L’Energia del Femminile è in Andrèe Ruth Shammah nella capacità di seguire ogni sua intuizione, di mettere insieme elementi distanti tra loro, di muoversi con il pensiero circolare trasformando analogie in immagini, scene, eventi. E anche nella sua emozionalità e in una sensibilità molto sottile, intensa, passionale.
Mi capita con le amiche d’infanzia, quelle con cui sono cresciuta e che ora vedo raramente ma ogni volta è come se ci fossimo incontrate qualche giorno prima: un filo ininterrotto sfida il Tempo e lo Spazio e quando le ritrovo mi sembrano sempre le stesse. Anche dopo trenta o quaranta anni io riconosco in loro ancora la ragazzina di sedici anni e ne indovino il modo di vedere la vita, ne capto le emozioni, talvolta anche i pensieri, perché da qualche parte del loro essere sono sempre le stesse. Ma ogni volta emerge una nuova sfumatura, se gli occhi con cui le osservo sono quelli del cuore e se ci accogliamo l’un l’altra come fosse la prima volta.
Parlare con Andrèe Ruth Shammah che non è una mia amica d’infanzia ma una regista con cui, per lavoro e per amore del teatro, mi sono intrecciata in un passato molto remoto, mi ha dato quella stessa sensazione. Ho riconosciuto il suo modo di esprimersi, di ragionare, di affrontare i passaggi più sottili dell’esistenza, di commentare le sfumature della vita, di navigare nelle infinite possibili risposte insieme a me che non ho smesso di farle domande.
L’avevo intervistata per la prima volta quando ero poco più che ventenne e lei ancora non aveva raggiunto i trenta. A questo link una mia intervista a lei fatta nel 1978 : intervista_shammah. La ritrovo quaranta anni dopo ma la magia è sempre la stessa. Ogni sua parola mi ha permesso di riconoscere la sua anima e di meravigliarmi per la bellezza della sua forza creatrice che, in tutti questi anni, non solo non si è mai addormentata ma si è fatta sempre più intensa.
Perché Andrée, donna forte e decisa, è un’anima gentile, fragile e potente, capace di penetrare nella realtà e di trasformarla per comprenderla, interpretarla e donarne sul palco la quintessenza. La sua potenza creatrice non nasce dalla corazza di una preparazione tecnica indossata per soddisfare un ruolo ma si espande verso l’esterno e accende quella miccia che, collegando testa e cuore, impasta quanto pare distante ed estraneo, dando vita costantemente a qualcosa di nuovo e di bello. E poi è cristallina, da tutti i punti di vista. Per questo la ho voluta tra le Donne Eccellenti, non solo perché é una grande artista internazionale.
Assistente di Giorgio Strehler e Paolo Grassi al Piccolo Teatro di Milano, nel 1972 ha fondato il Salone Pier Lombardo con Franco Parenti (al link una mia intervista a Parenti del 1979) intervista_francoparenti . Il teatro dal 1989, anno della morte dell’attore, cambia il suo nome in Teatro Franco Parenti. Nel 1996 Andrée Ruth Shammah ha dato vita alla Fondazione Pier Lombardo, prima fondazione in Italia a partecipazione mista pubblica e privata, in cui cittadini e imprese private fanno fronte comune con il Comune di Milano, la Provincia, la Regione Lombardia e la Camera di Commercio.
Regista, artista a tutto tondo ma anche imprenditrice, ha messo in scena un numero infinito di spettacoli rendendo spettacolare ogni evento. E’ quello che ha fatto con il Teatro Parenti, con la adiacente piscina Caimi trasformata nei Bagni Misteriosi, con il bagno di mezzanotte dopo lo spettacolo in teatro e con la musica dal vivo, con lezioni di nuoto indossando la coda delle sirene, con le aiuole fiorite e tanta bellezza. Trasforma ogni angolo dello spazio in cui lavora, crea, si esprime, condividendo con il pubblico ogni suo respiro creativo. Ha fondato il movimento dei ‘Laici misericordiosi che amano la vita”, partendo da un articolo di Ferruccio de Bortoli che definiva così Umberto Veronesi e le interessa soprattutto comprendere, insieme a chi ha aderito, cosa significhi davvero ‘amare la vita’..
