Martina Galletta, giovane attrice poco più che trentenne ha al suo attivo molti film e interpretazioni teatrali.
Nella mia ricerca sulla eccellenza del Femminile (ritrovate qui tutte le altre donne che ho intervistato) ho incontrato Martina Galletta, giovane attrice poco più che trentenne che ha al suo attivo già molti spettacoli.
“Abbiamo fatto molta strada”..diceva Martina Galletta mentre, le dite appiccicate ad un’oca dalle piume tutte bianche tenuta sotto braccio da un giovane Grullo, aveva dietro di sé una fila di persone, le sue sorelle, il parroco, il sacrestano e altra gente tutti appiccicati l’uno all’altro.. forse Martina nemmeno se lo ricorda ma questa è stata la sua prima battuta sul palcoscenico quando aveva dodici anni, in una divertente Oca d’Oro da me diretta. Lei interpretava la maggiore e la prima delle tre sorelle alla guida di una strana fila indiana di persone incollate ad un giovane che portava sottobraccio un’oca. Ora attrice teatrale e cinematografica di talento, di strada ne ha fatta molta di più. La ritrovo venti anni dopo, sorridente con gli occhi pieni di luce e quell’aria fortefragile, come allora. Ha fatto molta strada nel mondo dello spettacolo e io ne sono davvero felice perché per tanti anni mi sono dedicata con passione a mettere le basi della formazione teatrale nei più giovani.
Martina, ricordando la sua adolescenza, riconosce in sé ancora “l’anima della ragazzina vitale e caotica, aggressiva e fragilissima, folle e innamorata di tutto”, quell’anima forse oggi nascosta ma certamente non oscurata dalla splendida donna che è diventata.
Per il cinema ha interpretato Ersilia, la ragazza cieca, nel film “I baci mai dati”, per la televisione “Il Paradiso delle Signore 1 e 2”, “Un passo dal cielo 3”, “By by Cinderella”, “Don Matteo 10”. Per il teatro tra i tanti spettacoli “Dignità Autonome di Prostituzione”, “Arancia Meccanica”, “Some Girl(s)”, “Odissé”, “Stradaprovinciale40 “, “La Prostituzione raccontata al mio Omeopata”. Ha inoltre interpretato molti spot pubblicitari.
Numerosi i premi e i riconoscimenti, tra cui la Nomination nel Golden Graal 2012 come Miglior Attrice selezione teatro drammatico e la vittoria del Premio LANDIERI 2014 come Miglior Attrice Giovane.
Dell’energia del Femminile conserva l’entusiasmo, la capacità di lanciarsi nell’ignoto con fiducia, la passione.
*Come è nato in te l’amore per il teatro?
Ti so dire precisamente qual è stato il momento in cui ho capito che questa sarebbe stata la mia strada. Come sai sotto la tua guida ho iniziato a fare teatro già da ragazzina, era un insieme tra un hobby e un gioco ma ricordo perfettamente la sera del debutto del nostro spettacolo. Ero dietro le quinte, nel sottopalco, c’era una grande agitazione, i costumi da indossare, l’attrezzeria da mettere a posto, il profumo delle assi del palcoscenico. In quel preciso momento mi sono resa conto che finalmente mi sentivo a casa, mi sentivo a mio agio, mi sentivo di essere esattamente dove dovevo essere. E da allora è sempre stato così.
*Come hanno accolto in famiglia il tuo desiderio e poi la tua decisione di lavorare nel mondo dello spettacolo?
Sono stati meravigliosamente di aiuto. Mi hanno sempre sostenuta e seguita e non ci sono mai persi un mio spettacolo, in qualunque città fosse. Mio padre una sera mi ha fatto molto ridere dicendomi”…quando ero bambino mio padre (cioè mio nonno Dante) era sempre alla ricerca di nuove scritture. Era un musicista e doveva mantenere tutta la famiglia, quindi era continuamene alle prese con contratti, impresari, provini. Io ho fatto il medico, poi arrivi tu e mi fai ripiombare in quel mondo. Di nuovo provini, contratti, impresari. Non c’è niente da fare, ce l’hai proprio nel sangue!!!”. *
* Come giovane donna hai incontrato difficoltà per riuscire ad inserirti in questo mondo?
