Cosa vuole dire prendere la vita con filosofia?
Cosa vuole dire prendere la vita con filosofia? “Con una ricerca continua di soluzioni studiate volta per volta”
Così risponde Maria Giovanna Farina, ( la foto qua sopra é di Adriana Pontoglio, direttivo MOICA) filosofa e consulente filosofico, lavorando sul ragionamento con molta pazienza perché ogni soluzione è ad personam, non ci sono soluzioni generali, uguali per tutte. Quello “con filosofia” è un modo di vivere interrogativo, è un continuo porsi domande per trovare risposte adatte a noi in questo preciso momento della nostra esistenza.
Ovviamente questo comporta un’altra domanda alla quale la filosofia può dare risposta, chi sono io?
E qui veniamo al grande maestro di Maria Giovanna, Socrate, e alla sua maieutica, descritta da Platone nel Teeteto, come l’arte di aiutare i discepoli a portare alla luce le proprie verità, ponendo semplicemente loro le domande giuste, esattamente come la levatrice che sa come far venire al mondo i bambini.
E, proprio in onore di Socrate, Maria Giovanna Farina ha dato vita ad una una rivista on-line a lui dedicata: “L’accento di Socrate”
Quello che muove un filosofo che, come lei, voglia aiutare a trovare le proprie risposte, è una mente libera da pregiudizi per non proiettare sull’altro il proprio vissuto, risolto o irrisolto che sia; la persona che manifesta un disagio o che è nella pienezza di un suo momento di passaggio e che chiede un aiuto filosofico deve essere accolta nel suo presente con le sue infinite possibilità perché possa comprendere, stimolata dalle giuste domande, quale di queste stia per venire alla luce. E aiutarla, quindi, a nascere, crescere, trasformare, creare.
Maria Giovanna Farina, pertanto, si affianca a chi ha bisogno di fare un salto in avanti nella sua crescita, insegnando il metodo euristico, cioè la giusta strategia per arrivare allo scopo che ci si prefigge ottenere. Questa è la filosofia pratica, ritagliata sulla vita concreta e quotidiana per affrontare via via i grandi temi dell’umanità sui quali si sono applicati filosofi di ogni tempo e di ogni luogo.
Studia a lungo il rapporto madre-figlio/a e quello insegnante-allievo, grazie anche ad una sua esperienza di insegnamento. L’attività di sostegno ad un ragazzo autistico la spinge a scrivere un libro intitolato “Il bambino senza parole”, tradotto nel 2008 in lingua turca. E poi pubblica “Da zero alle stelle”, “Dimmi che mi ami”, “Il giardino delle mele. La violenza non deve vincere”, “Dialoghi con un ottimista, in salotto con Francesco Alberoni”, “La libertà di scegliere”, Rupe Mutevole edizioni, che continua e conclude il percorso iniziato con Ho messo le ali.
In ogni libro un aspetto della cura dell’anima di cui parla, appunto, anche nel suo libro “ Ho messo le ali” in cui, attraverso le vicende quotidiane della protagonista Francesca e la sua frequentazione di un uomo della strada, dalla mente lucida e una profonda inclinazione filosofica. Un uomo che da bravo filosofo la aiuterà a trasformare la sua inclinazione a subire in una nuova capacità di aggredire la vita, cioè di tendere costantemente verso la piena realizzazione di sé senza farsi prevaricare ma autoaffermandosi costantemente.
E’ nata una collaborazione con Francesco Alberoni che presenta talvolta i suoi libri.
Perché la filosofia, come lei scrive “non è nata per essere incomprensibile”
* Tu sei una filosofa e una scrittrice. Un libro può essere definito sia prevenzione che cura?
Un libro non può risolvere un grave conflitto in atto, ma può lenire la sofferenza, aprire un varco nel buio di certe esistenze, dare da pensare e quindi aiutare nella prevenzione. Non solo nel caso della violenza sulle donne di cui ho scritto in modo specifico, ma anche aiutare a trovare le risposte giuste per non farsi prevaricare, deridere, incolpare ingiustamente come dimostro in “Ho messo le ali” uscito ad ottobre 2018 in seconda edizione per Rupe Mutevole. Un libro è cura nel significato del curare e dare beneficio, direi per ritrovare l’equilibrio, ma è anche cura nel senso del prendersi cura di noi stessi con la lettura che è una compagnia nutriente per la mente e di conseguenza per il corpo.
