Un morto ogni tanto. Il coraggioso libro di Paolo Borrometi giornalista sotto scorta da 5 anni.
“La mia vita cambio’ drasticamente il 16 aprile del 2014.Quel giorno mi presero a calci fino a massacrarmi.
Ora u capisti? T’affari i cazzi tuoi. U capisti?
Mi lasciarono a terra in una pozza di sangue , e con una spalla rotta in piu’ punti ”.
Da questo ed altri ricordi parte il racconto di vita e impegno di Paolo Borrometi in : “Un morto ogni tanto” appena pubblicato . Paolo Borrometi, giornalista , presidente oggi di Articolo 21 , giovane uomo di trentacinque anni che vive ormai da anni sotto scorta per le sue inchieste.
Cinque anni di continue minacce , non ultima quella sventata nell’aprile di quest’anno in cui avrebbe dovuto saltare in aria nella sua macchina, insieme agli uomini della sua scorta .
Plateale attentato sventato solo grazie all’azione del Commissariato di Pachino tramite l’ascolto di alcune intercettazioni “Bum a terra!devi colpire a questo, bum, a terra!…Ogni tanto un murticeddu, sai, cosi…un murticeddu vedi che serve!.. Per dare una calmata a tutti! Un murticeddu …”
Ed e’ nonostante tutto questo che Borrometi va avanti.
Avanti facendo nomi e cognomi come in questo coraggioso libro. Pagine che sono un prezioso reportage su quanto accade ed e’ accaduto in una Sicilia sudorientale fino a poco tempo fa “provincia Babba”, erroneamente considerata “mite,tranquilla”.
Zona, invece, di traffici milionari che vanno dal viaggio dell’oro rosso , il pomodoro ciliegino principe delle nostre tavole a tutto quello che gira intorno al settore agroalimentare, ambito di cui si descrive il volume di affari come uno dei business oggi piu remunerativi per la criminalità organizzata, secondo solo al traffico di droga.
Pagine di nomi , protagonisti di tutto questo ma pagine anche dedicate chi a chi ne e’stato vittima o lo e’ ancora. Dal ricordo della storia di Carla venticinquenne rumena, simbolo di tutte le braccianti schiavizzate dai caporali, sottoposte dopo una giornata massacrante di lavoro anche a festini di violenza, stupri e ricatti, a quello malinconico e tenero del messaggio di solidarieta’ricevuto da una gia’ affermata giornalista proprio a lui, Borrometi ancora sconosciuto cronista . Quello di Daphne Caruana Galizia , lei, la giornalista che verra’ uccisa nel 2017 in una autobomba a Malta proprio per le sue indagini e le sue denunce.
Cosi come il ricordo di Giovanni Spampinato, giornalista ventiseienne ucciso nel 1972 con sei colpi di pistola. Giovanissimo cronista che con le sue inchieste aveva iniziato a portare alla luce connessioni fra criminalita’ mafiosa ragusana e gli ambienti politici, omicidio che colpi’ profondamente Paolo Borrometi al liceo facendogli desiderare fin da allora di voler venire a capo di quel “ prendersi cura della propria Terra” chiarendone aspetti oscuri che contraddistingue la sua vita e vicenda di oggi.
”La Sicilia “scrive Borrometi” non ha bisogno di eroi ma solo di essere raccontata, e di una coscienza solida, di cittadini che non si voltino piu’ solo dall’altra parte”.
Anche perche’ la Sicilia che racconta Borrometi nel suo libro, aggiungiamo noi, e’ ormai l’ Italia tutta essendo dimostrato ampiamente ormai come certe indagini e certe conclusioni si spostino ed allunghino oggi fino all’ultimo dei nostri confini, in un modo ormai per cui nessun territorio puo’ dirsi indenne da certi fenomeni di corruzione e criminalita’.
“Un morto ogni tanto “ come racconto di vita di un giornalista consapevole della scelta pesantissima di irrinunciabile denuncia di quanto indagato ma anche di un ragazzo di trentacinque anni per cui anche andare a prendere un gelato o sedersi davanti al mare ormai e’ , da anni, qualcosa di impossibile.
Racconto in positivo , pero’, di chi sarebbe stato vinto se fosse stato lasciato solo e, invece , ha trovato forza e capacita’ di reagire anche attraverso la solidarieta’ di tanti.