Non è un mondo facile, per niente. Io ho avuto la grande fortuna di entrare subito dopo il liceo alla Paolo Grassi che mi ha completamente scardinata e ricostruita! Quando sono uscita da scuola avevo solo 21 anni, e questo ovviamente è un grande vantaggio. Purtroppo siamo in un periodo molto difficile per il teatro e l’arte in generale e, nonostante io abbia quasi sempre lavorato, in questi dieci anni ci sono stati anche dei momenti di difficoltà e di frustrazione, occasioni mancate, provini persi per un soffio, viaggi continui. E anche proposte non molto decenti che mi hanno costretta a dire dei no molto decisi. Si sa, è così dappertutto ma non per questo mi fa meno rabbia.
* Per il cinema hai interpretato la parte di Ersilia, la ragazza cieca che diventa amica della ragazzina più giovane che dice di vedere la Madonna. Come è stato, per te attrice di teatro, lavorare sul set? Trovi delle differenza tra l’atmosfera che si respira su un palcoscenico e quella davanti alle macchine da presa?
E’ stata la mia prima esperienza sul set, ricordo ancora quando la mia agenzia mi comunicò che Roberta Torre aveva scelto proprio me, fu un’emozione talmente intensa da essere quasi dolorosa! Avevo 22 anni e venivo dal teatro, non sapevo nulla di come si recita davanti alla macchina da presa, a cominciare dall’uso della voce! Credo di aver rotto un timpano al fonico quando ho pronunciato la prima battuta! Anche quella è stata un’esperienza profondamente formativa. Roberta lascia molta libertà agli attori, mi diede solo alcune linee guida e poi mi lasciò lavorare autonomamente. Ricordo che cercavamo insieme di costruire un personaggio ambiguo, una ragazza che dice di essere cieca ma che si muove perfettamente, che si comporta in modo duro e scostante ma che sotto il suo guscio protettivo è disperatamente bisognosa di attenzioni. Fu un lavoro difficile e pieno di sfumature. Anche se devo ammettere che la vita del teatro mi attira di più: si vive insieme, si mangia insieme, si passano tantissime ore a lavorare in gruppo. Il cinema è un’arte più individuale, io invece amo giocare con gli altri artisti.
*Quali sono stati i tuoi maestri?
Il metodo di Anatolij Vasiljev è stato per me una vera Epifania. Anche se non l’ho mai conosciuto personalmente ho lavorato con due dei suoi attori/ pedagoghi, Alessio Bergamo e Alessio Nardin, che sono stati a loro volta dei grandissimi maestri per me. È stato come se in un caos di informazioni, metodi, persone che millantano una competenza che non hanno fosse emerso improvvisamente un pensiero razionale, coerente e oggettivo rispetto al teatro. Un altro grandissimo maestro che mi ha fatto capire come travalicare me stessa e raggiungere un livello interpretativo che non credevo possibile è Luciano Melchionna, il regista di Dignità Autonome di Prostituzione. Lui lavora con gli artisti come non avevo mai visto fare, Occhi dentro agli Occhi, e da te pretende che tu gli doni tutto te stesso, come lui fa con te*
A proposito di Anatolij Vasiljev, lui dice “Chi voglia fare teatro, oggi, deve avere un forte desiderio di cambiarlo: altrimenti è meglio andare in barca a vela”. Quanto senti viva in te questa affermazione e come significa per te cercare di cambiare il teatro?
Amo questa frase di Vasiljev, dice molto sul teatro. Il teatro non è solo qualcosa di piacevole per te e per gli altri, di emozionante, che richiede una tecnica ferrea e anni di studio: anche la barca a vela è tutte queste cose, giusto? Il teatro va vissuto come una missione che muta continuamente forma e linguaggio. La missione è appunto questa: creare cambiamento tramite l’arte del teatro, dando vita al contempo a nuovi linguaggi. O come direbbe Kostia del Gabbiano di Cechov, nuove forme. Per inciso, io adoro la barca a vela, comunque.
*Hai portato in giro due spettacoli “”Stradaprovinciale40″ e “La Prostituzione Raccontata al mio Omeopata” contro la violenza sulle donne e lo sfruttamento della prostituzione. Come è stato l’incontro con “le ragazze” e quali aspetti del mondo femminile e del mondo maschile hai imparato a conoscere?
