Mirella Bentivoglio – Dagli anni ’80 al Non gruppo
GLI ANNI ’80
Molte le opere tridimensionali negli anni ’80.
Operazione Orfeo (L’uovo nella caverna) dell’ 82-85, Da uovo a zero, opera a tecnica mista dell’84, la scultura in legno Hyper Ovum dell’87, il libro-oggetto Il seme del libro dell’82, fino allo Strip tease alchemico (Armature) dell’89 montaggio fotografico da un’azione dello stesso anno. Di questo aspetto materico della sua arte ebbe modo a dire, per fugare ogni illazione che da qualcuno veniva considerata, erroneamente, uno scultore, sia pure atipico.”… in realtà il mio lavoro si svolge, oggi come ieri, in un ambito totalmente ‘poetico’: tra linguaggio e immagine, tra linguaggio e materia, tra linguaggio e oggetto, tra linguaggio e ambiente”. Sono le sue stesse parole, a delineare la sua figura e la sua poetica.
“Le futuriste italiane italiane nelle arti visive” pubblicato da De Luca Editore, fu il libro che testimonia le sue ricerche di tipo storico sulle artiste del Futurismo italiano. In effetti le matrici storiche della sua ricerca sono nel Futurismo e nel Bauhaus.Ha dunque curato varie mostre sulle futuriste italiane nelle arti visive in Italia e all’estero. La sua attività teorica l’ha portata a coniare neologismi come il Librismo, creato nel ’90 per indicare la crescente spinta a portare nel libro il mondo della comunicazione visiva.”Ormai mi sembra che la donna abbia tutte le porte aperte. Ha, forse, addirittura più occasioni degli uomini. Ci sono artisti molto introversi che hanno bisogno di essere aiutati più delle donne. Quindi ho un po’ accantonato il discorso al femminile. Preferisco per questo settore dedicarmi a ricerche storiche, per esempio proponendo il lavoro tra linguaggio e immagine delle Futuriste. Non mi riferisco solo a Benedetta, molto conosciuta, ma ad altre come Irma Valeria, Rosa Rosà, Emma Marpillero. Sono note le tavole parolibere di Marinetti, Govoni, Gangiullo, e non di queste artiste, forse più vicine alla nostra sensibilità. Tra l’altro una delle “parolibere” più interessanti era la cameriera di Marinetti, Marietta Angelini, donna intelligentissima e totalmente illetterata. E fanno parte della poetica futurista tra linguaggio e immagine le danzatrici, perché danzavano sulla recitazione di parole in libertà, e non su musica. Si tratta di danzatrici, scrittrici, poetesse e pittrici che hanno condotto le loro sperimentazioni proprio nell’ambito di quella che noi oggi chiamiamo poesia visiva”.
Come artista, Mirella Bentivoglio ha esposto nelle più prestigiose sedi istituzionali di tutto il mondo partecipando numerose volte alla Biennale di Venezia, alla Biennale di San Paolo del Brasile, al Centre Pompidou di Parigi; e a Documenta, al MoMA, a Palazzo Pitti, entrando spesso a far parte di collezioni, come quella del Getty Institute di Los Angeles.
Tra le tantissime mostre organizzate da Mirella Bentivoglio proprio al libro d’artista dedica largo spazio della sua attività creativa- ricordiamo infatti “Volùmina. Il libro oggetto rivisitato dalla donna artista del nostro secolo ” (Senigallia, 1990), – mostra e libro insieme -che indaga l’architettura di un oggetto lirico, di un dispositivo che entra a pieno titolo nel perimetro della sperimentazione artistica contemporanea. In questo volume , l’artista, con le vesti di critica e di teorica, avvia dunque un pensiero espositivo che la spinge a valutare i luoghi della parola e del libro d’artista. La sua attività teorica la porta a coniare in questo contesto neologismi come il “Librismo“, creato appunto nel ’90 per indicare la crescente spinta a portare nel libro il mondo della comunicazione visiva.
Into the blue, Los Angeles 1994.Negli anni ha potuto vantare prestigiose occasioni espositive, da Documenta Kassel al MoMA, dall’Istituto Italiano di Cultura di New York, alla Biennale di San Paolo, al National Museum of Women in the Arts di Washington.
Il NON GRUPPO
Nel Dicembre 2004- Gennaio 2005, Mirella Bentivoglio, ad 85 anni, organizza la retrospettiva ” Il non Gruppo” alla Galleria Miralli – Palazzo Chigi di Viterbo già provieniente dalla Biblioteca Angelica di Roma :un excursus per le vie da lei sperimentate , e non solo da lei investigate, nei suoi linguaggi in un momento storico preciso.
L’esposizione, cui partecipa anche in qualità di artista con l’opera emblematica Monumento (1966), realizzata con Annalisa Alloatti, nasce dall’esigenza di fare un censimento laddove storiograficamente c’era un vuoto. “Mentre altre città e regioni sono state molto più attente nello storicizzare questi fenomeni…Roma è notoriamente distratta!”, afferma Mirella Bentivoglio. – In Toscana gli artisti fiorentini avevano istituito il gruppo della poesia visiva. Erano inclusivi nelle mostre, aperti anche a livello internazionale, e sperimentavano nella linea verbovisiva. Quel gruppo aveva una sua poetica, delle caratteristiche riconoscibili. Tra loro c’erano Pignotti, Miccini, Perfetti, Ori, la Marcucci ed altri. Era accetta anche l’influenza del New Dada, per i romani,e, per il gruppo fiorentino anche la Pop Art-.
