Leonora Álvarez de Toledo è la terzogenita di García Álvarez de Toledo y Osorio e di Vittoria di Ascanio Colonna. La vita di Leonora è travagliata, paragonabile quasi alla triste pellicola di un film. Fatta di inganni, interessi economici e politici, intrighi e sofferenza, la sua esistenza ha infatti dato spunto a diverse opere di carattere letterario e lirico soprattutto nel XIX secolo.
di Annalisa Cassarino
Leonora Álvarez de Toledo y Colonna, confidenzialmente chiamata anche Dianora, nasce a Firenze nel 1553 ed è la terzogenita di García Álvarez de Toledo y Osorio e di Vittoria di Ascanio Colonna.
La vita di Leonora è travagliata, paragonabile quasi alla triste pellicola di un film. Fatta di inganni, interessi economici e politici, intrighi e sofferenza, la sua esistenza ha infatti dato spunto a diverse opere di carattere letterario e lirico soprattutto nel XIX secolo.
Leonora trascorre i primi anni di vita, dopo la morte della madre, alla corte della zia Eleonora di Toledo, sorella del padre, e di Cosimo de’ Medici, è allevata insieme ai figli e alle figlie della coppia, in particolare con la piccola Lucrezia, futura signora di Ferrara.
Il triste destino della fanciulla inizia a prendere forma quando il padre e lo zio Cosimo, che ha per lei un sincero affetto, decidono di avviare le trattative matrimoniali per farla sposare con Pietro, ultimogenito della prolifica coppia medicea nonché suo cugino carnale. Il giovane rampollo fiorentino non ha un’indole facile: è irascibile, violento, sgradevole nei modi, poco incline alla cultura, definito emotivamente disturbato; Leonora invece è bella, dai modi gentili e amabili, dotata di fascino ed eleganza innati.
Il contratto matrimoniale viene stipulato nel 1568: la famiglia Medici rafforza la propria presenza a livello internazionale confermando gli stretti legami con la potente dinastia spagnola degli Álvarez, i quali, a loro volta, consolidano la loro forza in Italia. Inoltre con Leonora arriva anche una cospicua dote: 40.000 ducati e altri 5000 in gioielli preziosi.
I due giovani non potranno consumare il matrimonio fino a quando la loro giovane età non lo consenta, per questo Pietro viene mandato in Spagna; è necessaria inoltre la dispensa papale per poter celebrare le nozze fra cugini. Si tratta, ancora una volta, di un’unione politico-economica, in cui i sentimenti non hanno, né possono avere, alcun ruolo rilevante. Sarà, per la giovane donna, un’unione infelice e tragica.
Che il legame fra Pietro e Leonora presenti più di un problema si evince da un fatto particolare: fino al 1572 il matrimonio non viene consumato e, considerando l’età non più adolescenziale dei due giovani, una sicura discendenza garantiva solidità al contratto matrimoniale stipulato, il fatto appare perlomeno anomalo. Leonora non è felice, ma può contare su due potenti alleati: Cosimo I, che nutre per lei una profonda stima, e sua figlia Isabella che nei confronti della più giovane cugina comincia a manifestare attenzioni e interesse.
Da donna sposata, Leonora segue il marito e il granduca a Pisa, a Firenze e nelle numerose residenze medicee; nelle epistole che Cosimo invia al cognato Don Garcia, la nuora viene descritta come una brava moglie, capace di adempiere ai propri doveri, già pronta a dare al marito un figlio, che infatti nascerà nel 1573 e al quale viene dato il nome di Cosimo.
