Lo spirito del Natale e del tempo presente.
di Nico Conti
Soffriva di forti amnesie, era un fatto accertato.
Ma nonostante questo aveva alcuni concetti chiari nella sua mente: era quasi la mezzanotte di Natale, viveva da solo in campagna, e anche quel Natale sarebbe stato triste.
Poco di più, pochi ricordi confusi, poche certezze. Poche altre. Si era svegliato in stato confusionale, non era una novità.
Era seduto sulla poltrona in pelle davanti al camino: alcune braci stavano ancora crepitando, e il fuoco non era ancora spento del tutto.
Probabilmente lo aveva acceso lui, forse aveva dormito troppo, quasi certamente. Manon ricordava granché.
Quella era casa sua, tra colline di viti e calanchi che, se ricordava bene, gli aveva lasciato suo padre. Un rudere, poco più, ma gli bastava.
Se gli altri ricordi corrispondevano suo padre era morto, non molto tempo fa. Della madre non ricordava nulla; probabilmente era da tanto tempo che non c’era più.
Strano che non avesse alcuna immagine di lei. Forse era morta quando lui era ancora troppo piccolo.
Fu preso da un attimo di infinità tristezza, ma pensò che fosse tipico della notte di Natale, una malinconia che ti attraversa dentro anche se una famiglia ce l’hai.
Aprì gli occhi e cancellò quei pochi ricordi, quegli istanti irrecuperabili di un grande nulla.
Si era svegliato, con un fucile da caccia tra le mani. Lo aveva caricato con pallottole a pallini grossi. Sapeva sparare.
Gli era stato insegnato da piccolo, poco più che adolescente a sparare a qualsiasi cosa si muovesse nell’aria.
Era una cosa ricordava bene, il rinculo del fucile.
Suo padre gli aveva insegnato come sparare ai pipistrelli, quando non c’erano passeri o storni.
Un’altra cosa che gli era chiara era perché se ne stava lì: era seduto immerso nell’ombra a difendere la sua casa, le sue proprietà, quelle poche cose che gli era difficile elencare.
Sapeva che durante le feste potevano entrare ladri nelle case, soprattutto quelle che sembravano abbandonate o che erano abitate da singole persone indifese.
Ma lui era armato. Sapeva sparare.
Non si dimentica di come si spara, è come andare in bicicletta.
Seduto sulla poltrona aspettava pressoché immobile che arrivasse la mezzanotte. Di lontano, in città, avrebbe sentito i fuochi d’artificio, o forse quelli erano solo per
l’ultimo dell’anno? Questo non lo ricordava.
Forse i botti si facevano anche a Natale, forse no.
Ma esattamente cosa stava aspettando. La mezzanotte? Un ladro? Che in Natale semplicemente passasse? Poter andare a letto e finalmente dormire una notte intera?
Aspettò.
Allo scattare delle due lancette in alto la pendola rintoccò, e gli fu abbastanza chiaroche era mezzanotte.
Lancetta piccola in verticale e lancetta lunga che, dopo un minuto, la segue e si sovrappone: mezzanotte in punto.
Per alcuni minuti non ci furono altri rumori, nemmeno in lontananza, verso la città.
Solo i rintocchi della pendola.
Solo in quel momento fu completamente sveglio e si accorse che la stanza era leggermente illuminata dalle luci dell’albero.
Aveva fatto l’albero di Natale.
Questo si, lo ricordava bene.
Le tradizioni, perdinci, non si dimenticano, quelle no: l’albero, Babbo Natale, il presepe…
Il presepe, a dire il vero, non rammentava cosa fosse, esattamente. Ma era un dettaglio: lui il presepe non l’aveva mai fatto.
Da piccolo aveva giocato coi soldatini. Non era la stessa cosa? Forse no. Pazienza.
Ecco, tutto questo è il clima di Natale: le luci intermittenti dell’albero, il fuoco nel camino, Babbo Natale che arriva.
Gli sembrava che Babbo Natale dovesse portare dei doni, e non solo a lui, a tutti quanti. Come fosse possibile in una sola notte, questo gli sfuggiva.
