I partiti di sinistra dimenticano le donne. Maschi ovunque. Ma non tutti. A Bolognal il 27 ottobre Beatrice Brignone ha indetto a Bologna “Gli stati generali delle donne di Possibile”- Tocca a noi: ripartire dalle donne per un nuovo modello di politica.
Durante la campagna elettorale, ho seguito con fervente aspettativa la formazione della “nuova” coalizione di sinistra, formata da chi non si riconosceva più, o non si era mai riconosciuto, nel PD. Come me, anche altre donne si aspettavano di trovare finalmente un partito che ci tenesse in considerazione, che portasse la questione femminile all’attenzione del governo: il dilagare di femminicidi, la marea fuxia e nera di Non Una Di Meno, la tentata rivoluzione del linguaggio da parte di Laura Boldrini facevano sperare che, finalmente, sarebbe stato il nostro turno. Milioni di donne, come me, aspettavano un partito da votare.
Grande è stata la delusione quando è apparso “Liberi e Uguali”. Maschi. Ancora. Per carità, maschi di un certo livello. Qualcuno almeno. Ma maschi. Maschi ovunque.
Qualcuna ha protestato: “ma le donne? Dove sono le donne?” e Pietro Grasso, dopo aver spiegato che le donne erano ben presenti nelle foglioline del logo, ha dato il colpo di grazia alla sua credibilità agli occhi delle donne, criticando un’esternazione di Laura Boldrini con l’obiezione che non avrebbe dovuto parlare, senza il suo permesso.
Io li ho votati lo stesso, appigliandomi all’Ultima Dea. Ma la Dea, probabilmente offesa per essere stata degradata anch’ella a livello fogliolina, si è guardata bene dall’operare il miracolo ed è andata come è andata. Sarà che Fortuna audaces iuvat e di audace, nelle foglioline di Grasso, non c’era proprio niente, fatto sta che l’Italia è sprofondata nella voragine nera in cui si trova, sotto il mio sguardo attonito e impotente.
Mi sentivo Bérenger, il protagonista di “Rhinoceros”, opera teatrale di Ionesco che racconta la nascita dei totalitarismi attraverso la metafora della trasformazione in rinoceronti. Tutti i personaggi, uno dopo l’altro, si trasformano in pachidermi convinti che in fondo non ci sia niente di male, senza nemmeno accorgersi della deriva della loro città, canzonandolo perché Bérenger, invece, non si capacita di come si possa rinunciare alla propria umanità, per uniformarsi alla massa violenta e stolida dei rinoceronti. E si ritrova da solo, deciso a rimanere umano.
Nella spirale di eventi, ho cominciato a seguire su Facebook Beatrice Brignone, che mi aveva colpita per un appassionato discorso alla camera, in occasione dell’esplodere del “#metoo” e del “#quellavoltache”, postato nel gruppo “La pubblicità sessista offende tutti” perché, durante l’intervento, Brignone aveva anche menzionato la pessima qualità della pubblicità italiana, usa a rappresentare le donne come pezzi di carne o casalinghe allegramente trulle. Ho scoperto con un po’ di rammarico che era esponente di Possibile, il partito fondato da Civati. Ma come…? Avevo quasi deciso di seguire MdP Articolo Uno…
Ma poi Civati si è dimesso, coerentemente con il fallimento di Liberi e Uguali alle elezioni. E al suo posto, è diventata segretaria lei, Beatrice Brignone. Interessante. Una donna. Una fogliolina? No, nemmeno. La fogliolina Brignone si stacca dal ramo di Liberi e Uguali, quando gli altri decidono di diventare partito. La fogliolina non ci sta, non è foglia di nessun ramo secco. Non è una foglia.
E apre Repubblicana, un incontro organizzato a Roma il 2 di giugno, con un discorso che sembrava scritto da me. Lo seguo tutto, Repubblicana. Dopo Brignone, parlano Elly Schlein, Annalisa Corrado, Carolina Morace, Ilaria Bonaccorsi.
Donne. Donne ovunque. Nel silenzio assordante dei media, su quel palcoscenico sfilano donne (e anche uomini, anche uomini) che parlano con la mia voce, con le mie idee, con i miei valori. Dove sono state nascoste tutte queste donne? Dove erano? Perché nessuno ha mai dato loro spazio prima? Perché non le conoscevo?
Ho infranto uno dei miei tabù: “mai far parte di un gruppo strutturato, soprattutto se a forte componente ideologica, perché io la pecora non l’ho mai fatta, né mai la farò”, ho chiuso gli occhi, tratto un profondo respiro e fatto la tessera di Possibile, con la stessa incredulità che dimostrerei se mi dicessero che un giorno andrò allo stadio.
Così, per capire se avessi fatto una stupidata (peccato veniale…, la tessera costa poco), sono andata al Politicamp, di cui ho parlato qui: https://www.dols.it/2018/07/09/politica-sostantivo-femminile-3/ e no, non ho fatto una stupidata.
