Il documentario dal titolo She’s Beautiful When She’s Angry concentra la sua attenzione sulle battaglie femministe condotte tra gli anni Sessanta e Settanta. E mostra come l’aiuto reciproco e la solidarietà possano portare le donne ad ottenere vitali vittorie.
Il documentario dal titolo She’s Beautiful When She’s Angry concentra la sua attenzione sulle battaglie femministe condotte tra gli anni Sessanta e Settanta, esaminando le differenti correnti di pensiero, lo scambio di conoscenze, la formulazione di un nuovo pensiero che conducesse le donne fuori da quella prigione che era stata creata intorno a loro. La nascita di NOW, la National Organization of Women e l’azione del gruppo organizzato Jane Collective, attivo tra il 1967 e il 1973 per aiutare le donne ad interrompere gravidanze non desiderate negli anni di illegalità dell’aborto, sono due esempi di come l’aiuto reciproco e la solidarietà possano portare le donne ad ottenere vitali vittorie.
Dico vitali, non durature.
È giusto riflettere per un attimo su questo punto. Il grande errore di chi ritiene le lotte odierne superabili, di chi cerca di mettere a tacere il dissenso, di chi pensa che oggi “si sta bene” e che non ci si possa proprio lamentare è credere che al termine di una guerra la vittoria sia un risultato immutabile e duraturo.
Non è così. Vale per molte donne, vale per ognuna di noi.
Ci ritroviamo ancora oggi a dibattere sull’importanza di denunciare abusi e maltrattamenti, violenze fisiche e psicologiche. Ci sorprendiamo, come fossimo di fronte ad un miracolo, quando gruppi di attrici e personalità dello spettacolo scelgono pubblicamente di sfatare il mito che tutto sia perfetto e che ci sia del marcio in ogni ambiente di lavoro, compreso il loro (ed è consigliabile la lettura del documento “Dissenso Comune” appena redatto da volti noti del cinema e della televisione italiani). Puntiamo il dito contro chi fa dei nomi e poi, allo stesso tempo, definiamo – superficialmente – come debole una denuncia che di nomi non ne ha. Insomma, c’è confusione. Ambiguità, contraddizione. Non sappiamo bene cosa fare e come farlo. Chi sa usare una bussola?
Siamo in parte disabituate alle disobbedienza e abbiamo dato per scontato tutto quello che abbiamo di più caro. Possiamo lavorare, ma cosa fare se il datore di lavoro ci tocca il sedere o ci umilia pubblicamente? Possiamo scegliere di fare figli, ma come gestire poi il rientro nei luoghi di lavoro e la necessità di conciliare le due sfere della vita? Possiamo anche scegliere di non avere figli, ma chi ci garantisce il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza e chi ci assicura contraccettivi dai costi non proibitivi, oltre ad una corretta educazione sessuale?
Possiamo vivere la sessualità liberamente, ma cosa dire al partner se certe cose a letto proprio non vuoi farle e ti senti costretta a farle? Sanno tutte che è possibile lasciare un uomo violento o dispotico? Sono tutte a conoscenza del fatto che sono presenti centri di primo ascolto che possono aiutare ad affrontare situazioni di violenza?
Potremmo andare avanti ancora a lungo, elencando conquiste e al contempo interrogandoci sulla loro fragilità, sulle questioni irrisolte che richiedono ancora gentili atti di disobbedienza.
Stiamo consegnando alle nuove generazioni un mondo in preda al caos. Tutto sembra in ordine, e sembrano esserci a portata di mano soluzioni rapide e indolore per qualsiasi problema.
Non è così. Il tempo della riflessione non è finito.
Dimentichiamo com’era il mondo prima di oggi, abbiamo rimosso le difficoltà di ieri nascosti dietro pigrizia e indifferenza.
Certo, potremmo dire che oggi va meglio, volgendo lo sguardo entro i confini del nostro cortile, ma molte vittorie sono diventate fragili. Per certi versi, sembra si stiano addirittura facendo dei passi indietro.
Ecco perché dobbiamo ricordarci di proteggere quello che abbiamo, quello che ci è stato donato da chi prima di noi ha avuto il coraggio di rompere gli schemi e lottare.
Difendiamo ciò che è nostro. Il nostro corpo, il nostro spirito, i nostri diritti.