Ci sono dei libri che ti entrano nell’anima e vi piantano radici, modificando la tua sensibilità.: è il caso dell’ultimo libro di Celeste Ng, “Tanti piccoli fuochi”
Libri che sanno parlare dritti al cuore di chi legge e lasciano il segno nel sentire, nel capire, nel leggere la realtà.
Sono libri che aumentano il livello di umanità dei lettori, che abbracciano le persone nelle spire del racconto, dando un nuovo significato alle differenze, alle diversità, alle contraddizioni. Libri che andrebbero letti a tutti, sempre.
E’ il caso dell’ultimo libro di Celeste Ng, “Tanti piccoli fuochi” (che in Italia uscirà in aprile), che già aveva raggiunto vette indescrivibili con “Tutto quello che non ti ho mai detto”, ma che in questo romanzo entra definitivamente tra le mie autrici preferite.
Di cosa parla questo libro? Di maternità. Di madri, di figli. Di padri anche, ma soprattutto di maternità.
Perché noi ci possiamo raccontare quello che vogliamo, ma la maternità è l’esperienza più totalizzante nella vita di una donna. Coinvolge tutto il corpo, i sensi, il pensiero, l’anima.
Credo fermamente nel diritto all’autodeterminazione di tutte le persone, nel fatto che la maternità debba essere una scelta delle donne, non un destino ineluttabile, non un percorso prefissato, non un obbligo. Una scelta. Non credo che essere donna si risolva nell’essere madre, né credo che chi non lo è abbia qualcosa di meno di chi invece ha figli.
Però la maternità è senza dubbio l’esperienza che più di tutte cambia la vita, quella che sposta l’asse di ogni donna che la sperimenti, quella che mette alla prova le persone più di tutte le altre. Senza che questo tolga nulla a chi invece madre non vuole essere. Ma il fatto di essere capaci di dare la vita, con tutte le conseguenze che questo comporta, è una caratteristica che segna la vita di una donna, sia che si scelga di darla, questa vita, sia che si scelga di non darla. Di più: è quella che ci distingue dagli uomini. Anche se un uomo ha un figlio e una donna no. Io non credo a destini ineluttabili, alle differenze “neurologiche” tra maschi e femmine, che renderebbero le donne più inclini ai lavori di cura, in quanto portatrici di utero, e a tutte le altre baggianate che infarciscono il nostro quotidiano dalla notte dei tempi, però non si può dire che la maternità non sia speciale. Che sia una scelta come tutte le altre.
Non lo è.
Ma cosa vuol dire essere madre? Celeste Ng, nel suo libro, ci parla di questo. Parla di madri biologiche e di madri adottive. Parla di maternità surrogata, di maternità mancata, di maternità rifiutata, di maternità scelta, di maternità imposta e di maternità rinnegata.
Parla del legame tra tutte queste madri e i loro figli, parla degli interrogativi della società sulle madri, della difficoltà che essere madre comporta, di come cambia la vita dal momento in cui sai che dentro di te cresce una vita.
E ne parla senza giudizio, senza condanna, senza misticismo. Ci offre tantissimi punti di vista, tante interpretazioni, tantissimi conflitti. Ci spalanca finestre sui sentimenti di madri e figli e racconta la realtà attraverso tante vite. Proprio come dovrebbe essere, nella sfaccettata pluralità di esperienze: non si è madri in un unico modo. Si è madri nel modo in cui si è donne, si è persone.
Sono le donne i personaggi più sfaccettati, complessi e profondi di questo libro. Le figlie, le madri. Eternamente legate alla propria vita e alla vita di chi hanno generato, abituate a pensare doppio: per me, donna, per te, figlia.
Col suo sguardo poetico e senza pregiudizi, Celeste Ng ci svela il segreto della vita: “Qualunque cosa accada, tu sarai sempre la mamma di quella bambina”, anche se si accendono “tanti piccoli fuochi” per cancellare un errore del passato e permettere di ricominciare da zero, anche cercandosi una nuova famiglia.