Ci sono incontri che nascono inaspettati e che stravolgono la vita, senza chiedere permesso, senza farsi annunciare, senza fare troppo rumore. Come è capitato a Sahaja Mascia Ellero che, rapita dallo sguardo e dalla personalità di Kirtani, direttrice della comunità di Ananda Assisi, ha scelto di andare a visitare il centro di devoti di Yogananda e lì si è fermata a viverci da più di venti anni.
Scegliere di andare a vivere in una comunità spirituale può travestirsi da folgorazione improvvisa ma decidere di rimanerci, di accettare all’interno incarichi di responsabilità, di sposarsi con un altro devoto di Yogananda, Jayadev Jaerschky, non è così semplice e lineare. Certamente Sahaja ha attraversato momenti più difficili, altri di grande entusiasmo e gioia ma parlare con lei dona una carica potente e molta pace.
Quando l’ho vista per la prima volta immersa in meditazione nel Tempio della Luce mi ha colpito il suo sorriso, così vicina al suo Maestro e così immersa nei suoi livelli interiori profondi, da apparire una visione venuta chissà da dove. Non si può incontrare la sua luce senza accorgersi che quello che traspare in lei è anche in noi che le siamo di fronte e questo è un dono bellissimo che ha ricevuto e che sa trasmettere anche a chi le è vicino.
Ananda, fondata da Swami Kriananda, (J. Donald Walters), discepolo diretto di Yogananda, è un insieme di comunità spirituali in America, Europa e India, basate sulla meditazione quotidiana e sul Kriya Yoga. Quando io sono andata ad Ananda Assisi perché avevo letto l’Autobiografia di Yogananda avrei voluto fermare il tempo per rimanerci più a lungo, tutto era un richiamo continuo alla bellezza della vita, alla grandezza dell’anima, al risveglio delle potenzialità nascoste; lì il tempo che scorre inesorabile, il Tempo del Padre, il tanto temuto kronos che divora le ore e i secondi, lasciava il posto al Tempo della Memoria, al Tempo della Madre, a quell’eterno presente in cui l’ansia si placa, la sofferenza si smorza e la luce che vive in noi ha finalmente modo di farsi riconoscere.
Incontro Sahaja molti anni dopo nel mio Joie de Vivre ma quel sorriso e quello sguardo pieno di luce sono ancora oggi, dopo una quindicina d’anni, sempre vivi in lei.
Dal 2001 si è occupata della traduzione e revisione editoriale delle opere di Kriyananda e di Yogananda e inoltre tiene corsi, legati alla psicologia spirituale, è counsellor e terapeuta con le tecniche di guarigione di Yogananda. L’Energia del Femminile è in lei nella sua empatia, nella sua intuizione, nella affettività, nella capacità di vedere al di là delle apparenze, nella sua capacità di collegare, unire, cogliere l’Unità tra tutte le cose.
*Come è avvenuto il tuo primo incontro con Yogananda, quell’incontro che ti ha ribaltato la vita?
Ho incontrato Yogananda senza sapere che lo stessi cercando. Frequentavo un centro yoga a Padova, dove vivevo a quel tempo, e una sera vennero Kirtani e Deborah di Ananda a presentare il nuovo Tempio di Luce che stava per nascere. Era il novembre del 1994. Misero accanto a loro un’immagine di Gesù e una foto di Yogananda. Non l’avevo mai visto prima e non avevo idea di chi fosse. Non mi colpì neppure particolarmente, ma mi colpirono invece gli occhi di Kirtani, la direttrice di Ananda. Erano occhi che conoscevo, occhi che avevano qualcosa che volevo anch’io. Così andai a trascorrere il Capodanno ad Ananda e cominciai a conoscere Yogananda. Tornai a casa dopo una settimana già “innamorata” di lui!
*Cosa facevi prima di arrivare ad Ananda e in quale fase della tua vita ti trovavi?
