Il potere seducente di Alma, Helene, Hanna… Compositori e donne d’intelletto nella MittelEuropa del Novecento.
Non passa un giorno, non un pomeriggio, non una notte che io non pensi a te… Quando lavoro e impugno la tua penna, in quel momento sono qui e anche con te, come sono me stesso quando sono con te col pensiero.
Alban Berg
Sorge, in quel fantastico contenitore che fu il fin de siecle dell’orbita viennese, in perenne oscillazione tra il malinconico sentimento di nostalgia per un passato glorioso, e la percezione di una condizione precaria e lacerata dell’individuo e dell’io psichico, un immaginario femminile del tutto nuovo e seducente. Se la letteratura e le arti figurative hanno costruito un immaginario visivo di estrema forza inventiva, proteso a rappresentare l’idea di un superamento della visione patriarcale della donna – si pensi ai suadenti ritratti femminili di Gustav Klimt, alla sensualità espressa da Egon Schiele, alle eroine sempre in bilico di Arthur Schnitzler, rappresentate nel tentativo estremo di superare il ruolo imposto dalle convenzioni sociali, tra tradizione e modernità – è la vita stessa che ci racconta di donne reali che, nel quotidiano e in carne e ossa, furono capaci di suggestionare, grazie a un “intelletto avvenente”, il sentire di uomini colti, intellettuali, artisti e musicisti.
La muliebrità non è più, o non più solo, sull’onda dei fermenti che conducono a una vera e propria trasformazione del tessuto sociale e culturale, fino alla dissoluzione post-bellica dell’Austria felix, un porto sicuro o la cura per gli affetti familiari.
La donna moderna, misto affascinante di timidezza e schiettezza, si appropria di discipline e spazi culturali fino ad allora ritenuti di pertinenza esclusivamente maschile, frequentando ambienti come i Cafè cittadini che divengono luoghi di ritrovo e conversazione. Le nuove protagoniste della scena urbana sono in grado di sostenere con determinazione le proprie opinioni, fatte di consapevolezza di sè e competenze, allargando i propri interessi culturali e suggestionando, grazie anche all’esercizio di professioni un tempo impensabili, una reciprocità d’intenti e di interessi comuni all’uomo, a dir poco sorprendenti.
E’ la sensibilità propria delle donne che si affaccia in un mondo esclusivamente maschile che, da tale sensibilità, non può che essere affascinato e profondamente disorientato al tempo stesso. Il nascente prestigio si sposa con la percezione che la donna libera non possa, e non voglia più, essere motivo di sola soddisfazione o piacere per l’universo maschile. E, se ciò avviene, è solo per preciso intento personale e non per pura accondiscendenza. La gradevolezza dell’aspetto fisico, supportata da una nuova moda del vestiario, degli accessori, persino dell’acconciatura dei capelli che diviene il mezzo per esternare nel privato e in pubblico una tale realizzazione, porta con sè un’avvenenza ancor più conturbante e attrattiva, ovvero l’emancipazione intellettuale. E’ un upgrade femminile, quello dello scambio alla pari della donna che inizia a portare i pantaloni, che comporta persino lo smarrimento delle sicurezze egocentriche dell’uomo. Tuttavia, non se ne può fare a meno.
Lo dimostrano i profondi turbamenti che suscitano i tradimenti e gli innamoramenti di Alma Schindler, “la più bella ragazza di Vienna”, compositrice di lieder e pittrice, esempio paradigmatico di figura femminile colta, volitiva e musa ispiratrice che irrompe tumultuosamente nella vita di prestigiose figure del panorama culturale novecentesco. In un susseguirsi di altalenanti vicende sentimentali e di viaggi per mezza Europa e negli Stati Uniti, cartina al tornasole di chi fugge a causa delle persecuzioni razziste, in questo caso dei propri compagni di origine ebrea, Alma è dapprima una fanciulla quando viene sedotta dal pittore Gustav Klimt; in seguito è giovane moglie del compositore e direttore d’orchestra Gustav Mahler, amante del giovane pittore Oskar Kokoscha, dapprima amante e poi moglie dell’architetto Walter Gropius, fondatore del Bauhaus, infine moglie dello scrittore praghese Franz Werfel. La passione tumultuosa e le gelosie sono il filo conduttore di tutte le esperienze amorose di Alma. I suoi uomini ne amano al pari l’intelligenza acuta e la capacità di condivisione e sostegno intellettuale delle loro scelte artistiche, pur dimostrando, al tempo stesso, insofferenza per le potenzialità della donna. Odi et amo. Mahler mal tollera gli aneliti della donna verso la composizione, giudicandola mediocre e costringendola al ruolo più convenzionale di moglie e madre. Se ne interessa tuttavia solo nel momento in cui egli scopre la relazione extraconiugale di Alma, causa di non pochi turbamenti interiori, tanto da richiedere un consulto con un medico la cui nascente fama è legata agli studi sulla psiche umana, il dottor Sigmund Freud.
Il secondo matrimonio, contratto dopo il rientro a Vienna dagli Stati Uniti e dopo la morte di Mahler, avvenuta nel 1911, è preceduto dalla passione amorosa per Kokoschka che, al termine della loro relazione, non accetta l’addio della donna, vivendo a lungo una tormentata disperazione. Addirittura si vocifera che il giovane, accecato dal dolore, porti con sè una bambola con le fattezze dell’amata. Neppure a Gropius rimane fedele, tanto che il matrimonio naufraga per la relazione fedifraga di Alma che aspetta un figlio da Werfel, suo terzo marito nel 1929. Certo la vita non manca di prenderla duramente a schiaffi, quasi un drammatico pedaggio da versare per quell’anelito di libertà nel voler vivere ambiti espressivi differenti, scegliendo di stare al fianco di uomini prestigiosi che, dell’espressione artistica, hanno fatto la loro essenza.