Ma perché lo stava aspettando con il fucile tra le braccia?
Rifletté ponendo maggior concentrazione su quell’aspetto: non stava aspettando Babbo Natale.
Stava semplicemente proteggendo la sua dimora dai ladri.
Ecco, questo stava facendo, come sempre, come tutte le notti da molti anni.
Prima o poi il suo ladro si sarebbe presentato.
E, un’altra cosa era certa: se un ladro fosse entrato nel suo castello, gli avrebbe sparato.
Siccome era appena passata mezzanotte, gli avrebbe sparato, senza indugiare un solo istante.
Questa era legittima difesa: poter sparare a un malvivente che ti entra in casa. Dopo la mezzanotte è legittimo. E’ giusto così.
Lo aveva sentito anche in televisione, qualche giorno prima, perciò ricordava che era legittimo.
Legittima difesa, gli piaceva il concetto, era più che giusto.
I ladri sanno a cosa vanno incontro: accarezzò il fucile.
Era passata da poco mezzanotte, quando udì un rumore sul tetto: tra il tetto e la stanza c’era solo il solaio, quindi il rumore si era sentito molto bene.
Erano passi, i passi lenti e pesanti di chi sta cercando un’entrata.
Dal tetto? Perché stava camminando sul tetto e non era entrato semplicemente dal piano terra?
Semplice. Si ricordò di aver sprangato la porta, e che tutte le finestre avevano gli scuri chiusi per trattenere il caldo, quel po’ di caldo che riusciva a fare con il camino e
la stufa.
Pensò che avrebbe dovuto aggiungere qualche pezzo di legno, ma qualcuno stava passeggiando sopra il tetto, e quindi decise di rimandare.
Era arrivato il suo ladro, ora doveva solo attenderlo in silenzio.
Restò seduto immobile, stringendo più forte il fucile e mettendo il dito indice sul grilletto.
Avrebbe sparato per legittima difesa. Forse lo avrebbero anche intervistato alla televisione. Forse anche il ministro dell’interno avrebbe parlato di lui come di un
eroe.
Ma non ricordava chi fosse il ministro dell’interno. Poco importava adesso.
Ora doveva aspettare che il suo ladro trovasse il lucernario del solaio e che poi, una volta entrato, decidesse di scendere dalla piccola scaletta di legno che portava proprio
dritto nel salone.
Guardò la scaletta di legno immersa nella penombra e attese che il suo ladro aprisse la porta in alto e facesse la sua entrata.
Legittima difesa, pensò, e il sudore freddo gli scivolò lungo le tempie. Era eccitato da quel semplice binomio: legittima, difesa.
Qualcuno dall’alto delle istituzioni gli dava il permesso di farlo.
Giustizia: gli sembrò come una parola nuova.
Nel buio quasi assoluto della stanza, un uomo robusto, aprì la porta del solaio e cominciò silenziosamente a scendere le scale.
Era poco più di una sagoma oscura che faceva scricchiolare i gradini sotto i suoi piedi.
Seduto sulla poltrona con le spalle al camino, lui attese con il fucile ben spianato.
Il suo ladro non poteva vederlo, almeno per qualche istante non avrebbe potuto distinguere la sua presenza nella semi-oscurità.
L’albero illuminava a intermittenza, ma erano le fioche luci led di un semplice giro intorno ai rami, e lui stava completamente sprofondato nella poltrona.
Il suo ladro cercava di guardare davanti ai suoi passi, aveva un a pila in mano di scarsa qualità. Illuminò pochi gradini.
“Legittima difesa”, si ripeté compiaciuto, e senza indugiare sparò un colpo e attese il risultato.
Bang!
L’indistinguibile figura nera diede un grido soffocato, e rotolò giù per le scale, per poi rovinare a terra. Nella caduta la pila si era spenta.
Restò immobile sul pavimento, probabilmente era svenuto, o meglio ancora il suo ladro era morto.
Restò per qualche minuto immobile, nella poltrona.
Si era difeso bene pensò.
Le-git-ti-ma-men-te.