Ero una “donna in carriera”. Amavo molto il mio lavoro, la mia indipendenza, i viaggi, le amicizie. Ma dentro di me c’era un senso di vuoto. Dopo aver studiato per tanti anni, con in mente tanti sogni e obiettivi che avevo già cominciato a raggiungere, mi chiedevo: “È questa la vita? È così che vivono tutti? Otto-dieci ore di lavoro (per quanto interessante), poi a casa, a letto, di nuovo al lavoro, aspettando il weekend, e poi aspettando il mese di ferie? È tutto qui?” Mi sembrava impossibile. Era tutto bello, avevo grandi soddisfazioni e facevo tante cose divertenti… ma non poteva essere quello il vero senso della vita!!!!
*Come è avvenuta poi la tua decisione di andare a vivere in una comunità?
Se qualcuno mi avesse detto, fino a poco tempo prima, che sarai andata a vivere in una comunità spirituale, mi sarei fatta una bella risata. Era quanto di più lontano potesse esserci dai miei progetti di vita. All’epoca mi interessava la carriera, il mio lavoro nella pubblicità, i viaggi, i bei vestiti, tutte le “normali” cose della vita. Amavo vivere da sola, non ero abituata ai gruppi. E non mi interessava per niente o quasi la spiritualità. Ma fin dalla mia prima visita ad Ananda, dentro di me una vocina cominciò a dirmi, contro ogni logica, che quella era la mia casa. Dopo il mio primo soggiorno a Capodanno iniziai a trascorrere un weekend al mese ad Ananda, poi tutte le mie ferie di agosto. Dopo una settimana di servizio in cucina, decisi che mi sarei trasferita lì. Quando mi dissero che era possibile, mi sentii al settimo cielo. Mi dissero che c’era bisogno di una ragioniera e io, pur non avendolo mai fatto, dissi di sì. Al rientro dalle ferie mi licenziai e a fine ottobre 1995 cominciai la mia avventura di vita ad Ananda.
*Come hanno reagito le persone intorno a te ?
I miei capi e colleghi dell’agenzia non potevano crederci, avevano già in mente di farmi socia. Anche per i miei genitori fu una sorpresa non da poco, specialmente per mio padre che mi aveva pagato gli studi, un anno di università a Londra, il master di Comunicazione… Però mi scrisse subito una lettera, dicendomi quanto fosse orgoglioso di me, del mio coraggio nell’inseguire i miei sogni, mentre lui non aveva potuto farlo a causa delle ristrettezze economiche della sua famiglia. Mia mamma in seguito venne diverse volte ad Ananda, imparò gli esercizi di ricarica e la meditazione, lesse molti libri di Yogananda e Kriyananda. Era una donna molto aperta e speciale. Mio padre è felice della mia scelta di vita, ha visto quanto sono cambiata e quante opportunità mi ha dato la vita ad Ananda, a tutti i livelli. I primi tempi, però, raccontava agli amici che sua figlia lavorava in una “multinazionale della spiritualità”!
*Cosa offre Ananda agli ospiti, perché secondo te tornano?
Ananda è speciale in quanto non è solo un centro in cui si offrono seminari, ma una comunità dove un centinaio di persone mettono quotidianamente in pratica questi stessi insegnamenti. C’è un senso di autenticità, di amicizia, di condivisione. Gli ospiti si sentono parte della nostra grande famiglia. Ad Ananda si possono fare esperienze a tanti livelli: qualcuno torna per l’amicizia, altri perché si sentono in pace, altri ancora perché trovano strumenti efficaci da usare a casa. Ci sono poi tante persone che intraprendono il sentiero del Kriya Yoga e tornano per approfondire queste pratiche e la loro devozione per Dio.
*Ti sei mai sentita relegata o fuori dal mondo?
Non mi sono mai sentita fuori dal mondo, perché ho sempre mantenuto i contatti con la mia famiglia, con gli amici di prima, con le tante nuove persone che ho conosciuto nel corso degli anni ad Ananda e che vado spesso a visitare nella loro città. Ho continuato a viaggiare, sia per tenere seminari che per le mie vacanze. Per me il contatto con la vita fuori da Ananda è fondamentale, sia per me, per sentirmi parte di quello che mi succede intorno, sia per poter capire la realtà delle persone che vengono ad Ananda a seguire i miei corsi o che mi chiedono consigli.
