Marina Cavallo una donna che sa amare quello che fa, riesce anche a fare quello che ama.
Una delle caratteristiche che collega tutte le donne che da qualche mese sto intervistando (e che potete trovare qui) è la poliedricità dei loro interessi, quella capacità tutta femminile di cogliere ciò che collega i vari aspetti della vita tra loro e di saperli nutrire, portando dall’uno all’altro l’energia dell’amore. Perché quando una donna sa amare quello che fa, riesce anche a fare quello che ama.
Mi sono concessa una lunga chiacchierata con Marina Cavallo, giornalista che dall’81 al 2010 si è occupata di moda in Condé Nast, su Linea Italiana, su “100 cose”, e poi su D, l’inserto di Repubblica progettato da Daniela Hamaui. Ed è proprio con lei che è nata la redazione moda del nuovo allegato femminile di Repubblica, quotidiano di opinione che fino a quel momento non si era mai occupato di moda.
Abbiamo parlato dell’immagine di donna che lei stessa ha contribuito a definire con i suoi servizi fotografici ma anche del suo impegno nel lavoro e nella vita familiare, mi ha raccontato della sua breve parentesi politica milanese ai tempi della candidatura di Pisapia e poi del gruppo di donne “oversixty”, una sua creazione sul web che, come ogni altra sua creatura, è stata ed è un successo.
Marina è come quelle figurine che un tempo si trovavano nel Formaggino Mio e che mostravano scene diverse a seconda dell’angolazione con cui le si guardava; lei è così, a tratti mostra le righe pari, la sua sicurezza, la determinazione, la certezza; a tratti quelle dispari, la tenerezza, l’accudimento, la fragilità. Dipende dal punto di vista dal quale la si guarda. Ma, a differenza delle figurine che, una volta scoperto il trucco, mostrano ripetutamente soltanto quelle stesse versioni, in lei c’è sempre qualcosa di particolare da scoprire perché, molto incuriosita dal nuovo, entusiasta della vita e amante della libertà, ha la capacità di imbarcarsi in sempre nuove avventure, coinvolgendo chi le sta camminando accanto.
Le caratteristiche del Femminile più evidenti in lei sono l’affettività, l’intuizione, l’empatia, l’ascolto e l’accudimento.
Io l’ho conosciuta nel gruppo Fb oversixty dove tutte la chiamiamo scherzosamente “la capa” ed è da lì che siamo partite in questa intervista
*Hai dato vita su Fb ad un gruppo di sole donne che si chiama oversixty. Perché ti è venuta questa idea?
Quando ho compiuto sessanta anni c’è stata una svolta sia in me che fuori di me, una riscoperta generale di attrici e donne agée, si parlava di quell’età, si pubblicizzavano prodotti di bellezza per le sessantenni, la moda si è adeguata, e così l’attenzione agli interessi, libri, cinema viaggi, esercizi fisici, di questa particolare età. A me a quel punto premeva programmare la mia età futura, perché io sono così, ho sempre pensato di prevedere strategie per vivere la mia vecchiaia nel migliore dei modi. Un esempio.. ho voluto imparare a giocare a bridge a 18 anni pensando che così da anziana avrei avuto una vita sociale indipendente. A quel punto, compiuti i sessanta anni, ho iniziato a pensare come gettare le basi di una solidarietà femminile che potesse portarsi avanti negli anni. E a quel tempo frequentavo case per anziani dove c’era mia suocera e mi faceva tristezza quello che vedevo. Una delle prime idee legata al gruppo di Over era quella di progettare una sorta di comune, uno spazio per condividere la vita con coetanee amiche, una casa con servizi condivisi per non dover terminare la vita in mezzo a della gente che non si sa nemmeno chi sia e che non sa niente di te. Purtroppo questo aspetto è caduto nel vuoto perché purtroppo nessuno riesce a programmare questo tipo di cose quando è ancora autosufficiente e in forma e dopo…è troppo tardi. Contemporaneamente avevo iniziato con un blog su Dweb dedicato alle sessantenni ma presto non sono riuscita più a scriverci perché mi sembrava di non avere interlocutori reali: in verità a me non piacciono i lavori individuali, preferisco coinvolgere e unire tra loro più persone, anche le più diverse, magari anche quelle che si sentono sole e vagano sul web senza una meta ben precisa.
