Chi non ricorda le avventure del cardinale Richelieu e del sovrano Luigi XIII, immortalate dalla brillante penna di Dumas nel romanzo ”I tre moschettieri”? Gli intrighi, i giochi di potere, le lotte interne alla corte? Ma chi ricorda invece Maria de’ Medici, madre del re e nemica del cardinale, la cui presenza traspare in filigrana dalle pagine, senza mai assumere il ruolo di vero e proprio personaggio?
Il nome di questa donna è caduto così nelle pieghe della storia, quella scritta dagli uomini che con tanta facilità descrivevano le donne di potere come intriganti, subdole, volubili, vendicatrici. A lungo non si è resa giustizia a Maria, alla sua vita e a quello che ha significato non solo per Italia e Francia, ma per l’intera Europa.
Maria è una delle figlie di Francesco I de’ Medici e di Giovanna d’Austria, nata il 26 aprile 1573, l’unica insieme alla sorella Eleonora a giungere all’età adulta. Orfana di madre fin da piccola, vive alla corte di Firenze all’ombra della nuova moglie del padre, Bianca Cappello. Un’infanzia solitaria e triste, alla quale però non manca una grande educazione capace di spaziare in tutti i campi, in particolare nell’arte, nella letteratura e nella musica, che le consentirono di mantenere un posto d’onore all’interno del palazzo Pitti.
La morte del padre e della sua consorte avviene quando Maria ha solo 12 anni: si ritrova sotto l’ala protettrice dello zio, il cardinale Ferdinando, pronto a lasciare il suo abito sacro per vestire i panni del nuovo Granduca di Toscana. In questi anni Maria stringe un legame fondamentale per la sua vita futura divenendo inseparabile compagna della figlia della sua balia, Leonora Dori Galigai. Il destino provvederà a punire questa amicizia d’infanzia, un’amicizia tutta italiana che rischia di invadere troppo la corte francese; per ora le due ragazze sono ancora ignare di ciò che accadrà loro, passano solo il tempo a divertirsi con piccoli e innocenti giochi.
Nel frattempo lo zio Ferdinando I inizia a tessere le politiche matrimoniali per le sue uniche nipoti, le eredi dirette della fortunata casa fiorentina. Per Maria progetta un matrimonio ancora più grandioso di quello della sorella Eleonora, divenuta duchessa di Mantova, i pretendenti non mancano. Il Granduca mira in alto, vuole rinnovare i fasti del matrimonio di un’altra Medici, Caterina, divenuta regina di Francia non molto tempo prima. In quel caso Caterina si era trovata sul trono per un caso fortunato, ora si vuole invece che una donna fiorentina regga lo scettro d’oltralpe sulla base di un piano matrimoniale ambizioso. Iniziano così le trattative per il matrimonio tra Maria e il sovrano Enrico IV di Borbone, passato alla storia per la celeberrima frase “Parigi val bene una messa”. Possiamo anche aggiungere “una dote val bene una moglie”: Enrico è già sposato con Margherita di Valois, figlia di Caterina de’ Medici, dalla quale però non aveva avuto figli. È così che la ragion di stato non esita a far dichiarare nullo quel legame e a permettere al sovrano una nuova consorte. Ferdinando I fatica non poco a ottenere il trono francese, ma il denaro è un’arma potente e in questo caso è stato un mezzo di persuasione molto influente: la Francia è indebitata per più di un milione di scudi con la famiglia Medici. Le trattative sono lunghe ma alla fine ognuno raggiunge il suo scopo: il casato fiorentino uno scettro, la famiglia Borbone l’estinzione del debito e una dote favolosa di 600.000 scudi.
Il nuovo secolo si apre con la stipula del contratto di matrimonio: il 5 ottobre 1600 Maria de’ Medici sposa per procura Enrico IV a Firenze in Santa Maria del Fiore. Lo sposo non è presente, fa le sue veci Roger de Bellgarde che consegna alla nuova moglie l’anello nuziale.