*Tu hai un marito qui con te. Come viene vissuta una vita di coppia in comunità. Come è cambiata la tua vita comunitaria da quando sei in coppia rispetto a come la vivevi da single?
Ho conosciuto mio marito Jayadev fin dalla mia prima visita ad Ananda, ma ci siamo innamorati circa cinque anni dopo. Ad Ananda ci sono tante coppie, il matrimonio fa parte della vita spirituale così come l’ha tramandata Lahiri Mahasaya – il guru del guru di Yogananda – che ebbe il compito rivoluzionario di insegnare il Kriya Yoga anche alle persone con famiglia, e non solo a chi scegliesse una vita di rinuncia. Il matrimonio ad Ananda si basa su alcuni principi fondamentali: innanzitutto, che lo scopo dello stare insieme è la crescita spirituale e che quindi il primo dovere dei coniugi è sostenersi a vicenda nella ricerca di Dio. Altri punti cardine sono l’amicizia, il rispetto e la moderazione sessuale, ma non ci sono “regole”, solo indicazioni che poi ogni coppia recepisce e sperimenta a modo proprio, anche tenendo conto dell’armonia di tutta la comunità. La mia vita non è cambiata molto da quando sono sposata, perché nel nostro matrimonio c’è tanto spazio per fare cose da soli e tanto spazio per il rapporto individuale con Dio.
*Quali sono i tuoi maestri?
Il mio Guru è Paramhansa Yogananda, che è stato il primo dei grandi maestri indiani a stabilirsi in Occidente per divulgare gli insegnamenti dello yoga e gli insegnamenti originari di Cristo. È uno dei più amati maestri indiani in Occidente, famoso soprattutto per la sua Autobiografia di uno yogi. Gli altri maestri della linea di Yogananda sono Swami Sri Yukteswar, Lahiri Mahasaya, Babaji Krishna e Gesù. Swami Kriyananda – il discepolo diretto di Yogananda che ha fondato le comunità Ananda – non ha mai voluto che lo considerassimo “maestro”, però è stato un mio importantissimo insegnante e amico spirituale. Ho anche una “maestra” in India, Mataji Vanamali Devi, una grande devota di Krishna che vive in un piccolo ashram a Rishikesh dove ogni inverno trascorro qualche settimana. Mi sento benedetta ad aver avuto la guida vivente di Swami Kriyananda e di Mataji, oltre a quella sottile e interiore di Yogananda.
*Cosa hai imparato e ricevuto da Kriyananda?
Ho ricevuto tantissimo, soprattutto la sua amicizia e il suo sostegno incondizionato, anche quando non ero proprio al massimo del mio splendore! Ho ricevuto l’enorme benedizione di poter tradurre i suoi libri e di poter rimanere quotidianamente in sintonia con lui attraverso questo servizio (oltre a trovarmi spesso in sua compagnia). Ho ricevuto l’esempio di un grande discepolo e di come servire il proprio maestro senza ego e con totale fiducia di poter essere suo canale in ogni circostanza. Uno dei più importanti insegnamenti personali che Kriyananda mi ha dato è stato: “Non permettere mai a nulla di portarti via la pace interiore” (ci sto ancora lavorando sopra…). Da lui ho anche ricevuto il mio nome spirituale. E tanto, tanto, tanto amore.
*Cosa significa vivere in una comunità, che differenze trovi rispetto alla tua vita in famiglia o comunque al di fuori di una comunità spirituale?
Da un lato è più semplice, perché si è con persone che condividono gli stessi ideali e obiettivi di vita, persone che cercano sempre di appianare le divergenze, di affrontare ogni questione dal punto di vista più elevato possibile e per il più alto bene comune. Dall’altro lato è una grande sfida, perché significa essere sempre a contatto con tante persone che ti fanno da specchio, una grande famiglia allargata che ha il compito sottile di far venire a galla tutto quello che in te deve ancora essere guarito e superato. A volte lo trovo davvero faticoso, nonostante siamo tutti amici e fratelli di spirito! Ma sicuramente, per chi desideri accelerare la propria evoluzione, non potrebbe esserci contesto migliore.
