Ma Grazia non l’avevo mai incontrata e, sentirla cantare quel testo così speciale, ha fatto breccia in me, spingendomi oggi a voler sottolineare anche in lei le note più salienti della Eccellenza del Femminile . Le qualità energetiche del Femminile abbondano in questa cantautrice, musicaterapeuta, insegnante di canto e attrice. In lei, nelle sue canzoni e nel suo sentire ho trovato Accoglienza, Affettività, Non Giudizio, Intuizione, Ascolto e Pensiero Circolare, la capacità di passare per analogia da un concetto all’altro
(foto di copertina di Leonardo Serrani)
Il colpo di fulmine è scoccato quando al Festival di Sanremo del 2015 ho visto e sentito Grazia Di Michele cantare lo splendido brano “Io sono una finestra”, in coppia con Mauro Coruzzi (Platinette) che, molti anni prima, avevo già intervistato per il settimanale Gioia. (Platinette)
“ ..di me che sono specchio delle contraddizioni ..io non so mai chi sono eppure sono io.. ma questo qui è il mio corpo.. di donna dentro un uomo.. non c’è una donna o un uomo, solo un essere umano”. Platinette, già ai tempi della nostra intervista, mi aveva conquistato per la grandezza del suo animo e per quella raffinatezza del cuore, così contrastante con l’allora volutamente ostentata acidità del suo personaggio.
Ma Grazia non l’avevo mai incontrata e, sentirla cantare quel testo così speciale, ha fatto breccia in me, spingendomi oggi a voler sottolineare anche in lei le note più salienti della Eccellenza del Femminile (qui trovate le altre interviste). Le qualità energetiche del Femminile abbondano in questa cantautrice, musicaterapeuta, insegnante di canto e attrice. In lei, nelle sue canzoni e nel suo sentire ho trovato Accoglienza, Affettività, Non Giudizio, Intuizione, Ascolto e Pensiero Circolare, la capacità di passare per analogia da un concetto all’altro.
Autrice di canzoni interpretate da numerosi artisti italiani e stranieri, spesso disposta a duettare con molti di loro, è sempre stata un’ artista molto attenta alle tematiche del mondo femminile sfidando, con le sue canzoni, ogni consuetudine.
Già nel 1978, con “Cliche”, dipinge l’immagine dell’uomo scontatamente macho che, con aria sprezzante e convinto d’essere superlativo, pensa di poter soggiogare e addomesticare la donna che non esita a definirlo “squallido e ridicolo ” dicendogli addio; i temi che tratta nelle sue canzoni sono le domande che ogni donna si fa a un certo punto della sua vita e le risposte che spesso non osa nemmeno dare a se stessa.
Si tratta di testi sempre molto densi, spesso nascosti tra le note di una musica che, pur scardinando ogni banalità di ritmo e melodia, con la sua paradossale orecchiabilità ne alleggerisce l’ascolto.
Sono canzoni che parlano di quell’annebbiamento di fronte a presunti amori quando si è inconsapevoli della loro inconsistenza (“La coscienza“); o della incapacità di comprendere e amare fino in fondo se stessi fino a rinnegare la propria natura, come succede a Chiara che sta per sposare la persona sbagliata in “Ragiona col cuore”, una canzone che ricorda come nessun sogno possa essere barattato con una vita finta in una casa di bambola.. E ancora le donne candide, le donne che si arrendono, le donne magiche o le modelle di Chanel prigioniere di atelier de “Le ragazze di Gauguin” , e gli amori insensati, insondati che danno un senso alla vita, gli amori diversi, quelli più intensi che restano dentro, gli amori “improvvisi che indicano la strada”(“Amori diversi“)
Sentire cantare Grazia Di Michele mi emoziona perché in ogni canzone ha nascosto una parte di me, una minuscola o più grande tessera del puzzle che io sono, che noi siamo, che ogni donna forse é. Credo che questo sia il senso di un’artista, donare a chi attinge alla sua arte un’occasione per riconoscersi, per guardarsi allo specchio magari un po’ appannato, per fare la pace con sé e accogliersi. Solo da questi passaggi può nascere una trasformazione.