Le nozze sono celebrate in maniera grandiosa, dopotutto si è conquistato il trono di Francia! Il Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio è rischiarato da infinite candele che illuminano le prelibate portate, offerte agli invitati senza interruzione, e le minuziose decorazioni progettate dal maestro Bernardo Buontalenti. “L’apparecchio supremo il qual vi fu nell’entrar di tavola accompagnato da musiche numerosissime in doppi cori, fu servito sempre con infinita quantità d’oro. […] Ma non saranno già da trapassar con silenzio quelle cose, nelle quali arte di disegno per nuova guisa, e maravigliosa eziandio ebbe luogo: imperò che cosa di tanto stupore furo a vedere all’entrar di tavola le forme delle piegature bellissime che vi eran sopra; che non credibili da chi non l’avesse vedute si stimeriano. […] La tovaglia finissima, e candidissima si faceva di più colori per li viticci, fogliami, fiori, e animali, e picciole armi, che di intagliature di tocche dorate, e di ermesini, e simili drappi vi furon gentilmente appicate sopra […] Eravi nel primo servito tra le dissimulate vivande, che parevano altri animali da quelli, che erano, e vivi, una confettura affinata tutta di statue e sembianze d’architettura. Animali in più gruppi sparsi, e caccie, e uccellagioni diverse, con molti uomini, a varie operazioni intenti, vi furono”. Questa la “Descrizione” redatta da Michelangelo Buonarroti il Giovane per tramandare alle generazioni future lo sfarzo mostrato dalla casata medicea in occasione del lieto evento. I festeggiamenti sono passati alla storia anche per un altro spettacolo, destinato a cambiare per sempre le sorti della musica: il 6 ottobre a Palazzo Pitti è rappresentata l’Euridice su testo di Rinuccini e musicato da Peri e Caccini, il primo melodramma nel senso puro del termine.
Un gran peccato che il sovrano e la corte francese non siano presenti, Maria trova un rimedio anche a questo: anni dopo commissiona al pittore Rubens una serie di dodici quadri monumentali per ornare la galleria del Palazzo de Luxembourg, tra cui anche Il matrimonio per procura di Maria de’ Medici e Enrico IV a Firenze il 5 ottobre 1600, in cui la sovrana risplende nel suo abito d’oro sorretto da un amorino. Dopo i festeggiamenti è la volta di salpare per il porto di Marsiglia, per la nuova patria. Anche qui non trova suo marito ad attenderla, troppo impegnato in una spedizione contro la Savoia; deve aspettare ancora qualche tempo prima di incontrarlo di persona e poter nuovamente celebrare a Lione le nozze.
È così che Maria inizia la sua nuova vita come consorte del re di Francia. Se la sua vita fiorentina non è stata particolarmente felice, non lo è nemmeno questa in terra francese. Come Caterina prima di lei, i sudditi francesi non la amano e non la ameranno mai. Enrico IV invece sembra gradire la donna che è stata posta al suo fianco: “Alla regina mia moglie, mia amata, aspettavo d’ora in ora la vostra lettera: leggendola l’ho baciata. Addio cuor mio, vi bacio centomila volte”; “Non vi amo solo come un marito deve amare una moglie, ma come un servitore appassionato”; “Se non foste mia moglie avrei dato tutti i miei beni per avervi come amante”.
Ma Enrico è passato alla storia anche per la numerosa prole e le innumerevoli amanti: alla sua morte si contano ben 19 discendenti di cui solamente sei legittimi. E così le sue parole d’amore non sono solo per Maria, ma anche per la “marchesa di Verneuil: “buonasera mio tutto, amatemi teneramente e abbiate fiducia nella mia inviolabile fedeltà verso di voi, che bacio un milione di volte”, e per Gabrielle d’Estrées, per Henriette de Balzac d’Entragues, per Charlotte de Montmorency e molte altre ancora.
Maria sopporta con pazienza tutto questo e non si sottrae ai suoi doveri coniugali: tra il 1601 e il 1609 dà alla luce l’erede al trono Luigi XIII, le sue tre sorelle e i due fratelli.
