Giada Ales, Professional e Shadow Coach, Teen Coach e co-fondatrice de “Il bambù di Ryunyo”, ci racconta la realtà dei bambini e delle bambine “gifted”.
Abbiamo conosciuto Giada Ales in occasione della precedente intervista qui su Dol’s, intitolata “Il dono del cambiamento” . Dopo aver parlato dei vari aspetti del suo lavoro, stavolta approfondiremo il tema della plusdotazione.
Molto spesso i genitori sognano che il proprio bambino/a mostri di possedere dei talenti speciali che possano consentirgli di crearsi un futuro felice e appagante. Nella realtà spesso accade, invece, che i bambini “gifted” (ad alto potenziale cognitivo o plusdotati) non vengano riconosciuti come tali. E da ciò derivano una serie di conseguenze che influiscono in modo negativo anche sulla loro autostima.
In questa intervista Giada ci spiega chi sono questi bambini e bambine, perché è così importante riconoscerne la plusdotazione e come, anche attraverso un percorso di Coaching su misura, li si possa aiutare ad avere uno sviluppo sereno ed equilibrato.
Quando, come e perché nel tuo percorso professionale come Coach hai scelto di occuparti di plusdotazione? (e puoi darci una definizione per questo termine)
Ho iniziato quando una mia ex collega, spinta dalla necessità di aiutare suo figlio, ne intuì la probabile plusdotazione, confermata poi successivamente con una valutazione specifica. Per spiegare questo termine, prendo in prestito la definizione usata dall’Associazione Step-Net Onlus Nazionale: “Il termine plusdotazione (o giftedness) […] è usato in due accezioni: per definire soggetti con un livello di abilità generale molto al di sopra della media, oppure soggetti dotati di un talento eccezionale in un campo specifico, come la musica, la matematica o altro”.
Mi sono subito appassionata a questa realtà (parliamo di una caratteristica individuale che si manifesta nel 5% della popolazione), perché a causa delle loro peculiarità i/le bambini/e e ragazzi/e plusdotati/e spesso non sono riconosciuti come tali o sono visti come problematici.
Quali sono le loro peculiarità?
Si tratta di bambini/e e ragazzi/e fortemente empatici, sensibili, hanno la tendenza a proteggere gli altri e a difenderli dalle ingiustizie. Quando vengono valutati presentano un QI superiore a 130 (la media è 100). Imparano dopo una o due ripetizioni, fanno domande specifiche e “scomode” molto precocemente. Hanno idee bizzarre e stravaganti, discutono i dettagli e per questo in famiglia e a scuola vengono considerati polemici e ipercritici, anche verso se stessi. Hanno un’ottima memoria, sono inventori ed esploratori, preferiscono il confronto con gli adulti e s’interessano di temi astratti e complessi. Spesso imparano a leggere, a scrivere e a fare calcoli ancor prima di andare a scuola. In apparenza sembrano distratti, in realtà sono in grado di ascoltare e poi ripetere una lezione mentre disegnano o disturbano i compagni. Amano anche imparare più cose contemporaneamente.
Sono quindi dei “piccoli geni”?
Definirli piccoli geni è estremamente riduttivo: a fronte di tanta precocità e sensibilità ci sono spesso zone d’ombra che faticano ad illuminare e che sono allo stesso tempo un aspetto evidente del loro esistere: si sentono incapaci, stupidi, inadatti, magari solo perché non sanno allacciarsi bene le scarpe, oppure leggono o scrivono male, o non ricordano le regole di una buona cura di sé, o non sono agili nello sport come gli altri. O magari perché, sapendo già molte cose e avendo una spiccata propensione all’immaginazione, a scuola si annoiano, o risultano troppo saccenti per i compagni, e per questo possono essere facilmente vittime di bullismo. O anche perché non riescono ad essere “perfetti” come vorrebbero.
La plusdotazione è sempre esistita? Oppure è una scoperta recente?