L’Energia del Femminile è in lei nella capacità di seguire ogni sua intuizione, di mettere insieme elementi distanti tra loro, di muoversi con il pensiero circolare trasformando analogie in immagini, scene, eventi. E anche nella sua emozionalità e in una sensibilità molto sottile, intensa, passionale. Sono felice che sia tra le donne che, a mio avviso, più incarnano l’Eccellenza, donne che sto intervistando per un atto di amore verso il Femminile e che potete trovare qui. Parlare di Andréé Ruth Shammah è parlare del teatro come atto totale, come stato dell’anima, come dono d’amore perché è impossibile scinderla dal suo teatro e scindere il Teatro Franco Parenti da lei.
Apprendo divertita dalle solite coincidenze che la foto di Andrée con il teatrino in mano é stata fatta come copertina di Vivimilano da Fulvia Farassino, la Donna Eccellente di “due interviste fa”..
*A trenta anni eri già una regista affermata, avevi creato da sei anni il Pier Lombardo con Franco Parenti e a quell’età avevi al tuo attivo già nove regie. Hai avuto difficoltà di tipo psicologico come giovane e donna e di estrazione borghese?
Anni fa mi creava dispiacere sentir dire che tale attrice non era mai stata brava come in quello spettacolo, tale attore mai stato così bravo come in quell’altro spettacolo e ancora ancora, senza mai notare che gli spettacoli citati avevano sempre la stessa regia, la mia. Cos’è il lavoro di un regista se non dirigere un attore? Avrebbero fatto le stesse omissioni se non fossi stata una giovane donna ebrea considerata ‘ricca’. Ormai con tutti i soldi che ho messo nel teatro e lavorando praticamente senza darmi una paga, questo aspetto è molto lontano dalla verità, ma tant’è..
*Hai fatto fatica agli inizi?
Quando anni fa mi chiedevano se come donna avessi fatto fatica ad iniziare rispondevo un po’ provocatoria che una donna, magari carina, all’inizio poteva fare meno fatica di un ragazzo brufoloso a farsi ascoltare e a trovare spazio. Ora aggiungo che è l’intelligenza della donna che spesso la tiene lontana da tutte le opportunità che potrebbero farle raggiungere le ‘vette’. Per lei certe “mete” non sono così appassionanti come per un uomo. Comunque si, quando ho fatto le regia alla Scala lì mi sembra che il fatto di essere donna giovane e carina (anche se non sapevo di esserlo) sia stato un problema in più e non da poco.
Veniamo ad oggi per capire meglio quello che sto dicendo: non c’è un solo vero motivo per non proporre a me la direzione del Piccolo Teatro ma non me la propongono perché non metterebbero mai una donna a capo della massima istituzione teatrale italiana .. Ma c’è un piccolo dettaglio, io non ci andrei!
*E perché non ci andresti?
Prima di tutto perché ho dato vita al mio teatro e non lo lascerei certo per l’ ambizione di andare in un posto che io non trovo più importante del mio, poi perché non rinuncerei alla libertà di non avere un consiglio di amministrazione eletto dalla politica. E poi- e qui arriva il pensiero di una donna- il Piccolo è grande per la storia che ha e per la quantità di denaro pubblico che riceve. Vediamo come sarebbero capaci, senza ricevere fondi, di essere grandi come riesce ad esserlo il Parenti!
*Ne hai affrontate di sfide,tu, in questi anni. La prima volta che ti ho incontrata eri venuta alla Civica Scuola d’Arte Drammatica del Piccolo Teatro, invitata da Mimma Gallina, a parlarci di finanziamenti pubblici e privati!
Certo! Le sfide, quelle vere, le sanno accettare e vincere le donne che sanno rinunciare ai posti di potere per scegliere i luoghi dove le cose si fanno e si fanno bene. I ruoli dove c’è molta rappresentanza lasciamoli a chi ama avere sul biglietto da visita le cariche e i cda dove siedono. Io voglio rimanere libera nel mio caos creativo. Alla mia età poi non si cambia di certo rotta.
*In una intervista di più di trenta anni fa mi dicevi. “Ci sono pochissime persone cui voglio bene e che mi riempiono totalmente l’esistenza. Loro sono talmente dentro di me che..diventano me. E io accanto a loro non li vedo a se stanti, quindi qualche volta è come se non ci fossero.. e mi rinfacciano la mia solitudine, me la ributtano addosso.” Come hai vissuto il rapporto con le persone che hai amato?
