Giovanna Libera Nuvoletti, una donna speciale, scrittrice, fotografa,giornalista di costume e di divulgazione scientifica e sociale per vari giornali. Il suicidio di una madre, dopo tanti anni ancora una figlia ferita.
Non l’avevo mai incontrata, né fisicamente né virtualmente, a parte qualche intreccio fugace nei racconti di un’amica comune o su qualche post di un gruppo chiuso di Facebook. Poi, un giorno, nella pagina dell’amica comune è apparsa la sua foto e quella sua risata così cristallina, circondata da amiche a lei care, ha attirato la mia attenzione. E ho riconosciuto, in quel viso che mi ha subito affascinato, qualcosa di familiare, il richiamo a una gioia sottile, intima, incontenibile che vedevo in lei e che appartiene anche a me. La gioia di stare con persone a cui vogliamo bene.
E così ho voluto sapere qualcosa di più su Giovanna Libera Nuvoletti, moglie di Claudio Petruccioli ex Presidente Rai, madre di tre figli e nonna di nove nipoti. Non poteva certo mancare tra le Donne Eccellenti! In passato fotografa per il Mondo e per l’Espresso e poi per servizi di bellezza e di pubblicità su varie riviste e dalla fine degli anni Ottanta giornalista di costume e di divulgazione scientifica e sociale per vari giornali. La poesia e l’originalità degli articoli della rivista che dirige e alla quale ha dato vita, La Rivista Intelligente, (LRI o anche Ellerì, Ellerini i suoi lettori) mi ha incuriosito ulteriormente. Ho letto con gusto i suoi due romanzi, “Dove i gamberi d’acqua dolce non nuotano più” e “L’era del cinghiale rosso”: nel primo la Nuvoletti tratteggia la vita estiva della “società bene” e dei suoi scandali al sole, raccolta intorno alla Capannina di Franceschi a Forte dei Marmi, nel dipanarsi degli anni dal 1929 al 2007. E lì la protagonista ancora ragazzina che si affaccia alla vita del jet set e la sua corteggiatissima madre sono protagoniste di quell’illusorio vivere sopra le righe.
Il secondo è il racconto di una sconosciuta, rupantissima Capalbio dove le case in affitto costavano una patata e un barattolo, dapprima scoperta e nidificata dal gruppo di intellettuali e non, tutti in bolletta ma tutti intelligenti e liberi di spirito, tra cui Libera, quella Capalbio poi infamata da sempre più radical chic e nel tempo ricconi similschic.
La lettura di questi due romanzi e la scoperta di un suo terzo ebook intitolato “Piccolo Manuale di Misoginia” ha completato l’opera. Ero pronta per chiederle un’intervista sulla Eccellenza del Femminile perché avevo capito che in lei di eccellenza ne avrei di certo trovata. Un’eccellenza di testa e di cuore, la prima alimentata dalla sua evidente intelligenza, da quell’ironia sagace, dalla sintesi essenziale e corposa, dalla capacità di uscire dagli schemi e di vedere lontano. E Giovanna Libera Nuvoletti questa eccellenza di testa non la nasconde, anzi ne va fiera perché consapevole della sua eccezionalità.
La seconda, l’eccellenza del cuore, nascosta forse ai suoi stessi occhi: il suo desiderio di amore da una madre distante, la bellissima e irraggiungibile Adriana Pellegrini, le ha insegnato fin da bimba a distillarlo nell’atanor del suo cuore e a centellinarlo senza troppe smancerie, fino ad apparire ruvida ai molti distratti.
Bisogno di amore e incapacità di amare come lei stessa vorrebbe essere amata entrano a picco nel cuore di chi legge i suoi versi intitolati “Vorrei essere amata” :“Vorrei qualcuno che mi amasse/ma non come amo io,/pressappoco e solo fino a un certo punto,/vorrei mi si amasse precisamente dove ho bisogno/– dovunque –/come due mani che da sotto/mi sorreggessero i piedi nel cammino” .