Quindi con grande circospezione si alzò dirigendosi verso il corpo che giaceva a terra, senza dare alcun segno di vita.
Teneva in mano il fucile, pronto a sparare un altro colpo di legittima difesa.
Con la canna della sua doppietta lo toccò più volte: forse non era completamente morto, anche se un rivolo di sangue si infiltrava nelle assi del pavimento, e scorreva
rapido, allargandosi in un’ampia chiazza regolare.
Decise di rigirarlo per vederlo meglio: dopotutto era il suo ladro.
Forse avrebbe dovuto sparargli un altro colpo, affinché la sua legittima difesa fosse definitiva. Quel ladro, se lasciato libero, avrebbe potuto tornare a fare danni.
Rigirandolo su un fianco, il volto del ladro fu esposto alle lucine multicolori dell’albero, che mostrarono una folta barba bianca: era anziano.
Il fatto che fosse anziano gli fece eliminare ogni residuo sentimentale, anzi si giustificò ancora di più della legittimità del suo operato.
Era solo un vecchio barbone.
Subito dopo si sorprese a considerare come era vestito e a quel punto ebbe un sobbalzo.
Era vestito di rosso e portava un paio di pesanti stivali neri: quel rosso della pubblicità della Coca cola tanto per intenderci.
Se la memoria non lo ingannava, aveva sparato a Babbo Natale.
Non poteva sbagliarsi. Ebbe un momento di panico: aveva ucciso Babbo Natale.
Sospettò che la legittima difesa non prevedesse l’uccisione di Babbo Natale. Questo non era un atto popolare, e lo avrebbero additato come l’assassino di Babbo
Natale .
Tutto tremante lo guardò meglio: non c’era più dubbio, che fosse Babbo Natale. Dopo alcuni minuti Babbo Natale tossì, rantolò e si risvegliò. Forse non in
quell’ordine.
Era seduto sul divano a fianco della poltrona sulla quale se ne stava il proprietario di casa che lo guardava con un bel sorriso stampato sulle labbra.
Ora il fuoco del camino era più intenso, scaldava e illuminava meglio la stanza.
Babbo Natale, osservò i suoi pantaloni rossi stracciati e la sua gamba sinistra fasciata a livello della femorale, molto vicino alla vena. Faceva male.
«A momenti ti ammazzavo, Babbo Natale!» Sospirò, ricordando in quel preciso istante di chiamarsi Freddie: «Mi chiamo Freddie, non so come scusarmi.»
«Freddie,» sospirò Babbo Natale rendendosi conto che tutto sommato era ancora vivo: « Ma che caz…?» Bofonchiò.
«Mi spiace, mi spiace tanto,» ripeté Freddie risollevato dal fatto che la sua vittima predestinata sembrasse in buona forma.
«Fa niente. Poteva andare peggio.»
Poteva essere la fine di tutti i Natali futuri, pensò Freddie, con un attimo di disperazione che nascose dietro a un sorriso vagamente ebete.
Non ricordava Natali felici, ma questo non era un buon motivo per privare gli altri dello spirito del Natale, e soprattutto di Babbo Natale in persona.
Aveva nella testa una vaga l’immagine di bambini felici, anche se non ricordava chi fossero: neanche ricordava di essere mai stato bambino.
Doveva rimediare in qualche modo.
«Fa male?» Chiese a Babbo Natale che cercava di ricostruire mentalmente la situazione.
«Non troppo.»
Babbo Natale guardò Freddie così come si guarda un personaggio immaginario, o un marziano. Quell’ometto insignificante aveva deciso di sparargli, anzi aveva tirato il
grilletto, e meno male lo aveva colpito solo a una gamba.
«Che ne diresti di aprire una bottiglia di spumante?» domandò inaspettatamente Freddie.
«Non saprei, ho ancora molto da fare stasera.» Fu la prima risposta che gli venne.
«Consegne?» chiese Freddie indicando il sacco abbastanza pieno di Babbo Natale.
«Ecco, si, consegne.»
«Cosa sarà mai il tempo di un brindisi? Apriamo lo spumante, un bicchierino e poi continui le tue consegne,» disse Freddie acquistando un insolito entusiasmo.
