Ho incontrato più volte Alda Merini nella sua casa sui Navigli a Milano, una casa vissuta come lei, viva come lei, una casa che aveva un’anima grande come lo era l’anima della grandissima poetessa milanese che ormai se n’è andata da qualche anno, nel 2009.
Una donna che ha vissuto dodici anni rinchiusa in manicomio, quando ancora la depressione era un valido motivo per essere internata. Una donna che ha subito tanti elettroshock , scariche di elettricità tra i 180 e i 460 volt che accrescono il metabolismo portando via ossigeno al cervello e provocando danni cerebrali . Ma nonostante la tremenda terapia elettroconvulsiva, Alda Merini ha conservato una creatività che l’ha resa una dei più grandi poeti dei nostri tempi. Ed una sensibilità rara, nei suoi grandi occhi di bimba e di donna, di madre accogliente e respingente a un tempo e di fortedolce creatura un po’ spaesata nel mondo di tutti i giorni, così forte nell’anima e così fragile.
Ho deciso di pubblicare postuma questa intervista perché la Merini non poteva mancare tra la mia carrellata delle Eccellenze del Femminile, interviste che trovate a questo link.
L’anima dei poeti é un’anima fragile che vibra come le ali di una farfalla e questa poetessa discussa, dimenticata, trascurata, vilipesa, spesso violata nella sua intimità é una Donna che della poesia ha la grandezza della ineffabilità. Seduta di fianco a lei, davanti alla sua macchina da scrivere, mi sono ritrovata in quel luogo privilegiato che è assenza di spazio e del tempo, dimensione onirica eppure così reale affacciata al Naviglio e dentro ad un bellissimo cuore. Alda Merini mi ha aperto una finestra su di sé ed ho incontrato a tratti la Madre, così calda nel suo mistero e la Bimba, così potente e fragile nella sua gioia. Una donna che ama danzare in superficie per richiamare attenzione per poi scomparire nella profondità degli abissi per trovare finalmente un po’ di pace.
Giovanni Nuti ha fatto uno splendido lavoro, mettendo in musica le poesie della Merini quando tra loro si creò quel “matrimonio artistico” che li vide creativamente uniti per 16 anni. E con Monica Guerritore Giovanni Nuti sta portando in giro “Mentre rubavo la vita”, uno spettacolo che, tra musica e poesia, racconta Alda Merini come sa fare solo chi la ha amata così tanto.
E poi c’é una sua poesia, “Sono nata il 21 a primavera”, musicata da Nuti e cantata da Milva, che tanto mi ha ispirato in questi ultimi anni, perché il tema della follia e, in particolare della follia del Femminile, é stato oggetto di molti miei studi. Non é facile “aprire le zolle”, spesso é più semplice lasciare che la terra si indurisca o si crei il deserto ma sappiamo che, se anche tutto pare dormire in superficie, là sotto brulica di vita. Ed é proprio questo “nascere folle” che permette di aprire le zolle, di accedere a quel mondo “altro” dove ci sono tutte le risposte oppure, e questo già basterebbe per sentirsi vivi, tutte le domande. E cosa più della poesia sa aprire le zolle?
Ho parlato a lungo con lei. Alda Merini, con me mai scorbutica e chiusa come a tratti sapeva essere ma sempre immensamente accogliente, mi ha aperto più volte la porta della sua casa, stavamo a chiacchierare della vita, incuranti delle ore che passavano fino a quando un particolare qualunque le ricordava che il tempo a mia disposizione era finito. “Hai voglia di un caffè? “Si, volentieri, grazie” “Bene, allora apri quella finestra..lo vedi quel bar là sotto, verso destra? Bene, vallo a prendere lì. E uno anche per me. Dillo che è per me, loro sanno come lo voglio”. Un caffè insieme e poi avrei dovuto andarmene, fino alla prossima volta. Un privilegio da gustare goccia dopo goccia.
Ed é un privilegio per me pubblicarla tra le donne eccellenti di cui sto scoprendo la grandezza, intervista dopo intervista. Una grande poetessa che ci mostra la strada anche ora, chissà da dove..ma questa é tutta un’altra storia.
*Qual è il suo rapporto con le donne?
