Con i suoi silenzi e la sua discrezione, é l’esatto opposto di chi sbandiera le sue apparizioni come fossero garanzia di professionalità spesso inesistenti.
Qualche volta un incontro più intenso nasce sulle pagine di Facebook . Nella mia Home, un giorno, sono passate queste parole che mi hanno subito attratta, ricordandomi quello che avevo scritto tempo fa sul ruolo dell’attore e sul teatro come mezzo evolutivo:
“Recito per essere autentica /Recito perché posso sorridere come Valentina sorride davvero
Recito perché posso muovermi con sicurezza davvero /Recito perché dall’ altra parte so che il mio/mia collega mi ascolta davvero /E so che lo fa con tutti i sensi accesi: mi ascolta davvero /Mi guarda davvero Mi tocca davvero /E davvero li in quel momento concentrato sulla nostra scena/Posso dire tutto quello che voglio senza filtri /Senza pensare di difendere o offendere nessuno/ So che dall’ altra parte mi ascoltano davvero/ Mi guardano/ E tutto ricambiato da me verso lui o lei/So che non hanno paure E complessi/O pregiudizi nei miei riguardi/ Recitano davvero/Ecco perché recito/Perché vivo davvero/Per essere autentica e libera davvero”
Recitare per essere autentici, mettere la maschera per sapersela togliere. Potevo lasciarmi sfuggire chi, tra le tante superficialità che si scrivono ovunque ci sia una pagina da riempire, stava invece chiedendosi il senso delle sue scelte e stava trovando la risposta fondamentale, essere libera e autentica? E’ stato così che ho desiderato conoscere e intervistare Valentina Paoletti Lombardi, attrice di teatro, cinema e televisione e autrice del romanzo “Il treno delle 8,28”, Edizioni Creativa, laureata in Scienze Politiche con una tesi in sociologia della comunicazione sul cinema di fantascienza.
Acting coach, ha inoltre formato degli attori che avevano il compito di interpretare la parte delle vittime e quella dei criminali per un progetto sociale della OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione Europea) riguardante la tratta degli esseri umani. Si é trattato di un corso di formazione per tutti gli operatori che lavorano in quel campo, magistrati, forze di polizia, intelligence, assistenti sociali, mediatori culturali, giornalisti, ispettori del lavoro e che dovevano interagire con attori appositamente addestrati.
Creativa, innamorata della fisica quantistica, aperta a tutto quello che la possa aiutare a conoscere il mondo e il senso di questa esistenza, pronta ad ogni cambiamento e trasformazione ma schiva e poco propensa a parlare di sé, Valentina Paoletti Lombardi é la giovane artista quarantenne di oggi che non si lascia incantare dagli aspetti più appariscenti ma meno professionali del suo ambiente di lavoro.
Mi colpisce in lei il fatto che non si voglia mettere etichette, che non racconti nei dettagli i suoi successi professionali come fossero un biglietto da visita. Il suo successo é lei stessa, la sua ricerca costante, non quello che ha fatto. Anche se, smanettando sul web, ho scoperto che ha fatto molto più di quello che mi ha lasciato intendere. Abbiamo bisogno di artisti che non confondano la sostanza con l’etichetta, abbiamo bisogno di professionisti, in ogni campo, che siano veri, perché solo la verità può farci crescere tutti. E Valentina Paoletti Lombardi con i suoi silenzi e la sua discrezione, é l’esatto opposto di chi sbandiera le sue apparizioni come fossero garanzia di professionalità spesso inesistenti. In lei l’ Energia del Femminile si esprime attraverso Empatia, Intuizione, Affettività e Non Giudizio e io con molto piacere la accolgo in questa carrellata sulla Eccellenza del Femminile.
*Cosa significa per te “cambiare”?
Per me cambiare é lasciare il passato per affidarsi al futuro. E’ fare tesoro di ciò che si e’ imparato, metabolizzarlo, lasciarlo decantare e aprirsi a nuove opportunità per evolversi. Credo che viviamo per evolverci, non per rimanere sempre fermi allo stesso punto. Ho molta paura delle gente che dopo anni e anni non cambia mai. E’ strano. E’ tutto in movimento, tutto scorre, come può una persona non abbandonarsi alle novità? Vivere sempre allo stesso modo con le stesse abitudini e convinzioni? E’ bello cambiare idea, e’ un esercizio per l’intelletto e per l ‘anima.
* All’inizio del tuo romanzo, Il treno delle 8,28, i personaggi vivono in una realtà dove tutti si comportano, inconsciamente, da burattini. Quali sono le spinte che li portano a reagire a tutto questo?
