Il gaslighting è una forma di abuso emotivo caratterizzato dalla manipolazione. Questa forma di violenza psicologica è molto più diffusa di quanto si possa immaginare.
Restando in tema di abusi emotivi, per loro stessa natura più difficili da identificare, vi parlo oggi del Gaslighting. Facendo qualche ricerca su internet, si scopre che il termine è stato preso in prestito prima da un’opera teatrale del 1938 e poi da una serie di film più o meno noti, tra cui spicca “Angoscia”, pellicola del 1944 di George Cukor, il cui titolo originale è proprio “Gaslight”. Riassumendo brevemente, una donna (dopo aver subito un grave lutto) sposa un uomo – sulla cui condotta etica e morale non aveva alcun dubbio – che si scopre essere un manipolatore. Sostanzialmente, l’uomo cerca di indurre la moglie alla pazzia con omissioni, manomissioni, bugie e lavaggi del cervello che hanno come obiettivo la salvaguardia del suo segreto. Ed effettivamente non c’è manipolatore che non voglia proteggere la propria vera identità. All’inizio di una relazione è fondamentale per l’abusante riuscire a confondere la compagna e portarla a credere ciò che è più conveniente farle credere. Vuole instaurare un rapporto di fiducia che in realtà è solo dipendenza. La vittima tenderà man mano a fidarsi solo di quanto l’abusante le dirà. Sarà quella la sola verità.
Ovviamente, il quadro generale è quello di una relazione tossica e il gaslighting è uno dei suoi principali ingredienti. Appunto, la manipolazione.
Paula, la protagonista del film (interpretata da Ingrid Bergman) inizia a vivere strane esperienze: dipinti che spariscono dalle pareti; oggetti smarriti; passi che provengono dalla soffitta; luci che perdono intensità casualmente.
In una scena del film, la Bergman ha un’accesa discussione con il compagno, il quale inizia a trattarla come se fosse pazza. Lei sembra quasi crederci.
Gli parla di una lettera che tempo prima aveva trovato e che gli aveva anche mostrato, attribuendo a quella scoperta l’inizio di tutti i loro problemi. Quella lettera era davvero nelle sue mani, e noi spettatori abbiamo modo di vederla proprio nella scena madre. E come le risponde il marito? In sostanza le dice: “sì, è vero, è iniziato tutto in quel momento… ma non avevi nessuna lettera tra le tue mani.”
“Te lo sarai immaginato!”, per riassumere.
Questa forma di violenza psicologica è molto più diffusa di quanto si possa immaginare. Il problema principale è che viene “somministrata” gradualmente, come un veleno, proprio per fare in modo che la compagna (o il compagno, perché chiaramente ci sono anche casi inversi) si abitui e impari a convivere con questi dubbi e sensazioni. Tale abuso nasce dalla volontà di manipolare pensieri e percezioni, modificando sensibilmente la capacità di valutazione della vittima.
“Guarda che non ho detto/fatto nulla. Te lo sarai immaginato.”
Quindi quali sono i campanelli d’allarme?
Molto importante è prestare attenzione alle minime bugie. Quasi sempre, una relazione tossica si fonda su una quantità smisurata di bugie, e spesso chi ne è vittima se ne rende conto ma non solleva questioni perché in fondo il meccanismo della colpa e della dipendenza è scattato. Attenzione anche quando l’abusante nega un comportamento che è palese e di cui magari la vittima è stata testimone. Negare l’evidenza è molto più di una piccola bugia. L’abusante può spesso essere portato ad accusare la compagna o il compagno di commettere azioni che egli stesso ha compiuto. Il meccanismo si può semplificare con un esempio: il traditore che, per dissimulare, accusa sempre il partner di tradimento. Questo innescherà nella vittima, oltretutto, un ancor maggiore istinto di cura che vada a scagionarla da simili accuse. Ed ecco che il legame con l’abusante ne esce addirittura rafforzato.
Ovviamente, questo genere di comportamento per quanto riscontrabile soprattutto all’interno di relazioni tossiche e violente si può verificare anche in rapporti di amicizia. Avrete a che fare con un’amica o un amico palesemente bugiarda/o e inaffidabile, una persona che tende a gettar fango sugli altri, additandoli magari come “pazzi”.
Ancora una volta, è molto importante ricordare che l’abuso si evita soprattutto se si è in grado di riconoscerlo in tempi brevi. Questo perché la propria capacità di scegliere e valutare non è ancora stata compromessa e il legame è più facile da spezzare.
Bisogna abituarsi a non abbassare mai troppo le proprie difese e a difendere i propri confini.