“L’altra Mozart? Un genio… peccato che sia donna”.Nannerl Mozart e la discriminazione di genere nell’Europa del Settecento.
Sono stupefatto! Non sapevo fossi in grado di comporre in modo così grazioso.
W. A. Mozart
Maria Anna, dal vezzoso nomignolo Nannerl, ha tutte le carte in regola per lasciare un segno in questo mondo. Nata nel 1751, quarta e unica figlia sopravvissuta a una manciata di fratellini scomparsi prematuramente alla nascita o a pochi mesi di vita, come accade ancora in Europa nella metà del Settecento, è l’orgoglio del padre Leopold, didatta violinista e compositore salisburghese; sguardo accigliato, ambizione irrefrenabile, egli s’intenerisce in uno sguardo di compiaciuto orgoglio se rivolto verso la sua bambina.
Graziosa e ubbidiente, timida al punto giusto, Nannerl rivela un sorprendente e precoce talento musicale: muove con naturalezza e incredibile agilità le sue piccole dita alla tastiera del clavicembalo, canta e compone dolci canzoni, sa scrivere di getto la partitura di una melodia udita poco prima.
Cosa desiderare di più? Quale migliore risorsa familiare di cui disporre, per raggiungere notorietà e gloria, grazie all’esistenza di un vero e proprio enfant prodige d’invenzione domestica, tipologia che tanto piace ancor oggi e che solletica il gusto delle corti e delle famiglie patrizie di mezza Europa? Semplice. La nascita, dopo due successive paternità dolorosamente segnate da precoci lutti, di un nuovo fratellino, nato il 27 Gennaio 1756 alle ore otto di sera. Sono numeri straordinariamente vincenti e che forse, data la luminosità del futuro astro nascente, si sarebbero potuti anche giocare. Perché Wolfang, vero puledro di razza, già a sei anni si muove in lungo e in largo in frenetiche tournèe con il padre e la premurosa sorellina, di poco maggiore di quattro anni d’età. A partire dal primo viaggio a Monaco su invito del principe elettore, negli anni successivi scarrozzando verso Linz, Schönbrunn, fino a metter piede persino alla corte imperiale di Vienna, i Mozart sono acclamati ovunque ed estendono il loro raggio d’azione, accolti trionfalmente in Germania, in Francia, a Parigi e persino a Londra. Nannerl accudisce teneramente il fratellino e condivide con lui il gusto e il divertimento puro per la musica, tanto che i due bambini spesso canticchiano sciocchi motivetti di loro invenzione e dialogano scherzosamente in italiano, la “lingua della musica”.
A quella data – in epoca che precede la teorizzazione di Rousseau e la sua celeberrima opera pedagogica Émile ou De l’éducation, pubblicata nel 1760 e destinata di fatto a capovolgere l’attenzione per l’infanzia e l’educazione dei figli – la condizione infantile non ha alcun valore in sé. Il bene sussiste grazie all’intrinseca produttività della risorsa. L’essere o il possedere un enfant prodige in casa può fruttare molto, in termini economici, salvaguardando l’equilibrio finanziario e le aspettative verso un agognato upgrade, tanto economico quanto sociale, estendibile a tutta la famiglia. Insomma, notorietà uguale a soldo.
Nonostante le vessazioni di Leopold, che spreme ogni loro momento in funzione dell’apprendimento e dell’esibizione musicale, il piccolo Wolfang Mozart si dimostra fin dai suoi primi anni esuberante e scanzonato, interessato al gusto del bello e del pienamente godibile, in musica e nella vita. Appare ancor più piccolo della sua età – altra caratura vincente per emergere nello star system – e mostra in pubblico un talento straordinario, per virtuosismo tecnico e personalità musicale. Di lui, colpiscono la naturalezza e la facilità creativa oltre che esecutiva. “Sembrava che l’organo suonasse da solo, poi i presenti si accorsero che il bambinetto, con le sue piccole mani, mentre i piedi non riuscivano a raggiungere i pedali, stava traendo suoni divini: si guardavano tra loro increduli, chiedendosi come tutto questo fosse possibile”.