Nelle canzoni di Grazia Di Michele ci sono nodi da sciogliere, (“Io e mio padre”), le occasioni per ricreare armonia là dove si è persa, quel mondo che magari non vediamo, i frammenti della memoria che abbiamo perduto e che ritornano in maniera confusa nel tentativo di ricostruire una identità, (“Laura”), le parole non dette e tutto l’amore non espresso che ci implode dentro perché non riusciamo a comunicarlo e quindi a viverlo, se non dentro di noi, “un abbraccio distratto, una lettera vuota, una foto di fretta…un silenzio che ruba i pensieri e lascia il rimpianto..un assedio ostinato, ogni piccola traccia di te ” (“L’amore non detto”), le maschere di felicità (Riso e coriandoli), l’amore come grande attore capace di incantare (“L’amore va in scena”), l’amore come immensità sconfinata nel quale perdersi (“Dove mi perdo”), l’amore per l’arte, la bellezza, la creatività e l’ispirazione, (Giverny), le coincidenze e l’attimo perfetto (“L’arte dell’incontro”), la presenza di più dimensioni che si intrecciano l’una all’altra (“Anime”)
E “Se io fossi un uomo”? “Non mi difenderei con sguardi così attenti a non raccontarsi mai..di esser fragile non lo nasconderei.. Mi parlerei come non parli tu, mi guarderei come non guardi tu…Non mi addormenterei lasciando che i silenzi ci parlino di noi.. ma di brividi e infiniti riempirei questo vuoto…Non attraverserei deserti di abitudine per non capire mai ..”
Ogni canzone,scegliendo a caso tra quelle di ieri e quelle di oggi, come ho fatto io fino ad ora mescolando tempi e momenti diversi, è uno stimolo a lasciar fluire le emozioni, a “sentire” prima ancora che comunicare, a uscire da ogni definizione e classificazione, a rendersi conto che ognuno, da tutti i punti di vista, è come si sente di essere e non come gli altri vorrebbero fosse. Per lei è importante lasciar uscire le parole ma anche non nascondersi dietro a definizioni forzate né a suoni divenuti parole solo per spezzare disagi o riempire spazi vuoti. Talvolta sono meglio una carezza, un abbraccio, un sorriso: è una cantante che regala emozioni e parole non dette e il suo é un viaggio nel Sé, prima ancora che nella personalità
Desiderosa di donare il suo sentire e la sua conoscenza e di prodigarsi anche per il benessere dei più fragili, ha dato vita ad un progetto di una incubatrice sonora per i bambini prematuri che hanno quindi perso il contatto acustico con la madre. All’interno insonorizzato vengono riproposti i suoni familiari, dal battito cardiaco al flusso sanguigno, alla voce della madre, del padre, dei fratellini. Musicoterapeuta, si rivolge a chi ha disagi fisici e psichici e non riesce a veicolare le sue emozioni attraverso la parola. Il suono, primo veicolo del rapporto del bambino con la madre, diventa quindi il filo rosso per attingere al vissuto di ognuno ad ogni età.
Per anni insegnante di canto ad “Amici”, è sempre stata rigorosamente attenta all’impegno e al percorso artistico dei giovani, stimolando in ognuno di loro la voglia di imparare e di cogliere l’importanza di avere sempre un progetto nella vita.
Ha affiancato Mariarosaria Omaggio( qui la mia intervista alla Omaggio) in Chiamalavita , uno spettacolo realizzato per una campagna di sensibilizzazione sullo sfruttamento dei bambini soldato, con testi basati su composizioni di Italo Calvino.
L’abbiamo vista in teatro anche in “Di’ a mia figlia che vado in vacanza”, accanto a Alessandra Fallucchi, dirette da Maddalena Fallucchi, dove le due attrici interpretano due donne nella stessa cella all’interno di un carcere. Donne diverse l’una dall’altra che, giorno dopo giorno, imparano a condividere spazio, tempo e anima, con quella forza e quell’amore tipici del femminile.
In uscita l’album Anime, è la versione in italiano di Pos Allazei o Kairos, una ballata greca scritta da Pegasus liberamente adattata in italiano da Alberto Zeppieri e portata al successo da Kaiti Garbi.
Che dire ancora di lei? Ascoltiamola..
*Come è nato il tuo incontro con la musica?
Abbiamo tutti un incontro con la musica che in qualche modo ci segna. Credo che l’umanità si divida in due: chi fa musica e chi vorrebbe farla. Non esiste un’altra categoria di persone. Siamo tutti calamitati verso la musica e c’è chi è “chiamato”, se vogliamo, a farne esperienza totalizzante della sua vita, sapendo che quello che fa può avere un valore strettamente personale o più ampio, fino a diventare universale.
*E tu come sei riuscita a farne con determinazione la tua scelta di vita?