*Qual è il filo conduttore che collega i tuoi libri?
La filosofia per vivere meglio, vale a dire la pratica filosofica. Da ciò che i filosofi antichi e moderni mi hanno tramandato, ho sviluppato un metodo per rendere la filosofia uno strumento per tutti. Sono una pioniera in Italia delle pratiche filosofiche e per questo mi muovo agevolmente su questo terreno. Quindi nei miei libri non trovate la filosofia insegnata in Accademia, ma suggerimenti inseriti nella narrazione che hanno spesso un certo grado di ironia, capace di alleggerire le difficoltà quotidiane. E ciò lo trovate nei romanzi come nei saggi.
*Perché la filosofia nella tua vita?
È una lunga storia, ti posso dire che era l’unica materia che detestavo e su cui avevo messo una croce: non la studierò mai all’università! E poi ho cambiato idea. Ne sono felice perché la mia vita è cambiata in meglio anche grazie a questa scelta di studio.
*Cosa ha prodotto oggi l’assenza della filosofia?
La confusione dilagante.
*Fammi un toto ministri riferendoti ad alcuni tra i principali filosofi di ogni tempo, cosa donerebbe ciascuno di loro alla gestione di questa nostra Italia? Chiederei loro di darci il meglio di sé e controllerei se lavorano bene…
Quindi ecco il mio toto ministri e cosa potrebbero darci: Eraclito, la pazienza e l’attesa, doti indispensabili per governare; Parmenide la consapevolezza che l’esistenza non può essere contraddetta cioè niente si crea dal niente; Socrate, la fedeltà alle proprie idee e l’arte di tirar fuori il meglio da ognuno; Agostino la capacità di ammettere i propri errori, fondamentale dote; Freud la consapevolezza di non essere liberi e quindi spero ci potrebbe aiutare a migliorare la nostra condizione per realizzare la felicità dei cittadini, come suggeriva Aristotele. Infine il compito che mi darei sarebbe quello di dialogare con Cartesio, filosofo che amo, ma che considerava gli animali delle simil macchine che non provano il dolore: lo convincerei del suo enorme errore!
*Ritorniamo a te scrittrice e parliamo della scrittura come parto e come fecondità
Mi proponi uno degli argomenti che amo di più: la maternità e tutto ciò che riconduce alla madre. La scrittura in particolare fu donata, come ci narra Platone nel Simposio, dagli dei agli uomini, quindi in quanto dono “divino” è un prezioso strumento capace di farci evolvere. Scrivendo generiamo, per questo considero femminile, generativo e fecondo l’atto di mettere nero su bianco il nostro pensiero. Il pensiero è un parto della mente e tutto ciò che rimanda al parto è materno, sto parlando di generatività simbolica e pertanto presente nell’essere umano al di là del genere. Prova ne è l’esistenza di scrittori maschi. Mi capita di incontrare persone stupite da questa dichiarazione, in realtà essere materni non vuol dire soltanto essere madre di un bambino: per esteso significa “mettere al mondo”.
*E a proposito del mettere al mondo, che rapporto c’è tra saper ascoltare e saper produrre?
Direi un rapporto di causa-effetto. Chi sa ascoltare mette in primo piano il discorso, le parole del suo interlocutore, che possono essere anche le parole di un libro e non necessariamente quelle di una persona che ci sta difronte. Saper ascoltare significa mettersi in un atteggiamento fenomenologico, ossia dimenticare per il tempo dell’ascolto le proprie idee per non mescolarle con chi sta parlando. Solo dopo l’ascolto possiamo ritornare in gioco con il nostro pensiero e proporlo all’interlocutore. La produzione avviene quindi in un secondo tempo e, procedendo in questo modo, l’ascolto si fa scambio proficuo divenendo dialogo. Il dialogo, infatti, nasce dal confronto di idee differenti che grazie all’ascolto sa produrre una nuova visione condivisa.
