AL G7 HANNO PARLATO ANCHE DI DONNE, NON SOLO DI DAZI.
Dunque. Me ne stavo gironzolando per il web quando sono inciampata nel sito del G7 del Canada. Sì, proprio quel G7 dove hanno litigato sui dazi, ben rappresentato dalla foto con la Merkel con le mani sul tavolo, Trump seduto e gli altri intorno con sguardo truce.
Non è andata benissimo, come hanno detto tutti i giornali, ma ci sta, è un periodo di grandi cambiamenti e di riequilibri mondiali, non siamo sorprese.
Quello che invece ci ha colte alla sprovvista è che al G7 non si è parlato solo di dazi e di massimi sistemi economici ma anche di donne (!), addirittura nel panel di apertura alla presenza di tutti i leader del G7. Sarebbe stato forse il caso di parlarne anche nei giornali? Pare di no. Sui giornali nazionali questa notizia non è passata, o almeno io non me ne sono proprio accorta. C’è stato giusto un tenue riferimento della Repubblica per sottolineare lo sgarbo di Trump che è arrivato in ritardo all’incontro “sulle donne”. Altra storia il New York Times, che ha aperto su questa notizia la prima pagina dell’edizione domenicale, o il Guardian, ad esempio
Proviamo allora a recuperare noi qui in extremis.
La cosa pare sia andata così. Justin Trudeau, il premier del Canada attentissimo alle diversità di ogni tipo (basta guardare a come è composto il suo Governo), è un femminista dichiarato senza vergogna. Uno che, sulla scia di Obama va in giro al World Economic Forum e in molti altri consessi nazionali e internazionali a dire che gli uomini devono essere femministi.
Trudeau, per rimanere sul tema e quasi fiutando il sorpasso in curva dello sconvolgente governo spagnolo con 11 ministre donne e 6 uomini, ha pensato bene di nominare per il G7 un Gender Equality Advisory Council con il compito “di trattare le questioni in agenda in modo trasversale, assicurando una costante tutela del principio di uguaglianza gender e di empowerment delle donne durante tutte le attività e gli incontri tra i leader e tra i ministri partecipanti”.
Il Consiglio ha avuto il compito di proporre azioni concrete per promuovere l’emancipazione femminile e si è avvalso della membership di donne che, da sempre, lavorano per eguali diritti civili, sociali e professionali. E’ composto da 21 donne che hanno un CV di massimo rispetto a livello mondiale, tra le più conosciute, ad esempio, Christine LaGarde del FMI, Malala, Melinda Gates (che ne è la presidente assieme all’ambasciatrice del Canada, Isabelle Hudn ), Winnie Byanyima, di Oxfam International e, udite udite, pure la nostra Emma Bonino.
Il lavoro del Consiglio, del quale si è discusso durante il G7, è stato raccolto in un report con tutte le raccomandazioni( trovate qui la pubblicazione) che meritano una lettura.
Ora, ok. Mi direte che è un report barboso e che alla fine si parla dei massimi sistemi. Effettivamente sono livelli così alti che si fa fatica a comprenderne l’impatto sulle nostre vite. Ma abbiate fede. La ricaduta di questi documenti la vedremo tra qualche anno, quando ci saremo già scordate che il cambiamento è partito anche da qui, e, tra l’altro, promette di continuare: Macron, che non vuole essere da meno di Trudeau, ha infatti già detto che il Gender Equality Advisory Council proseguirà i suoi lavori anche al prossimo G7 di Biarritz sotto la presidenza francese.
Nell’immediato bisogna, intanto, cogliere questo evento nella pienezza del suo valore simbolico. Il G7 è il punto di massima esposizione delle potenze mondiali, l’apoteosi del capitalismo, la celebrazione delle economie occidentali e dei loro rapporti di forza. Inaugurare i lavori con un panel dedicato alla Gender Equality è già di per sé stesso un risultato enorme. E’ come se Confindustria o la Banca d’Italia aprissero le loro convention annuali parlando di donne e di parità di genere. Non so se mi spiego.
E’ insomma una bella cosa, che ci fa capire come a livello mondiale l’”agenda” delle donne e la parità di genere si stiano imponendo come leva di crescita e di sviluppo in tutte le economie più avanzate. E non vorrei svilire la questione usando un termine social troppo inflazionato, ma il tema della Gender Equality sta diventando un “trend topic”. Da Metoo partito dagli USA al governo spagnolo fino a questo evento del G7 sono sempre più numerosi i segnali di una cultura progressista che a livello mondiale sta trovando nelle donne e nella parità di genere la sua chiave di rigenerazione, di rinnovamento e perché no, anche di rappresentanza.
Una tendenza, questa, di un nuovo femminismo 4.0 favorevole all’apertura, alla diversità e alla crescita del gender empowerment, che si pone in aperta opposizione e totale contrasto all’altra forza mondiale, anch’essa “trend topic”, quella conservatrice, populista e protezionista e, consentitemelo, maschilista, ben rappresentata dall’amministrazione Trump, da Brexit e, tanto per non farci mancare nulla, dal nostro nuovo governo.
Certo, come sappiamo la strada è ben lunga, ci vogliono ancora 100 anni per la parità a livello mondiale, come dice il Global Gender Gap Report 2017, ma avvenimenti come questo fanno ben sperare.
E l’Italia? Raggiungerà la parità tra 118 anni, dice sempre il Global Gender Gap Report.
Sarà forse il caso di cominciare anche noi a seguire timidamente e senza troppa fretta la direzione della storia che stanno prendendo gli altri paesi occidentali?
Magari parlarne un po’ di più, almeno? Eh?
Fonte Foto: https://www.ilpost.it/2018/06/10/g7-canada-conclusioni/