Si può fare un film sul Dolore, sulla ignavia del genere umano, sul Potere senza mostrare un gesto violento, un urlo, senza niente di quello che di ovvio ti aspetteresti di trovare ? Alessio Cremonini c’è riuscito. “Sulla mia pelle” è , infatti, uno straordinario documento sulla banalità del male.
Riuscendo a provare lo stesso esattamente tutto quel dolore, tutto il peso di quella ignavia, di quel potere mal interpretato e distorto? Si,incredibilmente si.
Alessio Cremonini regista di “Sulla mia pelle” in questo e’ riuscito perfettamente,consegnandoci un’opera unica,un quadro universale in cui Stefano Cucchi ,la sua vicenda e chi ne e’ stato protagonista e vittima diventano archetipi universali per tutti noi.
“Sulla mia pelle” e’ , infatti,uno straordinario documento sulla banalita’ del male.
Quella di cui possiamo essere capaci tutti noi semplicemente non soffermandoci un secondo piu’ del dovuto su quanto ci e’ strettamente richiesto.
Banalita’ del male che si mostra nella mera esecuzione del dovere minimo,della routine assegnata.
Banalita’ del male nel giudice che non alza gli occhi per guardare chi ha davanti ,per esempio,cosi come di tutti coloro che ,semplicemente,si sono accontentati negli ultimi sette giorni della vita di Stefano Cucchi delle sue risposte ,anzi delle sue “non risposte”.
Documento contro il Potere certo. Quello che viene usato contro chi e’ piu’ debole,contro chi deve esserlo perche’ e’ cosi che vanno le cose e non c’e’ altro modo.
Testimonianza di un dolore familiare che inizia molto prima della vicenda in se’,mostrato con delicatezza senza pari.Testimonianza di una famiglia normale,di persone alle prese con una burocrazia che affonda e schiaccia chi vi si imbatta con la semplice ,buona e riservata deferente reazione delle persone “per bene”.
”Sulla mia pelle” lascia senza fiato,lascia un pugno nello stomaco senza aver mostrato niente di piu’ che non la rappresentazione di un universo di colpevolezza di tutti ,o perlomeno di tanti,che hanno vissuto quella vicenda e ne siano stati a conoscenza.
Lasciando questo esserci senza agire, questo non fare niente di piu’ come il messaggio piu’ forte e ripugnante alle coscienze di tutti noi che vediamo svolgersi la storia di quei giorni .
I carabinieri del pestaggio saranno puniti e ,certamente,quello è inizio e causa della vicenda e della morte di Stefano ma è anche indubbio che , a questo, si accumuli il “dopo”.
Si aggiunga il peso infinito ed insopportabile di tutti ,tutti coloro che quello che era visibile fosse accaduto hanno dato per scontato . Il peso infinito di chi ha visto e si e’ lasciato tutto alle spalle una volta terminato il proprio turno di lavoro. Il peso infinito e il senso di nausea dell’universalita’ del pensiero che “lo sporco,brutto e cattivo” debba essere cosi,e sono cosi ,quindi,la Vita e la Fine che si merita .
Senza andare oltre.
Sinceramente,inoltre,non capisco perche’ tante delle Forze dell’Ordine si siano risentite per questo film. Personalmente credo che cio’ che e’ accaduto ed e’ stato mostrato renda ,invece,onore proprio ai tantissimi che il loro dovere lo fanno correttamente. Renda onore , per esempio,a Riccardo Casamassima, Carabiniere, che quella violenza ha testimoniato e denunciato, cosi come renda onore ai tanti,onesti e corretti che reggono con gli stessi mezzi malandati forniti oggi questo Stato incomprensibile e che mai si sarebbero comportati cosi o si comportano.
Il Potere distorto che salta agli occhi in “Sulla mia pelle” e’ trasversale, e prosegue anche oltre la bastarda violenza di quei militari .
Permea la sensazione di debolezza che quei familiari provano nel chiedere notizie di un figlio che non riescono a vedere,l’abitudine di non prendere piu’ una iniziativa possibile del medico che non fa quella telefonata ,di chi si attacca alle regole scritte come difesa per non pensare autonomamente,permea il distacco di quel giudice che non e’ andato oltre.