Lo shock potente del suicidio della madre avvenuto sotto ai suoi stessi occhi, anni dopo l’abbandono da parte del marito, il famoso ma non vero conte Giovanni Nuvoletti, la ha accompagnata, fino a oggi, a 75 anni, a guardare lontano, sempre più lontano e sempre più in profondità, in questo eterno cercarsi e ritrovarsi, senza fine, come nei versi di Emily Dickinson che Giovanna ha così musicalmente tradotto, “Eternità” :“come se il mare s’aprisse/altro mare scoprendo/e ancora, e un altro, e che i tre/fossero solo gli annunci/di ere di mari/di rive intoccate/confini di mari futuri/e questa, è eternità”
E questo suo vedere là dove non tutti colgono l’essenziale le ha insegnato a cercare di donare quello che lei stessa non ha ricevuto. Notevole e molto apprezzato per la sua musicalità il lavoro immane di traduzione delle liriche della Dickinson condotto da lei con grande sensibilità
Le qualità energetiche del Femminile che vedo in lei sono la creatività, un certo sincretismo esistenziale e intellettuale, l’emozionalità spesso celata ma profondamente vissuta e la capacità di rinascere in ogni istante. E tanto amore nascosto non troppo bene.
E il web che ci aveva fatto conoscere l’una all’altra ci ha accolte entrambe per questo nostro comune dialogo che condividiamo ora qui.
*Ti vedo molto attiva su Facebook , su Twitter..
Il web è quasi tutta la mia vita attuale. Venti anni fa ho avuto un infarto cocleare. Mal curato. Sono sorda da un orecchio – poco male. Ho un continuo acufene nella testa – dopo un po’ ci abitua. Soffro di iperacusia catastrofica, ovvero la maggior parte dei suoni per me si trasformano in rumori atroci. Incurabile. Per uscire di casa devo mettermi tappi di silicone in ambedue le orecchie… non posso parlare al telefono, partecipare a una conversazione, entrare in locali con musica diffusa. Posso avere crisi di panico – vabbé, passano. Ma ho avuto diverse amnesie, molto seccanti.
*Quindi il web è un’ottima soluzione per superare la solitudine?
Alla solitudine sono fisicamente obbligata. Non è così male.
E comunque appena uscita dall’ospedale ho cominciato a studiare internet. Giovani amici affettuosi mi hanno spinta a iscrivermi a Facebook. Nel silenzio del web ho amici, lavoro, creo. Vivo.
* E sul web hai dato vita alla Rivista Intelligente. Da dove ti è arrivato il titolo?
La Rivista Intelligente, il nome è ironico, ovvio. Come la canzone di Cochi e Renato. Il nome serve a tener lontani i cretini che non ne intendono l’ironia. Decisi di fondarla dopo aver pubblicato due romanzi con la casa editrice Fazi. Pensavo che il cartaceo stesse in crisi. Avevo ragione, ora gli editori rifuggono da opere con significato e ben scritte. Ho pensato di creare una iniziativa nel silenzio, per dare al web un linguaggio adatto, non superficiale ma senza pomposità. Volevo cercare talenti col dono della sintesi, e orecchio alla scrittura, che volessero uno spazio. Li ho trovati. Mancano solo gli sponsor intelligenti per farci spiccare il volo.
*Come si equilibrano in te forma e sostanza?
Forma e sostanza per me coincidono. La bellezza è l’anima del mondo. Bisogna scrivere in modo che chi legge provi piacere. Chi scrive non deve “sfogarsi”, ma usare carne, sangue, dolore per dare ricchezza a chi legge
*La Nuvoletti fotografa, Nuvola scrittrice, Libera e Giovanna: cosa lega l’una all’altra?
A Milano si dice “La pitura, la canta, la sòna, casciabàl de la madona.” Ho tante vocazioni, che lascio e riprendo a turno. Sono spinta a creare. La cosa che faccio meglio è la poesia- Vai a leggermi in LRI . Sono anche una buona cuoca. Ero bravissima all’uncinetto ma gli occhi mi stanno mollando. Ho 75 anni, in fondo
*Il tuo nome, Giovanna Libera. Perché Libera?
Libera perché sono nata nel 1942, sotto il fascismo. E’ il mio nome di elezione.
*Hai chiamato Libera la protagonista de “L’era del cinghiale rosso. Un tuo alter ego?”
