Innalzamento dell’età pensionabile: quali le ricadute per le donne?
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Nell’attuale fase di discussione sull’innalzamento dell’età pensionabile in base ai meccanismi della riforma Fornero, come operatrici del Servizio Sanitario e come cittadine vorremmo condividere la preoccupazione per le conseguenze che questo comporterebbe, e sta comportando, per la popolazione e in particolare per la popolazione femminile.
Accanto ai dati ISTAT sulla speranza di vita – dati che peraltro mostrano che negli ultimi dieci anni l’incremento risulta minore nelle donne (1,06 contro 1,92 negli uomini per gli anni 2007-2016), concentrato prevalentemente nelle età più avanzate e decisamente disomogeneo tra le diverse aree del Paese – con le loro ovvie ricadute in termini di previsione di spesa, crediamo che non si possa non tenere conto, per ragioni etiche oltre che economiche, dei dati relativi alla speranza di anni di vita in buona salute, che pur nella difficoltà di rilevazione ed interpretazione, mostrano un non aumento o addirittura una diminuzione (es. dati Eurostat http://ec.europa.eu/eurostat/web/health/health-status-determinants/data/database).
Ed è soprattutto sui giovani e sulla popolazione femminile sopra i 55 anni che si concentra e si concentreranno le ricadute negative della riforma Fornero. Per le nuove generazioni infatti questa si sta inevitabilmente traducendo in un ostacolo all’ingresso nel mondo del lavoro, mentre per le donne spesso significa un prolungamento di un regime di doppio lavoro (a casa e fuori) che negli ultimi decenni sta diventando sempre più gravoso. Perché è soprattutto sulle loro (sulle nostre) spalle, che ricade il peso quotidiano delle trasformazioni sociali ed economiche degli ultimi anni. E lo stesso l’allungamento della aspettativa di vita nelle età più avanzate, finisce in genere per tradursi nella delega alle donne (figlie, nuore, nipoti) della cura degli anziani.
Si tratta di una situazione ampiamente conosciuta e citata, e ingiusta, ma nonostante questo non sembra esserci ancora reale assunzione di responsabilità da parte della politica e della società verso lo spropositato carico di lavoro che grava sulle spalle delle donne italiane, e l’attuale dibattito lo dimostra una volta di più.
È per questo che chiediamo che nella ridefinizione dei limiti dell’età pensionabile, accanto alle pur necessarie considerazioni sulla sostenibilità del sistema pensionistico, si proceda ad un’adeguata valutazione, sia in termini generali sia in una prospettiva di genere, di quali sono e quali prevedibilmente saranno le conseguenze sanitarie e sociali del prolungamento dell’età lavorativa.
Maria Grazia Petronio (medico di sanità pubblica); Oriana Rossi (medico del lavoro); Caterina Ferrari (amministrativa – servizio sanitario); Lucia Miligi (epidemiologa); Daniela Nuvolone (epidemiologa); Rosanna La Vecchia (tecnico della Prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro); Annalaura Carducci (docente di igiene); Tonina Enza Iaia (medico del lavoro); Vitalia Murgia (pediatra); Danila Scala (medico di sanità pubblica); Dusca Bartoli (medico del lavoro); Michela dell’Innocenti (chimica); Fortunata Dini (psicologa, psicoterapeuta); Simona Cerrai (amministrativa); Caterina Ermio (medico neurologa); Alessandra Benedetti (psichiatra)
Il documento è condiviso dall’Associazione Italiana Donne Medico (A.I.D.M.) ed è aperto alla firma.
autrice :mariagrazia.petronio@tin.it
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Fimo …Caterina Della Torre
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