*Quale modello sociale estrapoli dal modello della vita comunitaria in Ananda?
Innanzitutto, un modello in cui il dare viene prima del prendere. Tanto è vero che chiunque venga ad Ananda con l’dea di prendere, prima o poi rimane deluso; non perché non ci siano amicizia, sostegno, generosità, ma perché l’enfasi è sul dare agli altri, agli ospiti, a Dio, e chi non condivide questa priorità prima o poi si sente fuori posto. L’altro principio alla base di Ananda è che “le persone sono più importanti delle cose”, cioè dei progetti e delle necessità pratiche. Ananda, infine, non è una democrazia, ma una “dharmocrazia”, cioè il principio centrale è il dharma, la giusta azione, la giusta via, rispetto alle opinioni o ai desideri della maggioranza..
* Esistono delle autorità nella vostra comunità?
Ci sono due diversi tipi di autorità in ogni comunità Ananda: i manager dei vari reparti, che si occupano della gestione pratica della comunità, e i direttori spirituali, che hanno il compito di definire e mantenere le linee-guida spirituali. Nessuno si sente “importante” per il ruolo che ricopre, perché il principio di base è che siamo tutti canali di Dio e tutti facciamo semplicemente quello che è necessario e che siamo in grado di offrire attraverso i talenti che Dio ci ha dato. Non solo: uno dei principi di Ananda è che spesso a una persona viene assegnato un ruolo non perché sia brava a farlo, ma perché attraverso quell’attività può imparare delle lezioni che ancora le servono. Quindi… non sempre c’è motivo di essere orgogliosi per un determinato incarico, anzi!
*Chi decide quali sono i compiti di ognuno?
Quando Ananda Assisi era ancora una piccola realtà, i ruoli erano più fluidi. Ma già da quando sono arrivata io, nel 1995, c’erano compiti e turni ben definiti. Ognuno di noi ha cambiato tanti ambiti di servizio nel corso degli anni, a seconda delle esigenze della comunità e delle proprie esigenze di crescita personale. Attualmente c’è un team di persone che decide i compiti insieme ai direttori spirituali, considerando sempre in primo luogo il benessere spirituale delle persone, e solo secondariamente le esigenze dell’organizzazione.
*Di cosa ti occupi nella comunità Ananda Assisi?
Ho iniziato occupandomi di contabilità, poi sono passata alla promozione, quindi all’insegnamento dello yoga e della meditazione. Dal 2001 in poi mi sono occupata della traduzione e revisione editoriale delle opere di Kriyananda e Yogananda, attività che sto tuttora portando avanti anche se in misura minore da un paio d’anni a questa parte. Tengo anche corsi, principalmente legati alla psicologia spirituale, e sono counsellor e terapeuta con le tecniche di guarigione di Yogananda.
*Ti sei mai sentita plagiata dalla comunità ?
No, mai. Ad Ananda c’è la massima libertà, ci sono pochissime regole. Certo, seguiamo un solo insegnamento, quello di Yogananda, ma non perché quelli di altri maestri vengano ritenuti sbagliati o inferiori, bensì perché questo è lo scopo e il focus dell’esistenza di Ananda. Io stessa ho approfondito negli anni tanti altri insegnamenti che mi interessavano e li offro nei miei corsi, anche se la “bussola” di tutto ciò che faccio e condivido punta sempre in primo luogo su Yogananda, che è il mio maestro e il raggio nel quale desidero rimanere immersa.
*Non hai mai avuto la paura di essere tu a plagiare chi chiede il tuo aiuto?
No, non temo di plagiare le persone, perché cerco sempre di offrire quello che so e ho sperimentato nella vita solo come un suggerimento, con il massimo rispetto per la loro esperienza personale.
* Come si svolge una tua giornata tipo?