Ho grande antipatia per le donne, quelle poche che ho conosciuto volevano portarmi via il marito, mi hanno calunniata o invidiata perché gli uomini mi vengono dietro: io ho carisma e sono minchione quelle che non capiscono
*E questo suo carisma quali problemi può creare alle altre donne?
Io sono convinta che il fascino dell’intelligenza sia superiore alla bellezza ma le donne sono un po’ cattivelle e provano astio verso quelle che hanno una bella testa. Ma non è solo una questione di intelligenza, anche di possessività verso il maschio . Se una incontra un bell’uomo pensano subito che sotto ci sia una storia di sesso e se non è più tanto giovane la criticano e la biasimano. E poi spettegolano: se mi innamorassi non lo racconterei mai ad una donna, lo terrei per me.
*Ma lei ha la sua poesia..
Si, ecco, io comunico ogni mio innamoramento nei miei versi, Io comunico eroicamente, felicemente con la mia poesia. E imbellisco anche un fatto che mi tormenta. Io sono una donna artista, vedo tutto sotto la forma artistica, riesco a imbellire, volo, vedo oltre alla realtà. Non ho bisogno di fare pettegolezzi.
* Cosa succede ad una donna quando passano gli anni?
L’anima non invecchia, anzi le donne più vanno avanti con gli anni più diventano interessanti. E poi, anche dal punto di vista fisico, ci sono donne anziane appetibili come Lalla Romano, ad esempio. E in effetti anche l’estetica di un anziano è da considerare, pensi a Raboni quanto è affascinante. Si, è un uomo e noi parliamo di donne, comunque rimane un bell’uomo. E la Romano una bella donna. Tra l’altro non capisco perché quando una persona anziana vuole fare l’amore, la guardano come fosse strana. Fanno di tutto per tenere in vita fino ad età avanzata, e danno medicinali e pozioni, poi se una alla mia età si innamora viene fuori un putiferio. Però ovviamente con l’invecchiamento in qualcosa il corpo cambia: e beh, o non posso correre come a 20 anni!
*Le giovani donne di oggi sono diverse da quelle di ieri?
L’amore ai nostri tempi si faceva in modo diverso e si affrontava anche la delusione. Oggi donne e uomini non sopportano più le delusioni amorose. Non hanno voglia di affrontare il dolore, vanno dallo psicanalista per scansarlo, per guarire. Ma come si fa a guarire dall’amore? Noi ci affondavamo dentro, le donne di oggi questo nemmeno lo immaginano. Noi non avevamo l’analista né i genitori con cui parlare. Ci tenevamo dentro il magone, ci siamo autoeducate.
*C’è qualche donna che le è maggiormente rimasta nel cuore?
Ricordo mia madre, mia sorella, di amiche ne avevo poche, non facevo pettegolezzi, ero abbastanza chiusa. Mia sorella: ho sofferto molto quando è morta anche se è stata la donna che mi ha messo in manicomio ma io so che in quel modo mi ha voluto tenere lontana dalle tribolazioni. Era molto protettiva, sempre al mio fianco, serena nei suoi giudizi, più di quanto lo fossi io, una seconda madre per me. Morendo mi ha detto”Ricordati che sei la più brava di tutte”.
Mia madre era gelosa, non voleva che lei mi guardasse, che mi facesse da seconda mamma. Invece era così. E poi ero fragile, mia madre aveva paura che mi ammalassi, mentre mia sorella era fisicamente più sana di me ed io mi appoggiavo in tutto a lei, la sentivo più forte.
*E negli anni in manicomio ha avuto qualche bella amicizia con altre donne?
