Conosco Isa Maggi da sempre, o quantomeno da quando è nata dol’s, Imprenditrice, donna che tutela le altre donne e si occupa costantemente di pari opportunità ma non solo a parole, soprattutto con i fatti. Laureata in scienze politiche, ha fatto del creare impresa e dello stimolare le donne a crescere in autonomia, il suo obiettivo.
L’avevo già intervistata anni fa, ma molto è cambiato ed ho voluto dialogare nuovamente con lei per scoprire le mille iniziative nate dalla sua mente creativa.
In questi anni hai portato avanti molte iniziative che hanno coinvolto le done di metà Italia. Ce ne parli?
Stiamo lavorando su una nuova idea di economia di valori. Le donne, nella crisi, possono dare il loro contributo per cambiare il destino dell’Italia. In epoca di crisi la nuova “cultura di fare impresa” che resiste nonostante le difficoltà, si fa economia locale e fonte di sostentamento per le famiglie. E’ legata al saper fare delle donne, all’abilità di “mescolare” e “contaminare” sapientemente ingredienti e saperi in un movimento continuo di ricerca di equilibri, di sapori ,di colori,di forme, di grandi ideali. Oltre ad evidenziare i dati di esperienze europee, nazionali, regionali e locali a confronto, di rilevante interesse sociale, culturale ed economico è stato proposto un nuovo modello di sviluppo per uscire dalla crisi con la forza delle donne. Dai dati è emerso che, nei periodi difficili, le donne creano lavoro e combattono in modo positivo con idee che possono rivoluzionare la gestione del territorio. Si deve ripartire non da semplici ricette, ma da interventi legislativi ed economici che abbiano alla base valori etici che possano ricostruire un’economia sociale e finanziaria che sia sostenibile nel rispetto delle esigenze e delle politiche di gender. Una nuova visione di leadership è quindi quella che sta emergendo negli Stati generali delle donne , non un impegno per il potere fine a se stesso, ma per un potere e per il saper fare che sia spirito di servizio a favore della società in tutti i settori dalla gestione dei beni culturali, all’Ict, alle politiche di immigrazione, alle soluzioni per la logistica, i trasporti, il turismo sostenibile, con nuove soluzioni partecipative.
Diversi i progetti già attivati quali un laboratorio di elaborazione politica sulla costruzione delle liste elettorali, “oltre le quote rosa “, nuove proposte e progetti per una democrazia paritaria, un gruppo di lavoro sulla fiscalità delle imprese femminili, un gruppo di studio sulla “finanza buona” , il progetto di costruzione della regione appenninica secondo un’ottica di genere,la creazione del dossier presentato ad Unesco per chiedere l’inserimento del lavoro delle donne nel patrimonio immateriale dell’umanità. Abbiamo lanciato un nuovo marchio, #madeinwomanmadeinitaly che testimonia il “cambiamento culturale” all’interno di una nuova economia, paritaria, basata sui valori e sulla sostenibilità. Un’economia strutturata sui bisogni delle donne a partire dal modo in cui gli investimenti vengono effettuati, dalla gestione delle risorse nazionali e delle politiche pubbliche, fino ad arrivare ai partenariati con le istituzioni internazionali. Ma siamo solo a metà strada.
Come sono nate e con quale presupposto?
Ho posto come mia priorità cercare di ridurre il gap esistente tra uomini e donne in campo economico ed istituzionale. Infatti gli indicatori economici e di salute elaborati del Gender Gap Index, da sempre, parlano chiaro. La differenza di possibilità tra uomini e donne su partecipazione e opportunità economiche, porta l’Italia in coda alla classifica: al 118esimo posto su 144 nazioni esaminate. Tra le principali cause il calo dell’uguaglianza salariale e la diminuzione delle donne nella politica che conta, ad esempio nei Ministeri.
Il divario di genere si allarga così, secondo il Wef, oltre il 30%. È per la prima volta dal 2014. Una situazione inaccettabile perché dal 2006 l’Italia ha dovuto recepire, tramite il decreto legislativo 198, una direttiva europea su pari opportunità e pari trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione.
Le leggi sono state, in molti casi, fatte, ma sono rimaste inapplicate nel mondo reale.
Dalle donne italiane sei passata a quelle estere. Quale paese avvantaggia maggiormente le donne in Europa?