Leonora continua a essere infelice, costretta a vivere accanto a un marito che la trascura e tra persone che spesso le sono ostili, soprattutto l’altro cugino e cognato, il primogenito di casa Medici, Francesco, destinato a ereditare il potere. La donna trascorre questi anni aggrappandosi ai suoi interessi, molti dei quali culturali; le è accanto la vera protagonista di Firenze in quegli anni, l’affascinante Isabella che la introduce nella sua cerchia di amicizie intellettuali, colte e raffinate. Queste danno vita a un cenacolo, la cosiddetta Accademia degli Alterati, che due volte alla settimana si riunisce per dissertare di poesia, opere teatrali, problemi di tipo linguistico. Se Isabella è la vera stella di questo gruppo intellettuale, Leonora le è accanto assecondando con passione la sua natura curiosa, il suo spirito intelligente. La vicinanza con Isabella si dimostra un rifugio sicuro in cui dimenticare l’infelice vita alla corte medicea: Pietro continua a trascurarla e, insieme a lei, trascura anche gli affari di famiglia, impiegando le giornate a sperperare il proprio patrimonio e ad abbandonarsi a passioni amorose mai riservate alla moglie; Francesco non perde occasione di mettere in cattiva luce la cognata informando anche Don Garcia sulla condotta riprovevole della figlia, colpevole a suo dire di spese eccessive e superflue; pure Camilla Martelli, la moglie morganatica di Cosimo, la biasima denunciando una condotta morale riprovevole a causa delle sue amicizie maschili che la corteggiano a dalle quali si fa corteggiare. Ormai Leonora non condivide più col marito neppure il letto nunziale e la sua situazione si aggrava quando, alla morte di Cosimo de’ Medici nel 1574, viene meno la protezione sicura e benevola del capofamiglia. L’ambasciatore ferrarese Sottile la descrive come “la più sfortunata Principessa e la più malcontenta che viva”. Ora il suo isolamento all’interno della corte fiorentina si acuisce in un climax ascendente da vera tragedia.
La sera del 9 luglio 1576, nella villa medicea di Cafaggiolo in Mugello, Leonora de Toledo muore per mano del marito Pietro, che utilizza “una lazza da cane” o forse uno “sciucatoio” per strangolarla. Alcune fonti sostengono che la donna abbia tentato di difendersi urlando, dimenandosi sul letto in cui viene strozzata, mordendo due dita del suo assassino che chiede l’aiuto di due uomini per porre fine alla vita della consorte. Alle sei del mattino del giorno successivo il suo corpo viene trasportato a Firenze all’interno di una bara che era già pronta per lei. Laconico il testo della missiva che Pietro de’ Medici invia al fratello Francesco I: “Serenissimo Signore, stanotte a set’hore è venuto huno acidente a mia mogle et la morte, però V.A. se lo pigli in pace et mi scriva quello che io ho f[ar’] et se io ho venire costà et quello che facia no altro. Humile ser.re et fratello, don Pietro de Medici.”
Per molto tempo la morte di Leonora è stata ritenuta un delitto d’onore, la punizione estrema per una donna colpevole di aver vissuto una relazione extraconiugale, quella con Bernardo Antinori. I documenti del tempo, però, permettono di ricostruire altre verità. A volere la morte di Leonora potrebbe essere stato soprattutto il cognato Francesco I, forse il vero mandante dell’omicidio. Si tratterebbe quindi di una tela ordita alle spalle di Leonora che più che essere uccisa per gelosia, viene uccisa per essersi legata ad amicizie pericolose, come quella con Pierino Ridolfi, uno dei protagonisti della congiura dei Pucci contro la famiglia Medici. Ritenuta una traditrice dal nuovo Granduca, Leonora muore anche per non aver nascosto la sua insoddisfazione verso il marito Pietro, per non essere stata capace di sopportare la sua infelice vita matrimoniale, per aver sfidato l’isolamento della corte cercando una sua strada libera. Neanche il suo cognome, quello della famiglia Toledo, riesce a proteggerla: i continui cambiamenti nelle alleanze internazionali e le mutate strategie politiche del granducato non rendono inviolabile il legame fra i due casati.
Il testo è tratto dalla ricostruzione storica pubblicata su “Memorie” nel sito www.toponomasticafemminile.com
Annalisa Cassarino, nata a Siracusa nel 1990, da qualche anno vive a Roma.
Spinta dai suoi interessi per le questioni di genere, ha svolto uno studio sperimentale culminato nella tesi magistrale in Lettere dal titolo “Il genere (in)visibile: riflessioni sul e dal libro di testo per la scuola primaria”.
Da qualche anno studia la LIS (lingua dei segni italiana).
Nel 2016 ha pubblicato un saggio intitolato Giornalismo e Storytelling all’interno del testo Saggi di giornalismo transmediale, a cura di Daniele Silvi, in cui analizza la maniera di fare giornalismo attraverso la tecnica dello storytelling.