L’incontro con le altre attrici e registe ha cambiato completamente la mia vita, mi ha permesso di dare voce a donne che non hanno mai avuto modo di urlare la propria sofferenza e mi ha fatto conoscere queste artiste che sono diventate anche le mie più care amiche. Abbiamo iniziato il progetto “su commissione”, complice una collaborazione tra la scuola d’arte drammatica Paolo Grassi e i padri somaschi il cui aiuto prezioso sostiene da anni le donne di strada. Ma la potenza delle storie e anche delle tante menzogne che le “ragazze” sono costrette a raccontare e raccontarsi per poter sopravvivere ci ha stregato e ci ha avviluppato in un labirinto di umanità, di dolore, di tortura ma anche di solidarietà, di canti della buona notte, di amore. È stata un’esperienza forte, unica.
*Nel 2012 ti abbiamo vista sul red carpet, in nomination per il Golden Graal. Una forte emozione?
Stavo morendo di paura!!! Non ti dico quanto tempo ci ho messo per scegliere l’abito! Sapevo che sarebbe stato difficile vincere quel premio, ma il fatto che che una giuria di giovani avesse dato risalto al mio lavoro selezionandomi in una rosa di cinque attrici tra tutto il panorama italiano mi ha molto emozionato. È stata una serata indimenticabile.
* Lo credo Martina, sei grande! E poi, tra gli altri premi e menzioni che hai ricevuto, nel 2014 hai vinto come miglior giovane attrice il Premio Landieri. Si legge, al tuo nome “Per la sua doppia e intensa interpretazione in Arancia Meccanica e Some Girls. Giovane Talento italiano, esempio di concretezza teatrale” . Come commenti queste parole?
Un grandissimo onore, soprattutto per quello che questo premio rappresenta. Ho particolarmente apprezzato il fatto che sia stata sottolineata la mia concretezza. Ne vado molto fiera.
*Sei anche pianista e cantante lirica: quanto queste tue competenze contribuiscono alla tua professionalità scenica?
Mio nonno Dante era un pianista eccezionale e mi ha messo di fronte alla tastiera a tre anni. Ho poi iniziato a cantare come soprano leggero, e da lì mi è rimasto un immenso amore per la musica classica. Capita tuttora che io ascolti Beethoven per un’ora. Mi dà forza. Nel lavoro questo mi ha dato una memoria ferrea.. Pensa a tutta la teoria e al solfeggio! Mi capita spesso di cantare negli spettacoli, é un valore aggiunto che cerco di coltivare e di mantenere in esercizio.
* Nella tua formazione ha un ruolo importante la improvvisazione. Cosa significa per te, in ogni campo, improvvisare ?
E qui torniamo nuovamente a Vasiljev. Improvvisare. La differenza etimologica tra le due parole inglesi Play e Game è che la prima indica un gioco privo di regole, la seconda uno provvisto di un regolamento. L’improvvisazione è tutto qui: giocare, con delle ferree regole. E questo schema, unito al talento e all’inventiva, ma soprattutto alla fantasia, crea il Teatro. Dalla commedia dell’arte ad oggi, passando per le mie fantasiose ma codificate bugie che improvviso quando ho qualcosa da nascondere…!
* Ecco, l’improvvisazione ha tanti campi d’azione! Professionalmente parlando, ma forse non solo professionalmente, ti definisci d’altro canto un’ostinata che cerca e studia costantemente. Ci vuoi parlare di questa tua ostinazione?
Il Teatro è come quei delicatissimi disegni fatti dai monaci tibetani con la sabbia. Ci mettono anni per comporli e con un soffio li distruggono. Il nostro lavoro è così: prove, riflessioni, litigate, sudore, fatica, emozioni, paura, lavoro, repliche, bellezza. Poi finisce la tournée, i costumi vengono riposti insieme alla scenografia. Rimane solo qualche foto di scena, qualche recensione, i ricordi che solo i colleghi capiscono. Di tutto quel lavoro, di tutta quella fatica, di quel periodo della tua vita non rimane altro. Ma con ostinazione si ricomincia. Per creare di nuovo. Perché è quella creazione ostinata che dà un senso alla vita. Non che la vita abbia bisogno di senso.
* E’ così bello cercare il Senso in quello che si vive! Ma tu credi che nella vita sia possibile un cambiamento o che in qualche modo il destino di ognuno sia già segnato?
A questo proposito mi sento solo di citare Gene Wilder in Frankestein Junior: “Il destino è quel che è, non c’è scampo più per me!”. Scherzi a parte, è una domanda che lascio ai filosofi, è troppo per me. Io cerco solo la concretezza e la quotidianità artistica (e non) del mondo che mi circonda.
