Il gusto dolce è molto amato da tutti e c’è chi ne abusa, alimentandosi con dolci o con quantitativi importanti di farinacei. Ma il dolce è presente in tantissimi alimenti, anche quelli più impensati e persino in quelli salati come ad esempio le salse confezionate industrialmente.
Se poi vogliamo approfondire la nostra conoscenza su quella sostanza che mettiamo nel nostro caffè, allora dobbiamo innanzitutto parlare dello zucchero.
Parliamo delle varietà zucchero bianco e zucchero grezzo, infine di zucchero di canna.
Sia quello bianco che integrale contengono saccarosio, con la differenza che quello integrale contiene qualche residuo di melassa che gli conferisce un aroma diverso. Altra differenza è il contenuto di minerali e vitamine nei due tipi di zuccheri: quello integrale è ricco in calcio, fosforo, potassio, magnesio: in 100 grammi ci sono circa 3000 mg di minerali. Lo zucchero bianco nel processo di raffinazione perde questo patrimonio e il valore scende a 30 mg per 100 g di sostanza.
Da dove proviene lo zucchero? La spremitura della canna da zucchero genera un succo, un’altra via di estrazione deriva anche dalla barbabietola da zucchero.
Questo succo subisce un primo processo depurativo con la calce, che fa perdere alcuni minerali e vitamine. Il processo continua con altri passaggi come la solfitazione e la carbonazione che fa concentrare e cristallizzare lo zucchero.
Se ci si ferma a questo livello abbiamo lo zucchero grezzo, procedendo con la colorazione e cristallizzazione arriviamo allo zucchero bianco.
Lo zucchero da canna deriva dalla canna da zucchero, viene sottoposto al passaggio con la calce e filtrato. Dopo centrifugazione si separa la parte solida da quella liquida densa, la melassa. Rispetto allo zucchero tradizionale, quello di canna contiene una percentuale inferiore di saccarosio e qualche caloria in meno (100 g= 350 kcal circa contro 390 dello zucchero bianco).
Come lo si distingue da quello grezzo?
Non per il colore, che è bruno-marroncino, ma per le caratteristiche dei grani, che se uniformi e regolari, appartengono allo zucchero grezzo, se invece ci sono dei cristalli a grandezza variabile con sfumature scure diverse, allora ci troviamo di fronte allo zucchero integrale.
Molti ricorrono ai dolcificanti che, come dice la parola, sono usati per addolcire gli alimenti. Possono essere naturali oppure artificiali. Vediamo prima gli artificiali. I più comuni , saccarina, aspartame, acesulfame e i ciclamati.
La loro origine era stata studiata per i diabetici grazie al potere calorico basso, in piccole dosi hanno la capacità di dolcificare in modo elevato e quindi possono rendere molto dolce ogni alimento o bevanda. Sono sintetizzati in laboratorio e sono ad esempio l’aspartame, 200 volte più dolce dello zucchero, cioè del saccarosio, , la saccarina è dolce due volte l’aspartame.
Ma sono dannosi?
Da tempo si studia su animali da laboratorio un possibile legame tra certi tipi di tumore come quelli del sangue (linfomi, leucemie) , della vescica o anche cerebrali e il loro consumo. La saccarina già più di 30 anni fa è stata correlata all’insorgenza di tumori vescicali. Andando vedere gli effetti sul metabolismo, forti quantità di dolcificanti sintetici (ad esempio nel consumo di bevande dolci di uso comune) determina una alterata risposta degli zuccheri e un aumento del peso corporeo, si è anche supposto che abbiano una azione stimolante sull’appetito, ma ancora è da dimostrare. Usare alimenti dolcificati è pericoloso perché è una “scusa” per mangiare di più e liberamente, quindi aumentano le quantità ingerite.
Se si usa l’aspartame, mai farlo nei cibi cotti, fritti o sterilizzati, no in gravidanza o in allattamento e nella prima infanzia, consumare al massimo 30mg/kg, ricordando che una compressa ne contiene 18 mg, è anche controindicato in una malattia metabolica, la fenilchetonuria.
