Un castello, quello di Gradara ed una storia d’amore quella di Paolo e Francesca. Tutta colpa ancora di Cupido.
precedente
Gradara, anno 1280.
Esco dal mio bolide super veloce pronto a sgranchirmi un po’ le gambe e subito vengo rapito dal paesaggio che si apre davanti a me con tutto il suo splendore.
Sono atterrato, se così si può dire, di fronte ad un grande castello. Sull’enorme cinta muraria che tiene lontani i curiosi e gli sprovveduti come me, non vedo scritto niente. Mi aspettavo di leggere frasi come Attenti al cane, né vedo alcunché mi faccia pensare che vi siano telecamere nascoste.
Mi sento un privilegiato poiché la macchina del tempo, oltre a consentirmi di essere ovunque in una manciata di secondi, mi dà altresì l’opportunità di sfoggiare con eleganza abiti appropriati al tempo in cui mi trovo e che mai avrei pensato di poter portare. Oggi, per esempio, indosso un paio di calzoni color crema e molto attillati che mi arrivano alle caviglie. Queste braghe saranno sicuramente di seta poiché l’effetto sulla pelle assomiglia ad una carezza, tanto sono leggere e comode.
Stessa stoffa per la camicia bianca che è così lunga da arrivarmi fino ai polpacci. Ma il tocco finale all’eleganza è dato dalla giacca in velluto verde con i bottoni dorati che mi conferisce un’aria da signorotto. Le uniche cose che non sembrano adatte al mio abbigliamento sono le scarpe che ricordano in realtà delle pantofole in stoffa e che sicuramente nell’epoca in cui mi trovo adesso saranno all’ultima moda. Per i miei gusti, comunque, queste calzature, con fantasie floreali gialle e verdi, sono un po’ troppo colorate ed appariscenti. Per fortuna l’alta cintura in cuoio marrone che mi cinge la vita, mi restituisce un aspetto decisamente più macho, qualora ci fossero dei dubbi in proposito.
È veramente grande questo castello e non riesco a fare a meno di guardarlo. Ora mi farò coraggio e proverò ad entrare. Supero il ponte levatoio fino ad arrivare ad un grande portone. La cosa che più mi inquieta è il fatto che non ci sia neppure un campanello con il citofono.
So di non essere atteso da questa famiglia, ma sono sempre un ospite e l’ospite a casa mia è sempre onorato.
Il solito problema semmai è che non so come presentarmi. Allora vediamo.
“Buongiorno sono Cupido e sono qua per la freccia”, no, no. Originale ma fuorviante.
“Buongiorno, avete per caso visto una freccia passare di qua?”. Ridicolo. Mi buttano subito fuori a calci.
Intanto l’enorme portone si sta aprendo ed una testolina bionda si sporge per osservare da vicino lo straniero.
“Chi siete?”. Ha proprio una vocina deliziosa, sembra un usignolo.
“Sono solo”. E mi volto per essere certo che non vi sia nessun altro.
“Chi siete?”, insiste lei alzando un po’ la voce, comunque si sente che non è arrabbiata.
“Salve ragazza, sono solo e mi chiamo Cupido”. Faccio per avvicinarmi anch’io ed ora che sono ad un passo da lei mi accorgo che la sua voce è dolce quanto i lineamenti del suo viso perfetto.
I capelli di un biondo cenere sono trattenuti da due lunghe trecce che le scendono sulle spalle e addobbati con fermagli dorati.
Fa un passo verso di me e mi guarda dalla testa ai piedi. Spero tanto che apprezzi il mio modo di vestire, perché dall’’espressione che vedo nei suoi grandi occhi verdi, pare invece che la cosa la diverta molto.
Lei indossa un abito rosa e leggero che le arriva fino a metà caviglia ed è stretto in vita da una cintura di stoffa color fucsia. Le sue scarpe sono simili alle mie, anzi più sobrie, in quanto marroni e senza motivi floreali. Sarà per questo che le veniva tanto da ridere?
“Cupido è il vostro nome? Perchè non me lo avete detto prima?”.
“Tu hai chiesto chi siete e non chi sei?”.
Mi sorride, segno che le sono un po’ simpatico.
“Ah, siete straniero, ora ho capito. Io comunque sono Francesca da Polenta”, aggiunge senza smettere di sorridere, e non posso fare a meno di notare che si stanno formando due fossette sulle sue guance rosa.
Mi presento.
“Piacere Francesca, vengo da lontano e sono un messaggero”.
“Avete un messaggio per me, forse?”. La biondina di colpo abbassa gli occhi intimidita. Sembra pentita di essere stata di colpo così esuberante con uno sconosciuto, e poi aggiunge ”chiedo scusa, non sarà certo per me il messaggio”.