Nel 1610 Maria viene ufficialmente incoronata regina di Francia nell’abbazia di Saint Denis e solamente due giorni dopo suo marito viene assassinato da un fanatico cattolico. Questa è la svolta: Maria deve reggere il trono in nome del delfino, di soli 9 anni, e mantenere salda la posizione della monarchia assoluta, il potere che Enrico ha accentrato sempre di più. I nemici sono tanti e i consiglieri di cui l’italiana si circonda non sono ben voluti a corte. La guerra civile è sempre nell’aria. Sotto di lei, nel 1614, sono convocati gli Stati Generali per l’ultima volta prima della Rivoluzione Francese.
Maria riesce a portare a termine quello che viene considerato il suo capolavoro politico: i matrimoni delle sue figlie e del delfino. Riesce infatti, grazie a elaborate e complesse arti diplomatiche, a porle tutte su troni europei: Elisabetta sposa Filippo IV di Spagna, Maria Cristina Vittorio Amedeo I di Savoia ed Enrichetta Maria Carlo I d’Inghilterra. Per il figlio Luigi XIII ottiene invece la mano di Anna d’Austria, la prima figlia del re di Spagna Filippo III, sorella di Filippo IV. Nonostante la fitta rete matrimoniale che permetteva alla Francia di essere legata alle principali corti europee, l’odio degli aristocratici francesi non le è risparmiato. Sospetto e diffidenza sono rivolti nei suoi confronti, reggente straniera, e nei confronti delle persone che la circondano, come Concino Concini e sua moglie Leonora Dori Galigai, la sua amica d’infanzia. La coppia italiana è accusata di essere troppo ingerente a corte, di avere troppe pretese e di agire in segreto nei meandri della politica francese. Anche re Luigi XIII inizia a ribellarsi alla madre, vive con fastidio la realtà politica di Maria, accusata di emarginarlo in favore del fratello Gaston d’Orléans. Spalleggiata dal giovane sovrano, la nobiltà francese si organizza, progetta e compie l’assassinio del consigliere Concini. Si tratta di un vero e proprio spartiacque per la Storia e più in particolare per la storia di Maria, costretta subito dopo dal figlio a lasciare Parigi. La regina madre vive i suoi ultimi anni emarginata e da prigioniera, lontana prima dalla corte e poi dalla Francia. In un primo momento al suo fianco è il cardinale Richelieu, che media per lei le trattative con il figlio; Maria crede di avere accanto un prezioso alleato che invece dopo poco tempo, ottenuta la berretta cardinalizia e entrato nelle grazie del re, si trasforma in un potente nemico.
Sono anni turbolenti di trame, complotti e intrighi, una lotta tra tutti i funzionari della corte, non esclusi Luigi XIII e il fratello Gaston; la regina madre continua a muovere qualche pedina all’interno della politica europea, ma ormai la sua autorità è inversamente proporzionale a quella del Cardinale Richelieu, il nuovo ministro. Maria è sola e isolata politicamente, per lei non rimane che l’esilio. Si spegne in terra straniera, a Colonia, nel 1642. La seguono a breve distanza i suoi grandi nemici: Richelieu e il figlio Luigi.
Disprezzata e presto dimenticata dalla storiografia, è stata condannata a una vera damnatio memoriae: “la grosse banquière”, come la aveva soprannominata una delle amanti del marito, ha ricevuto ben pochi riconoscimenti nel corso dei secoli.
Autrice – Livia Cruciani, da sempre appassionata di letteratura, in particolare di libri gialli, e di poesia, ha conseguito nel 2014 la laurea triennale in “Letteratura Musica e Spettacolo” e nel 2016 la laurea magistrale in “Filologia Moderna”. Pur cosciente delle difficoltà inevitabili che potrà incontrare sulla sua strada, avendo scelto studi universitari di ambito letterario, rimane determinata a continuare il suo percorso e a seguire le sue grandi passioni. Contemporaneamente agli studi ha lavorato come assistente vendite e animazione per bambini e bambine nella “Nuova Libreria all’Olimpico” di Roma e aiutato nello studio delle materie letterarie ragazze e ragazzi più giovani.