Io sono arrivata alla ‘grande età ‘avendo trovato sentieri per essere me stessa – e non solo cupa e pesante- dopo lutti di persone importanti per me, testimoni della mia freschezza, giovinezza ed energia. Persone che erano compagni di lavoro, di scambi, di progetti ma solo oggi capisco quanto eccezionale fosse la mia amicizia con loro. Era amicizia vera e profonda. Vivere ospite di Eduardo de Filippo e farmi portare il caffè in camera con una rosa sul vassoio , incontrare Paolo Grassi a Parigi e girare per il cimitero di Père -Lachaise con lui che raccontava le sue passioni e le condivideva con me, dirigere Albertazzi, confrontarmi con Giorgio Strehler sulla strada da percorrere per dare continuità al Pier Lombardo e tenerlo in vita.. nella sua casa con la moquette bianca , lui sempre con un accappatoio bianco, un trenino colorato per terra .. Io nella mia vita ho molto ‘accudito ‘ le persone che mi stavano vicine, ora che non ci sono più faccio fatica ad accudire me stessa.
*In quegli anni tu affermavi che il teatro ti avesse tolto dalla vita e non ti avesse invece calata nella vita…
Tutto questo era vivere, parlare di vita ,di significato della vita di questo strano passaggio sulla terra! Non è un ricordo chiuso tra le mura di un teatro .
*E oggi?
Oggi cerco di essere un punto di riferimento per molti giovani e di vivere con spessore le giornate che sono lavoro ma soprattutto rapporti, sentimenti, fatiche divertimento, disciplina, progetti.
Io vorrei saper parlare di come ci si appresta ogni mattina a vivere e non solo di come il teatro si è sovrapposto alla mia vita. Quando faccio una regia o quando penso a cosa offrire al pubblico, che siano spettacoli, incontri o altro, io non sono altrove ma dentro al vivere quotidiano con le mie solitudini, i miei slanci e il mio desiderio, quasi una necessità, di aggiungere sempre un colore, un mattone, una parola a quello che la giornata mi propone quando guardo, ascolto o penso .
*Ammesso che tu abbia momenti liberi, come ti piace passare il tuo tempo lontano dal teatro?
Quando ho delle vacanze alterno momenti di sicurezza ad altri di smarrimento. Il periodo delle vacanze è per me sempre così, amplifica le diverse mie aspettative. Penso a riposarmi e a curarmi, ad occuparmi della mia salute. Faccio vita ritirata e leggo tutto quello che non sono riuscita a leggere, soprattutto copioni di persone che aspettano un mio giudizio. Ma vorrei anche leggere Tolstoi o Dostoevskiy. Perché no ‘La recherche ‘, visto che Proust non l’ho ancora letto?! Ma vorrei anche riuscire a stare con degli amici perché mi sembra sempre di non averne o quei pochi che credo di avere mi sembra di averli trascurati o di non saperli riconoscere. Poi vorrei divertirmi e non so, fuori da via Pierlombardo, dove stia il divertimento…
*Riesci a passare ancora del tempo con tuo figlio? Quando era piccolo lo si vedeva spesso sul palco accanto a te..
Con mio figlio oh si che bello! quando le mie giornate incrociano le sue io lì sento di aver trovato il mio posto ma poi rapidamente capisco che devo andare altrove per salvare un rapporto bellissimo. Io penso che solo le donne si interrogano tanto su dove sono più autentiche o su quale parte della propria vita vada fatta crescere…
*
Ti ritrovi nella immagine della donna forte e tenace che i più riconoscono in te?
Questo era un aspetto che in passato mi dispiaceva ma che ora ho superato, l’essere troppo spesso vissuta come una donna forte, come una forza della natura. Non sentivo di avere lo spazio di essere a volte scoraggiata, stufa o desiderosa di andarmene in Birmania. Ecco, ora ho superato tutti i disagi nei confronti di cosa pensa la gente perché non mi interessa più e so che l’invidia e le frustrazioni troppo spesso creano giudizi costruiti per gratificare se stessi. Ora ho acquisito maggior autostima e maggior saggezza e anche questo modo di sentirmi è sicuramente specifico di una donna della mia età più che di un uomo.
*Ma l’essere una donna forte è per te il risultato di un lavoro su te stessa che ti ha portato a trovare dentro di te questa forza e a saperla portare all’esterno, oppure è uno stratagemma che ti permette di non ascoltare – o di non mostrare- la tua naturale fragilità?