*Perché, secondo te, proprio quando tu hai compiuto i sessanta anni si è diffusa così tanto l’attenzione verso le sessantenni?
Ho sempre notato che ad ogni decennio che compivo si parlava più diffusamente proprio di quel decennio e credo che queste coincidenze capitino non a caso alla mia generazione che, nata nel primo dopoguerra, ha vissuto attivamente tappe fondamentali, come quella del Sessantotto. La rivoluzione che c’è stata nella considerazione della donna è pazzesca, prima non era nemmeno in discussione che un uomo ci molestasse, la molestia era la normalità. Che il capo ci mettesse la mano sul culo o che le donne facessero solo le segretarie e non potessero ambire a posti superiori se non con la paga ridotta a un decimo e lavorando dieci volte tanto, era la norma. Ci sono state tante tappe che si sono trasformate in conquiste per noi donne. Se cinquanta anni fa una quarantenne non veniva nemmeno considerata, adesso le sessantenni e oltre hanno una diversa attenzione. Man mano che invecchiava la nostra generazione, invecchiava anche l’età presa in considerazione.
*Perché hai scelto di dare vita a un gruppo di sole donne e non hai anche inserito gli uomini?
Perché le donne sono più libere, più sincere, nella comunicazione tra loro sono più se stesse se non ci sono gli uomini. Le altre donne possono capire meglio quello di cui hai bisogno in quel preciso momento. Nel nostro gruppo si può condividere tutto quello che ci passa per la testa e per il cuore. Tra noi si sono aperti dei mondi, molte Over si sono riscoperte se già si conoscevano o si sono conosciute da zero, sono nate bellissime amicizie anche tra chi si vede poco perché abita in città diverse e lontane, c’è solidarietà, comprensione, ascolto.. e non manca la voglia di organizzare, di trovarsi se si abita nella stessa città. Ci si ritrova a casa di qualcuna di noi, si vanno a vedere mostre, luoghi..si fanno cose insieme
* Secondo te se questo stesso gruppo non fosse sul web ma fosse un circolo in cui ci si incontra anche fisicamente, cambierebbe qualcosa?
Certo, questo è un gruppo che ti fa superare piacevolmente la notte se sei insonne, non sei obbligato a uscire ma se vuoi organizzi qualcosa insieme ma anche questo non è necessario, hai sempre il tuo gruppo a disposizione come e quando vuoi. Sei in giro e fai una foto, pubblicarla nel gruppo ti permette una sorta di comunione, ricevi reazioni immediate e da parte di amiche.
*Un rapporto via web può quindi essere profondo anche se non c’è l’incontro fisico?
Certo, ci sono persone che mi piacciono molto che magari ho visto una sola volta. Sul web ci si lascia andare di più, talvolta non ci si rende nemmeno conto di essere in pubblico. E in più, essendo questo un gruppo chiuso, che quindi non è visibile agli estranei, ti permette di essere come sei senza temere di essere giudicata. E lasciandosi andare poi tutti i caratteri vengono fuori, le prepotenti, le romanticone, le superimpegnate, le animaliste, anche le scioccherelle. E sono tutte accettate! Il bello di questo gruppo di donne ultrasessantenni è la varietà.
*Cosa significa per te l’ avere superato i sessanta anni?
