I primi 40 anni della Legge 194, Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza. A che punto siamo?
Al principio fu la battaglia contro una delle più evidenti espressioni dell’assetto patriarcale della società. Un movimento che si batté per garantire alle donne l’accesso all’aborto, libero, assistito e gratuito. Una pratica che era clandestina, esisteva, veniva gestita in modo diverso a seconda delle condizioni e delle disponibilità economiche della donna, tra ginecologi, ostetriche e mammane. Differenze di classe e di censo che decidevano della salute della donna. Ci si scontrava contro leggi che bollavano la contraccezione come “attentato all’integrità della stirpe”, come da Codice penale Rocco, e l’aborto era considerato un crimine per lo Stato italiano e un omicidio per la Chiesa.
Decidere sul proprio corpo, quando questo corpo per secoli era stato considerato appendice, proprietà, oggetto in possesso dell’uomo.
Nonostante questo contesto medievale, le donne abortivano clandestinamente con ogni mezzo, tra sonde, chinino, prezzemolo e altre pratiche più o meno rischiose.
Il primo tentativo di avviare la discussione in Parlamento avvenne con il ddl Fortuna nel 1971.
Occorreva trovare nuove strategie per diffondere la discussione anche oltre gli ambiti istituzionali, tra le donne, ma anche per iniziare a rompere il silenzio delle pratiche clandestine e aprire una nuova stagione. A partire dal 1973 il CISA (Centro Informazione Sterilizzazione Aborto) avviò l’apertura di strutture in cui praticare in sicurezza le IVG. Alcune donne e gruppi di donne iniziarono ad autodenunciarsi, avviando processi politici (ricordiamo Gigliola Pierobon nel 1973 e 263 donne di Trento nel 1974). Nel 1974 il Movimento di Liberazione della Donna raccolse in una settimana 13.000 firme perché in Parlamento si discutesse urgentemente sull’aborto. Arrivò la proposta di legge del PCI, mentre la Corte Costituzionale dichiarò illegittimo l’art. 546 del c.p. che non consentiva alcun tipo di scelta alla donna, nemmeno in caso di pericolo per la sua vita. Nel 1975 furono raccolte 750.000 firme per un referendum abrogativo sulle leggi fasciste sull’aborto. Il Parlamento si svegliò e iniziò l’esame di un disegno che unificava varie proposte, era marzo 1976. Il 2 aprile DC e MSI votarono contro l’art. 2, perché ritenevano l’aborto un reato. Il giorno dopo 50.000 donne manifestarono e non si fermarono più fino all’approvazione della 194, il 22 maggio 1978.
La lettera che Livia Turco ha dedicato a tutti i giovani
Nonostante un doppio referendum (Movimento per la vita e Radicali) il 17 maggio 1981 e 35 ricorsi per presunta incostituzionalità, la 194 è ancora in piedi anche se sotto attacco sotto molteplici aspetti, come hanno sottolineato alcune sentenze del Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa e alcune rilevazioni sempre di ambito europeo (per approfondire). Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, questa è la situazione italiana.
Tra numeri abnormi di obiettori (con i rischi che aumentano esponenzialmente qui e qui), una prevenzione/contraccezione blanda, carente, che fa acqua da tutte le parti, sanzioni per aborto clandestino che possono arrivare fino a 10.000 euro per le donne, contraccezione totalmente a carico delle donne, arriva un altro colpo: la contraccezione di emergenza non è stata inserita nell’elenco dei farmaci indispensabili da tenere sempre in farmacia, decisione che costringerà le donne a girare alla ricerca di questo farmaco, che non a caso si chiama “del giorno dopo o dei 5 giorni dopo”, perché in effetti ci sono dei tempi stringenti da rispettare. Emergenza: momento critico, circostanza imprevista che richiede un intervento immediato.
“La richiesta inviata al ministero della Salute e al tavolo tecnico (istituito dalla Ministra Lorenzin, cui hanno partecipato rappresentanti del Ministero della salute, dell’Istituto superiore di sanità, dell’Agenzia italiana del farmaco, delle Federazione ordini professionali e l’industria) dalla Smic e dai ginecologi italiani, di integrare di concerto con l’Aifa, farmaci per la contraccezione di emergenza nell’elenco dei farmaci indispensabili è rimasta quindi inascoltata”
““Il nuovo elenco dei farmaci da tenere obbligatoriamente in farmacia varato nell’ambito della revisione odierna della Farmacopea Ufficiale non ha purtroppo tenuto conto della nostra richiesta di prevedere una categoria specifica dedicata ai farmaci per la contraccezione d’emergenza. L’elenco prevede infatti che il farmacista sia tenuto a detenere almeno uno dei prodotti della categoria “contraccezione ormonale” entro la quale sono mischiati gli anticoncezionali ordinari di uso quotidiano con quelli d’emergenza, che hanno scopo e modalità di utilizzazione diversi. Un’occasione mancata, perché offrire alle donne italiane la sicurezza di poter trovare in ogni farmacia del territorio nazionale un anticoncezionale d’emergenza (pillola del giorno dopo), senza essere costrette, come ancora avviene, a passare da una farmacia all’altra, è un fattore importante per ottenere una efficace prevenzione e di conseguenza un ulteriore auspicabile calo delle IVG anche negli anni a venire, in quanto è stato dimostrato che la sua efficacia è tanto più elevata quanto più esso venga assunto vicino al rapporto presunto a rischi”.
rileva Emilio Arisi, Presidente della Società Medica Italiana per la Contraccezione (Smic).
Ostacoli, gincane, percorsi ad ostacolo: questo è ciò che le donne di questo paese si trovano ad affrontare.
Questo può accadere perché di fatto non c’è alcuna intenzione di garantire alle donne una prevenzione efficace, gratuita, accessibile.
Non ci sembra poi tanto lontano il futuro distopico descritto da Margaret Atwood nel suo Il racconto dell’ancella.
Un sistema e un disegno politico volto ad asservire il corpo femminile e le sue funzioni riproduttive, riducendo la donna a fattrice, incubatrice, strumento di prosecuzione della specie. Le nostre scelte annullate nel nome di un progetto che ci annienta e intende riportarci a un gradino più in basso nella società. Non lo consentiremo. Per continuare ad aiutare le donne e a salvare loro la vita, dalla loro parte. Perché in mancanza di una adeguata assistenza, quando si frappongono rallentamenti, resistenze, forme di ostruzionismo, obiezioni di struttura, a rischio è la vita delle donne, non dimentichiamolo mai. Un pensiero per Valentina.
Domani si terrà il referendum in Irlanda per abrogare l’8° emendamento della Costituzione, che equipara il “diritto alla vita del nascituro” al “diritto alla vita della madre”, consentendo l’interruzione di gravidanza solo nel caso in cui sia a rischio la vita della donna. Al fianco delle nostre sorelle, affinché si possa finalmente voltare pagina.
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