In verità sono vere le due alternative. La vita, lentamente, all’interno del mio lavoro e della serietà del mio impegno, mi ha reso forte per le cose che so fare e l’opinione che gli altri generalmente hanno della mia forza mi protegge e mi aiuta a nascondere la mia fragilità fuori dai confini del mio fare. Con gli anni però comincio a trovare la forza di lasciarmi andare come sono, ai miei alti e ai miei bassi, alle sicurezze e alle paure anche con i miei collaboratori e questo paradossalmente mi ha resa più forte. Lascio che si veda che se chiama mio figlio non esiste nient’altro o se, come è successo al ritorno da Spoleto, non ho voglia di decidere se fare o non fare una certa programmazione, ora sono capace di dire che non ne ho voglia, che non ne posso più di teatro e di rimandare a settembre. Non l’avevo mai fatto prima.
*Oggi stai di più nel presente?
La verità è che vivo molto intensamente ogni momento della mia vita ma ultimamente fuori dal mio lavoro vivo più in solitudine, imparando sempre più a guardare intorno a me e a sentire il tempo che scorre e io dentro e fuori dal tempo.
*Come si intrecciano in te sicurezza e smarrimento? Quanto la tua capacità di smarrirti ti aiuta a trovare sempre qualcosa di nuovo e di inaspettato che poi, grazie alla tua sicurezza, incanali in progetti di vita e di cultura?
Naturalmente risponderei diversamente se parlo del mio teatro o di me sospesa e ‘altrove’. Nella regia perdermi, cioè lasciarmi andare a non sapere cosa sto cercando, non percorrere strade sicure che abbiano un risultato prevedibile è ricchezza e freschezza e ne sono capace. Purtroppo fuori dal cerchio di chi è entrato in contatto con me e fuori dalla mia bellissima gabbia che mi sono costruitacon attenzione in tutti questi anni non so percorrere strade troppo sconosciute. Divento impacciata, timida, a disagio e scappo. Le vacanze in questo senso sono un periodo piuttosto difficile da quando non devo accudire Giorgio o mia mamma o mio figlio che ormai è grande. È molto difficile essere una donna sola con la mia timidezza nascosta lontana dalle mie case..
*Mi stai dicendo che ,dopo avere accudito tutti ,ti sei ritrovata con la tua timidezza nascosta che salta fuori quando sei lontana dalle tue case..
Io ho fatto di questo teatro una casa forse anche perché so invitare in casa mia ma difficilmente andare in casa d’altri. Ho comprato le case di mia mamma e di mio marito, ho cercato di prolungare la presenza di chi non c’è più facendomi carico della casa dove viveva chi ho amato e così ho comprato dove viveva Giorgio in campagna perché voglio che mio figlio abbia questo ricordo del padre che amava tanto e ho comperato anche le case dove viveva mia madre a Milano e in montagna.
Mi sono impoverita, ho messo i soldi nel teatro che resterà a memoria o sarà distrutto, non so, ma resterà al comune di Milano. Ho recuperato ogni casa per far vivere le persone che la hanno abitata perché, quando si entra in quella casa, si respira anche la loro aria, perché io, sfidando la morte, cerco di prolungare l’esistenza di chi amo dentro ai luoghi e attraverso gli oggetti che amavano. Io ho bisogno di avere i miei punti di riferimento, preferisco lavorare con i miei, nel mio teatro, non ho mai cercato di far carriera andando negli altri teatri, per me il massimo è lavorare nel mio spazio, anche se ovviamente questo ha significato che ho perso delle opportunità ma non è una cosa che mi tocca. Sono felice dentro ai luoghi che ho creato perché dentro a quei luoghi sento una armonia, sento una cura delle cose inutili..
*Perché inutili?
Si, forse inutili perché ho passato il tempo a curare dei dettagli che magari gli altri non vedono e che un giorno saranno distrutti, però io respiro questo amore che metto nella cura del luogo e per questo a me interessa stare in un posto così. Ci ho messo tanto a creare, nel teatro ogni angolo è stato curato, la palazzina, la piscina, per ogni pianta e per ogni fiore ho detto “questo si questo no”. E comunque, quando vado in un posto che non ha questa cura, questo amore, io non so starci.
*Come ami stare nel tuo teatro, allo stesso modo preferisci che le persone vengano da te, ti piace accoglierle in uno spazio tuo?