Non c’è alcuno che non rimanga stupefatto dalle esibizioni prodigiose dei wunderkinder, in duo cameristico al clavicembalo, oppure mentre Nannerl alla tastiera accompagna Wolfi al violino, un piccolo strumento dal suono così dolce tanto da essere definito “il mio violino di burro”. Quel violinetto, proibito a Nannerl, è ancora lì, racchiuso in una teca di vetro entro le mura domestiche di una piccola dimora nel centro di Salisburgo, al terzo piano in Getreidegasse 9, ora visibile nella visitatissima casa-museo di uno dei più grandi compositori mai vissuti.
La giovinetta cresce radiosa tanto che nel 1763 il padre di lei scrive: “ a soli dodici anni la mia piccola ragazza è tra i migliori pianisti d’Europa”. Questi pellegrinaggi artistici dinnanzi a re, nobili e ricchi borghesi, in condizioni il più delle volte proibitivi a causa dei lunghi e disagevoli viaggi intrapresi con ogni mezzo di trasporto possibile, causano notevoli sacrifici e immani sforzi, specie se rapportati alla tenerà età dei due giovani Mozart e alle pessime condizioni igienico-sanitarie dell’epoca. Unitamente ai malanni fisici, l’esordio di gravi malattie infettive – polmonite, vaiolo, tifo – mettono svariate volte in severo pericolo la vita dei piccoli musicisti. E’ solo grazie all’interessamento della Principessa di Nassau-Wilburg, sorella di Guglielmo V di Orange, che Nannerl, dopo aver ricevuto l’estrema unzione quale ultimo e disperato rituale sacro dinnanzi a una morte ritenuta ormai certa, può godere dell’intervento risolutivo e salvifico del medico di corte dell’Aia. E’ un fatto che attesta la fama già goduta in quegli anni dalla famiglia Mozart; Leopold si prodiga subito per far officiare sei messe di ringraziamento per la miracolosa e ormai insperabile guarigione. Da lì a poco, per il piccolo Wolfi, le messe di ringraziamento per un successivo e scampato pericolo, sarebbero state nove.
Le prime avvisaglie che le pieghe del destino riserveranno direzioni opposte per i due fratelli altrettanto talentuosi, si presentano con l’improvvisa decisione di Leopold di intraprendere un viaggio in Italia accompagnato dal solo Wolfi che, a quell’epoca, è appena quattordicenne. In partenza per un celebre soggiorno che li vedrà ospiti, nel freddissimo gennaio 1770, presso i frati Agostiniani nel complesso del convento di San Marco a Milano, i due non esitano a lasciare la ragazza a casa, impegnata nel garantire sostentamento economico grazie alle lezioni di clavicembalo che ella impartisce con estrema dedizione ai figli dei più ricchi cittadini salisburghesi. In Nannerl, che silenziosamente inizia a maturare sentimenti di consapevolezza e di profondo disagio affettivo per questa separazione forzata, è ormai sparito l’effetto visivo da enfant prodige che invece in Wolfang, fisicamente più minuto, perdurerà molto più a lungo. Il genitore ben conosce l’esistenza di un ruolo femminile prestabilito dai dettami e dai valori della buona borghesia e comprende quanto sia fortemente condizionata dalla differenza di genere una possibile e remunerata carriera musicale per la ragazza. Innanzitutto, e per consuetudine, se si è fenmmina non è affatto possibile offrire i propri servigi artistici previo adeguato pagamento in moneta, ma solo esibendosi per diletto degli ospiti e con gratuità. Il che, ai fini del progetto familiare dei Mozart, fuoriusciva dai loro intenti. Il talento di Wolfang ormai basta e avanza di gran lunga, senza più la necessità di condividere un ruolo da coprotagonista di fronte a un pubblico sempre più allertato sulle sue prodezze musicali. Inoltre, era assolutamente impensabile che una giovinetta di buona famiglia, per quanto talentuosa, rischiasse la propria reputazione e calcasse ancora la scena, ormai divenuta grandicella e in età da marito; il palcoscenico, sia di corte che di teatro, di prassi spettava solo ad attrici e cantanti di dubbia moralità e, per definizione, di scarsa levatura personale e sociale. Il talento, il gusto, la raffinatezza tecnica e interpretativa, fin ad allora così spasmodicamente ricercati nello studio senza sosta, potevano essere espressi, da una certa età in poi, ovvero quando all’aspetto fanciullesco subentravano le sembianze di giovane donna, solo all’interno di una dimensione chiusa, privata e familiare. In fondo, questa condizione femminile perdurerà fino a tutta la prima metà del Novecento: le signorine di buona famiglia dovevano, oltre al ricamo e al disegno, dilettarsi nello studio dell’arte, del canto e in particolare del pianoforte. E’ un’educazione musicale imprescindibile e che tuttavia prelude al semplice arricchimento interiore, interpretato come unico bene personale da portare in dote, unitamente a quella dote più auspicabilmente monetizzabile, fino alle soglie del matrimonio. Un’arte imparata e, come dice l’annoso proverbio, subito dopo messa da parte, poiché le le fanciulle iniziano, con la vita adulta, a farsi carico di nuove mansioni, legate alla sfera familiare e all’accudimento della prole.