*Ho letto un tuo articolo in cui parli del collezionismo come espediente per riempire il vuoto ma soprattutto come tentativo di possedere la sostanza dell’oggetto collezionato, quasi a carpirne l’essenza attraverso le varie varianti della forma. Cosa può significare, simbolicamente, questo replicare senza differenziare?
Ciò a cui alludi, replicare senza differenziare, simbolicamente rimanda alla tendenza attuale, ad esempio, di collezionare amici senza cogliere in loro le differenze individuali. Sono tutti uguali, ci si rivolge con un caro o cara senza aggiungere il nome proprio: ecco, siamo di fronte alla civiltà del copia-incolla dove una persona vale l’altra perché anche gli esseri umani possono diventare usa e getta.
*Ma secondo te può esistere il vuoto?
Quando penso al vuoto lo considero come realtà interiore negativa, ad esempio il vuoto emotivo che distrugge la buona vita, l’eutimia. Poi mi viene in mente il vuoto di pensiero, il non pensiero e ciò mi preoccupa perché il vuoto ideologico dei nostri tempi spinge a dissotterrare pagine tristi della nostra storia.
*Vedi quindi il vuoto come mancanza. E allora parliamo dell’ ’amore come povertà, come mancanza che chiede di essere superata e “riempita” grazie alla capacità di trasformare l’apparente vuoto in occasione di crescita…
L’amore contiene la povertà, quindi la mancanza e per questo è in continua ricerca e ricercare aiuta l’incontro, le alleanze, la crescita. L’amore è anche capacità di trovare la soluzione alla mancanza, per cui una società basata sull’amore potrebbe essere perfetta, ma la perfezione non è degli umani e allora come se ne esce? Ricordando, e questo non vi farà piacere, che l’eterno nemico di Amore, il suo opposto, Distruzione, è necessario per mantenere l’equilibro. Con ciò non sto dicendo che dobbiamo augurarci le guerre, ma solo che l’aggressività ci appartiene per natura per cui è utopia pensare di annientarla, si può però contenere, addomesticare, educare. L’amore in tutte le sue forme va promosso, mostrato e dimostrato per trasmettere soprattutto ai giovani un modello di società dove vivere sia sempre meno complicato e più dono reciproco. Un’utopia? Forse, ma per ottenere il minimo è necessario pensare in grande!
*E cosa produce, invece, una società basata sulle distorsioni dell’amore?
Produce persone che lasciano uscire il peggio, un’aggressività brutale come osserviamo ogni giorno. Ciò è dovuto anche alla caduta di un’educazione severa e difficile da combattere: quanti ragazzi sono cresciuti con un permissivismo totale fautore di fragilità! Chi non è educato non si forma interiormente, ma rimane pieno di paure e incapacità ad affrontare la vita e poi le esprime anche con la violenza. Non educare i figli e gli alunni è mancanza d’amore: educare è fatica, ma se ami tuo figlio così come il tuo alunno non puoi sottrarti dalla tua missione, che è anche un dovere, e lavori ogni giorno per il suo bene.
*Da questo punto di vista oggi a che punto siamo, a livello sociale? E a livello individuale?
A livello sociale, l’ho già accennato, viviamo l’amore dimenticando la sua natura e la sua peculiarità. L’amore è una potenza invincibile capace di travolgere e condurre gli esseri umani verso la miglior vita possibile, ma ciò non è realizzabile se lo consideriamo un’occasione, in realtà è l’occasione, l’unica, da non lasciarsi scappare. Eros scagliando le frecce dona ad ognuno di noi l’amore anche se non siamo pronti ad accoglierlo e con questo dono ci rende unici e contemporaneamente parte di un tutto: ci dà la possibilità di innamorarci delle persone, delle arti, delle idee. E se ce ne innamoriamo, che è molto diverso dal rimanerne infatuati, siamo pronti a creare il meglio
* Da dove nascono la paura di amare e di essere amati?
Dal punto di vista individuale la paura di amare nasce dalla delusione di chi ci ha traditi a partire dalla più tenera età e qui la psicoanalisi, a partire da Freud, ci offre un’ampia letteratura. Essere amati può diventare un peso che ci mette nell’obbligo di ricambiare, quindi più che paura è una responsabilità che non ci vogliamo prendere. A livello universale, la paura nasce dal fallimento, quando ad esempio un’idea che abbiamo ritenuto straordinaria si rivela un errore oppure non applicabile alla pratica. Pensiamo alle ideologie del ‘900 quanti disillusi hanno creato?