Lo scontro con un’ altra realtà che genera rabbia e ribellione li porta a incanalarsi verso un ideale più alto. E’ forte in loro la consapevolezza che se si vuole si può cambiare, con coraggio.
* Un libro scritto in due fasi distinte..
Si, ebbi l’idea base dopo i miei 20 anni, ma mancavano ancora lo sviluppo, la struttura dei personaggi e l’ epilogo. Poi l’ ho dimenticato nel cassetto dei sogni per dare priorità alla recitazione. Sono cambiata molto a livello di maturità, per il resto mi sento sempre ventenne..
* Letizia, la protagonista del tuo romanzo, in cosa cambia?
Per Letizia, il cambiamento c’e’, diciamo e’ il fil ruoge di tutto il romanzo. Il cambiamento di Letizia passa attraverso una serie di passaggi che le hanno richiesto soprattutto di affidarsi a qualcosa che non poteva controllare né prevedere e che le chiedeva di lasciarsi fluire nel presente, atto dopo atto. In un certo qual modo anch’io durante la stesura del romanzo mi sono lasciata andare momento per momento ai cambiamenti che si verificavano in corso d’opera: una volta imbastito , la storia si scriveva quasi da sola, e sono stata io che mi sono adattata ai personaggi che si stavano creando e alle loro emozioni. Anche nella vita accade che dobbiamo affidarsi e accettare gli eventi sgradevoli o gradevoli per riuscire a perseguire i nostri sogni.
*Nel suo cambiamento c’é qualcosa di te?
Assomiglia a quando mi lasciai a 24 anni con il fidanzato dell ‘epoca e decisi di abbracciare una vita che rispettasse la mia parte più autentica. Mi resi conto che mi comportavo troppo come gli altri volevano, trascurando la mia parte più vera: decisi di trasferirmi a Roma per continuare a fare l’attrice anche fuori regione perché, proprio come accade a Letizia, iniziai a vedere la vita come doveva essere : vera, oggettiva, senza filtri. E poi c’e’ stato il passaggio da ragazza a donna: cambiano le priorità di vita, si diventa più sicure di se stesse.
*Alcuni personaggi del tuo romanzo rivelano la loro vera identità solo verso la fine. Saper attendere il momento giusto per rivelare la propria identità reale, i propri veri obiettivi, è anche una tua caratteristica?
Sinceramente no, quella complicità rivelata alla fine é emersa per dimostrare come alle volte anche le persone che ci sembrano distanti da noi, in realtà sono molto più simili di quanto si creda.
Che ruolo hanno imprevisto, assurdo e Potere nel tuo romanzo?
Importante: ho cercato di creare un intreccio che andasse a sorprendere sempre il lettore, a mostrargli una via che in realtà diveniva un’altra, a indicare come un’apparenza inganni, che dietro c’e’ altro. Anche per non annoiarlo. Sono stata anch’io vittima di libri noiosi e ho voluto evitarlo ai miei lettori. L’assurdo direi che c’e poco, forse c’e’ più la componente surreale. Il potere e’ l’antagonista della storia .
*E cosa mi dici della metafora del treno?
La figura del treno in realtà e’ nata perché nella mia vita esisteva effettivamente quel treno dell 8.28 che da ragazza universitaria che ero, non riuscivo mai a prendere. Poi la metafora me la avete fatta notare voi con le interviste, i lettori, le presentazioni, sempre occasioni di bellissimi confronti.
*Cosa rappresenta nella tua vita quell’uomo dagli occhi blu che impedisce costantemente alla protagonista di prendere quel treno e che la sorprenderà alla fine?
Devo essere sincera : quel personaggio e’ nato perché una volta l ‘ho conosciuto davvero. Stavo andando all’università’ di Pisa..ero in ritardo come al solito , era un giorno importante perché avevo un esame e non potevo perdere quel treno. Purtroppo arrivai trafelata al binario che le porte si stavano chiudendo e il treno era quasi in movimento, angosciata e delusa pensai subito che non avrei sostenuto l’esame dopo tanto studio e fatica, quando all’improvviso dal binario vuoto c mi sono trovata davanti quest’uomo che con forza ha aperto le porte e permesso di salire. Aveva due occhi blu grandi, molto belli e rassicuranti. Non lo dimenticherò mai. Forse , non mi sarei laureata se non fossi salita in tempo. Come personaggio, alla fine del libro, ha aiutato tutti . Metaforicamente per i credenti rappresenta un inviato divino che ci controlla, per i non credenti la possibilità di dare aiuto al prossimo .