Che ragazza strana, penso. È timida, però sa quel che vuole. Sarà sicuramente una di quelle ragazze che prima ti buttano il sassolino e poi nascondono la mano.
“E chi ti dovrebbe scrivere, sentiamo?”. L’ho presa in castagna.
“No,no. Nessuno. Io sono sposata”.
Beccata! È sulla difensiva. Come se solo i single ricevessero messaggi.
Non vedo analogie con le storie di Cleopatra e di Poppea nonostante ciò mi butto allo sbaraglio e come si dice o la va’ o la spacca.
“Francesca, non pensare che io sia un folle. Per caso fai il bagno nel latte la mattina?”.
“Come dite, prego?”. Francesca a quel punto si guarda intorno, come per accertarsi che non ci sia nessun altro ad ascoltarci.
“Avete tappeti persiani a casa? Ti ci sei mai rotolata dentro?”, azzardo ormai certo che sia lei la vittima che sto cercando.
“Mi state facendo paura, signore”.
“Eppure avrei giurato che ci fosse una luce strana nei tuoi occhi. Se però sono stato indiscreto, perdonami”.
“No, no anzi. La verità è che sono intollerante al latte, tuttavia ho accarezzato molte volte l’idea di farci un bel bagno. Mi state facendo paura semplicemente perché queste cose non le ho mai dette a nessuno e” ormai si lascia andare a confessioni intime “…e per quanto riguarda i tappeti persiani, sì, ho provato a rotolarmici dentro ma sono finita in fondo alle scale”.
Poi scoppia a ridere da non riuscire più a parlare.
È una risata liberatoria la sua così sincera da contagiarmi. Sembriamo amici da una vita, eppure ci siamo appena conosciuti.
Poi di colpo si calma e mi sorride ancora, tenendo gli occhi bassi. Ho l’impressione che Francesca si renda conto di ciò che ha appena detto, non sono però altrettanto sicuro che sia consapevole del peso che certe parole assumono in determinati contesti.
Non ho più dubbi a riguardo. Questa ragazza è fuori di testa e i sintomi ci sono tutti.
Sono sbalordito. Ho fatto centro. È lei la vittima della freccia bastarda. Follia pura allo stato libero. Ora non mi resta che sapere di chi si è innamorata e se è riuscita a resistere alle lusinghe dell’amore. Così mi riprendo la freccia e me ne ritorno a casa.
“Francesca, posso sapere con chi vivi in questo castello?”.
“Abito qua con mio marito, Gianciotto Malatesta”.
“E chi è il tuo spasimante?”.
“Paolo Malatesta”. Oramai le parole escono da sole. Sono fluide e senza filtri.
Quando un sentimento è forte, la spinta passionale rompe le barriere del silenzio e ti senti capace di poterlo gridare al mondo intero, anche se si corrono dei rischi.
Il problema è che il mondo intero non sempre è pronto a ricevere un messaggio di questo tipo. Il mondo vede solo quello che vuole vedere e poi i cambiamenti fanno un po’ paura a tutti.
Paolo e Francesca, sì certo. Se non ricordo male sono anche cognati. Dante Alighieri ha parlato di loro nella Divina Commedia e gli ha collocati all’inferno, nel cerchio dei lussuriosi.
Il matrimonio con Gianciotto è servito solo per riappacificare le due nobili famiglie, Malatesta e Polenta, però Francesca non è innamorata di lui. E poi infatti si invaghisce perdutamente di Paolo, suo cognato.
Ora dovrò dirle che il sentimento che sta provando è sbagliato, che è tutto frutto di una freccia bastarda e che loro non sono destinati a vivere per sempre insieme.
No, non me la sento. Dopotutto che colpa ne ha lei? Che mondo ingiusto.
C’e da dire che l’unica nota positiva in tutto questo è che Francesca con due uomini si ritrova ad avere un’unica suocera.
Non è da sottovalutare questo aspetto. Anche questa, se vogliamo, è matematica pura.
Di colpo tra noi è sceso il silenzio. Con gli occhi bassi, Francesca sembra essere in attesa di una risposta da parte mia. Forse vede in me un alleato. Non conosce la vera ragione che mi ha spinto ad attraversare molti secoli e fare milioni di chilometri per essere qua.
Lei non sa della freccia e non sa che la causa di tutto questo trambusto sono io. La confusione che ha nel cuore e quel senso di smarrimento misto a follia non sono altro che gli effetti collaterali di una dose massiccia di eros. Non esiste l’antidoto, sennò sarebbe tutto più facile.
Mi accorgo però di non avere scelta e con una fermezza che neanche io sapevo di possedere sferro il primo colpo.
