40 anni in 40 giorni: diario di un viaggio indimenticabile – II parte
Isole della Grande Barriera Corallina: Hamilton e Fraser Island
di Rossana Piasentin
L’arrivo in volo a Hamilton Island nell’Arcipelago delle Whitsundays è uno spettacolo: l’oceano è letteralmente disseminato di isolotti disabitati e ricchi di vegetazione. Scendendo dall’aereo si viene subito avvolti dal quel “teporino” che io adoro e che fa immediatamente venir voglia di togliere le sneakers e mettere le infradito… ecco, sono nel mio clima, penso.
Nell’isola, di proprietà della famiglia Oatley, si gira a piedi o con i golf cart, quindi non ci sono rumori se non il mare e i garriti dei pappagalli. Si, perché ce ne sono una quantità, bianchi con la cresta gialla o più piccoli e coloratissimi, molto curiosi e simpatici.
Meno simpatiche invece le meduse Irukandji, piccolissime, 1 cm circa, la cui puntura può essere letale… ci sono cartelli sulla spiaggia che avvisano della loro possibile presenza, ma per fortuna questo periodo è buono, quindi i bagni sono assicurati.
Ma lo spettacolo vero, quello che lascia senza fiato, lo scopriamo quando con la barca raggiungiamo Whitehaven Beach, una delle spiagge più belle del mondo. La scopri a poco a poco, arrivando: il mare da blu diventa più chiaro e la costa, ricca di vegetazione, lascia spazio a lingue di sabbia silicea che si intersecano con il mare creando paesaggi irreali che cambiano forma e colore in continuazione seguendo le maree…fino a diventare una spiaggia enorme, la spiaggia più bianca che io abbia mai visto, bianca accecante… Lì ho fatto il bagno con 5 razze che mi nuotavano a fianco nell’acqua cristallina, solo io e loro. Si, perché per fortuna, l’isola non è abitata, e i pochi passeggeri che arrivano con le escursioni si disperdono sulla costa.
Rientrati a Brisbane, partiamo in auto per River Heads, da cui ci si imbarca per Fraser Island. Durante il viaggio scopriamo che ai lati della strada, oltre ai cartelli delle indicazioni stradali, ce ne sono altri che propongono quiz per tener desta l’attenzione. Rispondiamo alle domande e aspettiamo il cartello successivo per controllare se abbiamo dato la risposta corretta.
Mentre siamo sul traghetto, leggiamo i comportamenti da tenere con i dingo, un cane selvatico che può anche essere aggressivo; la popolazione presente su Fraser è pura e quindi, per preservarla, non permettono ad altri cani di accedere all’isola.
La sera cala rapidamente e ci affrettiamo a raggiungere la spiaggia per il tramonto, che qui è veramente uno spettacolo… mare praticamente fermo, barche ancorate, pontile che si protende nel blu e, sullo sfondo, la costa australiana. E poi è tutto un succedersi di sfumature che tendono sempre più al rosso e al blu scuro man mano che il crepuscolo cede il passo alla notte…
A Fraser Island non esistono strade, ma solo sentieri sabbiosi da percorrere con mezzi appositi. Raggiungiamo la costa su un pullman con ruote giganti. La vegetazione, foltissima e ricca di altissime felci arboree, a mano a mano si dirada per lasciare spazio alle dune di sabbia. Scendiamo un po’ provati, ma la vista della 75 mile drive ci ripaga del “frullamento” precedente. E’ una spiaggia enorme che, maree permettendo, funge da autostrada, con le macchine che la percorrono e piccoli aerei che la utilizzano come pista di partenza e atterraggio. E poi, là in fondo, ci sono le balene, coi loro getti d’acqua e le loro schiene lucide. Più avanti troviamo il relitto della motonave Maheno, inquietante eppure bellissimo. La ruggine colora di rosso alcune parti, mentre il resto è scuro, quasi nero o ricoperto di conchiglie e concrezioni calcaree. Mi affascina. Penso alla sua storia, alle feste che deve aver visto quando, agli inizi del 1900, era un’elegante nave passeggeri e poi a quanti feriti ha trasportato come nave ospedale durante la prima Guerra Mondiale, per finire i suoi giorni nel 1935 scaraventata da un ciclone sulle coste di Fraser Island mentre veniva trainata in Giappone per essere demolita.
Più avanti, ci sono i Pinnacles Coloured Sands, le montagne di sabbia colorata in netto contrasto con la sabbia bianca della spiaggia, altra meraviglia.. e il lago Mckenzie, circondato da sabbia silicea dove, volendo, si può fare il bagno. Ma questa volta io “passo”, complice un cielo nuvoloso che non mi invoglia e il pensiero che tra poco raggiungerò la Polinesia..
Rossana Piasentin, milanese di nascita ma con sangue veneto nelle vene, dopo il Liceo Scientifico si laurea in Scienze Biologiche ad indirizzo ecologico all’Università Statale di Milano e da subito si dedica con entusiasmo all’insegnamento nelle scuole superiori, attività che diventerà il suo lavoro-missione fino alla pensione. Sposata e madre di due figli maschi che ora sono adulti, scopre di avere del tempo libero. Appassionata di fotografia, cucina e viaggi, ama girare il mondo per conoscere popoli e culture diverse. Attiva anche sui social network, condivide le sue esperienze di viaggio costruendo album fotografici e filmati.