Il mio approccio alla musica è stato del tutto spontaneo. Considera che sono un’autodidatta: avevo una chitarra regalatami da mio fratello e in modo del tutto naturale ho cominciato a far uscire suoni, creando armonie che non sapevo nemmeno che accordi fossero. Ho iniziato a comporre così e subito quest’attività è diventata predominante nella mia vita. Nel frattempo mi ero iscritta a giurisprudenza e per mio padre è stato uno choc sentire che invece di fare la “professionista” volevo diventare quello che sentivo di essere. Sono andata via di casa e ci siamo riappacificati solo dopo molto tempo.
*La tua canzone “Io e mio padre”… Che peso ha avuto in te, nella tua vita, il non detto? E che peso ha, secondo te, per le donne e cosa potrebbe cambiare se imparassimo a “parlare” di quello che non va e di quello che va?
Io ho sempre detto tutto. Almeno quasi sempre. A volte non mi ha giovato, ma siccome credo che nella vita tutto abbia un senso, mi ritengo soddisfatta. In Cina esiste un linguaggio delle donne sconosciuto agli uomini: è un linguaggio antico e segreto, tramandato oralmente da donna a donna. Ha una sua potenza la complicità femminile, perché sfugge a ogni controllo, ma in questo periodo storico forse è opportuno che emerga anche la parte pubblica della donna e si affermi il femminile, finalmente
*In “Ragiona col cuore”, canzone che mi ha richiamato l’intensità di alcuni versi di Saffo, vedi Chiara nella sua ibseniana “casa di bambola”. Perché secondo te molte donne oggi ancora vivono nelle loro case di bambola e fingono anche con se stesse di essere felici così?
Perché la struttura sociale in cui siamo inseriti le vuole così. Viviamo in una società che fa di tutto per allontanarci dall’autocoscienza: siamo impegnate 24 ore su 24 e il tempo da dedicare a noi stesse è davvero limitato: quante donne praticano una forma di meditazione? Quante si dedicano a uno strumento? Quante si dedicano a un’attività umanitaria o a tecniche di autoconsapevolezza? Tantissime, ma per tante che siano sono una percentuale irrisoria: il resto delle donne deve lavorare, andare a prendere i figli a scuola, cucinare, fare la spesa, pagare le bollette, passare dal meccanico, dalla lavanderia… È naturale che poi vengano assorbite dal modello dominante promosso dai media, dalle pubblicità sessiste, da programmi televisivi osceni, che altro non fanno che confermare quell’educazione partita molti anni prima, col regalo della prima Barbie.
* ”Ama le tue mani”, una canzone che per me è una grande spinta verso l’autostima e verso quell’amore di sé oggi sempre più calpestato dagli uomini. Come lo vivi sulla tua pelle, come è il rapporto che tu hai con te stessa?
Quella canzone è nata proprio perché vedevo un amico in difficoltà. È più facile amare che amarsi, ma se non si parte da un amore vero verso se stessi è impossibile – non difficile, impossibile – far diventare un altro il centro del proprio interesse. Ama il prossimo tuo come te stesso, lo diceva anche qualcuno prima di me. Prima della colazione tutti i giorni mi faccio una bella camminata: prendo contatto con la terra sotto i miei piedi, con gli alberi e l’aria e mi sento grata di poter essere parte di quest’universo.
* C’è nelle tue canzoni un continuo riferimento al fuoco. Il tuo modo di cantare è pacato, a tratti mi ricordi di più l’acqua. Come concili acqua e fuoco dentro di te?
C’è acqua e acqua. Pensa l’acqua dei romani che era un elemento di festa, e quello invece dei musulmani, che era elemento di meditazione. Così anche il fuoco. Dentro di me non trovano un equilibrio forzato. Vivo quello che sento.
Avresti voluto diventare criminologa: quali “crimini” smascheri da anni con le tue canzoni?
Ahah!. Hai ragione, ma non possiamo chiamarli crimini. Ho un album che è nato dalla tua stessa intuizione: “Passaggi segreti”. Esistono tanti sentimenti non raccontati e con le canzoni mi piace svelarli: che siano i miei o di altri, raccontati o immaginati.
*Quali sono stati e quali sono i “passaggi segreti” nella tua vita?
Mio figlio; le canzoni, sia quelle mie che quelle di altri; gli amici sinceri; i miei allievi
*E quali le tue tele bianche? Cosa vorresti fare essere che ancora ti manca?