Certamente è l’inizio della vecchiaia, nel senso che le cose importanti le ho fatte e non devo più pormi dei traguardi almeno per quanto riguarda il lavoro. Il lato positivo è che sono molto più serena adesso di quando avevo trenta/quaranta anni e dovevo dimostrare che che ero brava nel lavoro, che ero amata..che ero una brava madre e una brava moglie. La mia carriera, poi, è stata anomala: prima mi sono sposata e ho avuto i miei primi due figli. E il farli così giovane mi ha permesso di arrivare a 40 anni con la voglia di farne un terzo, mi sembrava di non essermeli goduti come avrei voluto con la voglia che crescessero in fretta. Martina è arrivato in un momento in cui la mia carriera prendeva una svolta, ho dato l’esame da giornalista mentre ero incinta, e ho sfidato tutti quelli che mi dicevano che era una follia fare un figlio a quarant’anni e pretendere di continuare a lavorare. E poi neanche con un nuovo compagno ma con lo stesso marito. E Martina è stata la mia sfida vinta. E dopo la sua nascita il lavoro è andato a gonfie vele, sei anni ancora a Centocose e dopo la splendida avventura del D.
*E come ti sei organizzata come donna, come mamma e come professionista a tempo pieno?
Sono stata aiutata moltissimo da mio figlio, da mia madre, dalla donna fissa e da presenze varie in casa. Riuscivo a conciliare tutto. Alla piccolina, Martina, ho dedicato meno tempo rispetto a quello dedicato agli altri figli, però in modo molto concentrato. Quando tornavo a casa esisteva solo lei, le raccontavo storie, giocavo, sono stata molto più mamma con lei. Martina desideravo quasi che non crescesse, che restasse sempre la mia piccola.
*Che tipo di mamma sei?
I miei figli mi adorano per cui penso di andare bene! A parte gli scherzi, sanno che possono contare su di me, hanno la massima fiducia in me. Forse essere un punto di riferimento non solo per i figli é una mia caratteristica e questo mi piace. Ma quello che è importante per me adesso è di essere una brava nonna, i miei quattro nipoti sono la gioia più grande che la vita mi ha dato. Forse come dice Paolino sono una nonna non tanto tradizionale, impreco in macchina conto gli altri automobilisti, ma so che loro si divertono con me e sentire Ettore che dice “tu nonna sei gentile” mi fa quasi commuovere
* Sei un punto di riferimento per gli altri ma sei capace di affidarti tu stessa agli altri?
No, non lo so fare, forse per presunzione, mi piacerebbe affidarmi ma poi non mi fido. Intanto per affidarmi devo stimare una persona nell’ambito di quello che fa. Ma in genere non mi fido tanto, anzi non mi affido. Poi nessuno vuole che io mi abbandoni, perché li metterei in crisi, penserebbero di avere perso il loro punto di riferimento. Ma arriverà il momento in cui dovrò per forza ed è questo che pavento. Dovrei mettere di più alla prova le persone che mi sono vicine, finché sono in tempo: forse sono più sicure di quello che credo.
*Questo succede anche con tuo marito? Siamo tra le poche coppie partite a poco più di vent’anni e ancora insieme dopo quaranta- cinquanta anni..
Io di mio marito mi fido completamente, ma a parte i primi anni in cui non lavorando dipendevo in tutto da lui, e a lui questo piaceva molto tanto che non voleva saperne che andassi a lavorare, non mi sono mai affidata a lui. Il mio lavoro ha dato una svolta al nostro matrimonio, forse l’ha anche aiutato. Per me era fondamentale avere raggiunto l’indipendenza, trovo che sia insopportabile dovere chiedere a qualcun altro anche se tuo marito. Il fatto poi che fossi spesso in viaggio ha reso più piacevoli i momenti in cui ci si ritrovava.
*Allora tu sei riuscita nella tua carriera per dimostrare che potevi farcela! Questo fa parte del tuo carattere?
Si, quando voglio qualcosa assolutamente devo ottenerla. E quando qualcuno mi cerca di limitare devo fare il contrario.. pensa che ho smesso di fumare poco prima che entrasse in vigore la legge contro il fumo, pur di non dover sottostare a qualcosa che non nascesse da una mia decisione! Sono molto combattiva, sfidavo mio padre quando ero piccola, sapevo di farlo arrabbiare ma volevo sempre essere indipendente e dimostrare che decidevo io le cose, che non mi si poteva imporre niente. Mio papà era molto severo, non voleva che uscissi ma perché era apprensivo, per non stare in pensiero. E io gli dicevo che era un egoista però sapevo che faceva così perché mi voleva un bene dell’anima. Io soffrivo per i suoi divieti ma devo a lui se sono una persona equilibrata e serena, mi stimava e faceva di tutto per farmi capire quanto mi considerasse intelligente e quanto potevo pretendere da me stessa. Però finché ho potuto mi ribellavo, uscivo ugualmente, ero molto monella
*E sei rimasta monella?
