Servizio Volontario Europeo, cos’è e i perché di una scelta.
Circa due mesi fa ho scelto di lasciare l’Italia per intraprendere un’esperienza di volontariato all’estero. Oggi penso e ripenso a come sia possibile essere venuta a conoscenza dei dettagli del Programma Erasmus+, così, per caso, mentre tentavo l’ennesima inappagante (seppur dignitosa) esperienza di lavoro a quasi due anni dalla laurea magistrale.
Però è esattamente così che è andata. In un attimo di pausa, ho iniziato a cercare su internet qualche opportunità che mi permettesse di fare del volontariato all’estero con un investimento personale economico quasi pari a zero. Nonostante lavorassi, era ed è tuttora mia ferma convinzione che se si può trovare una soluzione meno dispendiosa vale la pena provarla, preservando i pochi risparmi per… tempi bui.
Intendiamoci, sapevo che l’Unione Europea finanziasse dei progetti di mobilità giovanile, ma temporanei e dunque non adatti alle mie esigenze. Mi riferisco ai famosi Youth Exchanges del Programma Erasmus+, cosiddetti “scambi giovanili”, che consentono a gruppi più o meno numerosi di età compresa tra i 13 e i 30 anni (a cui vanno aggiunti i group leaders, che potremmo definire guide esperte, stimolo e punto di riferimento durante lo scambio) di vivere un’esperienza all’estero allo scopo di approfondire temi specifici. Ci sono scambi dedicati ai diritti umani, o più specificamente ai diritti delle donne, all’immigrazione, al rafforzamento della democrazia, etc… I costi del viaggio, compreso alloggio e pasti, sono coperti dal Programma. Ogni scambio può avere durata compresa tra i 5 e i 21 giorni.
Tuttavia, desideravo qualcosa di radicale. Vale la pena di avere le idee molto chiare prima di intraprendere un percorso del genere. Il mio perché principale era legato alla volontà ferma di migliorare la mia conoscenza della lingua Inglese, e di conseguenza di avere maggiori chance di ottenere il lavoro dei miei sogni. Per quanto sia giusto e legittimo, ad un certo punto, fermarsi e convincersi che ciò che fai è il massimo che puoi avere, trovavo frustrante dovermi accontentare senza neanche averci provato.
E così, ho cercato e mi sono imbattuta nel sito internet European Youth Portal, un grande database di opportunità per i giovani, collegato tra l’altro anche al portale per il lavoro Eures. Da lì, dopo una breve registrazione, se è il volontariato ad interessarti, vieni indirizzato alle offerte dell’European Solidarity Corps che puntano ad incrociare la domanda di volontari con gli aspiranti che provengono dall’Unione Europea e dai paesi partner (come Norvegia, Turchia e Armenia). Dunque questo è il famoso Servizio Volontario Europeo (SVE). In cosa consiste? Innanzitutto, come per gli scambi, anche in questo caso la copertura delle spese di viaggio e alloggio è garantita. Generalmente, almeno un pasto è altresì garantito, soprattutto durante le giornate lavorative. E cosa succede nei restanti giorni? Puoi vivere e coprire spese per il tempo libero e restanti pasti con il pocket money mensile che l’Organizzazione ospite è tenuta a versare ogni mese. Una paghetta? Quasi, e posso garantire che – almeno nel mio caso specifico (SVE in Ungheria) – è più che sufficiente.
Il progetto deve piacerti. Ciò che necessariamente deve orientare la tua scelta è la passione per il volontariato, la dedizione alla causa, il target di riferimento del progetto.
Prova anche ad immaginare cosa vuoi fare dopo questa esperienza.
Per partecipare ad uno SVE occorre avere un’età compresa tra i 18 e i 30 anni. Un progetto può avere durata minima di 2 settimane e massima di 12 mesi (quest’ultimo è il mio caso).
Se mostri proattività e curiosità, le possibilità che ti si aprono sono immense e puoi davvero scoprire cose nuove e inaspettate di te stesso. È un viaggio dentro e fuori di te, con momenti buoni e certamente meno buoni, ma fanno tutti parte del percorso.
Dipende dall’età che si ha al momento della partenza, ma posso garantire che non si tratta solo di divertimento. Non ci si può e non ci si deve aspettare di vivere e viaggiare gratis senza dare niente in cambio. C’è un aspetto di concretezza e serietà che non va mai trascurato.
Lo SVE è una grande occasione di apprendimento.
Al termine del servizio volontario, ricevi una sorta di certificazione (valida ovunque e senza scadenza) chiamata Youthpass, che attesta quali competenze hai sviluppato. Le aree di competenza sono in totale 8: communication in mother tongue; communication in a foreign language; matemathics; digital competences; culture; civic and social competences; enterpreneur competence; learning to learn.
Le cose da dire sarebbero ancora molte, e nonostante il grande lavoro svolto dalle associazioni italiane sul territorio (le ringrazio tutte, in primis la mia), sono basita dal numero di persone che mi chiedono cosa sia il Servizio Volontario Europeo. Viaggiare e fare del volontariato all’estero non può e non deve essere appannaggio esclusivo di giovani “benestanti”. Pubblicizzare questi programmi è parte del principio di garanzia e tutela della pari opportunità per tutti i giovani di formarsi non solo a scuola ma anche attraverso esperienze pratiche e solidali.
E se siete curiosi di sapere qualcosa in più sulla mia esperienza, lasciate un commento.
1 commento
Pingback: Servizio Volontario Europeo, perché partecipare – Il Blog dell'Autodidatta