Ho incontrato qualche malata che era buona con me. In manicomio erano tutte donne attraversate dalla sventura, finite lì magari per un grande amore o per un tradimento. Una si era innamorata di un prete ed era depressa: al quinto elettroshock non è più guarita. Ora le racconto una storia, di questa del prete: era nel letto vicino al mio e io sapevo di questo amore perché la figlia me lo aveva raccontato, ma non mangiava, non parlava, non voleva fare niente, era in totale apatia. La figlia mi diceva “Ma perché mia madre si vergogna di ammettere che si è innamorata del prete? Che lo dica una buona volta e poi così guarisce e viene a casa a curarmi i figli!Chi se ne importa se è stata l’amante di un prete!” Un giorno lei era uscita dalla stanza e io volevo fare una telefonata a Vanni Scheiwiller ma non avevo gettoni: ne ho presi tre dei suoi che aveva sul comodino. Poi sono andata a telefonare. Quando è tornata e si è accorta che mancavano quei gettoni si è messa ad urlare e io sa che cosa le ho detto? Le ho detto: Visto che tu non chiami mai il tuo prevosto, l’ho fatto io. Da quel giorno è guarita, si è ripresa, ha ricominciato a parlare e a mangiare: io con quelle parole le ho fatto capire che non doveva continuare a colpevolizzarsi per quell’amore. Era un amore e basta, come tutti gli altri e quindi aveva il diritto di esistere. Le donne qualche volta danno un importanza assurda all’amore..
*Perché, secondo lei?
Quando si mette di mezzo la chiesa.. sa quanti sensi di colpa mette addosso a noi donne? Fare l’amore è la cosa più naturale del mondo, eppure pare che sia chissà che cosa..
*E le donne che si prendevano cura di voi là dentro..?
Quando racconto del manicomio la gente non mi crede perché parlo di atrocità tali che sembrano inventate. Ma noi che siamo state là dentro abbiamo bisogno di amore, amicizia, di quelle giuste parole per poter rifare il percorso della nostra esistenza. Ora le racconto questo: una volta in manicomio le infermiere si stavano facendo la ceretta mentre morivano i vecchi tra feci, urine e piaghe da decubito. Io ero incinta e nemmeno mi guardavano per starsi a depilare. Allora io ho incendiato l’ospedale. Per la prima volta sono caduti i muri del manicomio e la gente è scappata. Quello di farsi la ceretta in una situazione così è un crimine, la vanità femminile può essere criminale. E poi non parliamo di quello che succedeva durante le vacanze, questa gente era tutta abbandonata. E’ vero che i folli sono fuori e i sani sono dentro
*Quanta follia ha visto e vede intorno a sé?
In manicomio c’era a guardia un pezzo d’uomo, bello, sano, buono. E io gli ho chiesto: cosa fa? Perché sta qui con noi e non va fuori? E lui mi ha detto: perché il manicomio è tutto fuori, io sto bene con voi.
*C’è una donna con cui ha avuto un rapporto particolarmente difficile?
Una donna che non ho mai visto , l’ultima madre di mia figlia: per legge non potevo vederla ma dai suoi racconti so che ha trattato male la mia bambina. Ma preferisco parlare di rapporti belli: mi sono care le mie ammiratrici, le donne che dicono di trovare nella mia poesia la risposte ai loro drammi, anche se mi sembra che enfatizzino un po’ con la loro ammirazione: noi poeti siamo persone qualunque, con le nostre difficoltà, le malattie, i problemi, i rapporti difficili. Ogni tanto me le trovo qui, sotto casa: qualcuna mi suona al citofono, vorrebbe vedermi , incontrarmi. Molte mi dicono che le mie poesie le hanno aiutate ad uscire da una crisi, a vedere meglio dentro i loro drammi. Non so, ma qualche volta le ascolto volentieri, altre invece non posso dare loro retta. Suonano il campanello e io magari sono qui che penso al manicomio, che scrivo. E non posso essere interrotta nel filo dei miei pensieri, non trova?
La madre nel migliore dei casi sbaglia sempre, governata dal cuore va dietro al proprio sentire. Io ne ho quattro di figli, ed ognuno è geloso dell’altro. Ogni figlio è affidato al destino, più che alla madre. E poi i mie figli mi sono stati allontanati e sono anime disperate perché vagano alla ricerca delle loro radici materne. Non hanno trovato la madre fuori di loro, certo, mi avevano internato e strappata dalle mie creature, né trovano tanto meno la loro madre interiore. Come possono interiorizzare quello che non hanno avuto? La mia seconda figlia non mi ha mai chiamata mamma, non mi vuole più vedere. Sono una madre scomoda, mi hanno visto passare dall’abbruttimento del manicomio a fama di poeta, non hanno capito più niente.