Ancora adesso se non stimo qualcuno posso fare di tutto, non sono diplomatica, sono abbastanza diretta. Non riesco a sopportare le persone stupide, con loro sono dispettosa e tiro fuori il peggio Quando invece prendo in giro qualcuno è però tutta un’altra storia, vuol dire che quella mia persona mi sta simpatica.
*Il tipo di donna che hai contribuito a diffondere con i servizi di moda su D ti assomigliava, aveva questo tuo carattere?
Era un’immagine di donna molto autosufficiente, le nostre modelle non erano compiacenti, avevano l’aria di essere sicure di sé, seguivano la moda del momento, il minimalismo, che non aveva bisogno di tanti orpelli. I nostri servizi di moda, si ispiravano a delle tipologie femminile (la romantica, la donna d’affari, la sportiva e così via) o a dei personaggi che ripercorrevano trame cinematografiche o letterarie. Comunque non c’era un unico stile fotografico, ogni redattore poteva scegliere il fotografo con cui riusciva a realizzare meglio la sua idea e esprimere la sua personalità. Il D non era era un giornale omologante, era aperto a idee e suggerimenti.
*Da allora a oggi in cosa è cambiato il mondo della moda?
Negli anni ottanta il mondo della moda era affascinante, irraggiungibile. La gente avrebbe fatto carte false per andare a una sfilata, per vedere un vestito in anteprima. Adesso è tutto a portata di mano, dopo un secondo che un vestito ha sfilato puoi vederne le immagini e il giorno dopo lo trovi copiato da Zara. La moda oggi ha perso tutto il suo mistero. E i giornali sono sempre più schiavi della pubblicità. Uno stilista che paga una pagina pubblicitaria su un settimanale pretende che nei servizi di moda si inseriscano anche i suoi modelli. A tante pagine devono corrispondere tanti redazionali, e questo sempre di più, fino a a non permettere nemmeno di fotografare dei meravigliosi vestiti solo perché sono di case che non fanno pubblicità.
*Qual è stata una carta vincente di D ai suoi albori?
Io venivo da un mensile rivolto ai giovani, 100 cose, quindi con un certo tipo di moda e un certo tipo di linguaggio. Questa di D era una sfida perché dovevamo catturare l’interesse di lettori molto smaliziati come erano quelli di Repubblica. Per quanto riguarda il mio settore, la moda, ho avuto subito la sensazione di essere molto libera. I giornali molto spesso, come le trasmissioni televisive, devono avere un’audience e tante volte devono rinunciare a qualcosa di più sofisticato e particolare per poter essere più popolari possibile. Un settimanale tradizionale tipo Grazia o Gioia, doveva essere facile da consumare per avere più lettori possibile. La carta vincente di D era di avere un pubblico già acquisito per cui in ogni caso arrivava nelle case di molte persone: ho capito subito che potevo giocarmela come volevo, potevo rischiare di più facendo anche dei servizi particolari, basandomi più sulla qualità della foto, sulla bellezza delle modelle, senza preoccuparmi che fosse una foto didascalica che aveva solo lo scopo di fare vedere benissimo i vestiti. Il primo servizio di moda su D che ha fatto anche scalpore era uno sui costumi da bagno scattato nella metropolitana di New York. Ho capito subito che potevo fare delle cose particolari, potevo utilizzare dei fotografi rinomati perché garantivo loro libertà di espressione e così riuscivano a dare il massimo. E un grande successo è quando abbiamo saputo che il D aveva anche un vasto pubblico maschile che sapeva apprezzare la qualità fotografica sia nella moda che nei reportage di attualità
*Perché la moda? Cosa ti ha portato lì?