Il gruppo romano non era organico nella ricerca. La Roma degli anni Sessanta è quindi un grande contenitore in cui operano una serie di artisti – in mostra ne seleziona quindici – o meglio poeti che però sentono nascere dentro di sé la necessità di esprimersi con un linguaggio di parole-immagini. Opere di Balestrini, Baruchello, Balzarro, Bentivoglio, Carta, Bruno Conte, Diacono, Di Sarro, Drei, Fontana, Mussio, Pratella, Sandri, Villa e Vincenti. Quindici artisti raccolti dalla Bentivoglio intorno ai suoi ricordi di quando faceva sperimentazioni di poesia concreta e visiva.Artisti, anzi quasi tutti poeti, che lavoravano a Roma, negli anni Sessanta, tra linguaggio e immagine. Non incluse pittori, anche se molti si avvicinavano alla parola, alcuni di loro sono stati influenzati dall’informale segnico, come Balzarro, precorritore del libro d’artista. Lavorava con Pascali, e per conto proprio realizzava delle scritture esagitate, ossessive, che richiamavano molto le opere pittoriche di Novelli. Balestrini era un poeta, e lavorava con il computer. A un certo punto sentì il bisogno di ricorrere alla materia tagliando strisce di carta stampata, che incollava su supporti, una vicina all’altra.Anche Baruchello, che aveva pubblicato molti libri, ricorreva alla casualità e lavorava con le striscioline di carta. Fece anche un libro che si intitola La quindicesima riga, in cui ha affiancato casualmente tutte le quindicesime righe di un’intera biblioteca, copiate con la macchina da scrivere.Emilio Villa, era un grande ” ispiratore”. I “Sacchi” di Burri e anche gli strappi di Mimmo Rotella sono frutto di suoi suggerimenti.Era un critico, ma i suoi scritti erano prose parallele, con rimandi linguistici ed etimologici. L’aver studiato in seminario gli aveva consentito anche di apprendere molti linguaggi antichi; è stato infatti uno straordinario traduttore.
Anche lui era un poeta e si orientava verso l’inclusione dell’immagine all’interno della poesia, ricorrendo a mani altrui, questo perché non aveva la preparazione necessaria per un lavoro manuale. Villa era in contatto con Diacono e con Mussio; negli anni Sessanta Roma aveva le redazioni di Ex e di Marcatrè, riviste di punta. Ma c’era chi, come Giovanni Fontana occupandosi di poesia fonetica, risiedeva a Roma per gli studi universitari. “E c’erano quelli che, come me, lavoravano per conto proprio. Non avevo contatti con gli altri”.conclude la Bentivoglio. Uno spettacolare spaccato artistico della Capitale nei mitici anni ’60. Nel ” non gruppo” romano prevaleva la testualità. Negli anni 60-70 questo linguaggio, questo lavoro, non era molto compreso. Li consideravano dei pazzi furiosi. Le mostre del ” Non Gruppo” erano sempre fonte di scandalo, di prese in giro. Mancava nel pubblico la cultura per capire questo tipo di opere, che bisognava leggere non solo guardare. Una tecnica che la pubblicità comprese benissimo, evolvendosi.
NEGLI ULTIMI ANNI il lavoro della Bentivoglio, pur restando nella matrice linguistica, differisce da quello degli anni Sessanta.Si evolve, la poesia si sviluppa su e attraverso la materia, come la carta,il legno , il metallo. Ma anche su oggetti come la pietra (Il libro di pietra) e il plexiglass.E sull’ ambiente con interventi sul territorio.
Nel 2011 ha donato al MART di Rovereto la sua ricchissima collezione-archivio di arte tutta al femminile, raccolta in anni di impegno come artista.
Nel marzo 2013, per il 90 ° compleanno dell’artista, la Galleria Nazionale di Arte Contemporanea di Roma ha organizzato una retrospettiva sul suo lavoro ” Mirella Bentivoglio” Museo delle Donne e delle Arti.
Fino al 21 Maggio 2018, presso il Museo Nuova Era, a Bari, la mostra ” L’ Assente”, a cura di Salvatore Luperto e Anna Panareo, e il libro ad essa correlato (Ed.Milella), sono l’ omaggio postumo a Mirella Bentivoglio, negli spazi della “patron” Rosemary Sansonetti, habituée delle splendide mostre, punti di riferimento culturali, incluse quelle di poesia visuale, da lei accolte. Una cernita accurata di opere di altissimo valore che accompagnano il visitatore nelle esperienze visuali e concrete della poesia della Bentivoglio.Nella ricercatezza degli spazi del Museo Nuova Era, la singolare preziosità delle opere scelte sono un validissimo excursus storico e concettuale, da non perdere assolutamente.Il libro è una raccolta di racconti in cui il linguaggio verbo visuale è presente e mette in relazione fra loro le varie esperienze, “fra sensazioni personali…suggestioni misteriose, imprevedibili, magiche”. Assolutamente coinvolgente e poetica è l’ opera installativa che apre la mostra.Fra le eccezionali opere in visione, gli storici “Gabbia (HO) “del ’66 , e ” Il cuore della consumatrice ubbidiente ” del ’75, e poi ancora “Emersione – je suis”, ” Le Tavole della Legge del Commercio” fotografia 1992, ” Ricostruire la Libertà” stampa fotografica del 1997, “Tutto nasce dalla pietra , anche l’ astrattismo” del 2000.