Permea la sensazione di vigliacca complice collusione presente nella vicenda di Stefano Cucchi ,nelle altre accadute nel silenzio come in quelle di oggi in cui chi potrebbe approfondire non rischia il minimo fastidio che alteri una routine di pavida ,sottomessa abitudine finanche a cio’ che si veda di palesemente ingiusto.
Insomma ,se parliamo del film dobbiamo dire che è indubbiamente un gioiello di delicatezza e consapevolezza di una vicenda umana e disumana che meglio non credo avrebbe potuto esser raccontata. Con un Alessandro Borghi da premio Oscar e una fotografia che diventa parte del racconto e della narrazione. Ma è difficilissimo davvero scindere ciò che e’ finzione dalla realta’ dato che ogni fotogramma (salvo la voce fuori campo di un detenuto che dialoga con Stefano per raccontatore il suo immaginario) e’ basato su episodi e fatti realmente accaduti ed agli atti del processo. Vediamo solo Stefano, vediamo chi l’ha picchiato, la sua famiglia.
Vediamo Ilaria ,la sorella che non gli perdonava la sua irrequietezza ,i suoi sbagli,ma la donna e sorella che poi ha saputo con forza e con orgoglio difenderlo al di là di questi.
Difenderlo trovando quelli di altri,li’ dove le cose si volevano dolosamente confuse .
Li’ dove sarebbe stato piu’ facile lasciare andare perche’ la vittima deve essere quella ,per rispettare la rassicurante iconografia umana del predestinato dal suo stesso modo di essere e di vivere .
“Sulla mia pelle” quindi va visto cosi. Con la certezza di colpe di molti su cui ancora tanta luce va fatta ma anche ,e soprattutto,facendo a noi stessi una infinita’ di domande. Chiedendoci se e quando siamo stati complici anche noi di qualcosa. Chiedendoci se e quando anche noi ci siamo difesi dietro una apparenza ,chiedendoci se quella ci sia bastata per non andare oltre ,per non farci troppe domande. Ora piu’ che mai questo.
Ora che ci vogliono far credere che chiudendo la porta delle nostre case ,nelle nostre presunte piccole sicurezze individuali si possa trovare la certezza di andare avanti senza avere grane. Ora che ci vogliono far credere che guardare oltre ,alzare la testa per chiedersi se una cosa sia giusta o sbagliata non sia utile perche’ e’ meglio demandare questo a qualcuno che pensa per noi e che per noi regola tutti i conti.
Ilaria Cucchi quella testa l’ha alzata, riuscendo dove tutto sembrava impossibile.
Dove finanche Stefano aveva rinunciato pur avendone “sulla sua pelle” i segni.
Purtroppo lo sappiamo bene.
Viviamo in un Paese dove anche chi e’ vittima per essere difesa deve rispondere a certi canoni.
Dove anche per essere vittima e chiedere Giustizia devi essere socialmente percepibile come gradevole ,ben accetto. Stefano questo lo sapeva.Non denuncia durante la sua vicenda,durante quei sette giorni.
Non parla e se lo fa è con le persone sbagliate che si confida perche’ sa benissimo che non sarebbe creduto,che “uno come lui” non l’avrebbero ascoltato,anzi,che la sua situazione si sarebbe ulteriormente complicata. Il caso di Stefano ci fa crescere alla velocita’ della luce in umanita’ e consapevolezza se solo sappiamo coglier questo messaggio universale che ci lascia.
Questa volonta’ di “andare oltre”, di non abbassare lo sguardo .
Per questo,non dobbiamo smettere di ringraziare Ilaria Cucchi per la battaglia che ha condotto.
Possiamo essere ,oggi,tutti vittime o carnefici anche solo voltandoci dall’altra parte.
Giustizieri sbagliati, giustizialisti acefali ed urlanti o cittadini consapevoli , esseri umani dotati di capacita’ di scegliere e chiederci cosa sia giusto fare o subire .
Pensare che il Male sia tutto da una parte non ci assolve, è solo un altro mezzo per non farci pensare.
Magari darci solo un’altra , possibile e piu’ semplice, deresponsabilizzante ,soluzione preconfezionata.