Alcune prime donne hanno primati multipli sia lieti che tristi.
Alcune prime donne hanno primati multipli, come Edna Adan Ismail che è stata la prima donna somala a ottenere la patente di guida e la prima infermiera ostetrica qualificata del Somaliland.
Ha anche fondato un ospedale, con tutti i suoi risparmi e l’aiuto di molti commercianti, e ha dichiarato in un’intervista: “Nel mio ospedale, quando un uomo rifiuta che la moglie subisca un’operazione che potrebbe salvarle la vita, chiamo un poliziotto. Chiedo quindi al marito di firmare una dichiarazione per confermare davanti all’agente che vuole che la moglie muoia”. È stata inoltre ministra della Socialità e degli Esteri del Somaliland.
Mentre Marie Marvingt, nata nel 1875, fu la prima donna a scalare molte delle cime delle Alpi francesi e svizzere, la prima a volare in missioni di combattimento come pilota di bombardiere durante la prima guerra mondiale e la prima “infermiera volante” certificata al mondo, praticamente a lei si deve l’intuizione del concetto di soccorso aereo.
Elizabeth Garrett Anderson è, forse, la donna con più primati. Nata il 9 giugno del 1863, fu la prima chirurga inglese, la prima sindaca di Adelburgh e la prima magistrata d’Inghilterra, la prima direttrice della “British Medical School” e la prima donna ad essere eletta nel consiglio d’amministrazione in una scuola della sua nazione. Fu inoltre cofondatrice del primo ospedale amministrato da sole donne.
Nel 1866 presentò una petizione firmata da più di millecinquecento donne, chiedendo che alle capofamiglia venisse concesso il diritto di voto. Morì il 17 dicembre del 1917 e sua figlia Louise ereditò dalla madre sia il lavoro di medica che la passione per lottare a favore del suffragio femminile.
Anche nel campo delle invenzioni troviamo molte prime donne. Ricordiamo Barbara Askins, Patricia Bath, Mary Dixon Kies e Sybilla Masters.
Barbara Askins, chimica, nel 1978, ottenne il titolo di “National Inventor of the Year” che non era mai stato assegnato ad una donna. Assunta dalla NASA nel 1975 scoprì un metodo per sviluppare le fotografie astronomiche e geologiche in maniera più nitida utilizzando delle sostanze radioattive.
Patricia Bath, nata nel 1942, oftalmologa, è stata la prima medica afroamericana a depositare un brevetto per un’invenzione medica: un metodo per rimuovere la cataratta con l’utilizzo del laser. Così ha dichiarato in un’intervista: “Sessismo, razzismo e relativa povertà sono stati gli ostacoli che ho dovuto fronteggiare da ragazza crescendo ad Harlem. Non c’erano donne medico che conoscessi e la chirurgia era una professione dominata dagli uomini, nessuna scuola superiore ad Harlem, una comunità a predominanza nera dove i neri erano esclusi da numerose scuole e società mediche; e la mia famiglia non possedeva i fondi per mandarmi a una scuola di medicina”.
Mary Dixon Kies è stata, nel 1809, la prima donna a depositare un brevetto negli Stati Uniti. Consisteva in un metodo di tessitura della paglia intrecciata a fili di seta, utilizzato in seguito per creare cappelli.
In realtà la prima inventrice della storia americana fu Sybilla Masters che creò un metodo per pulire e curare le colture di mais indiano, ma il brevetto fu emesso a nome del marito nel 1715: a quei tempi alle donne e alle minoranze etniche non era concesso depositare brevetti.
Tra i primati vari ricordiamo quello di Vera Barclay, scrittrice ed educatrice inglese nata nel Sussex nel 1893, fu la prima donna in Inghilterra ad essere nominata “akela” nel movimento scout britannico. Un altro primato spetta a Rosa Parks, la prima donna afroamericana a sfidare le leggi razziali dell’Alabama.
Tra i primati delle italiane ricordiamo quello di Ernestina Macchia Prola che è stata la prima ad ottenere la patente di guida nel 1907 .
La marchesa Marianna Panciatichi Ximenes fu la prima donna, nel 1882, ad essere iscritta alla Società Geologica Italiana. Nacque il 3 febbraio del 1835 a Firenze in una famiglia aristocratica. Si interessò di malacologia, collezionando specie marine esotiche e pubblicò il primo elenco dedicato alla malacofauna terrestre italiana. Fece anche studi approfonditi sulla fauna di alcune regioni d’Italia. Fece parte della Società italiana di Scienze Naturali e morì nel 1919 nel suo castello nel comune di Regello.
Un primato particolare è quello di Maria Paternò, una baronessa catanese che nel 1808, in virtù dell’articolo 296 del vigente Codice Napoleonico, ottenne il divorzio. Accusò il marito di essere un “seviziatore, turpe e taccagno spilorcio”. Per perorare la sua causa si fece assistere da un avvocato, ottenne il divorzio e dieci mesi dopo convolò a nuove nozze proprio con l’avvocato.
Invece la prima donna a chiedere il divorzio dopo l’entrata in vigore della legge nel 1970 fu Tina Rocci. Si era sposata a venti anni dopo un fidanzamento di otto mesi e non era mai stata convinta di quel matrimonio; dopo un po’, infatti, ritornò a casa dei genitori. Fu la prima a presentarsi in tribunale per sciogliere quel vincolo che le consentì di ritornare libera e risposarsi con un altro uomo. In un’intervista a La Stampa ha dichiarato di essere stata una moglie felice proprio grazie alla legge sul divorzio.
