Oltre la metà dei pazienti malati di Hiv, nel mondo, sono donne. Ogni quattro minuti ci sono tre giovani donne che si infettano con il virus dell’HIV.
Aumenta l’età media al momento della diagnosi, passando da 26 anni per i maschi e 24 anni per le femmine nel 1985. Il risultato è che il 66,2 per cento del totale dei casi, si concentra nella fascia d’età 30-49 anni. In particolare, è aumentata la quota di casi nella fascia d’età 40-49 anni. Non solo, cambiano anche le categorie di trasmissione: diminuiscono i tossicodipendenti (dal 74,6 per cento nel 1985 al 5,4 per cento nel 2009) e crescono i casi attribuibili a trasmissione sessuale (omosessuale ed eterosessuale) passati dal 7,8 per cento nel 1985 al 79 per cento nel 2009.
Nel 2009, ancora, quasi una persona su tre, fra gli HIV positivi, è risultata di nazionalità straniera. Nel caso della popolazione immigrata la percentuale delle donne è del 61%, contro quella maschile del 28%. Sono stati 120.000 i minori sotto i 14 anni morti nel 2016 per cause legate all’Aids. Ogni ora 18 bambini vengono colpiti da Hiv: se la tendenza dovesse persistere, nel 2030 sarebbero 3,5 milioni i casi di adolescenti affetti dal virus. La diffusione dell’Aids non è affatto finita e continua a essere una minaccia per i giovani.
Se ne parla ancora 25 anni dopo la scoperta del virus, come un tema fondamentale per la salute della donna e dei bambini.
L’anno di introduzione della terapia retrovirale-ART- è il 1996; da allora in poi c’è stata una riduzione della mortalità, anche se si è ancora lontani dagli obiettivi dell’OMS. Le infezioni sono in calo in tutto il mondo in maniera disomogenea: nell’Est europeo e in Asia c’è un aumento delle infezioni, dovuto ad un ritardo delle politiche di prevenzione. L’ART interrompe la trasmissione materno-fetale, riduce il numero dei neonati infetti e riduce la trasmissione sessuale. L’aspettativa di vita, oggi, per le pazienti sottoposte a terapia, è secondaria alla risposta del sistema immunitario ( il numero dei CD4 indica la risposta dei linfociti alla terapia e il ripristino del sistema che controbilanci il virus bloccandolo). La sopravvivenza è sovrapponibile a quella della popolazione generale, nelle persone in cui c’è un buon compenso immunitario. Tutto questo è stato possibile a seguito di una diagnosi precoce. Le conseguenze della restituzio ad integrum porta alla presenza di numerose donne in età menopausale che, dovranno affrontare nuovi aspetti della malattia. Un altro dato secondario alla sopravvivenza al virus è legato alla fertilità in donne siero-discordanti con il partner. Con la soppressione virale si evita la trasmissione, pertanto è possibile con le dovute tecniche prevedere una maternità.
UNDETECTABLE=UNTRASMITTABLE
Con “90-90-90” l’OMS ha fissato gli obiettivi percentuali nel 2020: il 90% dei casi dovrà essere diagnosticato, il 90% delle diagnosi sarà trattato, il 90% dei sottoposti a terapia sarà esente da carica virale. In Italia le percentuali sono del 82%, di cui il 50% è a carico del sesso femminile. Come abbiamo succitato la maggior parte dei nuovi infettati è a carico degli omosessuali, nelle coppie etero il rischio è moderato, nella fascia dei 25 anni di età c’è un aumento della percentuale dei nuovi casi.
L’acquisizione dell’infezione nei rapporti eterosessuali è prevalente nelle coppie stabili, piuttosto che nei rapporti occasionali, come nel passato. Il dato è eloquente per parlare di infedeltà coniugale nel mondo degli ammalati da partner fisso.
Ci sono delle peculiarità da indagare oltre quella del genere: di ordine psicosociale ( violenza, stigma sessuale, discriminazione), di natura biologica ( suscettibilità immunitari, gravidanza, etc..).
Si parla di medicina di genere: la donna HIV positiva ha bisogno di un accurato counselling preconcezionale per essere informata dell’eventuale maternità e dei rischi legati al virus. Tuttavia i trans gender hanno una larga percentuale di rischio e necessitano di un adeguato sistema di informazioni , ove non è molto diffuso avere uno spazio di cura per la difficoltà legata all’accesso alle cure di questa categoria. Posto il criterio che la terapia deve essere iniziata il più presto possibile, ritroviamo molte donne che assumono farmaci e la categoria di ginecologi deve essere informata degli effetti dell’interazione farmacologica. Ad esempio,nella contraccezione, è consigliabile l’utilizzo dell’anello vaginale o dello IUD per evitare l’interferenza dei farmaci con gli ormoni. Anche nella menopausa, che arriva più precocemente nelle donne HIV positive, c’è una differente risposta alla terapia sostitutiva.
La donna in menopausa in generale ha sintomi vasomotori, genitourinari, psichici, cardiologici e osteoarticolari; in particolare, la donna HIV positiva che assume terapia antivirale accentua la sintomatologia della menopausa sul fronte dei disturbi vasomotori ( vampate tre volte più frequenti ), cardiovascolari ( dislipidemie e l’equilibrio vascolare danneggiato) e osteoarticolare ( effetti tossici su osteoblasti della terapia antivirale determina un aumento dell’osteoporosi per un elevato rimaneggiamento osseo).
In definitiva, la popolazione femminile, se pur più esposta all’infezione, oggi, ha migliorato il proprio stato di salute e ha la possibilità di affrontare la maternità e l’invecchiamento.