Cosa significa per te, a livello esistenziale, essere una Viaggiatrice?
Mettersi in discussione. Ascoltare. Imparare.
Hai definito il tuo libro “un cacciucco” di piani narrativi. Cosa intendi?
Il cacciucco e’ tra i piatti tipici di Livorno, la mia città di nascita: si tratta di una zuppa di mare molto saporita , intensa e funge da piatto unico proprio perché e’ molto completo. Ci sono dentro molti tipi di pesce. Cosi Il treno delle 8.28, pur essendo di sole 100 pagine, credo sia molto “ saporito”, concentrato e vive di diversi personaggi, primari e non, tutti assolutamente funzionali alla storia. Poi, il mare e’ una immagine molto presente in tutta la storia. Inoltre, il romanzo e’ narrato in prima persona da Letizia e intervallato dai pensieri degli altri personaggi che ci raccontano, della stessa storia, il loro punto di vista.
*Quanto pesa nelle tue scelte e nella tua vita il rispetto dei vari punti di vista?
Pesa molto: penso che ognuno abbia la sua verità valida… degna di rispetto; al netto di criminali e disonesti, ognuno e’ portatore di una sua verità utile a tutti..
Trovi che oggi vengano rispettati i punti di vista nel mondo della comunicazione (televisione, stampa), in quello sociale e politico, in quello artistico?
Dipende a volte si’ a volte no, purtroppo nel caso dei mass media sappiamo che deve vincere l ‘audience a discapito dell’informazione vera, anche se esistono trasmissioni molto serie. Ma il tarlo dell ‘audience esiste sempre , perché non si può eludere il medium in questione, il canale televisivo o radiofonico o di stampa.
*Quali sono stati i passaggi della tua carriera come attrice, come hai iniziato?
Ho sempre recitato da bambina in casa : coordinavo i mie cugini e cugine nel recitare davanti ai parenti, ho continuato negli scout dove un’ animatrice mi disse che ero portata e mi consigliò di studiare. Cosi, A 14 anni mi sono presentata alla scuola di recitazione di Livorno, tra le poche dell’epoca, ma fui rifiutata perché occorreva avere 16 anni. Nel frattempo continuavo la danza classica e moderna e ai 16 feci l esame di sbarramento e lo superai. Con soddisfazione, visto che al tempo si presentavo centinaia di persone e ne accettavano 30. Un volta diplomata ho iniziato l ‘altra scuola, quella “ sul campo” con le realtà locali e regionali, decidendo poi di trasferirmi a Roma dove ho continuato col teatro, la fiction e la radio.
* Quali differenze e quali punti di contatto trovi tra recitare in teatro, al cinema e in televisione?
L’analisi porterebbe a scandagliare i vari aspetti che compongono il teatro, il cinema e la televisione, dalla regia alla fotografia, dalla sceneggiatura alla parte tecnica, io mi limito a rispondere ovviamente come attrice. Sono linguaggi diversi ma accumunati dalla autenticità, bisogna essere veri per arrivare alla gente. Solo che in teatro , se di prosa, puoi permetterti di essere più impostato, la tua voce si deve sentire sino all ‘ultima fila della platea, (se viene deciso di non usare l’impianto dei microfoni). E’ un live, una diretta: non si può bluffare in teatro : o vali o non vali. C’e il rapporto diretto col pubblico, con le luci, con gli applausi , con i respiri o gli starnuti dello spettatore che diviene parte quindi dello spettacolo stesso. Come attrice puoi anche adattarti al pubblico : se e’ un pubblico che reagisce, che ride, oppure se e’ silenzioso, e puoi sempre migliorarti durante le repliche e aggiungere sempre qualcosa o togliere ciò che non va come tempi recitativi o nelle battute: nelle prime repliche puoi saggiare se una battuta funziona o no a seconda della reazione del pubblico. Al cinema o fiction, la recitazione deve essere più intima, senza filtri. Rispetto alla televisione, nel cinema c’e’ tempo di analizzare la trama e il personaggio, poi si può girare con più calma mentre nella Tv diciamo che i tempi sono meno “ caraibici”, va tutto più veloce, con tutte le conseguenze del caso. Poi si aspetta sempre : per trovare il provino, per sapere l’esito del provino, per girare sul set ci sono tempi di attesa dovuti a scene che vengono montate e smontate come anche le luci. Sul set si aspetta tanto, ci vuole pazienza.
*E invece come hai iniziato a scrivere?