A conferma di ciò, in questi mesi in cui il paese è andato alla deriva, con le mozioni anti legge 194, il ddl Pillon, l’aumento esponenziale di femminicidi, il 27 ottobre Beatrice Brignone ha indetto a Bologna “Gli stati generali delle donne di Possibile”, una giornata di confronto tra donne (ma aperto anche agli uomini, perché gli uomini sono parte fondamentale in questa questione; la questione femminile, in realtà, è una questione molto maschile: anche, soprattutto gli uomini devono cambiare punto di vista, per essere parte del cambiamento, quello vero) per stabilire i punti attorno a cui deve declinarsi una nuova politica. Una politica femminile.
Questo il suo discorso di apertura:
Benvenute a tutte. Benvenuti a tutti.
Sono molto felice di vedervi di qui e di realizzare insieme a voi questa giornata che da tempo avevo in mente. Ha iniziato a farsi spazio a quando mi sono accorta, nei tanti incontri che abbiamo organizzato che la maggior parte delle persone che prendono parola sono maschi, ma che gli stimoli di riflessione migliori li ho sempre trovate “dietro le quinte”, parlando con le donne E alla domanda: ma perché non sei intervenuta? spesso la risposta era: non credevo fosse interessante.
Poi si ripresentò sotto proposta di alcune iscritte durante il congresso, tra cui Anna Rosa, che oggi è tra noi, a cui promisi che ci avrei lavorato.
Ma la spinta decisiva è arrivata una giornata di fine agosto. Gli unici 4 giorni di ferie. Vacanze con le amiche in Salento per andare a ballare la pizzica alla Notte della Taranta. Vacanza di 4 giorni preparata per 6 mesi in ogni dettaglio. Con un unica certezza: NIENTE potrà rovinarmi questi 4 giorni.
E fu così che arrivata in Salento, mi sdraio su una spiaggia meravigliosa, do distrattamente un’occhiata alle ultime notizie, quando nella mia vita irrompe lui: il Senatore Pillon e la sua proposta di legge. Più leggo e più sono incredula. Sono certa che sono esagerazioni giornalistiche. Non può essere vero. Ma più cerco informazioni e più sembra di entrare in un tunnel dell’orrore. Trovo il testo e la realtà è pure peggiore. La volontà è addirittura approvarlo in commissione referente, cioè blindato, senza possibilità di dare alla Camere potere di modifica. Un incubo. Pillon diventa la mia ossessione. E non solo per quello che dice la legge, ma per il quadro molto più ampio e di insieme che la legge rappresenta e di cui è figlia.
Che si unisce con gli attacchi alla 194, con gli attacchi alle famiglie che non siano quelle tradizionali uomo-donna con l’abito bianco, quello dove “Sposati e sii felice, quello dei family day, dei fertility day, dei bonus bebè, delle pillole contraccettive tolte dai banconi o rese a pagamento, quello che se denunci una violenza ti chiedono come sei vestita, quello che se ti ammazzano vivisezionano la tua vita, i tuoi amanti, le tue abitudini, mentre lui è sempre stato un caro ragazzo che ha perso la testa per troppo amore, quello che il tuo corpo è reso carne da macello prima durante e dopo, quello che la molestia è corteggiamento, quello dove i titoli di libero, le bambole gonfiabili, le patate bollenti invece che materia da procura sono materiale di propaganda elettorale.
Un Paese dove una donna è in gabbia.
Tutto questo non è normale. Non possiamo né dobbiamo credere che tutto questo sia immodificabile e ineluttabile. E soprattutto non dobbiamo credere che siamo una minoranza, che possiamo essere considerate una quota, che ci limitiamo a essere il titolo “donne” di un programma elettorale. Rappresentiamo il 51% della popolazione, siamo brave, le più brave a scuola, abbiamo competenze, intelligenze, capacità che nulla hanno da invidiare ai colleghi uomini, eppure lavoriamo meno, facciamo meno carriera e quando lavoriamo a parità di incarico, guadagnano meno.
Tutto questo non è normale. Ma proprio dalla Normale un Rettore ci spiega che offrire incarichi di rilievo a una donna è ancora un problema, che basta fare un nome di donna e subito arrivano mail anonime, offensive, diffamatorie, che mai hanno a che fare con la preparazione, ma con allusioni sessuali e a stili di vita. Perché già e gira, si va sempre a finire lì. Finché la donna sta a casa, nulla da eccepire, ma se fa carriera, be’, deve averla data a qualcuno. O, nella migliore delle ipotesi è una cattiva madre.
“Ma tu come fai ad andare sempre in giro, con i bambini?” Me lo chiedono sempre. I bambini hanno un padre, rispondo. E già è pronto…un..che donna fortunata! Così in genere anticipo io con..Un padre che fa il padre, niente di eccezionale.
Mentre quando si parla di merito arrivano gli uomini. Pare che sia proprio insisto nel cromosoma XY, questo “merito”: valorizzeremo il merito. Tac, arriva un uomo. Questo governo ne ha fatto una bandiera, del merito. Tutti maschi. E infatti si vede, il merito.
Il “merito” in un paese patriarcale, creato e costruito affinché i maschi possano far carriera, guadagnare di più, portare più soldi in casa, arrivare ai posti di comando, tenere le redini in casa e nel paese, non può che essere un merito che premia, considera, conserva il maschio e il suo potere.
