“Tuitera, facebookera, articulista, promotora de eventos de arquitectura, profesora….y se que, la versalidad es un valor….”
La versalità è un valore, dichiara Amparo sul suo sito e nell’intervista si racconta e ci porta dentro il mondo del progettare nel suo studio di architettura di Madrid.
Sei stata incoraggiata dalla tua famiglia nella scelta di studiare architettura?
Mia madre mi ha sempre consigliato di studiare per non dover dipendere da nessuno in modo da essere una donna autonoma e indipendente. Mio padre, ingegnere civile della vecchia scuola, ha sempre considerato l’architettura una “carriera minore”. In ogni caso mi ha pagato gli studi e mai si è opposto alla mia carriera professionale.
Definisci brevemente cosa significa per te “fare architettura”
Fare architettura, per me, significa definire un volume abitabile che si distingue per il suo carattere, la sua bellezza, il comfort e la fruibilità. Costruire l’architettura vuol dire creare un confine oltre il quale cambia la percezione dello spazio, una soglia che differenzia ciò che sta dentro da ciò che è all’esterno, uno spazio in grado di emozionare, rendere consapevoli, creare equilibrio.
È più difficile per le donne farsi sentire e salire ai livelli più alti?
Forse la cosa più difficile è bilanciare la vita professionale con la vita familiare. Io non ho figli e non potrei permettermi il mio attuale ritmo di vita senza aiuti. Nelle gerarchie accademiche e nelle grandi aziende, sì, penso sia più difficile che le donne occupino posizioni di responsabilità (le statistiche non mentono). Non so se gli uomini scelgono altri uomini per empatia ma questo aspetto tocca questioni troppo soggettive.
Con i clienti, a dire il vero, non ho avuto alcun problema.
Quale effetto pensi abbia prodotto sul tuo lavoro essere una donna?
Io non mi presento come donna ma come persona. Forse notavo differenze di trattamento negli anni giovanili, ma è possibile che si discrimini anche un uomo per la sua inesperienza. Il mio carattere è empatico, collaborativo, cerco di raggiungere accordi e trasmetto la passione per il mio lavoro.
Spero e ho capito che si tratta di qualità che travalicano il genere.
Affermarsi professionalmente è più difficile per le donne architetto?
Come ho già detto, le statistiche dicono che in strutture gerarchiche, a tutti i livelli, è più difficile trovare donne in posizioni rappresentative. Alcuni sostengono che è più recente l’inserimento delle donne nel mercato del lavoro. In ogni caso, si tratta di una situazione di disuguaglianza che non può essere ignorata. Ho partecipato al seminario Internazionale delle Donne in Architettura come media partner, e l’interpretazione dei dati è inequivocabile.
Sei mai stata discriminata durante la tua carriera?
Mi sono sentita discriminata solo da alcuni uomini che non hanno accettato di buon grado di essere guidati da una donna o che si sono concentrati più sul mio aspetto fisico che sulla mia interiorità. Ma il problema è tutto loro: io non mi permetterei di giudicare un collega per il suo aspetto fisico, il suo abbigliamento o il suo genere. Ho vissuto con tutti i tipi di persone in molte situazioni diverse, e l’esperienza mi ha insegnato che non ti puoi permettere di giudicare nessuno, quando non sai ciò che la vita ti dispenserà.
Qual è stato il progetto architettonico che ti è rimasto nel cuore?
Senza dubbio, il Padiglione della Regione di Murcia all’Expo di Zaragoza del 2008. Ho sviluppato il progetto dall’inizio alla fine, al contempo ho anche gestito le pubbliche relazioni dentro il quartiere fieristico; l’alto budget a mia disposizione mi ha permesso di progettare un mondo magico di luci e vetri sferici. La responsabilità acquisita mi ha fatto maturare ed inoltre il lavoro all’interno della Fiera durante l’Expo, mi ha permesso di riflettere sulle carenze e i valori del progetto, sull’uso e sulla sua manutenzione.
Cosa pensi dell’attuale situazione professionale delle donne architetto?
Non è la più idonea. Nel 2015 ho promosso un’iniziativa di visual merchandising, chiamata Umbrales (http://umbralesymujeres.org) guidata da donne architetto e sponsorizzata da Philips Lighting. Si formò un team meraviglioso. Ma ho anche capito che ci sono modelli che si ripetono: ci sono molte studentesse nelle facoltà di Architettura, ma poche donne esercitano la professione. Inoltre, quando una architetta emerge, è perché di solito si accompagna ad un coniuge architetto o ad un altro professionista autonomo complice della situazione: gli orari caotici, le richieste dei clienti e le lunghe giornate di lavoro di un architetto autonomo non favoriscono la relazione. Più che un problema femminile, penso che sia un problema endemico della professione, un attentato vero e proprio alla famiglia e alle relazioni personali.