Ho sempre tenuto diari dai mie 7 anni ai 20 anni circa: mi ha aiutato a fissare le mie idee “ su carta” anche se oggi si deve dire “ su pc” 😉 e, a scuola, a essere bravina in italiano . Poi dai 16 anni ho iniziato a scrivere poesie, che continuo a fare.
Scrivere e recitare. Cosa hanno in comune per te?
L’elemento comune e’ creare personaggi con proprie emozioni e caratteristiche . In sostanza, la creatività, quel talento che permette alle emozioni di emergere, grazie sia alla ragione che alle intuizioni. Con la creatività riusciamo attingere alla nostra parte spirituale.
*E tu come esprimi la tua creatività?
Ovviamente la esprimo nel recitare e nello scrivere, ma anche in cucina: aprire il frigo e cucinare qualcosa con quello che trovo dentro mi diverte. Si esprime quando sono al netto dei problemi, e mi racchiudo e concentro su me stessa ascoltando quella vocina interiore insita in ciascuno di noi. La sento bloccata quando e’ circondata dalla superficialità degli eventi o delle persone e dalla mia stessa superficialità, perché non sono una santa! ☺
*Quale rapporto ti lega, come autrice, ai tuoi personaggi?
Sono i miei figli. Sono nati da me, io ho dato loro un nome, io li ho tenuti nel grembo della mia mente e poi sono nati e emersi sulla carta, con le loro sfumature emotive, con le loro avventure. Mi assomigliano come i figli, hanno il mio Dna. E, proprio come i figli, prendono la loro strada a un certo punto, come quando ti dicevo che esiste un frangente in cui la storia va da se’ e anche loro camminano da soli. C’é un momento in cui sono io a seguire le loro storie che seguono un loro corso e io devo scrivere cosa e’ meglio per loro, cosa e’ più funzionale alla storia.
Da dove attingi per creare i tuoi personaggi? C’è sempre qualcosa di reale in quello che immaginiamo..
In parte dalla pura Fantasia, in parte da ciò che osservo attorno a me..in particolare per il personaggio della madre di Letizia ho attinto dalle mille situazioni che oggi giorno incontriamo di coppie che si separano: amici, conoscenti, parenti. Nella figura di mamma saggia, ad esempio, ho sognato una certa ragionevolezza e comprensione che spesso nella realtà non c’e’ , dove spesso vincono i rancori, i dispetti, l’orgoglio, l’ego, elementi sterili che non migliorano le situazioni , anzi le peggiorano e non permettono di accettare un momento di vita che finisce per farne iniziare un altro magari migliore.
*C’é un personaggio importante, nel tuo libro, che tu chiami “L’Autore “: cosa rappresenta nella tua vita?
Potrebbe essere un dio, come potrebbe essere il potere dell’uomo, quindi l’ego, la causa delle guerre nel mondo e nelle famiglie, insomma e’ quello che uno ci vuole vedere, basta che generi domande o risposte: sarebbe già una vittoria per me; e’ un romanzo che parla a tutti, non per nulla non ci sono ambientazioni particolari. Perché é di tutti, si rivolge a tutti: non al livornese, non al romano, non all’ africano, non all’ argentino, ma all umanità. Apparteniamo tutti alla stessa razza, quella umana. E la natura con i suoi terremoti, alluvioni, vulcani che esplodono ce lo ricorda benissimo quanto siamo piccoli e sospesi nell’universo. Ci rendiamo conto che in questo momento la terra sta girando sul suo asse e noi con lei? Che sta seguendo la sua orbita attorno al sole ? Mentre scrivo qui, una meteora forse sta passando sopra le nostre teste, rimango meravigliata continuamente come una bambina, quanto e’ affascinante, e quanto siamo piccoli.
*Ti appartiene il recitare nella vita?
Esiste la citazione di Shakespeare : tutto il mondo e’ un palco e tutti siamo attori. E’ pericolosa, perché autorizza a sentirsi tutti attori, invece sapere recitare e ‘ un arte che va studiata in primis, perfezionata, rimodellata. C’e sudore e sacrificio. Per quanto mi riguarda recito solo davanti a una telecamera o sul palco, cercando di essere più vera possibile fuori da quei contesti con le conseguenze non spesso piacevoli. Perché l’ipocrisia e i tornaconti regnano sovrani, e non mi piacciono. Il treno delle 8.28 e’ un inno alla riscoperta dell’autenticità, a lottare per ciò che crediamo giusto, a sapere anche dire di no.
* Come sono i tuoi rapporti con gli altri?