E noi non abbiamo altre strade: o accettiamo la realtà così come l’hanno costruita a nostre spese e sulle nostre spalle o decidiamo che per noi, per le nostre ragazze, per le bambine che saranno donne domani, è arrivato il momento di protagonismo completamente diverso.
E’ arrivato di prendercelo, questo potere, di non aspettare qualcuno che ci apra una porta, ma di spalancarcela da sole.
E’ arrivato il momento di non accettare più una politica machista, dove l’altro è un nemico, dove tutto un rapporto di forza, dove devo sconfiggere te per vincere io, dove avere ragione vuole dire vincere.
E’ arrivato il momento di femminilizzarla, la politica, di avere il coraggio di dire che parlare con un avversario non vuol dire perdere qualcosa, ma cercare un punto di incontro, vuol dire abbassare i muri e il testosterone, vuole dire che non è con il conflitto violento che si costruisce la pace, non è con le armi che si ottiene sicurezza.
E’ arrivato il momento di dire con forza che femminismo non è una parola ostile relegata al passato, ma significa “uguaglianza”, significa libertà di essere quello che si è, significa rispetto, significa alleanza, significa non arrendersi a uno schema che altri hanno già disegnato per noi.
E’ arrivato il momento di dire che siamo tante e siamo capaci di guidare un’azienda, un’università, un Paese. E soprattutto che NON siamo le VOSTRE DONNE.
E quando ci chiedono da dove deve ripartire la sinistra? Da dove deve ripartire il Paese? Da dove ripartire? La risposta è una: “dalle donne”. Perché il modello a misura di uomo che da sempre governa ci ha portato a questo punto. Cambiamolo questo modello. Cambiamo genere.
Facciamolo insieme. Insieme alle donne con non sono qua, insieme alle donne di altri partiti politici, con quelle che di politica non si occupano, con quelle che vogliono una favola diversa da “quella gran culo di Cenerentola”.
Ciascuna di noi può cambiare la prospettiva, da ogni angolo le sia più congeniale. Sia culturale che politica. Non c’è nessuna che deve pensare “io non ce la faccio”. Nessuna deve pensare che la gabbia sia un posto buono dove vivere, anche quando dorata. Non dobbiamo premettere a nessuno di farci sentire inferiori o di minor valore. Soprattutto non dobbiamo permettere che lo possano far credere alla nostre bambine e alle nostre ragazze.
Ho fortemente voluto questa giornata per guardarvi negli occhi, per ascoltare le vostre voci, per imparare dalle vostre esperienze, per allargare l’orizzonte con il vostro punto di vista.
Per chiedervi di cambiarlo insieme questo Paese, anzi di prendercelo questo Paese, di prendere la sinistra, di prenderci la libertà di farlo. Di prendere tutto. Il pane e le rose.
Di avere la risposta per Michela Murgia, quando chiede.. dove sono le donne? Eccoci Michela, siamo qua!
Io sono orgogliosa di essere segretaria di questo partito, un partito dove la collaborazione tra uomini e donne è sempre stata alla pari, rispettosa e soprattutto, si traduce nei fatti. Dove abbiamo comitati nazionali formate per lo più da donne, non per calcolo o per quote ma semplicemente perché sono brave in quello che fanno e dove gli uomini non si sentono meno uomini o minacciati perché rappresenti da una donna, ma al contrario, sono di supporto, di aiuto, di stimolo e di confronto costante e prezioso. Sono orgogliosa di aver conosciuto grazie a questa giornata ragazze incredibili che mi hanno scritto mail piene di vita, di prospettive, di futuro. Esattamente quello che manca al Paese e alla sinistra oggi. A loro e a tutte voi chiedo che questa giornata non sia che il primo momento di confronto e di elaborazione, di decidere insieme a me, di prendere spazi a partire da questo partito, di organizzarci fin da oggi per affiancare alla Mobilitazione Permanente lanciata da Non Una Di Meno, l’Elaborazione Permanente. Per tradurre la protesta in proposta, per concretizzare in azione politica le nostre istanze, di farlo insieme, ben consapevoli che questa nostra battaglia non è solo la nostra, ma di tante donne, che in tutto il mondo stanno alzando la testa, dagli Stati Uniti con #Metoo, al Nicaragua con #SoyPicoRojio, con le donne in Brasile e il loro #EleNao, (lui no, contro Bolsonaro) e con tutte le migliaia di donne che lottano ogni giorno contro l’oppressione, la violenza e le disuguaglianze. Perché quella delle donne è una battaglia globale. E’ difficile, significa ribaltare il potere, prendere la guida ben salda in mani maschili. E’ una sfida necessaria e durissima, non ci regaleranno niente.
Ma due cose dobbiamo avere ben chiaro:
1. NON SIAMO SOLE.
2. NE SIAMO CAPACI
Mettiamoci al lavoro.
Dopo questo discorso e tanti, tantissimi interventi, ci siamo messe all’opera in quattro tavoli: salute, lavoro, comunicazione/educazione e Pillon (!!!).
Le idee sono chiare.
Stiamo arrivando.