ELEONORA DE’ MEDICI figlia di Francesco I e Giovanna d’Austria, divenuta duchessa di Mantova dopo aver sposato Vincenzo I Gonzaga, condusse una vita intensamente legata alle arti.
di Francesca Romana Di Fiore
«Quando ritardo a’ miei pensieri il corso, /donna d’impero degna, i vostri pregi/ tesser volendo e ‘l nome vostro in rime, /veggio farmisi innanzi, al primo occorso,/ invitto duce e cavalieri egregi […] Ben si potrian lodar (non forse appieno)/ gli occhi e ‘l volto sereno;/ ma, in descriver di voi l’intera parte,/ vinti sarian gl’ingegni, e vinta l’arte» (Rime Eroiche, Canzone VIII).
Questi alcuni dei numerosi versi che Torquato Tasso dedicò a Eleonora de Medici-Gonzaga, certamente frutto di una riverenza che il poeta riservò a molte delle sue protettrici e dei suoi protettori, ma che servono a comprendere come la figlia di Francesco I e Giovanna d’Austria, divenuta duchessa di Mantova dopo aver sposato Vincenzo I Gonzaga, abbia condotto una vita intensamente legata alle arti.
Eleonora nacque a Firenze il 28 febbraio 1567 e, primogenita, ebbe quattro sorelle e un fratello. Le cronache riportano che, in occasione del suo battesimo, l’addobbo nel battistero di San Giovanni fu dato in carico a Vasari, attivo frequentatore della corte insieme a Benvenuto Cellini, e che vennero organizzati molti festeggiamenti in onore della sua nascita. La madre morì presto, lasciando il posto a corte alla veneziana Bianca Cappello, sposata celermente dal padre in seconde nozze, che ebbe molta influenza negli affari di Firenze ma anche nel futuro della stessa Eleonora.
Le nozze di Vincenzo e Margherita furono un fallimento: lei venne giudicata inabile alla procreazione e per questo spedita in un convento contro la propria volontà. Il naufragio dell’unione aveva alimentato voci anche sulla virilità di Vincenzo e, quando la famiglia Medici riprese le trattative con Mantova per un secondo matrimonio, il granducato di Toscana dimostrò di non aver dimenticato l’affronto di qualche anno prima e volle avere ampie assicurazioni riguardo la capacità procreativa del futuro genero; a Bianca Cappello spettò il compito di assicurare la buona riuscita dell’accordo, testimoniato da una fitta rete di scambi epistolari.
Nel contratto matrimoniale spuntò una scabrosa clausola: le nozze sarebbero state celebrate solo dopo la “prova” che doveva dimostrare l’efficienza sessuale di Vincenzo, messa in dubbio dal granduca Francesco I che scrive nel 1583 di sospettare “della impotentia del Principe di Mantova” e teme che “sarà ogni dì più impotente d’haver figli, perchè ha la materia grandissima la quale oltre che per la grandezza diventa fiacca et impotente a erigersi per poter penetrar’ nella natura della donna”. Fu allora che iniziò una vera e propria farsa, di cui si rise e si chiacchierò in tutte le corti.
A una giovane fiorentina di nome Giulia spettò il compito di fare da cavia sull’abilità amatoria del giovane duca. duca. Probabilmente figlia illegittima di casa Albizzi, la ragazza fu costretta a tale “impresa” con la prospettiva di una somma di denaro e di un matrimonio successivo.
Accompagnata da Belisario Vinta e accolta dal commissario e medico mantovano Marcello Donati, la povera ragazza dovette aspettare che Vincenzo si sentisse pronto a esprimere la sua ars amatoria di fronte a testimoni. Dopo un primo tentativo finito male per un improvviso malore del duca, la “prova” si svolse come tutti auspicavano e, constatata la sua forza virile, si diede inizio ai preparativi per le nozze con Eleonora.
Di Giulia non si parla, è per tutti un corpo che serve a effettuare “la prova”, niente altro. Fu sottoposta a un interrogatorio per avere conferma che l’atto sessuale fosse stato compiuto, venne visitata a lungo e attentamente e furono controllate anche le lenzuola. L’onore del duca Gonzaga era salvo e il nuovo matrimonio non aveva di fronte a sé alcun ostacolo.
