Siviglia, come molte altre città, celebra nelle sue intitolazioni stradali lo stretto legame con la religione cristiana: nomi di sante e di santi, di martiri, di religiose/i, epiteti mariani ricorrono spesso e ricordano le radici profonde del culto e della devozione popolare.
Calle Consuelo, nel quartiere Santa Cruz, rappresenta l’equivalente delle nostre vie o piazze della Consolazione, denominazione mariana piuttosto frequente anche in Italia.
Anche la Divina Pastora rimanda alla Madonna e l’immagine che sovrasta il nome della via riprende l’iconografia tradizionale che ha avuto origine proprio in questa città per opera di Padre Isidoro di Siviglia dell’ordine dei Cappuccini; il religioso fece realizzare a Miguel Alonso de Tovar, discepolo di Murillo, un’opera pittorica in cui furono fissati i tratti iconografici di Maria nelle vesti di una pastorella circondata da pecore. Il quadro venne mostrato alla comunità di fedeli nel settembre del 1703 e da quella volta la devozione popolare non ebbe più ostacoli: la caratteristica immagine della Divina Pastora si diffuse in tutta la Spagna, in Portogallo e nei paesi dell’America Latina.
In molti casi a Siviglia la religione cattolica si intreccia al passato musulmano o ebreo. Prima fra tutte la straordinaria cattedrale, la più grande chiesa gotica del mondo, che venne iniziata nel 1401 nel luogo che precedentemente era occupato dalla vecchia moschea Aljama.
Calle Santa Maria de la Blanca, invece, fiancheggia l’omonima chiesa chiamata anche Santa Maria delle Nevi, che nel XII secolo fu una sinagoga concessa dal re Alfonso X alla comunità ebraica della juderia di Santa Cruz; dopo le persecuzioni e le conversioni forzate del 1391 fu trasformata in chiesa insieme ad altre tre sinagoghe.
Anche la strada denominata Madre de Dios ha legami con questo triste passato della storia cittadina. Ricorda il convento delle suore domenicane, fondato nel 1472 grazie all’aiuto di Isabel Ruiz de Esquivel, la cui sede fino al 1495 si trovava nella zona di Triana; in seguito a un’inondazione, le religiose ottennero dalla regina Isabella la Cattolica la donazione di un blocco di case appartenute precedentemente alla comunità ebraica, sulle quali fu fondato il primo nucleo del nuovo monastero.
L’edificio ha avuto nel tempo una certa importanza: qui presero i voti numerose giovani aristocratiche e anche alcune figure femminili legate alle vicende della scoperta del continente americano come la vedova di Hernán Cortés, doña Juana de Zúñiga o le pronipoti di Cristoforo Colombo.
Poco distante Calle Fabiola ricorda la protagonista di un romanzo storico (Fabiola o la chiesa delle Catacombe) scritto nel 1854 dall’allora arcivescovo di Westminster Nicholas Patrick Wiseman, nato a Siviglia. Nel testo le ricerche storiche e le ricostruzioni di fantasia si intrecciano in una trama letteraria che ebbe un discreto successo e che, nelle intenzioni del religioso, doveva sensibilizzare alla fede cattolica lettrici e lettori, in particolar modo quelle/i di cultura inglese, attraverso la celebrazione dell’eroismo delle/dei prime/i martiri,
Spesso sono le comunità religiose, oltre alle chiese, a suggerire l’odonomastica urbana. È il caso di Calle Virgenes che ricorda il monastero costruito nel XVI secolo, in seguito dedicato alle martiri vergini Giusta e Rufina, vissute entrambe a Siviglia e divenute patrone della città; anche l’origine dell’intitolazione di Calle Regina deriva da un omonimo convento.
Alcuni edifici monastici sono scomparsi, altri mantengono vive antiche consuetudini come nel caso del Convento di Santa Ines in cui si realizzano dolci, come i bollitos de Santa Ines, acquistabili direttamente all’interno del complesso tramite la ruota di legno in cui in passato si lasciavano le/i neonate/i abbandonate/i.
L’edificio si trova lungo Calle Doña Maria Coronel, la nobildonna che fondò il convento nel 1374.
Secondo la tradizione Doña Maria dovette rifugiarsi nel monastero di santa Clara di Siviglia dopo che suo padre e suo marito vennero uccisi dal re Pedro I detto il Crudele e dopo che tutti i beni della sua famiglia furono confiscati.
Divenuta clarissa francescana, sembra dovette difendersi dalla violenza del sovrano gettandogli in viso e sul corpo dell’olio bollente. Salito al trono Enrico II, Doña Maria riuscì a recuperare le sue proprietà e proprio dove sorgeva il palazzo di famiglia decise di fondare un nuovo monastero, aggiungendovi anche altri edifici contigui cosicché la costruzione raggiunse una grandezza ragguardevole. Poco prima di morire, nel 1407, vendette i diritti su alcuni castelli impegnando il ricavato sia per concludere i lavori di costruzione sia per garantire alle consorelle una rendita annuale. Si spense all’età di 75 anni e fu sepolta nel coro della chiesa. Il suo corpo, ritrovato nel XVI secolo durante i lavori di ristrutturazione dell’edificio, si presentò intatto e ciò ha dato vita a una forte devozione popolare mai venuta meno.
Anche il convento di Santa Paula accoglie turisti e visitatori. L’ingresso all’edificio, che ospita ancora monache di clausura dell’Ordine di San Girolamo, è sulla via omonima. Le sue origini risalgono al 1473 quando Doña Ana de Santillàn y Guzman ricevette la bolla di fondazione da papa Sisto IV; un’altra donna è legata alla realizzazione del complesso, si tratta di Doña Isabel Enríquez, vedova del conestabile del Portogallo, che promosse l’edificazione della chiesa del monastero. Anche in questo convento le suore vendono i prodotti che realizzano, soprattutto marmellate di agrumi e altra frutta.
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