Un primato curioso è quello di Macalda di Scaletta che fu la prima giocatrice di scacchi in Sicilia. La ricordiamo perché fu una guerriera coraggiosa e valorosa, definita la “Giovanna D’Arco siciliana”. Nacque a Scaletta Zanclea in provincia di Messina nel 1240 circa. Combatteva travestita da cavaliere e con una mazza d’argento in mano. Le fonti ci tramandano che nel 1282, durante il Vespro, resse la capitaneria di Catania. Nel 2015, la piazza di fronte al castello dove visse, a Scaletta Zanclea, è stata a lei intitolata.
Ci sono poi delle donne che hanno conseguito dei tristi primati come Maria Luisa Mangano, Lucia Sarzi, Liselotte Herrmann, Alma Vivoda e Francesca Edera De Giovanni.
Maria Luisa Mangano fu, in Sicilia, la prima donna condannata al rogo dal tribunale dell’Inquisizione. Il processo si tenne ad Avola, nel siracusano, e Maria Luisa venne accusata di adulterio. Prima di essere uccisa fu torturata. Pare che in Sicilia subirono la stessa sorte circa millecinquecento donne.
Lucia Sarzi fu la prima donna arrestata dal regime fascista il 25 luglio del 1943. Attrice, partigiana e militante comunista era “la meticolosa tessitrice di rapporti e legami tra gli antifascisti nelle pianure del Nord Italia”. Era nata nel 1920 e chi l’ha conosciuta ricorda che la sera cantava la Tosca e poi si sedeva sul palco e ad alta voce leggeva Il Capitale. La Compagnia teatrale Sarzi venne messa all’indice dalla censura. Fu arrestata a Casalbellotto in provincia di Cremona qualche settimana dopo l’uccisione dei fratelli Cervi e condotta al carcere di Reggio Emilia, dove resterà fino alla metà del 1946. Lucia diceva: “A me basta che mi dicano che sono stata partigiana. Se poi vogliono aggiungere che sono stata la staffetta dei Cervi tra le tante cose che ho fatto, per me è la gratifica più grande”. È morta nel 1968.
Liselotte Herrmann, nata a Berlino nel 1909, è stata purtroppo la prima donna di una lunga serie di donne tedesche condannate alla ghigliottina dalla Gestapo, nel 1938, per le loro idee antifasciste.
Alma Vivoda, il cui vero nome era Amabile, è stata la prima donna italiana caduta durante la Resistenza antifascista. Maria era invece il nome da clandestina. Era nata il 23 maggio del 1911 a Chiampore di Muggia in provincia di Trieste. Fu una delle dirigenti più attive dell’organizzazione “Donne antifasciste”.
Promuoveva la diffusione della stampa clandestina e curava la redazione del foglio “La nuova donna”, che aveva fondato vendendo i suoi pochi oggetti di valore e comprando una vecchia macchina da scrivere. La polizia fascista aveva posto sulla sua testa una taglia di diecimila lire. Il 28 giugno del 1943, come racconta la sua compagna Pierina Chinchio, fu ferita alla testa dal carabiniere Antonio Di Lauro, trasportata in ospedale spirò lì dopo poche ore. Il giorno dopo la sua morte un battaglione autonomo della Resistenza prese il suo nome.
Francesca De Giovanni, nome di battaglia “Edera”, fu una partigiana nata nel 1923 a Monterenzio in una famiglia di antifascisti; sin da piccola aiutava il padre mugnaio nel lavoro. Studiò fino alla quarta elementare e poi andò a servizio presso una ricca famiglia bolognese. Dopo la morte della madre iniziò la sua attività di propaganda antifascista. Venne catturata ed incarcerata a Bologna. La torturarono per un giorno intero ma non si lasciò sfuggire alcuna informazione e non diede ai suoi carnefici la soddisfazione di versare una lacrima. Venne fucilata il primo di aprile del 1944 insieme a cinque suoi compagni e divenne così la prima donna ad essere fucilata dai fascisti. A Bologna una strada e una scuola d’infanzia sono a lei intitolate e nel suo paese natale una via la ricorda.
Anche Giustina Abbà fu partigiana ed è stata la prima donna italiana ad aderire al movimento partigiano dell’Istria. Era nata a Rovigo nel 1903 ed era operaia in una Manifattura Tabacchi. Nel 1942 si iscrisse al Partito Comunista clandestino ed organizzò, insieme ad altre compagne, uno “sciopero contro la fame e la guerra”. La milizia fascista ed i carabinieri repressero la manifestazione e arrestarono sia Giustina che le altre scioperanti. Fu tra i fondatori del movimento popolare di liberazione di Rovigo e nel dopoguerra partecipò attivamente al fronte femminile antifascista locale. È morta nel 1974.
Non sappiamo se prima di Franca Viola altre si comportarono come lei ma sicuramente Franca viene ritenuta la prima donna che rifiutò il cosiddetto “matrimonio riparatore”. E quel suo gesto cambiò la Storia.
Da “Le Mille i primati delle donne” dell’Associazione Toponomastica femminile a cura di Ester Rizzo