In questi tre anni di Stati generali abbiamo conosciuto tante donne provenienti da tanti paesi, non solo europei. Penso a Belinda in Bolivia, a Regina in Brasile, a Miriana in Bosnia, Elisa in Argentina e tantissime altre. Abbiamo lavorato insieme in tanti ambiti. Abbiamo tracciato percorsi comuni e insieme abbiamo fatto emergere le infinite criticità. I Paesi in cui le donne stanno meglio sono l’ Islanda, la Svezia, la Danimarca, la Norvegia e la Finlandia. Qui è infatti possibile per le donne fare carriera in politica, riuscire a mantenere il posto di lavoro durante la maternità ed avere gli stessi diritti degli uomini.
Pensiamo ad esempio alla normativa sul congedo parentale per i padri: l’Italia si è vergognosamente dotata di un provvedimento che è semplicemente ridicolo. A chi diventa papà nel 2018 spettano quattro giorni di congedo obbligatorio e uno di congedo facoltativo. Lo ha stabilito l’articolo 1, comma 354, della legge di Bilancio 2017 che, a partire dal 1° gennaio 2018, ha innalzato da due a quattro le giornate del congedo obbligatorio, ripristinando inoltre quella di congedo facoltativo di cui i papà potranno godere se la mamma rinuncia a uno giorno di maternità. La misura è stata introdotta per incentivare i padri a usare i giorni concessi con la legge 92/2012 (che ne prevedeva uno obbligatorio e uno facoltativo) e che, finora, secondo le statistiche sono stati usati solo da due papà su dieci. Si è trattato di un tentativo di avvicinare il nostro Paese agli standard degli altri Paesi del Nord Europa.
E le donne profughe, cosa possiamo fare noi italiane nel nostro piccolo? Le donne sono più solidali degli uomini?
All’interno dei nostri gruppi di lavoro è forte l’attenzione alle donne migranti, alle profughe e in particolare alle vittime di tratta. I temi sono difficili da affrontare perché presuppongono azioni complesse. Alcune di noi sono molto brave ad affrontare e vivere queste realtà.
Donne e politica: Perché le donne sono emarginate o si autoemarginano?
La presenza di donne in posizioni di leadership e in politica è un elemento chiave per la performance e il business in ogni Paese. E’ anche un moltiplicatore per aumentare la presenza femminile in tutte le sfere della società e dell’economia, che a sua volta è motore trainante della crescita e dello sviluppo. Le donne raggiungono posizioni top senza cambiare la loro identità: è l’inizio di una profonda rivoluzione culturale
Per tutto il 2015 abbiamo attraversato, con gli Stati Generali delle donne, ogni Regione italiana per andare a cogliere le istanze di tutte le donne, per capire, dal basso, le difficoltà e le aspirazioni. E’ emerso un mosaico illuminante di donne che sono pronte a darsi da fare per il bene comune. Adesso tocca a noi, ci siamo dette. Facciamo formazione, chiamiamo all’appello donne che vogliono mettersi in gioco, scriviamo le regole. Di fronte ad una visione culturale che vede le donne una “quota rosa” da dover prevedere per forza perché la legge lo impone, è arrivato il momento che noi donne votiamo altre donne, che noi donne incominciamo una grande rivoluzione culturale e di pensiero che metta al centro la figura femminile come una risorsa, a tutti i livelli. I tempi della politica, malgrado le tante e lunghe battaglie che sono state fatte in questi anni, non sono mai stati adeguati ai tempi delle donne. Ma ora le donne hanno maturato consapevolezza del proprio valore, diventano protagoniste e fanno rete per dare, ognuna secondo le proprie competenze e attività, un contributo significativo alla battaglia per le pari opportunità, con l’obiettivo di attivare un percorso democratico e partecipato per la realizzazione di pari diritti e partecipazione alla vita politica, sociale e culturale dei territori. La presenza di noi donne ha una capacità trasformativa, grazie al pragmatismo che caratterizza il nostro agire. Quello che abbiamo ben capito è che in molti settori, e soprattutto in politica, le conquiste per le donne non durano per sempre e per questo vanno continuamente alimentate e stimolate, soprattutto attraverso una sempre maggiore e migliore presenza all’interno delle istituzioni.
