La storia dell’interruzione volontaria di gravidanza in Polonia è lunga e complessa. Proposte di legge e modifiche si sono rincorse per anni, fino al 1993, quando una legge è stata finalmente approvata e si è rivelata – per lo meno sulla carta e nelle aspettative – in linea con la maggior parte delle legislazioni europee.
La normativa attualmente in vigore prevede infatti la possibilità di ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza in tre casi: malformazione del feto (per anomalie genetiche incompatibili con la sopravvivenza del concepito), quando la gravidanza è conseguenza di uno stupro, e infine se la vita della gestante è a rischio.
Ricordiamo bene le manifestazioni che hanno avuto luogo alla fine del 2016 per l’assurda proposta di modifica della legge polacca volta a rendere, di fatto, punibile l’aborto, sancendone il divieto in ogni caso. Il progetto di modifica era stato presentato dall’esponente di PiS, Giustizia e Libertà, partito ultraconservatore di destra, Witold Czarnecki (con un forte contributo della Conferenza Episcolale polacca, attore sempre più politico che religioso) e aveva portato moltissime donne vestite simbolicamente di nero tra le strade e nelle piazze. Grazie all’attivismo femminile e allo sdegno di quella parte della classe politica dotata ancora di buon senso, si era riusciti, momentaneamente, ad evitare la tragedia. Tragedia che oggi tende a ripresentarsi, a causa di una nuova proposta di modifica che punta ad eliminare uno dei tre casi di previsione dell’interruzione volontaria di gravidanza: la malformazione del feto.
Il motto delle nuove proteste è: “oltre all’utero abbiamo anche un cervello”.
Ma soprattutto, anche se ad alcuni non piace ammetterlo, accedere alla procedura di aborto è un diritto.
Impedirne l’esercizio vuol dire sostanzialmente compromettere la salvaguardia della salute riproduttiva (fisica e psicologica) di una donna, costringendola a stress e a traumi che si sommano alla già difficile scelta di non portare avanti una gravidanza (dato che, per esser chiari, nessuna donna si diverte ad abortire): si pensi, ad esempio, al timore di doversi sottoporre ad una pratica non a norma di legge e/o in scarse condizioni igieniche. Il rischio di morire o di soffrire conseguenze fisiche per un aborto non correttamente praticato ed eseguito clandestinamente, non si può ignorare.
Su un articolo de Il Post, si legge una dichiarazione di Krystyna Kacpura, presidente della Federazione per le Donne, molto chiara: “se il disegno di legge sarà approvato definitivamente, le donne polacche moriranno. Siamo trattate come esseri non necessari: siamo lì solo per partorire e se partoriamo un bambino molto malato, siamo comunque lasciate da sole e senza alcun aiuto”.
Il governo polacco sembra intenzionato a garantire al concepito il diritto di venire al mondo senza alcuna eccezione ponendo come prioritari i suoi diritti e non prevedendo alcuna tutela per le donne, portatrici di diritti in prima istanza, e il tutto non facendo neanche valutazioni sui costi economici e sociali di tali scelte.