Non avrei mai pensato di dedicarmi alla moda, mi sembrava superficiale soprattutto negli anni del 68, volevo fare l’architetto, avevo frequentato un anno di architettura poi bloccata dalle contestazioni. Ma già quando ero bambina io avevo le mie idee precise, per me era un dramma quando venivo vestita da mia mamma e quando mi metteva qualcosa che non mi piaceva, io ci soffrivo. Poi quando la mia amica Emma era andata lavorare a Vogue ho cominciato ad invidiarla e a pensare che forse mi sarebbe piaciuto. E qualche anno dopo è stata proprio Emma a segnalarmi che cercavano qualcuno e incredibilmente, almeno per mio marito che remava contro, mi hanno assunta!
*E ti sei trovata subito bene o all’inizio hai trovato difficoltà?
Non è stato semplice, anche se conoscevo molte delle persone che ci lavoravano per cui l’approccio è stato facile. Ma in genere tutti quelli che fanno questo tipo di lavoro cominciano facendo l’assistente e io ho incominciato tardi e senza avere mai seguito nessuno né avere mai visto come si faceva un servizio di moda, mi sono inventata tutto, agivo a naso. E devo dire che la carta vincente è stata quando ho imparato che dovevo solo fidarmi del mio gusto. Fino a quando ho creduto di dover compiacere gli altri pensando di dovermi adeguare al gusto del caporedattore è stato un disastro. Quando ho capito che dovevo fare le cose che mi piacevano, quelle funzionavano, perché tutto quello che fai con piacere ti viene meglio e la gente lo apprezza di più.
*Apriamo un altro capitolo, il tuo impegno politico..
Io sono sempre stata di sinistra, soprattutto sono sempre stata antifascista. Ho detestato il berlusconismo con tutti gli annessi e connessi e adesso vedo con sgomento un suo possibile ritorno. Comunque il mio impegno politico attivo è nato dal constatare la situazione di Milano durante la giunta Moratti: la città che avevamo conosciuto noi da giovani era meravigliosa, attiva, piena di vita, era diventata la capitale della moda e del design. Poi era piano piano cambiato tutto, si respirava un’aria triste, angosciante, sembrava senza via di uscita, Quando si è candidato Pisapia mi è subito piaciuto, poi un’amica mi ha chiesto di candidarmi in una lista civica e sono entrata nel gruppo Milano civica. Ci siamo dati molto da fare, mi sono divertita, sono nate amicizie tra noi, eravamo molto motivati. E abbiamo ottenuto anche un risultato riuscendo a fare eleggere due di noi in Consiglio. Con Pisapia sono ripartite delle situazioni che erano bloccate, piazze che erano transennate da anni sono state rimesse a posto., la bellezza di alcune zone di Milano è stata recuperata, ci si è occupati del traffico, dell’area C, dei mezzi pubblici. E’ stato fatto tanto. Quello che dovrebbe fare anche Roma.
* Se tu avessi potere politico e potessi realizzare cambiamenti fondamentali, per cosa ti batteresti’?
In questo momento sono disillusa, non so cosa pensare di quello che sta succedendo, non c’è nessuno a cui credere, è un momento brutto per l’Italia. Il vero problema è che non so proprio come si riuscirà a cambiare le cose. So che paghiamo troppe tasse ma mi sembra che nessuno trovi la soluzione per farle pagare a tutti e di meno
* Una tua caratteristica è la capacità di esaminare un problema per quello che è al di fuori di qualunque fazione, al di là del partito politico che l’ha proposta..