Mi sono messa in testa di aiutare ragazzi che hanno tanto talento. Oggi è molto difficile emergere perché il mercato discografico è saturo (purtroppo in prevalenza di prodotti omologati). Sarei felice di vederli camminare con le loro gambe.
*In Riso e coriandoli” parli di “maschere della felicità”. Le hai indossate, le indossi o non ti appartengono?
Mi sono appartenute, me ne sono liberata. Questo processo l’ho chiamato “consapevolezza”, ma so che c’è ancora tanto da fare. La consapevolezza è un cammino.
*Perché dici che solo i pazzi sanno amare?
L’amore non chiede ragione, richiede pazzia o innocenza. Poi non dico che chi ragiona non possa amare… ma lo fa con una intensità e qualità diversa.
*Qual è il tuo atteggiamento nei confronti dei pregiudizi?
Io sono come i miei accordi: aperta. Non sopporto razzismo, omofobia, specismo, e cerco di combatterli, ma cerco anche di comprendere le ragioni di chi ha comportamenti prevenuti: spesso derivano semplicemente dall’ignoranza, e questo è imperdonabile in una società iper-informata, ma a volte derivano da dolori che non riusciamo nemmeno a immaginare.
*A proposito di pregiudizi e dolori, cosa ti ha regalato come Grazia la tua collaborazione con Mauro Coruzzi, Platinette ?
Mauro è una persona con un gusto, una sensibilità e un’intelligenza fuori dal comune. Un amico con cui è bello confrontarsi. Non su tutto la pensiamo nello stesso modo, ma riusciamo sempre a discutere in maniera proficua. Sono molto felice e grata di queste esperienze condivise con lui e la sua socia, Platinette.
*C’é qualche tua canzone in particolare che ha prodotto in te dei cambiamenti dopo averla scritta o dopo averla cantata?
Si, “Io e mio padre”, ad esempio, mi ha riconciliato con mio padre che non aveva accettato la mia scelta di dedicarmi alla musica. “Io sono un finestra” mi ha spalancato la porta verso un mondo di ragazzini e ragazzine in crisi di identità sessuale (e non solo): ho ricevuto centinaia di email e sono entrata in contatto con diversi ragazzi.
*Cosa ti chiede e cosa ti dà la tua Bambina Interiore?
La mia bambina interiore è esigente, ma sa anche che l’assecondo sempre. Nel tempo ho imparato a capire che è il mio punto di forza: quando le do retta non sbaglio mai. Le canzoni che scrivo mettendomi a nudo, ad esempio, quelle meno costruite, meno pensate, sono anche quelle che risuonano di più negli altri: i bambini, si sa, si sanno riconoscere tra loro. È un progetto piuttosto impegnativo ritornare all’innocenza, come raccontava quella bellissima canzone degli Enigma.
*Cosa ha significato e cosa significa per te la maternità ?
La maternità mi ha stravolto, ha spostato il punto della mia attenzione da me a mio figlio, con tutto quello che ne deriva, sia a livello di scelte professionali che dal punto di vista delle relazioni. Io sono sempre stata una donna molto indipendente, ma la maternità ti fa dipendere da un amore più grande. All’improvviso si potenziano quei valori che già avevo: l’aspirazione a vivere in un mondo pulito, giusto, equo, perché vorresti un ambiente migliore per far vivere tuo figlio.
*E con i tuoi allievi hai un atteggiamento materno?
Anche i miei allievi mi trovano “materna”, ma non saprei dirti quanto dipenda dal fatto che sono madre. So che quando vedo dei ragazzi mi innamoro del loro entusiasmo, del loro atteggiamento verso la vita. Vedo la loro passione, la determinazione con cui lavorano sul loro futuro e nel mio piccolo vorrei poterli aiutare tutti, ma una madre, come dico in una mia canzone, è una donna soltanto.
A proposito di donne, tu e Maria Rosaria Omaggio in “Chiamalavita”, tu e le Fallucchi in “Dì a mia madre che vado in vacanza”, i duetti con Rossana Casale, con Tosca, il recital con Susanna Tamaro: come vivi una collaborazione con un’altra donna?