*La hanno separata dai suoi figli…
Si e sono certa che i miei figli non abbiano conservato le radici della loro infanzia. Sono stati allontanati da me, sono anime disperate che vagano alla ricerca della radice essenziale materna, ma non la trovano, né all’interno di sé né all’esterno. Mia figlia che è assistente geriatrica si è fatta fare un lifting facciale nella speranza di ritrovare la sua identità. Avevano 12 e 6 anni quando me li hanno portati via. La seconda figlia non mi ha mai più chiamato mamma, non mi vuole più vedere. Ci sentiamo qualche volta, le mando regali e denaro ma non ha mai messo piede qui, in questa casa e io non la forzo. Non c’è rapporto, io sono una madre scomoda che è passata dall’abbruttimento del manicomio alla fama. I miei figli non hanno capito più niente.
*Quali sono le più grandi difficoltà di una madre con i propri figli?
La madre nel migliore dei casi sbaglia sempre , governata dal cuore va dietro al proprio sentire, io ne ho quattro di figli e , uno è geloso dell’altro. Parliamo di cuore..ci sono tante forme di cuore, esistono anche i cuori dannati. Quando si parla di seguire il proprio cuore, si immagina che sia benevolo, ma la madre si addolora se non può agire secondo benevolenza. Il figlio è affidato al destino, più che alla madre. Una madre non può violentare un figlio. Ci sono casi, situazioni in cui dobbiamo fare da spettatrici e cercare di accompagnare i nostri figli al raggiungimento della felicità. Certo dipende da quello che è per loro la felicità. Non sei automobili!
*Lei crede che la donna sia più forte dell’uomo?
Io alla mia età ho ancora bisogno di fare l’amore perché per troppi anni sono stata sessualmente ferma. Ho però come un pudore naturale, mi innamoro ma custodisco in me il segreto dell’innamoramento. Io credo che una donna voglia morire nell’altro, qualche volta abbia bisogno di potersi perdere nella persona che ama, e questo forse è il massimo del riposo. E poi la donna innamorata sa attendere, quell’attesa da sabato del villaggio che forse non arriverà mai.. Ma io parlo così perché sono poeta. La donna è forte…si. ma io voglio essere trattata come una poetessa, non come una femmina alla Casa di Bambola, è ora di finirla.. da una parte la donna ha dovuto salvarsi da un atroce maschile ma non deve dimenticare che è compagna di viaggio dell’uomo, non compagna di sventura. Quando è morto Scheiwiller, uno dei più innamorati della mia poesia, è saltato fuori che Vanni ed io eravamo amanti. Lui morendo mi ha detto.”Alda, io ho amato solo mia moglie”. La donna intellettuale non esiste nel nostro mondo ma solo la scopatrice che va col Vanni. Il prete non può amare l’anima di Alda, solo le sue gambe!
*Ma come giudica gli uomini?
L’uomo è un pusillanime perché non sa trattare con deferenza e stile una signora. I più grossi disgraziati che approfittano delle donne, delle prostitute, ad esempio- sono quelli che hanno avuto tutto dalla vita. Il compito dell’uomo dovrebbe essere quello di proteggere la donna, che è compagna di viaggio dell’uomo. La donna senza l’uomo non esiste e viceversa, e come potrebbe? Ci sono uomini che non sanno fare una minestrina e donne che non sanno appendere un chiodo, come me.
*Come sarebbe Alda Merini senza la poesia?
Io ho la mia quotidianità, come tutti.. senza poesia amerei l’Alda Merini di tutti i giorni, molto semplice, che fa la spesa, che cammina lungo il Naviglio. La poesia fa soffrire..
Le mie ammiratrici mi sono molto care, la mia notorietà la devo a loro, ma mi sembra che alle volte siamo enfatizzati perché si pensa che il poeta sia chissà cosa ma invece è un uomo qualunque, con le sue difficoltà, le malattie, i problemi, i rapporti difficili. Il manicomio. Ho dentro una grande rabbia che non ho potuto esprimere benr e qualche volta io sono qui a casa che la sto elaborando, che sto rivivendo certe mie emozioni: in quel momento se mi citofonano mi danno fastidio. Io ho dentro ancora molto da rielaborare.. Quando mi hanno messo in manicomio non ero famosa. Sono andata a Mantova a parlare con un amico di Basaglia e gli ho chiesto perché accettassero il ricovero. Non andavate a vedere le ragioni di questi disumani ricoveri? Gli ho chiesto così. Quando si ha dentro questa rabbia, chi vuole questa povera gente? Io vivo questa mia rabbia con il mal di stomaco, il mal di denti e, la diverticolosi. Insomma, anche il corpo ne risente
*Cosa significa per lei l’amicizia?