Che rapporto hai, nel tuo lavoro di architetto e nel quotidiano, con la tecnologia?
La tecnologia permette di raggiungere persone cui non avresti mai immaginato di arrivare. I social network mi hanno permesso di trasmettere i miei pensieri e rappresentano una grande fonte di conoscenza. Ho potuto scrivere articoli sull’architettura, sull’interior design e pamphlet di marketing. Al tempo stesso incrementa il livello di attenzione e di stress. Bisogna trovare il giusto equilibrio.
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Come è organizzato il tuo lavoro, cosa riesci a delegare e cosa segui personalmente?
Sempre mi occupo personalmente delle richieste del cliente e dell’idea di progetto. Trovo impensabile esprimere un concetto adeguato senza lavorare di concerto con chi mi ha commissionato il progetto.
Quale è stato il tuo approccio nella guida del tuo studio?
Mi piace lavorare in modo trasversale e mescolare le discipline.
L’interior design in retail me lo permette.
Credo inoltre nella trasmissione di sensazioni attraverso il tatto, la vista e l’olfatto, il design sensoriale, insomma.
Adoro lavorare in questa prospettiva.
Cosa consigli a chi vuole investire nei propri progetti e intraprendere una carriera come la tua?
Consiglio, prima di tutto, di non disperare, essere paziente e prendersi cura del proprio corpo quanto della mente. La vita professionale è un riflesso di come siamo e come siamo dentro.
Pensi che nella Spagna di oggi ci siano ancora dei pregiudizi nei confronti di una donna architetto?
Ci sono pregiudizi di tutti i tipi. Ma c’è anche una discriminazione positiva.
Mi spiego.
A volte nel campo dell’interior design si preferiscono le donne. Ma per dirigere un cantiere edilizio di costruzione c’è chi ancora oggi preferisce un uomo. Le strutture mentali della tradizione sono difficili da cambiare e permangono i pregiudizi.
Ma il tempo mette tutto a posto.
Quali sono le caratteristiche o le qualità che prediligi nella selezione dei tuoi collaboratori o collaboratrici?
C’è un imperativo imprescindibile: l’onestà. La lealtà e la voglia di lavorare sono essenziali. Naturalmente, se si coniugano con conoscenze addizionali e/o complementari e con una particolare speciale, ecco, queste doti rappresentano un plus.
Che suggerimento daresti alle giovani colleghe? Consiglieresti a una ragazza di iscriversi ad architettura?
La carriera dell’architetto è una vocazione. Raccomando sempre di studiare ciò che risponde ai propri desideri.
Prendere questa decisione in base ai desideri degli altri è controproducente. E ‘una carriera dura che richiede molti sacrifici personali.
Cos’è per te fare design (o architettura) oggi?
Il design è una disciplina che convive con l’architettura. Risolve problemi ad altre scale. La progettazione grafica adatta illustrazione e tipografia ai materiali che utilizza. L’industrial design combina l’utilità e l’estetica dei prodotti e degli strumenti che usiamo quotidianamente. Infine, in un enviroment in cui si debba lavorare alle diverse dimensioni, sono opportune le competenze complementari ed è assolutamente conveniente ricorrere ad un team multidisciplinare specializzato.
A chi ti ispiri?
Preferisco studiare le esigenze del mio cliente e proporre un concetto che mi aiuti a generare un filo conduttore che mi permetta di trovare la migliore risposta al progetto: dalla distribuzione ai materiali, all’illuminazione, alla ventilazione, e così via. Vado alla ricerca di una soluzione adeguata per una persona specifica nel luogo deputato al progetto.
C’è una donna architetto a cui ti ispiri?
Mi è sempre piaciuto il lavoro di RCR Arquitectes. Ammiro lo spirito e la personalità di Zaha Hadid, che fece “de su capa un sayo” [n.d.r. della sua intelligenza la sua divisa] ignorando le convenzioni.
Un oggetto di design e un’architettura a cui sei particolarmente affezionata
Più che un oggetto tangibile, mi emozionano le qualità che la luce e l’ombra generano quando incontrano la materia. Senza luce non c’è materia, non c’è architettura. E la qualità diversa della luce genera percezioni diverse dello stesso oggetto.
Sul tuo tavolo da lavoro non manca mai….
Un caffé.
Una buona regola che ti sei data?
Se non risponde al buon senso, non si deve fare.
Il tuo working dress?
Faresti questa domanda ad un uomo?!?
Work in progress
Il progetto esecutivo per la ristrutturazione di un appartamento a Madrid e un flagship store di una marca di prodotti erboristici.