Una che se sa governare una casa, una famiglia e svolge lavori di cura perché non potrebbe guidare, con altrettanto spirito di servizio, di accudimento e cura anche il Paese? Occupandosi della sua riorganizzazione e dei suoi bisogni?
Conosciamo il ruolo della donna“serva” nelle favole antiche, nei ricordi degli anziani, nella storia sociale.
A lei erano affidati i compiti più umili nel governo della casa. Di solito ragazze molto giovani e povere, come si usava dire tolte dalla miseria e “allevate e cresciute” dalla famiglia presso cui prestavano lavoro di servitù.
Poi i tempi sono cambiati e la serva è stata sostituita da colei che, pur adibita ai lavori di pulizia e di servizio ha acquisito un riconoscimento nel mercato del lavoro ottenendo la classificazione sindacale di collaboratrice domestica, “colf”.
La cultura sociale ha proceduto con le stesse dinamiche e la serva è divenuta donna di servizio-colf anche nelle famiglie più democratiche.
Comunque le si volessero chiamare, l’importante era il mantenimento delle distanze sociali e quindi non riconoscerne uguali diritti e opportunità.
Oggi i rapporto di lavoro, che una volta era legato da gratitudine e sopravvivenza, è determinato da ferree regole sindacali e la donna delle pulizie (o di servizio), come diversamente si definisce, può lavorare anche a ore e giorni alterni con un contratto che regola il rapporto tra le parti.
Infine ma più rara, in passato come oggi, è la “governante” che presta lavoro in famiglie abbienti ed è preposta al’andamento totale della casa e a volte coadiuvata da sottoposti (più simili ai servi).
Il ruolo di questa persona è quello di occuparsi che si occupa a tempo pieno mettendosi a disposizione del benessere familiare (di chi l’ha scelta e la paga), governa quindi l’andamento di tutto ed organizza le metodologie più efficaci per svolgere tale compito.
Altrettanto impegno, umile e necessario, lo si chiede a chi è scelto e pagato dal popolo per governare il Paese.
Che eserciti il potere che ne deriva nel mantenimento e nel rispetto di principi universali di diritto e libertà, ne componga i conflitti e realizzi riforme giuste attraverso un programma chiaro e definito.
Nelle difficoltà che oggi si pongono si sente nell’aria qualcosa di nuovo:
e se il premier fosse infine una donna? Una che se sa governare una casa, una famiglia e svolge lavori di cura perché non potrebbe guidare, con altrettanto spirito di servizio, di accudimento e cura anche il Paese? Occupandosi della sua riorganizzazione e dei suoi bisogni?
Devono avere pensato così coloro che per comporre il nuovo governo tirano in ballo i nomi di tre donne: Belloni, Reichlin e Cartabia.
Una donna Premier per un esecutivo agile con regole di ingaggio per civil servant (funzionario pubblico) decisamente severe (la non candidabilità successiva, il temporaneo abbandono del proprio lavoro) e con durata prevedibilmente breve è un ruolo che le calza a pennello!
Elisabetta Belloni, diplomatica e segretario generale della Farnesina..
Marta Cartabia, Giudice costituzionale nominata da Giorgio Napolitano nel 2011 e attuale numero due della Corte con la prospettiva di arrivare ai vertici della Consulta.
Lucrezia Reichlin, economista italiana che insegna alla London Business School.
Tre donne che rivestono e svolgono da molto tempo ruoli e incarichi prestigiosi e alle quali nessuno però fino ad oggi ha offerto incarichi istituzionali di peso adeguato.
Noi, che da sempre denunciamo la mancanza di rappresentanza ai più alti livelli istituzionali, Presidenza della Repubblica e Presidenza del Consiglio, rivendichiamo i meriti e i talenti di molte di loro e ci chiediamo se era necessaria questa grave crisi istituzionale e politica per riconoscerne le competenze e i meriti, assai più evidenti che in molti politici inadeguati.