I miei grandi amici sono i poveri, i dementi. Non sopporto i tradimenti degli amici. Io ho lavorato tanto, ho creato con Casiraghi una collana con più di seimila librini. Ora lui va improvvisamente in America, chiamato dalla università. Ma Alda Merini l’università non la chiama. Io non ho mai avuto riconoscimento. La colpa è degli uomini che sono invidiosi, pallosi, narcisisti, ognuno vuole essere il preferito dell’altro. Poi l’uomo tira in ballo il fatto che deve mantenere la famiglia. E allora, io non sono forse vedova con tre figli? Ieri il Papa in una conferenza alla televisione ha detto: “Inchiniamoci al genio femminile”.
*Alda- e non la poetessa- si sente capita dalla gente?
Io cerco quella felicità che da’ salute, serenità , amore. Non sto parlando dell’amore dei sessi, io invece dell’amore preferisco l’amicizia, da’ di più di un rapporto fisico. Ma non sempre mi sento capita. Quando racconto del manicomio la gente non mi crede perché parlo di atrocità tali che sembrano inventate. Ma noi che siamo stati là dentro abbiamo bisogno di amore, di amicizia, di parole per poter rifare il percorso della nostra vita. Io sono frastornata talvolta dall’incontro con gli altri quando non vogliono incontrare me ma la mia casa o le mie cose. Per una tesi di laurea..sono venuti qui e poi hanno fatto un ritratto della mia casa, non di me. Io devo prima di tutto scrivere per guadagnarmi la vita, poi vengono i lavori di casa. Guardano la casa e non la Merini. Le racconto un episodio: ieri al mercatino qui mi sono seduta, perché avevo il mal di stomaco, vicino a una bancarella. Una ragazza mi si è avvicinata, mi ha riconosciuta e mi ha detto “Lei è Alda Merini..e non ha peli sulle gambe” Anche un’altra volta, avevo la sciatica e sono andata per farmi fare un’iniezione, ho tirato su la gonna e l’infermiera mi ha detto che non avevo peli sulle gambe. Me ne sono andata via subito. Un’altra volta una è arrivata per vedere se veramente avevo gli occhi verdi. Con la mia fama e poi i problemi, i dolori, ultimamente un’altra pena capitale, le pare che una donna debba fare tanti chilometri per vedere come sono fatta? Questa è follia.
*Ma lei in manicomio scriveva?
Tutti mi chiedono se là dentro scrivevo. No, lì non c’erano editori che ci inseguivano, non c’era la lotta per prevalere l’uno sull’altro, eravamo in una disgrazia comune, non potevamo invidiarci. Io parlo del manicomio con nostalgia. Quando ci dimettevano soffrivamo. Lì c’era stabilità morale, incontri d’anime , non certo di corpo ridotti come eravamo, non c’era estetica esterna , ma estetica dentro di noi, moralità. Non ho mai avuto avances sessuali, come fuori. Lì c’era moralità, un arrivare alla persona non certo per plagiarla.
*E in questa sua casa invita molta gente?
Non amo ricevere giornalisti e persone qui, c’è sempre fraintendimento, io amo molto la mia casa ma non voglio che sia inquinata da cattivi pensieri. La mia casa è così, io devo vivere un feeling spirituale che mi permetta di scrivere. Una volta sono arrivati qui degli operai per cambiarmi i fili della corrente. Per un anno non sono più riuscita a scrivere. Mi erano entrati nell’aura, quella del poeta si illumina quando crea, me l’avevano inquinata.
*Ne girano tanti, oggi, di cattivi pensieri?