L ‘empatia e’ fondamentale e un grosso segno di rispetto per il prossimo, e’ l’intelligenza emotiva che reputo di gran lunga più importante di quella razionale. Poi l’affettività mi frega spesso, ma non posso farne a meno. Ho imparato e sto imparando a non etichettare nessuno, a non giudicarlo, a lasciarlo vivere.
*E, in particolare, I tuoi rapporti con le altre donne?
Sarebbero buoni quando incontro donne intelligenti prive di complessi e insicurezze, perché in questo caso purtroppo emerge quella competizione che a volte diventa anche crudele e che non condivido. Io sono per la solidarietà tra donne, e’ dura ma non impossibile.
*Cosa è il Sogno, per te?
Il sogno e’ ciò che ci fa alzare la mattina dal letto. Tutti abbiamo sogni più o meno grandi. Sono le nostre passioni che non vanno mai abbandonate , perché ci aiutano a vivere. Abbandonare le passioni prima o poi genera aridità e invecchiamento precoce.
*E cosa sono le Coincidenze?
Bella domanda… Dunque, credo siano dei segni che l’universo o una dimensione altra non comprensibile dalla mente umana, ci manda per aiutarci a seguire il nostro percorso di vita. Ci sono arrivata da sola, per esperienze dirette che mi hanno fatto porre delle domande, poi mi sono informata. Sono quei fatti improvvisi, non scatenati da qualcuno, in un preciso momento, e non un minuto dopo, che spesso ti lasciano a bocca aperta e commuovono, se le sai cogliere. Jung con la sua sincronicità ce le ha descritte bene e ne ha dato una spiegazione scientifica.
*Quali sono i temi che ami o ameresti maggiormente trattare nei tuoi spettacoli?
Dopo l esperienza come acting coach sulla tratta degli esseri umani per l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in europa (OSCE), vorrei portare temi sociali, senza mai abbandonare la poesia. E’ stata un esperienza che mi ha formato e trasformato molto a livello professionale e umano.
*Quali sono , secondo te, i punti di forza e quelli di fragilità della tua generazione?
Ci sarebbero tanti aspetti da valutare, scegliendone uno, devo dire che il punto di forza e’ essere stati educati senza cellulare, come invece capita oggi sin da piccoli..credo che queste nuove tecnologie in mano a esseri ancora in formazione,e perciò deboli, siano la causa di tante violenze che vediamo alla Tv : questo bullismo dilagante ( cyber e nelle scuole) secondo me e’ frutto della violenza insita nei social che hanno abbattuto un certo pudore. Ci si da subito del “tu” , si crede di conoscere l’altro solo perché abbiamo visitato il profilo del caso. Questi social hanno reso tutto troppo veloce e in una mente debole con un background culturale e educativo scadente ( per assenza o debolezza della famiglia , scuola, centri di aggregazione, istituzioni) può portare a non rendersi conto della realtà, che viene distorta. Punto di fragilità? noi abbiamo visto troppi cartoni animati giapponesi invece 😉 scherzi a parte: siamo un generazione vittima dell’instabilità politica, non avremo pensione.
*Perché non ami parlare di te?
Perche ci sono cose che devono rimanere per se stessi.
*Sei una persona riservata: cosa significa per te esserlo?
Significa rispettarmi e non dare perle in pasto a chi non piaci, le famose perle ai porci, significa proteggere chi ami.
*Come donna hai avuto delle difficoltà a farti strada in questo mondo? Quali?
Ho notato quanto sia difficile farsi prendere sul serio, e;’ difficile perche quando dici “sono attrice”, spesso l’interlocutore, se uomo, ti guarda con uno sguardo come per dire : ah, allora ci stai, come se fosse una cosa automatica. Non ho nulla contro chi liberamente decide di usare il proprio corpo come vuole, mi rammarica che il corpo diventi un mezzo , diventi un oggetto e allora lì si svilisce tutta la natura umana, la femminilità fatta di forza e dolcezza, comprensione e attacco, accoglimento e stimolo, si diventa macchine . Inoltre mi rammarica se questo comportamento danneggia altre tipi di donne, talentuose e che hanno studiato. Essere attrice significa cultura: avete idea di quanti testi teatrali classici e moderni un’attrice legge per memorizzare le battute, o per valutare una offerta, o per preparare uno spettacolo ex novo? Purtroppo la televisione, soprattutto quella passata, proponeva una immagine di donna mezza nuda che sicuro non stimolava nei telespettatori dialettiche intellettuali, tuttavia ad oggi qualcosa e’ nettamente migliorato. Proporre una immagine di donna fatta, si’ di corpo, ma anche di testa e’ una responsabilità che la televisione non può non considerare.
https://youtu.be/MYsSVl7xk4w