Perche’ si sa, la mafia vince dove riesce ad isolare, dove riesce a instillare il sospetto della svalutazione, dove si fa spazio la calunnia, la delegittimazione..il mascariamento , di cui anche Giovanni Falcone subi’ le conseguenze in un momento pesantissimo della sua vita.
Cinque anni sotto scorta , di inchieste e di una vita blindata e , nonostante questo, la rinuncia di Borrometi alla etichetta di “giornalista antimafia” perche’ scrive “Non puo’ esistere nessun giornalista antimafia, anticorruzione,antiillegalita’. Alcuni cittadini di professione fanno i giornalisti. E solo il loro dovere. Tutto qui”.
Tutto qui, semplicemente.
“Educare alla legalita’ e’ educare alla Bellezza, come diceva Peppino Impastato” ci racconta Borrometi.
E allora nei suoi articoli sempre nomi e cognomi .Riferimenti precisi a chi quella bellezza vorrebbe cancellare.
”Mettendo le loro facce…perche’ i nostri ragazzi quelle persone le incontrano per strada, al bar, in piazza ed e’ giusto che possano decidere se abbassare la testa o guardarle negli occhi con fierezza , far intendere loro Io non sono come voi “
.
“Un morto ogni tanto”…parole dette in una intercettazione che riportano ad un sistema che vorrebbe tenere a bada coscienze,alimentare paure. Isolare, punire.
Qualcosa che, invece ,è diventato un titolo di un libro .Un libro ,simbolo di qualcosa che descrive ben altro.
Duecento pagine di coraggio,cittadinanza attiva,idea di legalita’,capacita’ di essere solidali e di trovare solidarieta’.Un libro che distingue male e bene,senza dubbi su dove siano o “cosa “ siano.
Un libro che ci rende , se lo vogliamo, “partigiani dei valori”come diceva il Giudice Caponnetto di chi fa propria l’idea di legalita’quotidiana .
Che ci fa scegliere da che parte stare perche’ non da’ alibi ad incertezze ma descrive quanto accade con dati, luoghi, notizie precise .Reportage insieme a spaccati di vita, umanissima , dolente e tenera nel coraggio e nello scorrere di giorni sotto scorta, sia pure dei tuoi “angeli”, gente che ami, stimi e con cui condividi ormai vite ed emozioni .
Giorni in cui poi ti ritrovi la sera , da solo e blindato e , prima di chiudere gli occhi, convivi con una paura che non vuoi e non ti puoi permettere di sentire, ne’ per te ne’ per chi ami , e cerchi magari di addormentanti senza soffrire troppo . Pagine di Giornalista a cui, mentre le leggi dai del pazzo perche’ gli vuoi bene e ti preoccupi ma, un secondo dopo, ti dici che tutti, tutti noi dovremmo essere e comportarci come lui.
Semplicemente comportandoci in quello che facciamo come Paolo Borrometi fa il giornalista .
“Un morto ogni tanto “ si chiudono con una straordinaria lettera ai nostri giovani.
Perchè ”loro sono il Presente, non il Futuro” e devono diffidare quelli che li rimandano ad un domani perche’ loro sono qui e qui e ora devono imparare ad essere vigili e consapevoli, pronti a crescere, disponibili a cambiare e a migliorare.
“Perche’”scrive ai ragazzi Borrometi nell’epilogo di “Un morto ogni tanto” :”A morire di mafia non sono solo le vittime che cadono riverse per strada, i morti ammazzati,ma tutti coloro che si rassegnano a vivere nell’illegalita’ e nell’ingiustizia. Chi chiude gli occhi,chi si gira dall’altra parte ”
Chi fa affari con i mafiosi ci dice Paolo..ma anche chi in fila alla posta allunga lo sguardo per vedere se allo sportello c’e’ l’amico per fagli saltare qualche passaggio.
“Provano a farmi tacere dal 2014, quattro anni dopo volevano farmi saltare in aria. Eppure io volevo fare solo il giornalista” scrive Borrometi che oggi arriva a noi con questo suo libro in cui c’e’ dentro tutto.
La sua storia, le sue inchieste nel suo stile, con nomi e cognomi.
Chi vince e chi perde e’ chiaro.
Stavolta , nonostante tutto, ha vinto lui,insieme a tutti noi che questo suo libro, oggi , possiamo leggere.
Ha vinto Borrometi…
e il Giornalismo.