E’ decisamente sconcertante constatare che nonostante l’opera dissuasiva internazionalmente condotta a livello sociale, giuridico e sanitario ci sia ancora qualcuno incline a perorare la causa di quell’usanza barbara (nonché desueta) consistente nell’asportazione parziale o totale dei genitali femminili esterni e nota in termini di Female Genital Mutilations.
Un dramma originariamente circoscritto a 27 paesi africani, Indonesia, Kurdistan, Iraq, Yemen che – complice il fenomeno immigratorio – sta cominciando a investire persino l’Occidente. A esserne coinvolte sono generalmente le bimbe di età inferiore ai 14 anni (più raramente le maggiorenni), rese praticamente invalide dalla crideltà dei cosiddetti fautori della tradizione, pronti a intervenire chirurgicamente con l’ausilio di strumenti rudimentali (quali coltelli, forbici, lamette, pezzi di vetro) in condizioni igieniche assai inopinabili e in totale assenza di sedazione.
Una tortura orripilante che la dottoressa Fuambai Sia Ahmadu si ostina tuttavia a difendere: “Le mutilazioni genitali femminili vanno equiparate alla rimozione del prepuzio maschile e non causano assolutamente disagio. Il taglio della clitoride non è affatto contemplato, anche perché diversamente sarebbe letale. So perfettamente che alcuni tendono ad affermare il contrario, ma mi sento in dovere di precisare che costoro non hanno capito proprio nulla. Io stessa ho deciso, da adulta, di sottopormi a una pratica troppo spesso travisata ma di alta valenza sociale ed estremamente funzionale alla parità di genere. Non a caso in Sierra Leone – dove sono nata – viene ormai considerata imprescinvìdibile all’emancipazione”.
A proferire simili aberranti esternazioni non è una donna qualsiasi (magari poco edotta sull’argomento), bensì un’ex funzionaria della United Nations Children’s Fund (Unicef) con un passato da operatrice sanitaria presso il National Institute of Child Health. Un’antropologa naturalizzata statunitense che pur avendo fattivamente contribuito a fondare l’associazione African Women Are Free to Choose (finalizzata al contrasto delle Fgm) continua a dirigere un periodico trimestrale online in cui unico obiettivo è “promuovere la circoncisione femminile su scala globale”.
Resta il fatto che purtroppo sono ancora in molti a sostenere e condividere una simile aberrante tesi.