*L’amicizia, il rapporto con le altre donne, quale spazio occupa nella tua vita?
Uno spazio enorme. Le attrici che ho conosciuto con lo spettacolo contro lo sfruttamento della prostituzione sono poi diventate parte della mia famiglia. Tra di noi parliamo di teatro, di prospettive, di musica, di sesso, di biscotti. Tutto questo senza nessun tipo di sovrastruttura o di giudizio. Sono veramente fortunata ad avere amiche così.
*Ti è capitato qualcosa di divertente, durante il tuo lavoro, che hai voglia di raccontarci?
Beh, qualche anno fa ero in scena al teatro Argentina di Roma con lo spettacolo “Donna Rosita Nubile” e avevo l’onore di condividere il palco con dei mostri sacri come Giulia Lazzarini, Andrea Jonasson, Franca Nuti. Ero emozionatissima. Nella mia prima scena sarei dovuta entrare di corsa ridendo insieme a una collega, che interpretava mia sorella. Peccato che, complici le scarpe a punta e l’agitazione, ho fatto un volo credo di un paio di metri, finendo ai piedi della Jonasson. Ma dato che non mi volevo perdere d’animo, ho detto comunque la mia battuta. Però da sdraiata. A terra. Ricordo ancora che tutti i tecnici si sono radunati dietro le quinte per non perdersi lo spettacolo. Stavamo morendo dal ridere. Non so come abbiamo fatto ad andare avanti!
*E qualcosa di imbarazzante?
Si, al Napoli Teatro Festival. Facevamo una versione molto particolare dell’Odissea, diretti da Gabriele Russo, che ci aveva immaginati come degli uomini primitivi, vestiti con sacchetti della spazzatura, corde, plastica. (Costumi di Chiara Aversano). Io avevo un costume molto succinto, di plastica nera appunto, legato in vita con una corda. Nel bel mezzo del mio monologo, molto serrato e dinamico, davanti a qualcosa come 900 persone, mi sono resa conto che… beh, che mi era uscito un seno dal costume! Ho continuato fino alla fine e solo quando sono uscita di scena ho potuto sistemarmi!
*Che immagine di donna rimandano il mondo televisivo e quello della pubblicità ? E tu cosa ne pensi?
Se vedo un altro spot in cui la donna serve la cena a tavola mentre il marito e i figli stanno seduti a farsi riverire divento matta! Come non posso più tollerare le sceneggiature sessiste, le pubblicità in cui le mamme sono vestite in modo avvilente e asessuato, le veline diciottenni scosciate presentate come delle idiote buone solo da portarsi a letto. Non a caso non ho la televisione e a casa! Non voglio sembrare snob, ma credo che rispetto a molti paesi europei noi siamo rimasti all’età della pietra.
*Qual è il tuo sogno nel cassetto professionalmente parlando?
La mia più grande aspirazione è continuare a fare il mio lavoro sempre, dignitosamente e con continuità. E visto il periodo storico sarebbe già una grandissima vittoria! Però, se proprio dobbiamo sognare, mi piacerebbe interpretare Blanche di “Un Tram che si chiama Desiderio” e la Arkadina del Gabbiano. (Però devo aspettare: sono troppo giovane per adesso!). Scrivere un libro. E fare un altro po’ di film magari… Comunque, uno dei miei sogni lo realizzerò a breve: sono appena stata scelta per interpretare Desdemona nell’Otello di Shakespeare! Debutteremo a giugno al Teatro Bellini di Napoli che mi fa l’onore di chiamarmi spesso come interprete e che ormai per me è una seconda famiglia.
*Una raccomandazione alle giovani donne che vorrebbero intraprendere la tua stessa carriera..
Pensateci bene!!! Io sono stata sempre molto motivata e ho avuto tanta fortuna ma è comunque una strada difficile e lastricata di rinunce. Bisogna prepararsi a non vedere la propria famiglia per tanto tempo, a vivere con la valigia in mano, a essere continuamente sotto giudizio, sia come persona che fisicamente che come artista. Bisogna imparare ad accettare il rifiuto. È dura. Ma se proprio avete deciso il mio consiglio è quello di avere degli obiettivi e una personalità artistica, non di cedere allo show business che ci vuole solo belle, cretine e under 30.
Grazie Martina, spero che chi ci legge faccia tesoro di queste tue parole..