Questa è la storia di due donne ed una casa abbandonata. 25 ragazze violentate dai nazisti ed una domanda alla Croce Rossa Italiana.
Sono a Vinca, in cima alle Apuane.
Borgo nella stupenda Lunigiana , arroccato fra monti ricchi di boschi e sentieri dove si arriva per una strada di tornanti che sale per parecchi chilometri. Famoso per il suo pane, la sua acqua i suoi paesaggi ma anche per essere stato testimone di tre giorni fra i più oscuri e maledetti della storia non solo italiana ma dell’intera umanità.
E’ una domenica d’agosto e con un gruppo di boy scout venuti da Bari mi trovo a parlare con Neda e Concetta che ci hanno accolti per raccontarci di questo luogo e di questo territorio.
Non è facile parlarne ma sono storie che vanno raccontate, nonostante l’emozione ed il dolore palpabile che si rinnovano ogni volta. Emozione che si intravede subito appena Neda inizia a raccontare e, se non bastasse la maglietta con cui ci ha accolti, sarebbe il tono della sua voce a trasmetterci l’importanza per lei di questo momento. Accade, infatti, che a Vinca ci sia stata una delle più orrende stragi nazifasciste mai perpetrate in Italia.
Una strage durata tre giorni. Dal 24 al 27 agosto del ’44.
Strage dove furono uccise 174 persone. E proprio 174 c’è scritto sulla maglietta di Neda.
In rosso, insieme a “Io sono Vinca, per non dimenticare”.
E, per non dimenticare siamo qui in questo agosto, settantaquattro anni dopo, e mi faccio raccontare quello che accadde dalla sua voce, guidata da lei in questo luogo che ormai, si ripopola solo d’estate ,purtroppo. Saliamo al cimitero, vediamo il sacrario, i nomi scritti sul muro, il monumento con la mamma distesa ed il bimbo sulla pancia. Forse, penso fra me, a ricordare quella mamma incinta di Vinca violentata e poi squarciata nel ventre. Il suo bimbo gettato in braccio al padre, per fucilarli poi ,u n secondo dopo entrambi.
Insomma, camminando arriviamo ad una casa abbandonata. C’è il n 1 ed è la prima della strada che porta in paese. Una casa abbandonata, chiusa da quasi vent’anni.
Una casa su cui si legge in una targa di marmo che era la sede della Croce Rossa Italiana di Vinca, CRI di cui e’ ancora la Proprietà’,a Roma. insomma Neda mi racconta che in questa casa abbandonata e dalle finestre chiuse, quel maledetto ventiquattro agosto del ’44, furono portate venticinque ragazze, alcune con i loro bimbi piccolissimi. Cinque, di pochi mesi o pochissimi anni. Portate li’ e violentate per ore, insieme ai bimbi, davanti a loro.
Per ore,salvo poi,verso sera portarle in un recinto dove si pascolavano gli animali,il Mandrione,metterle in piedi su quel muretto ed ucciderle a gruppi di quattro, cinque per volta. Sparandole alla pancia, insieme ai bimbi, ovviamente. Lasciandole li’, mentre altrove li’ vicino continuava la mattanza. Al sole di quell’agosto per cui ai genitori, finito quell’orrore ,non rimase che bruciarle li’, dove erano.
Neda racconta e io si, lo so, lo so che sono cose che so già ed è Storia…ma mi sento male, il cuore si stringe. Guardo quella casa, quelle finestre chiuse. Penso a cosa è avvenuto li’, a cosa hanno visto quelle pareti. Cosa racchiudono da anni e anni. Neda mi dice ad un tratto: “Se quelle pareti potessero parlare!”
E’ un click. Un attimo pensare che quelle pareti “devono “poter parlare. Devono raccontare e, soprattutto, quelle finestre devono essere aperte. Chiedo se hanno chiesto per caso già alla Croce Rossa la possibilita’ di usarla quella casa. Riaprendola, facendone un museo ma anche un luogo vivo di Memoria. Qualcosa che ridia voce a quelle ragazze, che ne onori il ricordo e le vite interrotte ed offese cosi.
Neda mi racconta che hanno fatto di tutto. Che una Società storica del luogo si era anche offerta di comprarla quella casa, ripeto, vuota da vent’ anni ed abbandonata.
Niente .NESSUNA RISPOSTA. Insomma io non posso credere a quello che sto ascoltando. Non posso credere che si preferisca anzi lasciare chiusa, abbandonata mandandola in rovina una casa che abbia quella storia, quel valore simbolico per una intera collettività che tanto ha subito e sofferto. Ma, sinceramente, anche per tutti noi che comunque di questa storia orrenda che non vogliamo mai più si ripeta siamo testimoni e parte attiva solo per averne conoscenza. Allora , una domanda spero arrivi alla Croce Rossa Italiana ,a Roma ,al suo Presidente Nazionale Francesco Rocca e ai suoi piani altissimi. Davvero non potete fare a meno li’ di questa casa? Davvero non si possono aprire quelle finestre? Fare uscire le urla di dolore di cui quelle mura sono testimoni trasformandole in qualcosa di bello, che abbia valore e sia luogo di riflessione e memoria per chi lì arriva ?
Ci sono persone a Vinca che questa risposta la attendono da tanto, troppo tempo. Ci sono donne e uomini che non dimenticano. Ci siamo noi qui, oggi, che neanche riusciamo a pensare come sia stato possibile sopportare e vivere quello che è accaduto dietro quelle finestre.
Quindi se CRI è qualcosa che fonda la propria attività sui sette Principi Fondamentali di “..Umanità, Imparzialità, Neutralità, Indipendenza, Volontariato, Unità e Universalità” se …la C.R.I. promuove “.. lo sviluppo dell’individuo, inteso come la possibilità per ciascuno di raggiungere il massimo delle proprie potenzialità, di vivere con dignità una vita produttiva e creativa”..è in questa casa, al n1 di Vinca, in questo borgo sperso fra i monti che tutto quello che sorregge proprio l’attività della Croce Rossa e’ stato violato, tradito, negato. Tutto questo. Violata e negata ogni logica possibilità di Vita. Queste righe, quindi, per essere con Neda e con chi ha fatto “quella domanda”. Poter chiedere di far rinascere a nuova vita quella casa.
Aprendo ,finalmente, quelle finestre. Facendone uscire il dolore e trasformandolo per quanto sia impossibile dimenticarlo. Attendiamo una risposta.
Da CRI, dal suo Presidente o da chiunque abbia il potere di decidere. Attendiamo una risposta.
Venticinque ragazze aspettano.
Aspettano i loro genitori, quelli che ne ritrovarono gli indumenti intimi a mo’ di trofeo in paese.
Aspettano i loro bambini.
E..aspettiamo anche tutti noi, oggi ,qui con loro.
A Neda e Andrea Quartieri,Concetta Goffredo Colonnata per l’accoglienza,
agli abitanti di Vinca ,a chi ricorda ed e’ ricordato ancora.