*Come si realizza oggi l’energia del Femminile nel maschio e in che modo può contribuire ad una crescita sia individuale che sociale?
Se per energia del femminile intendi il femminile interiore legato a certe categorie propriamente femminili come la pazienza, legata alla maternità e alla cura della prole, direi che tanti maschi le posseggono e anche se può apparire strano so invece che tanti uomini sono esseri straordinari che posseggono amorevolezza, pazienza, capacità accuditive e protettive, naturalmente questi aspetti incidono positivamente sulla famiglia e poi sulla società.
*E in che modo, invece, nei suoi aspetti d’ombra può essere distruttiva?
Purtroppo molti maschi sono invasi da aggressività e violenza che sappiamo benissimo come riversano sul mondo e sulla vita in famiglia. Dobbiamo però iniziare a parlare anche dei maschi migliori grazie ai quali il cammino femminile può diventare più facile e produttivo. Solo uniti, non mi stancherò mai di ripeterlo, possiamo pensare di sconfiggere i lati peggiori del nostro vivere nel mondo.
*Che tipo di uomo (maschio) ha bisogno di essere più aiutato oggi?
A parte il violento al quale serve un percorso lungo, difficile e non sempre davvero risolutivo, direi che non dobbiamo scordare il maschio sensibile e che mai alzerebbe un dito sulla donna. Quel maschio di cui sto parlando deve comprendere che è il momento di farsi sentire, di mostrarsi senza paura per lanciare un messaggio forte ai violenti e farli sentire deprecabili. Finché il culto maschilista continuerà ad imperare, sarà molto difficile un cambio culturale di cui in molti auspicano la realizzazione senza peraltro fornire strumenti efficaci e davvero praticabili.
*A proposito del me too, tu spieghi come riconoscere i ricattatori sessuali?
Quelli che ti ricevono per un colloquio di lavoro in camera da letto sono i più riconoscibili… quelli di cui mi sono occupata, anche ma non solo, nel mio libro Ho messo le ali II edizione sono subdoli e capaci di farti credere di essere geniale e per questo ti promettono aiuto. Una volta che ti fidi delle loro promesse, a quel punto provano a sedurti e se non ci stai scatta il ricatto. Una situazione pesante e capace di intaccare la buona considerazione di sé della donna. Sono subdoli e bravi a recitare quindi li possiamo riconoscere solo dopo averli incontrati, sapere che esistono però è importante perché ci dona la consapevolezza e questa è fondamentale per affrontare con più determinazione l’incontro con un simile personaggio. Ho masso le ali, che contiene tutte storie vere, si apre con l’episodio del ricattatore in azione.
*E’ più difficile dire sì o dire no?
I sì sono una scelta individuale, i no, in generale, sono molto difficili da dire e per questa ragione dobbiamo prepararci per pronunciarli con fermezza a chi vuole sottometterci a qualsiasi titolo. *Come agiscono in te l’energia del Femminile e quella del maschile? Domanda molto difficile… direi che convivono in armonia dopo aver lottato per tanti anni. Ora sono piacevolmente amalgamati e mi offrono una vita gratificante.
*Cosa significa per te essere in cammino?
Significa vivere con la consapevolezza di avere una meta da raggiungere, meta che cambia col tempo e possiede il fine di migliorarci.
* Riassumiti in poche righe
Credo di essermi già raccontata con le risposte che ti ho dato. Posso aggiungere che oltre ad essere filosofa, consulente filosofico e scrittrice sono una persona che ama tutto ciò che fa e se non avessi ricevuto il dono dell’amore da una freccia di Eros non avrei mai scritto. Scrivere è una della maggiori soddisfazioni: ogni volta è un nuovo figlio che viene al mondo. Il linguaggio scritto e parlato è in continuo cambiamento, noi lo cambiamo e lui ci cambia in un continuo reciproco scambio. Se vogliamo modificare la cultura della violenza propongo di adottare una nuova definizione che trovate nei miei scritti: al posto di delitto passionale, usiamo “Delitto del potere perduto”.