Celebrare il 25 novembre quest’anno è più importante che mai.
…ma di brumaio
cruento è il fango, la nebbia è perfida:
non crescono arbusti a quell’aure,
o dan frutti di cenere e tòsco.
Brumaio, il secondo mese del calendario della Rivoluzione Francese, corrispondeva circa al periodo compreso tra l’ultima decade di ottobre e la fine di novembre.
E novembre ben può chiamarsi brumaio, nebbioso, piovoso, buio novembre. Col rosso dell’estate di San Martino (gemmea l’aria, sì, ma le stecchite rame di nere trame segnano il sereno, ed è un’estate di morti), col rosso delle foglie morenti anch’essere, decisa anticamera dell’inverno. Il mese dei morti, in cui cade la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Che muoiono per mano maschile, ancora e ancora, una ogni due giorni, ci dicono le medie. E se non muoiono, sono violentate, picchiate, abusate, discriminate.
Una strage incessante, contro cui il nostro paese ha ratificato la convenzione di Istanbul, ma appare incapace di affrontare in modo strutturale, coraggioso, decisivo.
E’ di questi giorni la mozione presentata in parlamento da Lucia Annibali, vittima della violenza maschile, che, coraggiosamente, chiede a questa legislatura di non vanificare il lavoro, per la verità appena accennato, delle legislature precedenti. Le prime azioni di questo governo, infatti, da questo punto di vista deludono e reiterano la violenza che le donne subiscono senza sosta. Si parla delle vittime solo quando il carnefice è straniero, strumentalizzandone la morte per alimentare il clima d’odio razziale che serpeggia in Italia. Negli altri casi, la violenza viene taciuta, minimizzata, giustificata.
In realtà, la maggioranza dei femminicidi avviene per mano di italianissimi partner, ex partner, uomini che non accettano la libertà delle donne, la loro umanità, considerandole alla stregua di oggetti di proprietà.
Contrastare questa cultura beceramente patriarcale non è semplice, ma certamente non è limitando la libertà delle donne, relegandole nuovamente in casa, che si affronta il problema. Non è offrendo terreni demaniali a chi dona il terzo figlio alla Patria. Non è impedendo di fatto il divorzio alle donne economicamente più deboli, come vorrebbe il DdL Pillon con le assurde proposte di mediazione obbligatoria a pagamento, l’introduzione della Pas, la spada di Damocle della sottrazione dei figli.
Non è rendendo impossibile l’aborto che le donne abbasseranno la testa, si ritireranno dalla vita pubblica, per rinchiudersi in casa, liberando il senso di Onnipotenza del Maschio.
La mozione della Annibali è dunque più che motivata, e va sostenuta con forza.
Ma è importante capire che non ci sarà nessuno che lo farà per noi. Lo dobbiamo fare da sole, dobbiamo essere protagoniste della nostra sopravvivenza, della difesa dei nostri diritti.
Non esiste un patriarcato buono. Il prezzo da pagare per avere qualcuno che “si occupi di noi” è, appunto, avere qualcuno che “si occupi di noi”: che decida per noi, che decida DI noi.
Va cambiato il modo di percepire il potere: il potere non è possedere gli altri, sconfiggere il nemico, aggredire il mondo. Il potere è collaborazione, è cooperazione, è cura. Il potere è responsabilità e rispetto.
Il potere, infine, è dovere.
Credo che siano queste le cose che più di tutte servono al nostro paese.
Dovere, responsabilità e rispetto.