Il ciclamato, la saccarina e l’acesulfame non sono da usare in gravidanza o allattamento.
Le dosi di saccarina giornaliere mai oltre i 2.5 mg/kg, mai più di 5 cpr al giorno.
I dolcificanti naturali sono quelli che, come il fruttosio o il miele, si trovano come tali in natura. Hanno indice glicemico più basso dello zucchero.
Cosa è l’indice glicemico?
E’ la velocità con cui aumenta la glicemia dopo l’assunzione di quel particolare alimento, più alto è, più è pericoloso perché l’impennata della glicemia è più violenta e impegna l’organismo a produrre insulina per abbassare i valori, ma dopo una “ubriacatura”dolce si ha una riduzione dei valori glicemici per effetto della insulina e questo genera un circolo vizioso che porta l’organismo a richiedere altri zuccheri, che chiederanno altra insulina, il pericolo sta nel progressivo deterioramento di questo processo fino al suo esaurimento.
Il fruttosio ha indice glicemico di 20, il miele di 90. Mantenere un indice glicemico senza picchi è quindi una norma buona e corretta.
Altri dolcificanti naturali sono la melassa che deriva dallo canna da zucchero, ricca in vitamina del gruppo B e minerali; il succo di acero e il sorbitolo che derivano dalle bacche e dalla prugna sorbo, quest’ultima è poco cariogena e viene utilizzata per dolcificare alcuni tipi di caramelle e le gomme da masticare.
Lo sciroppo d’agave ha il potere dolcificante pari a una volta e mezzo quello del saccarosio, deriva dalla agave blu che ha origine nel Messico, e ha un contenuto di fruttosio pari al 70-90 %, con un conseguente indice glicemico più basso se paragonato al comune zucchero. I livelli elevati di fruttosio lo rendono potenzialmente, se il consumo è elevato, pericoloso per il fegato, in quanto alla lunga può favorire la steatosi, cioè l’accumulo del grassi a livello epatico, inoltre alti livelli di fruttosio inibiscono la leptina che è l’ormone della sazietà e può aumentare il livello dei trigliceridi nel sangue. Infine i metodi di estrazione e produzione dello sciroppo di agave possono comprendere agenti chimici e chiarificanti che lo allontanano dalla “naturalità” .
Lo sciroppo di acero viene prodotto a partire dalla linfa di alcune specie di acero. Viene fatta bollire che così si elimina la parte acquosa e rimane quella più concentrata. Viene commercializzato differenziando il coloro da chiaro a più ambrato. Questo sciroppo è ricco in vitamine B, colina e betaina e oligoelementi, il suo indice glucidico attorno a 50 lo colloca in una posizione privilegiata vs il saccarosio, lo sciroppo di agave, il miele o la melassa. E’ comunque uno zucchero liquido, quindi attenzione a bilanciare la sua assunzione in modo da non assumere troppi carboidrati di facile utilizzazione in eccesso.
Un discorso a parte merita la Stevia, molto pubblicizzata anche se sull’uso di questo dolcificante si allungano ombre non proprio rassicuranti, infatti si è parlato di un sospetto di cancerogenicità, non peraltro confermato da dati clinici certi. Il potere dolcificante deriva dalle foglie di questa pianta perenne originaria del Brasile e Paraguay. La polvere che si forma dalla fine triturazione delle foglie ha un potere dolcificante di 300 volte più alto dello zucchero, ma ha un retrogusto particolare che la rende non idonea ad essere usata nel caffè ma solo nella preparazione di dolci. La si può trovare anche in forma liquida o in compresse dolcificanti, in queste ultime a volte è miscelata con altre sostanze dolcificanti. Secondo il prof. Berrino dell’Istituto Tumori di Milano la stevia è da proscrivere in quanto essendo così dolce, fa aumentare a livello delle cellule intestinali l’assorbimento di glucosio, quindi un pasto con la stevia farebbe aumentare la glicemia molto di più che con un pasto a base di zucchero semplice, con conseguenze a medio-lungo termine pericolose per la salute.