Eleonora aveva 17 anni e il suo volto non seguiva i canoni classici della bellezza: lineamenti duri e naso dritto, volto non armonioso incorniciato da una mascella pronunciata con labbra grandi e carnose, tipiche della famiglia asburgica. Marcello Donati la descrisse bellissima, guardandola probabilmente coi suoi occhi di medico: la ragazza aveva infatti una corporatura robusta e una struttura decisa, perfetta per svolgere al meglio il suo compito principale, quello di fare figli e assicurare la discendenza al casato Gonzaga.
Il rampollo della casa mantovana era esuberante e passionale, colpì subito il futuro suocero e probabilmente anche la futura moglie: il giorno successivo al primo incontro Eleonora era già piacevolmente presa da Vincenzo che la baciava in pubblico con passione.
Il matrimonio si celebrò il 29 aprile 1584 a Firenze, quindi Eleonora partì per Mantova, la sua nuova città.
La giovane fiorentina era delicata e seria, gentile e malinconica nello sguardo e nelle movenze. Questa sua grazia naturale aprì una breccia anche nei rapporti con la suocera Eleonora d’Asburgo, che si lasciò conquistare dalla giovane donna toscana, certamente preferita all’infelice Margherita Farnese; oltretutto Eleonora portava, per via materna, il glorioso nome del casato Asburgo.
Eleonora e Vincenzo misero al mondo sei figli, due femmine e quattro maschi; un altro bambino morì prematuramente e tale evento segnò profondamente la donna, anche nel suo rapporto con il marito il quale, trovandosi fuori dalla corte al momento della disgrazia, non riuscì con le proprie parole a confortarla. Nella corte Gonzaga , Eleonora riuscì a mantenere in pugno la situazione, pur soffrendo dei tradimenti del marito che tanto le ricordavano quelli subiti dalla madre a opera del padre. Era una donna abile e quando le finanze del ducato cominciarono a vacillare, dilapidate dal desiderio di lusso e di feste del marito, si risolse a prendere in mano la situazione; resse anche il governo dello Stato quando il duca era assente.
Trovò nella cultura la consolazione ai tradimenti del coniuge e agli altri dolori. Eleonora, intelligente e dai gusti raffinati, era cresciuta respirando arte nel palazzo dei nonni paterni Cosimo I e Eleonora di Toledo, che avevano dato tanto impulso alla cultura rinnovando i fasti del Rinascimento. Fu per lei naturale trasferire l’amore per il bello, la danza, il bel canto e la poesia nella nuova corte mantovana; fondamentale fu il suo contributo allo sviluppo del melodramma, passione esportata direttamente dall’amata Firenze grazie ai componimenti di Claudio Monteverdi.
Promise protezione a vita a Torquato Tasso e mantenne la parola: più di una volta il poeta le scrisse per ricevere benevolenza e denaro e mai Eleonora glieli negò. Tasso le dedicò una seconda stampa di Rime, lei avrebbe voluto regalargli “due turchine” ma assecondò il desiderio del poeta che avrebbe preferito ricevere un rubino e una perla legata in oro; anche il poeta Giovan Battista Marino, pur ancora giovane, le dedicò un componimento ne La Galleria e un riferimento a lei e alla corte Gonzaga nell’Adone.
Eleonora, duchessa di Mantova, morì nel 1611 dopo un colpo apoplettico che la lasciò inabile per diversi mesi.
Il testo è tratto dalla ricostruzione storica pubblicata su “Memorie” nel sito www.toponomasticafemminile.com
Francesca Romana Di Fiore
Il liceo classico mi ha insegnato l’amore per la ricerca, per lo studio della lingua, per la poesia, sfociati nel corso di studi triennali e magistrali e nella laurea in Letteratura, Filologia e Linguistica italiana presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Tor Vergata.
Sono iscritta all’Albo dei Giornalisti come pubblicista dal maggio 2014 e la scrittura è parte integrante della mia vita da quando ho iniziato una collaborazione con il giornale romano Primastampa, per il quale ho raccontato il mio municipio con le sue problematiche, le sue questioni politiche la sua cronaca quotidiana. Mi piace scrivere anche di sport, soprattutto di calcio.