La Libera del mio Cinghiale ha lati del carattere vicini a me. Ma la sua vita è infinitamente più normale e felice. L’ho inventata per consolarmi del mio dolore
*I tuoi romanzi ruotano intorno a Cortina, a La Capannina di Forte dei Marmi e a Capalbio che non sono semplici sfondi. Sono forse parti di te?
Cortina e Forte dei Marmi sono luoghi della vita. La vita vera, finita per sempre quando mia madre si tolse la vita il 30 gennaio 1966. Luoghi del privilegio che sembrò eterno, e finì ben presto. E mi piace ritrarre la storditezza di coloro che credono di poter vivere in una Estate Senza Fine – titolo originale di Dove i Gamberi d’Acqua Dolce non Nuotano più, titolo imposto dall’editore. Capalbio, vissuta nella semplicità è un luogo di vita, è la vera vita di quando non ero più ricca, poi sporcato dalla bolla mediatica che ha dipinto un villaggetto in collina come la Portofino o la Porto Cervo dei “radical chic”.
*Quando nei tuoi libri parli del mondo che hai frequentato, lo descrivi come un’osservatrice esterna. Dove sta il tuo punto di vista nelle storie che racconti?
Il mio punto di vista è spesso ironico. Descrivo un mondo di cui non faccio parte. Che non odio, ma osservo con precisione. A volte con una piccola pietà.
*Ironica e sempre molto sincera…
Sono nata così. Non ho meriti, ma nessuno mi ha insegnato niente. Sono figlia di me stessa, non ho nessuno da ringraziare, tranne il mio coraggio.
*Un mondo che osservi con giudizio?
Io ho l’Asperger, ovvero una forma lieve di autismo. Ho sentimenti ma non li esprimo. So amare, i miei tre figli e i miei nove nipoti. So voler bene, alle amiche e agli amici. Ma sono un po’ chiusa alla socialità convenzionale
*Che ruolo ha giocato e gioca l’Asperger nella tua vita?
L’Asperger sono io. Non lo sapevo, per molti anni manco si sapeva esistesse, solo dai primi anni 80 si è cominciato a parlarne – e si diceva toccasse solo i maschi. Asperger non è una malattia, ma una diversità neurologica. La prima volta che ne ho letto mi sono subito riconosciuta. Ero io con difficoltà e pregi e fortune che mi appartengono. Mi sono sempre chiesta perché io capivo senza fatica cose che gli altri non capivano, e non capivo cose che per gli altri erano scontate. Ora lo so.
*Cosa pensi di te?
Sono molto buona e molto intelligente. Coraggiosa. Ingenua, rigida, facilmente sgradevole, stante la impossibilità a mentire. Per molti anni ho pensato di essere la figlia nevrotica della suicida – di essere diversa dagli altri, inferiore. Invece sono goffa e ridicola ma forte e equilibrata. Le psicoterapeute che ho incontrato dal suicidio di mia madre, e dopo la catastrofe all’orecchio destro, mi hanno fatto vedere come sono. Forte. Anticonformista non per scelta, ma per neurologia. Ho cercato fra i 30 e i 38 anni di diventare come gli altri, un disastro.
*Perché?
Perché per me, ad esempio, scegliere e prendere decisioni è difficile. Seguo spesso impulsi sbagliati. Ho certezze solo sul piano cognitivo. Su quello relazionale io vengo da un’altra galassia. Credo che il mio mondo affettivo interno sia abbastanza normale. Ho messo molti decenni a perdonare mia madre – e per quel che riguarda mio padre sono solo a metà del guado.
*Tua madre, grande amore, grande dolore. Cosa rappresenta per te e quali aspetti di te hai sepolto insieme a lei?
Mia madre è la bellezza, la verità, la vita. Anzi la morte. Questa è lei per me, io per lei. Su LRI ha avuto più di 18.000 letture. Ognuno l’ha capita a modo suo: “Madre mia ferita”: madre di niente,/madre crudele bella/indifferente,/madre mia morta/che non sei nei cieli/madre mia le cui colpe/le sconto tutte io nella mia vita/madre, mia ferita,/apri la mano,/rendimi la vita –/e certe volte/nella luce incerta/la tua/per quanto instabile/presenza/di cui son quasi certa”
Perché “di niente”?
