi non mi posso lamentare. Quello che, da donna scrittrice, però ho compreso, è che possiamo arrivare dove vogliamo, che siamo in grado di diventare ciò che ci prefiggiamo di essere. Questo è un concetto ancora poco assimilato dalla società.
*Credi che un uomo venga più ascoltato che non una donna?
Non sopporto che le ambizioni femminili siano considerate meno seriamente o meno concretizzabili di quelle maschili. Non sopporto che la mia voce sia ascoltata con superficialità. Quello che dico io, quello che dicono le donne, è importante tanto quello che dicono gli uomini. Ho notato che, purtroppo, si fa fatica in questo senso.
*Hai molta fiducia in te stessa e nelle tue capacità o c’è ancora in te qualche insicurezza che ti condiziona?
Sono molto, ma molto insicura. E’ il mio più grande difetto. Perché questa insicurezza mi condiziona continuamente e condiziona la mia vita con gli altri. Ma sto cercando di lavorare su me stessa per acquisire maggior fiducia. Voglio essere più presuntuosa, meno spaventata. Ho una personalità ben definita, ma faccio fatica a esprimerla per paura del giudizio altrui. Voglio diventare un po’ più menefreghista.
*Il tuo prossimo libro, quali tematiche affronta?
Mi piace andare a scavare tra i margini della società, ma è prematuro parlarne. Sto scrivendo, ma finché non concluderò non voglio esprimermi troppo perché potrei cambiare idea o direzione strada facendo.
Giusto, Marta, mantieniti sempre libera di cambiare direzione, ogni tuo progetto ha una vita tutta sua, ha diritto di volare libero là dove è la sua meta…