Sono sempre esistiti individui plusdotati. Leonardo da Vinci, Mozart, Goethe, Galileo Galilei, Eistein, Copernico, Darwin. Ma anche i più moderni Barack Obama, Quentin Tarantino, Meryl Streep, Matt Damon e Bobby Fischer, il famoso campione di scacchi. Sono tutte persone che hanno (o hanno probabilmente avuto) un QI oltre i 130.
Però nella plusdotazione non parliamo solo di QI, ma anche di abilità e di talento (vedi la definizione che abbiamo dato prima). E sul concetto di talento trovo molto interessante ciò che ha scritto la Prof.ssa Zanetti: “Oggi, la ricerca scientifica condotta in tre campi tra loro distinti ma interrelati – la psicologia, lo studio dei processi educativi e le neuroscienze – ha completamente demolito i falsi miti e le false concezioni riguardanti il talento. Oggi il talento non è più visto come qualcosa che si possiede o non si possiede, ma piuttosto come un processo di evoluzione fluida basato su (diversi) aspetti”. (“Bambini e ragazzi ad alto potenziale” a cura di Maria Assunta Zanetti, 22).
Quali sono le difficoltà che i plusdotati si trovano a dover affrontare, a scuola e in famiglia?
I problemi nascono quando non vengono riconosciuti come tali. Dal fatto di doversi omologare ad un metodo di studio poco adatto a loro, dall’essere messi a confronto con altri bambini e perciò considerati in modo negativo, perché “non sono come gli altri”. Tutto questo spesso alimenta la rabbia, perché come tutti i bambini i plusdotati non sempre hanno ancora gli strumenti per farsi ascoltare nei loro specifici bisogni, educativi ed emotivi. E dalla rabbia nascono spesso comportamenti difficili, anche violenti, oppure una chiusura a riccio altrettanto pericolosa, che li può portare ad isolarsi da tutto e da tutti.
Quali possono essere le conseguenze?
Un bambino plusdotato non riconosciuto può diventare un adolescente a rischio di sottorendimento o abbandono scolastico e un adulto che si sentirà probabilmente sempre “fuori posto”, con la tendenza ad effettuare scelte, anche lavorative, non allineate con il suo essere più profondo. E, dal mio punto di vista, una conseguenza altrettanto grave per l’umanità è la perdita di potenziali incredibili, di personalità luminose e stimolanti che potrebbero senza dubbio agire in infiniti modi per il bene comune.
Quale risposta possono dare, invece, la scuola e la famiglia rispetto alla plusdotazione?
Sono fermamente convinta che creare un flusso di corretta informazione su quella che non è una malattia (o un disturbo), ma un insieme di specifiche attitudini a percepire e vivere la realtà, sia il primo passo per garantire il futuro di questi ragazzi, fondandolo su una educazione multi potenziale ed inclusiva. Daisaku Ikeda, filosofo e prolifico scrittore buddista giapponese, insignito del premio delle Nazioni Unite per la Pace, afferma: “Lo scrittore francese Victor Hugo osservò: ‘La nuova generazione è il futuro’. Educare i giovani è il modo di far crescere la corrente di umanità e pace in un grande fiume che durerà per sempre.” Per educare i giovani, dobbiamo per primi noi adulti educarci al loro sostegno.
Quanto è conosciuto, attualmente, il tema della plusdotazione in Italia?
Nel nostro paese esistono associazioni molto preparate e attive. Tra queste la Step-Net onlus nazionale, l’Aget – Associazione Genitori Education to Talent e l’Associazione Scientifica GATE-Italy, di cui fa parte la Dr.ssa Daniela Lucangeli, particolarmente attiva nel veicolare una corretta informazione sulla plusdotazione, anche a livello internazionale. Esiste inoltre una fitta rete italiana che permette alle famiglie e alle istituzioni scolastiche di entrare in contatto con questa realtà più facilmente.
Come riesci a spiegare ai genitori la plusdotazione?