Il laboratorio di politiche di genere di formazione politica che abbiamo svolto con le donne che vogliono impegnarsi per partecipare allo sviluppo del paese e cambiare l’Italia ha elaborato “Il Patto per le Donne”, declinato nella dimensione nazionale e ora nelle dimensioni regionali.“Il Patto per le Donne” fornisce una risposta flessibile ed integrata alle diverse esigenze territoriali, promuovendo a tal fine un più efficace coordinamento tra i diversi strumenti di programmazione e di pianificazione e tra le diverse fonti finanziarie disponibili, nonché tra i diversi soggetti istituzionali interessati. Il Patto è un percorso unitario di intervento sui territori finalizzato a creare nuova occupazione femminile nell’ambito dello sviluppo economico, produttivo ed occupazionale dell’Italia, per la cui attuazione è ritenuta necessaria un’azione coordinata, con il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati, in considerazione della strategicità e complessità degli interventi, nonché per accelerarne la realizzazione,nel rispetto delle disposizioni comunitarie e nazionali.
Ora “Il Patto per le donne” deve diventare azione politica di costruzione di misure reali nei territori, per creare lavoro femminile, nuove imprese, benessere e miglioramento della qualità della vita per uomini e donne. Le aree urbane e rurali sono laboratori per attivare nuovi strumenti e nuove strategie per uno sviluppo sostenibile che possa mettere in moto i meccanismi per ri-creare nuova occupazione.
La politica e l’economia, il settore pubblico e quello privato, il passato e il presente, si stanno confrontando con noi donne in uno spazio aperto al dialogo, che cercherà di mettere in luce le misure di policies e leadership necessarie a ciascun ruolo, gli input e gli output per il cambiamento.
Stiamo lavorando per la costruzione di una rete tra donne con l’obiettivo di attivare un percorso democratico e partecipato, verso le elezioni regionali ed europee del 2019.
Nei gruppi di Stati Generali ci nono molte donne: più giovani o di età matura?
I gruppi nelle varie regioni sono variegati, donne di ogni età; abbiamo anche attivato un gruppo delle Young ma non è ancora decollato.
Pensi davvero che l’unità delle donne faccia la forza o molto spesso si perdano per strada? E se sì, perché?
E’ un percorso faticoso, dove inevitabilmente alcune si perdono perché forse non hanno ancora raggiunto la propria consapevolezza interiore della necessità del cammino da intraprendere.
Ti candideresti alle prossime elezioni?
SI, ci siamo. “Siamo sempre state pronte: crediamoci e vogliamolo!” questo è il titolo di un libro che Margherita Cogo del Comitato Scientifico degli Stati Generali delle donne. Si legge, nel suo libro: “Ma tornando alle prossime elezioni, alcuni candidati maschi hanno programmato per tempo la propria candidatura o la propria riconferma, in modo abile davvero.
Le donne invece sono silenti, quasi consapevoli che molti attendono solo che provino ad alzare la testa, per troncare ogni loro pur legittima aspirazione.
In questa fase, infatti, il toto candidature femminili è pericoloso e generalmente suscita la reazione di altre donne che affermano che ci vuole un rinnovamento e che non si possono candidare i soliti noti, per non dire le solite note.
In realtà, per essere elette bisogna essere conosciute, solo il M5S riesce a candidare ed eleggere dei perfetti sconosciuti ( essere un movimento anti-sistema, con la convinzione che “uno-vale-uno” consente ciò), ma negli altri schieramenti non funziona così e dunque è piuttosto logico pensare di candidare donne che un ruolo e una preparazione la possiedono già.
Non una voce si è finora alzata per dire che sarebbe tempo ed ora che la quota del 40% fosse riservata agli uomini e che sarebbe tempo di una bella infornata di candidature femminili”.
E naturalmente concordo con Margherita.
Credi nella politica e nella democrazia e pensi che quello che stiamo passando sia solo un periodo buio che le donne infine possano rischiarare?
Credo fermamente nella forza propulsiva delle donne, di tutte le donne.
Cosa possiamo fare per far arrivare finalmente una donna al governo?
Evidentemente occorre rafforzare le politiche di riduzione del divario tra i generi in Italia perché, come ricorda il Word Economic Forum , “Le donne rappresentano la metà del potenziale talento di base di un paese. La competitività di una nazione, a lungo termine, dipende in modo significativo da come la nazione educa e utilizza le sue donne.” Abbiamo cercato di tradurre tutto il nostro pensiero raccolto nel lungo gender tour che abbiamo svolto in Italia nel 3915, nel “Patto per le donne” che è il nostro documento politico. Lo abbiamo inviato al Governo e lo stiamo declinando in ogni Regione Italiana. Questa è la via da percorrere, creando alleanze con le donne e per le donne per ritornare a far finalmente riemergere la soggettività politica femminile.