Oggi non vedo equilibrio, prima di tutto. L’equilibrio è il comune buon senso, è il saper dire “questa cosa potrei farla ma posso farne anche a meno”. Lo spreco è un disagio. L’eccesso è la follia che hanno un po’ tutti, ciascuno dice a se stesso, chiunque sia: “io che sono tal dei tali posso permettermi tutto questo”. Io sono stimolata dall’eccesso degli altri, ma non mi va di copiare quello che fanno tutti e favorire l’andamento di una società invidiosa e pietistica. Non ho nemmeno la macchina. E poi, sta gente così cattolica che c’è in giro e non ha letto nemmeno Bibbia e Vangelo, mancano di pietà naturale, ammazzano civilmente chiunque, come hanno fatto con me.
Un intervento violento può far morire una persona, come quando mi toglievano i figli perché non avevamo una casa consona, ma l’amore è la più grande ricchezza dell’uomo, per i miei figli era importante il mio amore, non la casa.
*Spesso si dice che la sua poesia tocca l’anima. Ma lei crede nella esistenza dell’anima?
Io non credo che esista l’anima alla maniera cattolica, quella con la macchiolina di inchiostro che indica il peccato. E’ quello che non è di nostra competenza, una voce divina , qualcosa di energetico, di pulsionale. La identifico con la gioia, anche se per me la gioia è qualcosa di diverso dalla gioia comune: avendo avuto l’esperienza del manicomio io ho toccato la morte e la vergogna ogni giorno.
La personalità è fatta di sensazioni ed esperienze, è stata formata anche dall’esterno, tutti quelli che agiscono su di noi hanno modificato l’anima. ma di fronte alla morte io mi chiedo: dove è finita l’anima? L’anima è quella che sa , perché ha esperienze indotte, è il grillo parlante. Io so che i grassi mi fanno male, la mia anima lo sa, ma li mangio per gola. L’anima è anche nella ragione. Il corpo già sta nell’Eden, questo tentatore che mi dice “mangia la mela che è buona!”. Il demonio, la seconda personalità dice di fare il contrario di quello che sa che deve fare, questa è la disubbidienza.
*E cosa pensa della vita dopo la morte?
. Quando è morto Vanni sentivo qualcuno che bussava alla porta, oggetti che si muovevano, ho provato orgasmi verso questa immaterialità, sentivo respiri di persone sopra di me che facevano l’amore con me. Avevo l’idea che questo desiderio fosse stato consumato ma apparteneva a qualcosa che non stava sulla terra. Io sono sensitiva, le cose le sento, le ho accettate per quello che sono, non so spiegrami questi misteri. La carnalità del fantasma. Comunque penso che per tanto tempo le anime non riescano a staccarsi. Ma io credo che il morto torni. Mio marito beveva e io non riesco a rinunciare a portare a casa bottiglie di vino. Portare il vino a casa è portare qualcosa al defunto.
Cosa succedeva ogni volta che le facevano l’elettroshcok?
Con l’elettroshock era una morte continua ed ogni volta tutto si ricomponeva come fosse nuovo, gli oggetti dovevano riemergere da qualcosa di misterioso. Ogni volta mi toglievano la memoria e da quello ho capito che è l’uomo che costruisce la realtà in cui vive. Tolta la memoria non c’è la morte fisica ma quella mentale. Ad ogni scossa veniva rimosso tutto, rimaneva solo l’essenziale. Mi sentivo affidata al caso e alla molestia elettrica. Tutto saltava, tutto se ne andava. E’ rimasta in me, fissa, la radice dell’infanzia, inamovibile, la mia buona educazione e la struttura morale. Quello non cede ai compromessi dell’elettroshock.
Ho parlato di muralità del manicomio. Spesso parlo di pareti. Ogni elettroshock faceva cadere un sipario e relegava ogni volta in una stanza dentro di sé e io ho trovato un grande palazzo dentro di me in cui rifugiarmi. Pareti che dividevano la somma personalità in tanti personaggi, in ognuno c’era una parte di me ma mai l’intero. Il prete di cui ero innamorata, l’amore, quello della porta accanto, la violenza, ecc..
*Cosa è la sessualità per lei?