“Di niente” perché che madre è una che ti si ammazza davanti? E poi perché non era brava a fare la madre. Era solo un essere meraviglioso
* Cosa le rimproveri?”
Non le rimprovero nulla – era malata. Non era colpa sua. Era Asperger, e qui era il suo fascino infinito. Ma per colpa di mio padre e di un altro uomo – e di una società ipocrita che non aveva il divorzio – crollò nella depressione. Una malattia che anche adesso non perdona quasi mai
*Il tuo amore per lei così evidente trasuda forse perdono?”
Certo che l’ho perdonata. Con rabbia e lacrime mille mille volte
*E tu che tipo di madre sei?
Madre leale, sincera, pratica, protettiva. Capace di sacrifici, priva di retorica. Affidabile. Non mi intrometto nelle loro vite. Con i nipoti, sono un poco più giocosa, ma sempre timida.
*Cosa vuole dire essere una madre priva di retorica?
Non so dirlo, certo non ero come le altre madri, anche se ai miei figli ho dato tutto, mi sono superata, ho volato oltre il suicidio di Adriana, sono stata madre a me stessa per essere loro madre. E loro sono venuti su bene.
* E che tipo di amica sei?
Come amica sono molto brava, ma piaccio a poche persone E mi dispiace non piacere a tutti. Ma si sa che gli Asperger sono ruvidi e poco popolari. La sincerità mia spunta spesso anche a sproposito. Dico apertamente ciò che penso – e impulsivamente.
* Hai una Bambina Interiore sempre viva dentro di te?
Io ho 13 anni, da sempre. E’ l’asperger
*E di tuo padre che dici?
Di mio padre non so che dire, era molto intelligente anche lui, mi spiace che non abbia fatto l’attore, la sua vera vocazione
*Se tu potessi ricominciare da capo la tua vita cosa cambieresti?
Cambierei parecchio. Dopo il liceo mi iscriverei a fisica, che era la mia vocazione, ma “non era per donne”, e non mi lasciarono farlo. Non cercherei mai più di diventare “normale, come le persone non Asperger”, per farlo, anni fa, mi sono ridotta come la sirenetta di Andersen, mille spilli e corpi nel corpo per non fare più le mie “stranezze”. Potendo, farei quattro figli e non tre. Magari anche cinque.
Fisica non era per donne. Qual è stata la tua attenzione al mondo femminile e cosa vuoi dire oggi alle altre donne?
Sono decisamente femminista. Conosco il femminismo classico, ma non ne faccio del tutto parte. Mi dichiaro femminista nuvolista, liberale ma precisa.
L’unica cosa che distingue davvero le donne dagli uomini è la persecuzione millenaria, la misoginia che è tuttora la base di quasi tutte le culture del mondo. Essere madre è fantastico, ho adorato esserlo, ma anche la mia gatta è madre. Su questo ho scritto un bel pezzo su LRI. Il “femminile”, o in bello o in brutto, è sempre una descrizione maschile.
*In che senso?
(qui sarò ironica) viviamo ancora nella grande rivoluzione patriarcale, cui principale strumento culturale fu la misoginia. Ovvero una serie di affermazioni sugli uomini e le donne, e loro differenze ipostatizzate. Ogni descrizione del “femminile” è contro libertà e dignità femminili. Parlo in senso antropologico, generale. Gli individui e le individue possono avere la forza di liberarsi di questi umilianti stereotipi. Per RCS ho anche scritto un ebook credo divertente, che ha avuto un certo successo, intitolato: Piccolo manuale di misoginia. Lo trovi su Google. Comunque io adoro essere una donna.
*E come siamo noi donne?
Non siamo obbligate a rispecchiare nessuna particolarità. Certo io che sono donna non sono violenta, ho partorito e allattato con gioia. Sono molto sintetica, in genere. Sono multitasking, il che pare sia femminile. Ma quello che sono davvero è un animale capace di osservarsi pensare, di concepire infiniti, di immaginarsi morire migliaia di volte. Anche gli uomini possono. Smettessero di odiarci, temerci, disprezzarci, e sopravvalutarsi vivrebbero meglio anche loro.
*Qual è il tuo motto?
Quello che non mi è stato insegnato lo insegnerò. Quello che non mi è stato dato lo darò
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