Innanzitutto tutte le donne con cui ho lavorato e lavoro sono amiche. Essere amiche non vuol dire solo condividere momenti, ma donarsi con sincerità. Con Rossana abbiamo vissuto insieme, cantato insieme e scritto insieme. Ci siamo viste ieri per fare una piccola gita di un giorno e nei nostri discorsi non c’è mai il passato, ma il futuro. Maddalena Fallucchi mi ha spinto su un palco e mi ha dato i primi strumenti della recitazione. Ha creduto in me più di quanto non abbia fatto io stessa. Ogni volta che salgo su un palco porto lei dentro di me. Ci ha lasciato davvero troppo presto. Anche Maria Rosaria non si è mai risparmiata: abbiamo fatto molte cose insieme e ogni volta mi ha insegnato qualcosa, e lei stessa ha ascoltato i miei suggerimenti con un’apertura che non tutti gli artisti hanno.
*Cosa vuol dire per te entrare nei panni di un’altra persona sia immedesimandoti in un personaggio sul palco che cantando una canzone che parla di un’altra donna?
Nell’ultimo spettacolo teatrale “Io non so mai chi sono”, mi metto nei panni di molte donne: Ana, Laura, Giulia, e altre donne senza nome. Vivo la loro tragedia in prima persona. È più difficile uscire da un personaggio, che entrarci.
*Cosa sono per te l’arte e la bellezza?
Quando ho scritto l’album Giverny con quel genio del jazz che è Paolo Di Sabatino ho voluto dichiarare la mia fiducia nell’arte. Monet viveva un periodo difficile: nel 1911 era morta la moglie, e a distanza di tre anni il figlio, mentre fuori incominciava a organizzarsi quella che poi avremmo chiamato” prima guerra mondiale”. Lui si rifugia in un giardino e comincia a salvare la bellezza del mondo su una tela: tramonti, laghi, piante… La sua storia è commovente. Io mi sento vicina a questo sentire. E la bellezza che vorrei salvare è molto più vicina di quanto non si pensi. È un allievo di 19 anni, ad esempio, che viene a lezione avendo preparato un brano di Lucio Dalla.
*Sei anche musicoterapeuta..
La musicoterapia è arrivata in un secondo tempo. Quello che si fa coi pazienti non è suonare nel senso proprio del termine, non si fanno sinfonie e nemmeno melodie: si usa il suono come stimolo cerebrale. A volte sono solo parole ripetute, a volte si usano strumenti, a volte la voce, a volte si crea un suono armonico… dipende dai casi.
*Ma come “guarisce” la musica e cosa intendi quando parli di “guarigione?”
Non parlerei di guarigione, ma di risultato, cioè un contributo nella guarigione fisica del paziente. Ma poi non parliamo solo di malattie o di patologie: qualche tempo fa sono andata a salutare degli anziani in una casa di riposo; mi sono accorta di una signora che aveva bisogno di entrare in contatto col suo passato, la sua gioventù così lontana nel tempo, ma anche nello spazio, essendo stata sradicata dalla sua città, Napoli. Di mia iniziativa mi sono messa seduta di fronte a lei e senza strumento le ho cantato un brano della tradizione napoletana. Lei mi fissava e mi seguiva parola per parola, e con le labbra accennava il motivo. Finché non le sono sgorgate lacrime di gioia che l’hanno accompagnata per tutta la durata del brano e anche dopo. Ho visto che si ricordava di essere stata felice e lo è ridiventata… almeno per un giorno o chissà per quanto.
*Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Ho l’EP appena uscito e che anticipa il CD che sarà in vendita, invece, a gennaio. Per la prima volta un CD da pura interprete. Ne ho un altro in lavorazione dedicato a ritratti femminili. Ho appena registrato un mio intervento in un progetto jazz dedicato a Trovajoli, ho un’altra collaborazione con Patrizio Fariselli e la promozione del cofanetto di Giovanni Nuti dedicato a Alda Merini. Nel frattempo continuo a insegnare e scrivere, anche per altri artisti
*E per finire vorrei sapere qual è il tuo atteggiamento di fronte al “mistero” che avvolge ogni anima..
Sono certa di essere anima. Come canto in “Anime” ho un atteggiamento positivo verso l’energia che ci circonda. Mio padre e mia madre, i miei cari amici che non ci sono più su questa terra continuano a vivere e a interagire in qualche modo con noi, anche fosse solo sotto forma di “presentimenti”. Dovremmo ribaltare quell’idea per cui “siamo un corpo e abbiamo un’anima”, dicendo “siamo un’anima e abbiamo un corpo”.
1 commento
brividi…..io che faccio parte di quelle persone che vorrebbero fare musica, mi sono sentita molto vicina a queste parole che ho letto. E Mauro-Platinette che mi ricorda il mio corpo, le mie mani che devo benedire…non è solo un intervista, è unalettura che risveglia, che mi risuona nelle viscere. Grazie!