“Francesca, niente casini, mi raccomando”.
Sono proprio crudele. Vi sfido a spiegare ad una donna innamorata che si sta sbagliando e che i sogni che stanno animando il suo cuore si trasformeranno presto in incubi e gli incubi in tragedia. Entrambi, infatti, finiranno per essere uccisi dal marito di lei.
I suoi occhi, dapprima raggianti, sono di colpo velati.
“Chi sei tu che viene a giudicarmi?”. Assume un atteggiamento di sfida, ma capisco che ha solo paura di perdere qualcosa che probabilmente non ha mai sentito veramente suo. Poi continua con toni meno accesi :“Cosa credi che sia facile dire basta? Ci ho provato fino a gridargli: basta pensarti ogni istante, ma è stato inutile”.
“Io sono solo un messaggero e vorrei aiutarti”.
Secondo voi, ora che cosa dovrei dirle? Evita le occasioni di incontro con Paolo e che le cotte passano e tutto tornerà come prima?
Poi d’ improvviso un lampo di genio.
Mi viene in mente che la loro relazione è nata da un bacio, mentre stavano leggendo un libro insieme. Galeotto fu quel libro e chi lo scrisse, quel giorno più non vi leggemmo avanti.
Dante sei un mito.
“Francesca, leggere troppo fa male”. Incrocio le braccia ed assumo un atteggiamento da professorino, certo di aver trovato la soluzione.
“Ma cosa state dicendo?” e poi aggiunge “la lettura è sempre stata la mia passione”.
“Sì, ho capito. Ma dipende da cosa si legge. Ti consiglierei Topolino o qualche rivista da spiaggia dove si parla di flirt estivi di certi vip che ti fanno passare la voglia di innamorarti”.
“Continuo a non capire il vostro linguaggio, Cupido”. Sembra smarrita. Aprire quel cancello ad uno sconosciuto è stato per lei come aprire gli occhi per la prima volta di fronte ad una verità scomoda.
“Quello che sto cercando di dirti è che sarebbe meglio che tu non leggessi la storia di Lancillotto e Ginevra e, se puoi, evita di leggerla con Paolo”.
“Come lo sapete e come avete fatto a vederci?”.
Mi cadono le braccia, anzi le ali.
Sono arrivato troppo tardi. Si sono già baciati mentre leggevano quella storia e il bacio ha dato inizio alla loro relazione.
“Non avete risposto alla mia domanda. Non ho nessuna intenzione di rinunciare a lui, costi quel che costi. Lo amo ed anche Paolo ama me e poi, se stiamo attenti, non lo scoprirà nessuno che siamo amanti”.
“È qui che ti sbagli, Francesca. Se ti lasci prendere dalla passione prima o poi commetterai degli errori che ti potranno essere fatali”.
Improvvisamente sento che è sceso un muro tra noi. Non c’è più la complicità che si era creata prima.
Ma come faccio a spiegarle che l’amore non è solo euforia? Nemmeno Cleopatra con tutto il suo splendore riuscì a sottrarsi al suo destino. Francesca appare molto più fragile della regina d’Egitto e sicuramente la passione per Paolo la fa sentire al sicuro.
Solitamente, una donna che ha alle spalle una storia priva d’amore, difficilmente rinuncerà all’unico uomo in grado di restituirle fiducia e quella giusta dose di spensieratezza da farla sognare ancora.
Ed infatti, quasi mi leggesse nel pensiero e prima di richiudere il cancello, decisa a non farmi entrare più nella sua vita, è già pronta a salutarmi.
“Lasciare Paolo? Mai. Persino all’inferno andrei con lui…”.
Appunto.
Il resto è cronaca.
Questa storia mi ha rattristato un po’. Non solo non sono riuscito a riprendermi la freccia ma so anche che non posso cambiare il destino se le persone non collaborano con me.
Ma io sono Cupido e quello che dico, lo dico per amore.
Lascio a voi il compito di fare un bilancio su questo mio secondo viaggio. Esperienza decisamente istruttiva che non dimenticherò facilmente.
Ma torniamo alla freccia. Non voglio darmi per vinto.
A bordo. Si riparte.
Deborah Voliani – 49 anni. Assistente sociale. Mi occupo di prevenzione solitudine e promozione sociali4tà a favore degli anziani a Trieste presso Televita s.p.a. Sposata. Vivo a Monfalcone. Sono livornese d.o.c. .Toscanaccia nel sangue. Ho un gatto persiano che si chiama Nemo. Scrivo racconti e poesie. Ho scritto con mio marito un romanzo giallo Male minore ambientato a Livorno e pubblicato da Manidistrega nel 2010. Amo la vita e la fede in Dio