Si, preferisco stare nei miei spazi che andare in quelli altrui. Lo so, è anche per una forma di timidezza. Questa estate mi sono forzata di andare ospite da un’amica e per quattro o cinque volte sono andata a dormire in letti diversi dal mio. L’ho fatto proprio per questo problema che io ho, pensa che un mio amico mi ha detto “Tu non sai mai stare dagli altri, bisogna sempre venire da te”. Ma questa volta ci ho provato e ce l’ho fatta e sono contenta di avere superato questo blocco, tanto è vero che poi alla fine ho passato un periodo con una valigia piccolissima andando da un posto all’altro e devo ammettere che uscendo dalla confort zone mi sono rinnovata…
*Cosa è cambiato nel tuo modo di amare man mano che passano gli anni?
Tutti quelli ai quali pensavo non ci sono più, ora sono soltanto e per sempre dentro di me. Oggi dipende dai giorni, certamente sono più distaccata o per lo meno mi sembra di non essere più tanto coinvolta o così tanto coinvolta nei sentimenti, Cerco di ascoltare di più le persone e di guardarle non solo di ‘viverle’.
*Questo guardare e ascoltare le persone più dall’esterno è per te una trasformazione del tuo modo di “viverle”, è un accettarle più per quello che sono che per quello che rappresentano per te o è indice di un tuo distacco dalle tue emozioni?
Arriva un momento che con l’età sei più disponibile a non guardare le persone come le vuoi tu o come le vorresti far diventare, ma cominci a guardarle per quello che sono. E’ un atto d’amore questo distacco, è una capacità di abbracciare, di vedere tante cose e non soltanto te stessa che sei sempre dentro e quindi non vedi niente oltre a quello che fai. Mi sembra una contraddizione dire che più mi distacco e più sono dentro ma è così, sono dentro in un altro modo. Io non lo so, tutti mi dicono che la mia personalità è molto forte, io non lo capisco perché è forte, evidentemente perché sono tenace, perché non mollo le cose che faccio, perché penso di portarle a termine. Io non mi vedo così forte, però è certo che non mi piace lasciar le cose per aria, quando una cosa è bella voglio che viva, mi sembra che dovremmo essere tutti così. Detto questo, se questa mia forza impediva all’altro di esistere, perché in qualche modo lo schiacciavo stando dentro alle cose, ora qualcosa è cambiato. Se l’età non mi desse questo sarebbe un disastro, se non mi desse nemmeno la capacità di amare, di guardare, di crescere stando un passo indietro. Io ero sempre un passo avanti con piedi e mani dentro alle cose che facevo, adesso provo a stare un po’ indietro e con le mani meno in pasta, a lasciare un po’ di pasta agli altri. L’ ho imparato con mio figlio che ha continuato ad insegnarmi come si fa la madre di un ragazzo che cresce e mi ha aiutato a vedere le cose così. Io credevo che l’occuparsi di una cosa o di una persona volesse dire esprimere il proprio amore, invece delle volte non occuparsene e lasciare che l’altro faccia, è un atto d’amore.
*Stai dando una spiegazione stupenda dell’ amore incondizionato.. In che modo la tua parte bambina che vive dentro di te si sta facendo sentire?
La mia parte bambina è la mia salvezza, mio figlio dice che sono molto infantile. Quello di cui stiamo parlando è quello che non si vede, chi lavora con me non vede questa mia parte bambina, chi mi conosce profondamente la vede benissimo. E’ una parte di voluta ingenuità, me la tengo stretta, guai a perderla, altrimenti non mi metterei ogni giorno a trovare nuova, divertente e piacevole una cosa che faccio da 50 anni. Pensa che da sempre percorro lo stesso tragitto da casa, abitavo prima in via Gesù e poi in via Brera, faccio sempre la stessa strada fino a via Pierlombrado, da 45 anni. Ma per me tutto è sempre nuovo, è un meccanismo che mi permette di reinventare la realtà, sempre stupendomi e meravigliandomi di un negozio, di un angolo.. questa mia parte bambina fa si che tutto sia sempre nuovo, se no sarei finita..
*Ti permette sempre di vedere la tua vita e te stessa con occhi sempre nuovi?
Non ho tempo per guardarmi, non mi guardo, non mi conosco, non mi voglio conoscere, non ho bisogno di conoscermi ma di guardare quello che succede intorno a me con il piacere di scoprire, come fosse ogni volta nuovo. E’ anche il modo in cui affronto un testo, il modo in cui incomincio le prove, non con la spocchia di chi ne ha già fatti trecento di spettacoli..
*E quindi la tua parte creativa trova spazio grazie a questa tua bambina interiore..