Al di là delle necessarie informazioni tecniche, quello che dico a tutti i genitori è che i loro figli possiedono un dono meraviglioso e che possono, insieme a loro e al di là delle fatiche del momento, imparare ad usarlo per essere felici insieme.
Come Life & Teen Coach, che tipologia di percorso proponi a bambini/e e ragazzi/e plusdotati?
Una cosa importante da premettere è che come Coach non posso erogare i test che vengono usati per la certificazione della plusdotazione attraverso la valutazione del QI (è compito degli psicologi e di centri specializzati), né tantomeno intervenire in tematiche prettamente psicologiche. Quello che posso fare, su richiesta delle famiglie, non si discosta da un percorso classico di Coaching: seguirli per un tempo prestabilito affinché acquisiscano sicurezza di sé e scoprano come poter manifestare la propria forte personalità e i talenti che li caratterizzano – possibilmente divertendosi!
Come riesci ad aiutarli, nello specifico?
Spesso, durante il mio percorso con loro, il pretesto di aiutarli a migliorare il rendimento scolastico diventa l’occasione per scoprire come possono potenziare se stessi. Insieme mettiamo in luce gli strumenti che già possiedono (curiosità, ironia, ricerca dei dettagli, empatia e intuito) e capiamo come usarli. Poi andiamo a cercare quelli che mancano e che vogliono acquisire, imparando come e dove trovarli e anche a chi possono chiedere aiuto in questa ricerca. Ed è stupefacente vedere con quale rapidità questi ragazzi imparano che possono farcela e che hanno in sé tutte le potenzialità per essere felici. Cominciando a credere in loro stessi, superano limiti che solo poco tempo prima sembravano insormontabili.
Quanto durano, in genere, questi percorsi?
Dipende dal contesto generale, dagli obiettivi della famiglia e dall’età dei ragazzi. Ogni percorso è come un abito su misura: deve necessariamente adattarsi alle necessità e alle esigenze di chi lo richiede.
A che età un bambino/a può iniziarli?
Personalmente, ho avuto modo di lavorare con ragazzi di 9 e 10 anni.
Al di sotto di questa età, propongo percorsi solo per la famiglia, per aiutarli ad essere genitori di bambini plusdotati.
Sei attiva solo a Roma e provincia?
No, oltre a percorsi in presenza e soprattutto per adulti e adolescenti (plusdotati e non), propongo sessioni e percorsi anche on line o al telefono.
Un’ultima domanda: puoi consigliarci dei libri da leggere sulla plusdotazione?
Certamente. Tra i testi disponibili in italiano consiglio, in particolare, questa mini-lista:
“Zone prossimali di sviluppo per l’alto potenziale cognitivo (e altri scritti)” di Giovanni Galli. E’ “un testo molto ‘serio’”, come scrive l’autore, psicologo e psicopedagogista specializzato in Alto Potenziale Cognitivo, che chiarisce molto bene tutti gli aspetti della plusdotazione.
“Troppo intelligenti per essere felici” di Jeanne Siaud – Facchin: un testo che affronta la giftedness anche dal punto di vista degli adulti.
“Bambini e ragazzi ad alto potenziale: una guida per educatori e famiglie” a cura di Maria Assunta Zanetti (già citato prima riguardo al concetto di talento).
“Ad alto potenziale – storie di bambini plusdotati”: a cura della Step- Net Onlus, il mondo visto da queste bellissime “farfalle di cristallo”, tanto intelligenti quanto fragili e sensibili.
Mentre in inglese mi sento di consigliare “Leadership in gifted education” di Roya Klingner, direttrice e fondatrice del Bavarian Center for Gifted and Talented Children e dell’Iranian Center for Gifted and Talented Children. Il punto di vista di una gifted sulla leadership nell’educazione per plusdotati, con informazioni e consigli utili che lo rendono una risorsa sia per chi si affaccia per la prima volta a questa realtà, sia per chi già opera nel campo della plusdotazione.
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