Di solito la sveglia è alle 5:00 perché mio marito Jayadev comincia a insegnare yoga già alle 6:00 o alle 6:30. A volte vado a meditare al Tempio, altre volte faccio le pratiche di ricarica, yoga e meditazione a casa. Poi ogni giornata è diversa. A volte insegno dalle 10:30 alle 13:30 e poi di nuovo nel pomeriggio, altri giorni sono dedicati alle traduzioni, altri ancora ai colloqui con le persone e alle sedute di guarigione. Il pranzo a volte lo consumo ad Ananda con gli altri residenti e con gli ospiti, altre volte da sola a casa. Abbiamo sempre anche una meditazione serale, al Tempio alle 18:00 oppure a casa prima di cena. Di nuovo, la cena può essere ad Ananda o a casa nostra, a volte con Jayadev. Dopo cena, se non ci sono attività con gli ospiti o con la comunità, spesso dedico del tempo a finire qualche traduzione oppure mi rilasso con Jayadev e le nostre gattine.
*Come è strutturato il dvd “Il Prossimo Passo”?
È un DVD completamente interattivo, in cui guido l’ascoltatore in un percorso di autoanalisi per comprendere la sua vera meta in un determinato ambito della vita, gli ostacoli che impediscono i suoi progressi, le risorse interiori a cui può attingere e le priorità nei passi da compiere. È un percorso di life-coaching spirituale basato sugli insegnamenti di Yogananda e Kriyananda, che ho messo a punto nel 2012 e ho offerto in questi anni in numerosi corsi del Prossimo Passo ad Ananda e in altre parti d’Italia e d’Europa. È basato sull’utilizzo della Supercoscienza per trovare le risposte che cerchiamo… e funziona straordinariamente! C’è anche un libro allegato al DVD, in cui si possono trovare ulteriori approfondimenti e tante citazioni di Yogananda e Kriyananda su questi argomenti.
*Cosa vuole dire trovare la strada per avere le risposte che ci servono per procedere nella vita?
Per me vuol dire imparare a connettersi con la voce della propria anima, che sa con estrema chiarezza dove vuole portarci per trovare guarigione e felicità. Significa anche comprendere che la mente e il ragionamento sono limitati, e che anche il cuore a volte ci porta fuori strada con i suoi desideri e le sue paure, mentre l’anima è sempre in contatto con la Verità suprema.
*Come è possibile attingere alla supercoscienza?
Soprattutto imparando a fare silenzio dentro, a fermarsi e a chiedere. Il modo più rapido è attraverso la meditazione, ma l’importante è sempre il silenzio, l’ascolto. E soprattutto, ricordarsi di chiedere indicazioni a una Realtà più grande di noi!
*La tua spiritualità, su cosa si fonda e come la definiresti?
Che bella domanda! Non ci ho mai pensato, perché in realtà credo che si fondi su un qualcosa di molto istintivo e spontaneo. Soprattutto su una sorta di connessione empatica con il Divino, nella forma del mio Guru ma non solo, anche in un modo più fluido e impalpabile. Si fonda sulla certezza di una Presenza, di una Protezione e una Guida che sono sempre con me e con tutti. E di un Amore assoluto, che mi avvolge sempre e che anima ogni atomo della creazione.
*Grazie Sahaja, questo Amore assoluto è così chiaro in te! Ah, un’ultima domanda: perché Sahaja, che significato ha questo tuo nome spirituale?
Sahaja significa “naturale, senza sforzo”. È un nome sanscrito che mi ha offerto Swami Kriyananda nel 2001, quando ha sentito che il mio nome di battesimo non era più in sintonia con la mia crescita. Il nome spirituale aiuta a sintonizzarsi con la direzione in cui l’anima sta cercando di farci evolvere; spesso rappresenta una qualità già evidente, a volte una potenzialità ancora un po’ nascosta. Nel mio caso era nascostissima! Facevo tutto con sforzo, al punto che io stessa ero arrivata a comprendere che avrei fatto bene a lavorare sul rilassamento. E di lì a pochi giorni, Kriyananda mi diede questo nome, assolutamente perfetto! Da allora sono decisamente più “sahaja”… anche se è un continuo work in progress!
Alla prossima volta, allora..alla prossima tappa!
1 commento
“naturalmente ,senza sforzo”…come dovrebbe essere. Grazie