La bambina interiore fa anche dei danni perché delle volte esagero nelle crisi di abbandono, se mi sento come quando ero bambina, a metà tra mia sorella grande e mia sorella piccola. La bambina interiore ce l’abbiamo tutti, io ce l’ho in modo particolare perché non è solo interiore, a volte è esteriore ed è sempre quella che conduce il gioco
*E a proposito dell’abbandono, che mi dici della impermanenza dello spettacolo teatrale? Quando termina anche l’ ultima replica e svanisce nella realtà oggettiva, la tua “creatura” in quale parte di te continua a vivere?
Vive, vive..è che ogni tanto di colpo le bambine diventano anche vecchie, di colpo ti arriva addosso tutto il peso degli anni, soccombe e poi ..Questa estate mi sono salvata perché mi sono attaccata alle piccole cose. Per fortuna ricomincia subito qualcosa, non ho mai tempo di sapere cosa mi è rimasto di quello che è stato fatto perché credo che il teatro sia.. sai come i monaci che fanno i disegni con la sabbia e poi con la mano cancellano tutto? Il teatro ti abitua a sapere che tutto se ne va e poi ricomincia un’altra cosa.. Quando di colpo la bambina diventa vecchia ti salvi se sai attaccarti alle piccole cose!
*In che senso?
Questa estate, ad esempio, ero molto inquieta e mi sono salvata così. Quando lavoro tanto sono appoggiata da un segretario, da una cameriera, non faccio mai le cose pratiche e invece questa estate mi sono attaccata alle cose concrete di tutti i giorni, gestivo le medicine e quello che mi serviva, i vestiti li portavo in lavanderia, andavo a comperarmi i giornali, cose che non facevo mai e mi sono salvata. Come quando metto le mani nella terra… più si sta nelle cose che si fanno e meno si ha tempo di dire cosa rimane, chi c’è chi non c’è, sono tutti morti, sono vivi, quello che faccio, per chi lo faccio..
*L’aggancio con una realtà concreta, è quello che ho vissuto quando mi sono trasferita nel bosco..
Ognuno di noi deve trovare il suo bosco. In qualche modo il mio teatro deve essere il mio bosco
*Tornando al tuo teatro, di là dal discorso di lancio, il termine “Imparentatevi” che hai usato per lanciare la campagna di abbonamenti, cosa rappresenta per te simbolicamente?
A parte il gioco di parole Imparentatevi invece di Abbonatevi, ovviamente dedicato a Franco Parenti, piano piano questo teatro diventerà Il Parenti e vuole essere un luogo dove stare, dove essere insieme, dove condividere un’emozione, essere vicini, essere di famiglia. Io faccio la padrona di casa, mi piace l’idea delle famiglie teatrali. Mi piaceva molto l’idea che si fosse tutti parenti
*Questo vale per te in prima persona
Eh si, io sono parente di me stessa
*Cosa porta in più una donna al teatro rispetto a un uomo?
Nella organizzazione teatrale l’ego non aiuta, organizzare uno spettacolo vuol dire mettersi a disposizione del progetto. Le donne sono più abituate a mettersi a disposizione del progetto, a essere felici di vedere qualcosa vivere, non devono essere loro per forza la cosa da far vivere. E’ più congeniale a una donna questo partorire, far crescere, far vivere, proteggere affinché qualsiasi sua creatura resti in vita e si sviluppi. Per una donna è importante che il progetto la comprenda ma le è chiaro che non è lei il progetto. Questo dal punto di vista di chi come me crea, organizza e tiene in vita un intero progetto teatrale. Le attrici sono invece ego ego ego, più capricciose delle attrici non c’è nessuno, anche se sembra un concetto del passato è così, ancora oggi sono capricciosissime. Ma molte donne sono dietro alle grandi cose del teatro, sono molto brave perché credono in quello che fanno, si lanciano nel progetto con tutte se stesse.
*E tu continui a lanciarti con tutta te stessa..
Basta, però: l’anno prossimo a 70 anni ho finito di fare case, teatri e luoghi ..Ho fatto molta fatica a creare queste case perché tutti le possano abitare, non sono fatte per me, non sono il mio monumento, sono luoghi per essere occupati dagli altri e li ho fatti bene.
*Stai alimentando i tuoi spazi, i tuoi nidi, anche con la bella energia degli altri..
Tutti mi dicono non saranno più uguali se non sarai tu a ricevere. E io dico vedremo, sentite, lasciatemi morire prima..
*Anche perché l’energia che tu ci stai mettendo penetra nei muri..
Si, resterà e, se non resterà, anche questo fa parte della impermanenza. Io tutto quello che potevo fare l’ho fatto..