Muore prematuramente, ancora bambina, la figlia primogenita Maria Anna Mahler; muore a pochi mesi di vita Carl Martin, il figlio nato dal legame con Werfel e muore, ancor più drammaticamente, a soli diciotto anni, Manon, la figlia di Gropius, affetta da poliomelite. E’ proprio per sublimare artisticamente la figura della giovinetta che il compositore viennese Alban Berg, profondamente colpito dal lutto, scrive di getto, nel 1935, una delle più incredibili pagine della letteratura novecentesca, il concerto per violino e orchestra ‘‘Alla memoria di un angelo’‘, a lei dedicato. Note struggenti del violino, di profondo intimismo lirico, traducono simbolicamente, in un dialogo serrato tra dodecafonia e musica tonale, l’evocazione di quell’angelo che è stato in terra la fanciulla e che è volato in cielo troppo presto. Il motivo di una vita giovane e sognante viene interrotto dalla lacerazione della morte improvvisa, impersonificata dall’ossessività di un ritmo puntato, il “ritmo fondamentale” messo in scena dall’orchestra, tra suggestioni legate alla reminiscenza di motivi popolari – il famoso lied Ein Vogel auf’m Zwetschgenbaum – Un uccellino sull’albero di susine – e la citazione bachiana del corale numero 60. La possente forza della compagine orchestrale si placa quando il violino solo dissolve con potenza evocatica l’immagine angelica, ormai protesa verso una purezza assoluta e trasfigurata.
La musica rielabora il dramma del vissuto umano e tende a cristallizzarne gli eventi in una struttura fissa e non toccata dal transeunte. Non è la prima volta che Alban Berg fissa su carta la sublimazione dei propri sentimenti, di compassione o di vertigine amorosa. Perchè un’altra donna, dal 1925, è al centro dei suoi pensieri e lo sarà fino all’ultimo dei suoi giorni. Già sposato con Helene Nahowski, di cui ammira l’intelligenza e la devozione, capace di assecondare i suoi mutevoli stati d’animo latentemente depressi, egli s’infatua perdutamente, nella magica atmosfera di Praga, di Hanna Fuchs-Robettin, cognata di Alma Mahler Werfel. Alma li aveva messi in contatto per consentire a Berg un’ospitalità nella città boema, durante un soggiorno in cui il compositore partecipa al Festival della Società Internazionale di musica contemporanea. L’effervescenza del clima musicale praghese è misto alla piacevolezza e alla cortesia dei coniugi Fuchs e dei loro amabili figlioletti che lo ospitano con entusiasmo e ammirazione, tanto che egli scrive alla moglie “il loro, è il miglior vino del mondo”. Tornerà a Praga in svariate altre occasioni nel corso degli anni a venire. Sono visite giustificate per motivi professionali in cui egli intende esplicitare, nella corrispondenza epistolare inviata alla moglie, verosimilmente consapevole seppur tacita, l’immutata fedeltà per il loro confortevole amore domestico, oltre all’amicizia “molto cordiale e senza fini” verso Hanna, ormai già designata con il nomignolo “Mopinka”. Nel profondo, tuttavia, egli è turbato e ama perdutamente questa donna così colta, di grande fascino e dal sorriso ammiccante, con cui intesse una fitta corrispondenza epistolare recapitata personalmente grazie a un allievo del compositore, Fritz Klein. Se le lettere della donna vengono prontamente bruciate, conserviamo alcune lettere di Berg, soverchiato da una pena incredibile a causa di un amore segreto per colei che, egli scrive, è “un prolugamento esteriore di me”.
Trascorrono più di cinquant’anni prima che il segreto di questa bruciante passione riemerga quando riappare, nel 1976, una piccola partitura con la dicitura “alla mia Hanna”, firmata semplicemente “Alban”. E’ la composizione Lyrische Suite per quartetto d’archi, composta da Berg nel 1925 e ufficialmente dedicata ad Alexander von Zemlinsky, compositore viennese e direttore dell’Opera di Stato di Praga. Su ogni pagina della copia, appositamente stampata per lei e gelosamente conservata dalla donna, il compositore annota accuratamente tutte le spiegazioni possibili che decodifichino la trama amorosa sottesa alla musica. Utilizzando una sorta di codice-colore con tre differenti inchiostri – rosso per evidenziare le parti direttamente connesse all’intreccio delle loto vite, verde e blu per la descrizione della narrazione esterna – Berg ripercorre in nota e in dettaglio la musica a programma in cui compaiono le personificazioni della loro vita a due. Le parole taciute, rappresentate dalle note che nella nomenclatura tedesca si identificano con le lettere, emergono con la possenza della musica, dedicata all’ “eterno, unico amore”.
“La musica mi ha fornito, mia Hanna, anche altre libertà! Per esempio, nella musica ho inserito segretamente le nostre iniziali H.F. e A.B., ed ho legato ogni movimento e ogni sezione di movimento al nostro numero del destino, dieci e ventitré. Ho scritto queste lettere e questi numeri, e molte cose che hanno altri significati, in questa partitura per te, per colei, e solamente per colei – nonostante la dedica ufficiale della pagina seguente – per la quale ogni nota di questa musica è stata scritta. Possa essere un piccolo monumento a un grande amore”