Così, come da tradizione, anche per Nannerl inizia l’inevitabile discriminazione di genere in cui le sono tarpate le ali di una carriera che, genio a parte dell’indiscusso fratello, in tempi più maturi sarebbe stata altrettanto luminosa e fruttifera. Inevitabile quindi anche la “ricerca” successiva di un buon matrimonio che sollevasse le sorti sempre altalenanti della famiglia Mozart, in particolare dopo il trasferimento definitivo di Wolfang a Vienna nel 1781, ormai soffocato dall’ambivalente rapporto paterno e desideroso di vita propria. Nannerl rimane sola con Leopold e avvia la stesura di un diario che oggi ci lascia cogliere personalità e condizionamenti ambientali; la madre, figura gioiosa e dotata di spiccato e persino carnevalesco senso dell’umorismo, sicuramente più simile per indole al figlio maschio, era già scomparsa alcuni anni prima, durante una faticosa tournèe a Parigi nel 1778. I contatti tra i due fratelli prodigio si diradano, ancor più minati da divergenze successive all’eredità familiare, in seguito alla morte del padre, avvenuta nel 1787. Emerge nella corrispondenza epistolare il biasimo della donna per lo stile di vita e la relazione coniugale di Wolfang con Costanze Webern, ritenuta ben poco adatta a ricoprire il ruolo di moglie e compagna di un musicista di tale calibro, oltre che pessima madre. Costretta a contrarre matrimonio con il barone von Berchtold zu Sonnenburg, molto più anziano di lei e vedovo di due precedenti matrimoni, Nannerl si trasferisce a Sankt Gilgen, una località a sei ore di carrozza da Salisburgo, conducendo una vita esemplare di madre di famiglia ma in assoluto anonimato e senza lasciar traccia alcuna delle molte partiture da lei composte. Farà ritorno nella città natale solo dopo la morte del pur sempre amatissimo Wolfang, prodigandosi in tutti i modi per sostenere la memoria del fratello, drammaticamente defunto in disgrazia, e del nipote Franz Xaver. Ironia della sorte, Nannerl viene sepolta nell’abbazia di San Pietro a Salisburgo, a fianco di un musicista, Johann Michael Haydn, anch’egli messo in ombra da un fratello più talentuoso e divenuto illustre a suo discapito, il compositore Franz Joseph.
Tuttavia rimangono, nell’incredibilmente copiosa produzione mozartiana, il Concerto per due pianoforti e orchestra KV 365, composto espressamente per il duo con la sorella, e il celebre “Nannerl Septett. Divertimento per oboe, corni e archi R251” che prevede, nella compagine cameristica, l’amatissimo oboe, strumento così caro alla tradizione francese. La composizione, dedicata da Wolfang nel 1776 in occasione dell’onomastico della sorella, è un omaggio alla più volte espressa passione di Nannerl per le sonorità, il gusto, l’eleganza e i fasti della Francia delle corti. E’ tutto ciò che resta del sogno per sé di una vita brillante e di successo, il riflesso lucente di saloni e teatri negli occhi di una bambina prodigio e giramondo.