Cupido lancia una freccia senza pensare alle conseguenze.
…precedente
“Ma non hai pensato alle conseguenze di questo tuo gesto?”. Non avevo mai visto mia madre Venere tanto preoccupata.
“È stato uno sbaglio, mamma. Non l’ho fatto apposta. Non mi era mai successo prima”.
“Lo so, tesoro, questa volta però non sarà facile trovare una soluzione. Non si gioca con le frecce, quante volte te lo devo ripetere. Ora dovrai affrontare tuo padre e sai che lui sarà severo, ma lo fa per il tuo bene”.
“Sì, mamma”.
La ramanzina di papà Marte non tarda ad arrivare.
Mi sento con le spalle al muro. Avverto una certa tensione nell’aria.
Improvvisamente in lontananza si sente un urlo che fa eruttare i vulcani di tutta Europa.
“Cupidoooo, Cupidoooo, Cupidoooo”.
Non vi fate ingannare dall’apparenza. Non c’è l’eco a casa nostra, papà mi chiama così quando è infuriato. Gli piace mettere tante o in fondo al nome che fa tanto fantasma nella notte.
Eccolo che si sta avvicinando con tutta la sua maestosità. So di averla combinata grossa. È comprensibile che papà sia arrabbiato con me.
All’improvviso un lapillo enorme, saranno centomila tonnellate, parte dall’alto per atterrare in mezzo all’oceano, e va a creare un’onda enorme.
Ecco, adesso so come può essere scomparsa Atlantide.
“Ora calmati, tesoro”, interviene mamma Venere. Ma nemmeno la sua travolgente bellezza riesce a calmarlo.
Io intanto sto con gli occhi bassi, mi aspetto da un momento all’altro che qualcuno mi chieda di esprimere un mio ultimo desiderio come si fa con i condannati a morte.
Poi papà Marte senza tanti preamboli arriva subito al sodo.
“Ricordati che sei un dio, e per giunta mio figlio, troverai il modo di venirci fuori … vero figliolo?”.
“Sì, papà”.
Non ho ancora il coraggio di guardarlo negli occhi. Questa volta temo di averlo deluso.
Ora dovete sapere che ho un solo compito da svolgere ed è quello di tirare frecce. Ciò che ci si aspetta da me quindi è il massimo della precisione per non parlare della massima concentrazione, senza nessuna distrazione. Empatia con gli innamorati senza privilegiare nessuno. Il mio codice etico parla chiaro.
Seppur involontariamente, sono venuto meno al mio impegno e nonostante ciò continuo a non sentirmi in colpa per quell’incidente di percorso, per il quale, a distanza di secoli, mi trovo ancor oggi a dovermi giustificare.
Ora, nell’anno 2012, la verità è venuta fuori ed io sono qua pronto ad incassare la punizione.
So che mio padre, che mi conosce come nessun altro, avrà già un piano in mente per riparare il danno che ho fatto.
“Capterai quella freccia, dovessi impiegarci un’ eternità, vero figliolo?”.
“Si papà”.
“Passerai attraverso i secoli e tu sai, figliolo, che a noi il tempo non manca”.
Improvvisamente papà scoppia a ridere. È una risata sonora, capace di farmi dimenticare, per un attimo, il motivo del mio essere qua al suo cospetto.
Non è poi così arrabbiato, penso, se sa essere spiritoso anche in questa situazione difficile.
Riesce a strapparmi un sorriso. Ora posso guardarlo negli occhi. Sento che la tensione diminuisce. Lui se ne accorge e mi fa l’occhiolino.
Lo adoro mio padre. Da grande vorrei essere come lui.
“Non abbassare la guardia, figliolo. Va’ e trova la freccia” .
Adesso mio padre ha assunto di nuovo un aria seria e solenne. Non posso far a meno di notare quanto la sua forza d’animo sia tra le cose che lo rendono speciale ai miei occhi. Poi mi prende per mano ed aggiunge “ma ricordati che non potrai fermarla tu. La freccia si fermerà solo se la persona che la riceverà nel proprio cuore, riuscirà a resistere alle lusinghe dell’amore”.
“Ma papà è un’impresa difficile. Nessuno può resistere all’amore”.
“Il difficile sta proprio in questo. Nel frattempo la freccia sta già collezionando vittime, quindi non perdere altro tempo e che il cielo ti assista, figliolo”.
“Sì, papà. Ma, se non dovrò toglierla io la freccia, quale sarà il mio compito?”.
“Tu dovrai semplicemente prenderla e riportarla via e poi, dopo aver contato, potrai far rientro a casa”.
“Contato, papà? Contato che cosa?”.
“Le lacrime, figliolo, quelle che scenderanno dagli occhi di chi rimuoverà la freccia, perché ciò non avverrà senza dolore”.
Sono senza parole. Lacrime?
“E la mia punizione, papà. Pensavo che mi avresti fatto scrivere sulla lavagna per cento volte non si gioca con le frecce…”.
“Sarà sufficiente quella, vedrai, sarà sufficiente quella”.
Poi si allontana da me e improvvisamente mi sento svuotato, come smarrito. La verità è che il colloquio con mio padre mi ha rattristato un po’.
Non so se sarò all’altezza di svolgere questa missione.
“Va’ e trovala”, mi ha detto. Sembra facile. Basterà seguire la scia di confusione che vedo intorno a me. È una parola.
Deborah Voliani – 49 anni. Assistente sociale. Mi occupo di prevenzione solitudine e promozione socialità a favore degli anziani a Trieste presso Televita s.p.a. Sposata. Vivo a Monfalcone. Sono livornese d.o.c. .Toscanaccia nel sangue. Ho un gatto persiano che si chiama Nemo. Scrivo racconti e poesie. Ho scritto con mio marito un romanzp giallo Male minore ambientato a Livorno e pubblicato da Manidistrega nel 2010. Amo la vita e la fede in Dio