Io alla mia età ho ancora troppo bisogno di fare l’amore perché sono stata per troppi anni sessualmente ferma. Ho però un pudore naturale, mi innamoro ma custodisco in me il segreto dell’innamoramento. Anche se p la gente parla e si inventa..questa va spesso a vedere quello, quindi è innamorata! Amare è per me la voglia di morire nell’altro, perdere la vita per l’amore è ciò che da’ il massimo del riposo. Regala quell’attesa che forse non arriva mai ma che è quell’incanto che appartiene al poeta. Un’astrazione. Il poeta è capace di questa astrazione, non c’è mai il godimento, lui stesso si autocensura.
*Cosa è la poesia?
Il senso è una deflagrazione dell’ideale. La sensualità è una grande galassia, può esplodere di tutto e la passione è il fuoco che materializza il verso. In alcuni miei versi ho scritto “Poesia non venirmi addosso..”, è come una donna che diventa indemoniata prendendo il possesso delle mie azioni. La poesia è al di là della nostra volontà, abita l’inconscio. E nel mio inconscio c’è tanto di quello spazio.. Io sono ricca interiormente, c’è in me un grande giacimento di idee, una grande cultura di fondo. Ho letto molto.
* Quanto parla per lei la sua parte bambina?
Si, certo, il mio Io bambino, io sono una bambina furbacchiotta, qualche volta vado a capitar male perché sono un’istintiva del cuore. Poi ho i miei crolli. E poi mi tiro su, lasciando tempo al tempo. Comunque non faccio pesare su altri la mia desolazione, non faccio la vittima, sono un buon giudice di me stessa.
Pierri mi ha definita un’avventuriera dell’anima perché io mi avventuro, mi butto. La mia anima ha capito che tanto non ce la fa a fare il contro e si lascia prendere da questi tempi moderni. All’anima piace ed essere ascoltata e vilipesa, anche quando sa che potrà essere stracciata come un foglio. A volte mi capita di dire a uno che sono innamorata di lui ma non è vero, allora mi diverto. Ma trovo così stupido che uno perda la testa per una persona. Io in realtà sono ironica, so volere molto bene, è più valida l’amicizia dell’amore, è una forma di amore.
In seconde nozze ho sposato il dott. Pierri che credeva nella reincarnazione. Io non ci credo, almeno spero che non ci sia perché non ho voglia di ricominciare da capo. E’ così faticosa la vita.
Lei se li farebbe dodici anni di manicomio per toccare il paradiso e la bellezza della vita?
* Ma perché l’hanno messa in manicomio?
Ero una donna felice prima di andare in manicomio, poi ci sono finita per una depressione. La mattina, prima, non avevo voglia di alzarmi anche perché io lavoro più di notte, di giorno sono così, la sera mi sveglio. Sono impazzita di dolore perché non mi facevano più vedere i figli, mi ha messo in manicomio mio marito e la famiglia di mio marito. Non sono riuscita a perdonare. All’uscita dal manicomio sono tornata in questa casa, l’amavo molto,
*Vecchioni ha scritto una canzone sulla sua vita in manicomio..
La canzone di Vecchioni non descrive quello che ho vissuto: io non sono mai stata legata, ero una paziente tranquilla, rimanevo in un angolo, dimenticata. Invece lei lo conosce “Delirio amoroso”?
*Si, Delirio Amoroso, il monologo tratto dai suoi testi interpretato magistralmente da Licia Maglietta..
Ecco, allora ascolti invece un po’ qui..la Maglietta è bravissima.. “Canto il sinistro ordine che ci imbrigliava la lingua/ e un faro dl marina che non conduceva ad un porto./Canto il letto aderente che aveva lenzuola di garza/ e il simbolo-dottore perennemente offeso/ e il naso camuso e violento degli infermieri bastardi./ Canto la malagrazia del vento traverso una sbarra/ canto la mia dimensione di donna strappata al suo unico amore/ che impazzisce su un letto di verde fogliame di ortiche/ canto la soluzione del tutto traverso un’unica strada/ io canto il miserere di una straziante avventura/dove la mano scudiscio cercava gli inguini dolci./Io canto l’impudicizia di quegli uomini rotti/ alla lussuria del vento che violentava le donne.
Grazie Alda, una delle grandi anime che ho incontrato nel mio cammino..
1 commento
Eccelente la sua intervista! Grazie mille!
A presto.
Mirta Salafia