Questo dovrebbe essere una caratteristica di tutti, uno aspira a recepire di ogni cosa quello che funziona. Il dramma è che in politica per forza si scende a compromessi con le proprie idee, si deve mediare, ci si accontenta di fare la metà pur di portare a casa qualcosa. Il fatto è che quando si ha potere si perde la cognizione delle cose, si pensa che tutto sia permesso, ci si brucia. Il potere in sé alla fine distrugge e rovina, è devastante, è mettere se stesso al centro. Io cerco sempre di mettermi nei panni degli altri. In ogni situazione penso sempre cosa c’è dietro a un pensiero e capisco anche quello che non condivido, penso che ci siano dei processi per cui si arriva a pensare in un certo modo. Sono accanita quando invece non vedo motivazioni alla cattiveria o stupidità, a chi crede che tutto il mondo ruoti intorno a lui, a chi vede il mondo solo come riflesso di quello che provano loro.
*Quali sono i tuoi punti di fragilità?
Li ho tenuti sempre nascosti per tutta la vita, nel lavoro era fondamentale far finta di non avere dubbi anche quando invece ne ero attanagliata. Il mio karma è che tutti mi credessero sicura..tutti dicevano che ero sicura di me, invece le palle! Una vera apparenza. Per fortuna ora non devo dimostrare niente a nessuno
*Quindi non ti ritrovi mai in contatto con le tue fragilità?
Non sono mai stata disperata per più di una notte, ho una capacità nei momenti più brutti di pensare che il giorno dopo, quando mi sveglierò, starò meglio. E me la sono sempre cavata da sola. Però ho sempre avuto anche io le mie insicurezze, ad esempio questo fatto di dover apparire una persona sicura. Ma non sempre sono sicura di essere capace di fare una cosa, di essere accettata, di essere apprezzata Poi sul lavoro la mia insicurezza era la paura di non essere all’altezza, di non farcela..
*E tu le hai risolte non mostrandole?
Si, nel campo del lavoro nel momento in cui dimostri le insicurezze sei finita. Una volta mi è successo, ho avuto un blocco a parlare in pubblico, Max Mara mi aveva invitato a parlare su un argomento che conoscevo molto bene. Quando avrei dovuto parlare ho aperto la bocca ma non è uscito nessun suono, ho avuto un blocco totale. E lo stesso mi è successo allo Iulm dove mi avevano chiamato per tenere una lezione.. ho dovuto chiedere ad una persona di alzarsi e di venirmi accanto e ho parlato sempre a lui facendo finta che gli altri non ci fossero. Invidio quelle che vanno in televisione e parlano come se niente fosse.. E poi non mi piace raccontare i fatti miei e non li racconto. Ci sono delle cose che sono e rimangono mie.
*Cosa ti fa paura?
Forse la solitudine, non so se riuscirei a sopportarla, anche se sto benissimo da sola. Però se penso di dover vivere da sola non so se ce la farei. Troverei una soluzione
*E i tuoi punti di forza quali sono?
Le persone che credono in me e mi stimano. Ho persone che mi adorano e mi dicono che sono brava, a me fa ridere perché mi sento presa quasi in giro , mi convincono di avere delle doti che poi io invece non mi riconosco. Mi dicono che ho sono stata brava sul lavoro, coi figli, che sono un’amica. Le mie amiche mi dicono che sono una buona amica.
*Che tipo di amica sei?
Non pretendo, e questo l’ho imparato con gli anni. Io ho un’amica carissima alla quale voglio molto bene, forse quella più importante per me, che non si fa mai vedere, comunica pochissimo, è stata malata ma spariva quando io pensavo avesse bisogno, è molto riservata. Quando però ho avuto bisogno di qualcuno che mi stesse vicina riuscivo sempre a trovarla. Per lei la dimostrazione che io le sia amica è che io sopporti tutto questo. Per me è difficile perché per me amicizia è passare il tempo insieme, se hai bisogno di me ti accompagno, se ho bisogno di te ti chiedo. Il fatto che lei metta dei paletti per pudore, per non disturbare.. non permette di dimostrarle la mia amicizia come invece vorrei. Ma ora mi rendo conto che devo rispettare queste scelte. Si, per me essere amica è rispettare le scelte di un altro anche se non le condividi. .
*Come stai adesso, dopo tanto che hai parlato di te?
Non mi sembra di aver parlato di me … perché, ho parlato di me?!?
Grazie “capa!” E’ stato bello parlare con te..