«Non saprei.»
«Insisto.»
Babbo Natale, pensò che tutto sommato un po’ di bollicine giù nello stomaco non gli avrebbero fatto male, anzi.
«D’accordo, vada per lo spumante, dimmi dove lo tieni.» Disse Babbo Natale alzandosi in piedi con una certa fatica.
«Nel frigo! E’ lì da una vita, neanche mi ricordo da quando. E’ lì che aspetta solo la buona occasione. E, questa è una buona occasione, no?»
«Certo, sono ancora vivo!» Disse Babbo Natale dirigendosi verso la cucina zoppicando: «Sta lì seduto Freddie, ci penso io.»
A Freddie non sembrò vero che qualcuno fosse lì la notte della vigilia a brindare con lui. Per di più Babbo Natale in persona, e soprattutto ancora vivo.
Qualche centimetro di lato e, colpita a pieno la femorale, sarebbe stato abuso di legittima difesa: così avevano detto alla tele quando un gioielliere aveva sparato alla
schiena di un malvivente.
Con aggravante Babbo Natale pensò.
Babbo Natale fece saltare il tappo dello spumante, che a sua volta fece saltare Freddie sulla poltrona.
Subito dopo entrò nella stanza con la bottiglia e due calici pieni. Erano i soli bicchieri che aveva trovato nel pensile sopra il lavello della cucina.
Uno lo porse a Freddie che ancora spumeggiava, e l’altro lo trangugiò di un fiato,
soggiungendo: «Buon Natale, Freddie!»
Anche Freddie bevve d’un fiato, e continuò a guardare con aria beata Babbo Natale che si riempiva un secondo bicchiere.
Poi si accorse che qualcosa nella sua mente non andava, che anzi andava peggio del
solito.
Era seduto, ma gli girava la testa.
Cercò di alzarsi, svenne.
Prima di svenire, osservò l’immagine di Babbo Natale che alzava il calice in segno di buon augurio.
Freddie si svegliò solo per il semplice fatto che Babbo Natale gli aveva dato un buffetto sulla guancia, tenendogli la testa ferma con l’altra mano.
«Non muoverti,» gli aveva ordinato Babbo Natale.
Ci mise un po’ per risvegliarsi del tutto.
La tentazione di girare la testa e guardarsi intorno era forte, ma quel “non muoverti” lo aveva convinto a trattenersi.
«Che mi è successo?» Chiese con la domanda più stupida che avesse a disposizione.
Era successo che Babbo Natale gli aveva messo del sonnifero nello spumante.
Ora Freddie era legato alla sua poltrona in pelle, e non solo.
Davanti agli occhi, a una ventina di centimetri, ci stava il suo fucile da caccia, che puntava dritto in mezzo ai suoi occhi.
Babbo Natale lo aveva fissato su un treppiede di legno, un porta-vaso di pessima fattura, con del nastro isolante largo.
Dal grilletto partiva un filo di metallo, che sembrava quello per i freni da bicicletta, ma molto più lungo, che Babbo Natale aveva trovato nella sua cassetta degli attrezzi.
Il filo passava attraverso tre piccoli ganci che erano stati fissati contro il muro, dietro il fucile, poi al soffitto, e infine dietro la testa di Freddie.
Fu in quel momento che capì di non dover muovere assolutamente la testa.
Infatti il filo da freni, andava a fissarsi in una cinghia di cuoio che gli fasciava la testa.
Un piccolo movimento in avanti e questo avrebbe fatto scattare il grilletto all’indietro facendo partire un colpo che non si sarebbe limitato a sfigurargli il volto.
Per un attimo Freddie dubitò che il meccanismo potesse funzionare a dovere, poi notò che il treppiede era stato fissato con dei chiodi al pavimento.
Si irrigidì.
«Perché?» Altra domanda sciocca che Freddie avrebbe potuto risparmiarsi.
Babbo Natale cominciò a girare per la casa, senza rispondergli, portandosi dietro il suo sacco, e riempiendolo di ciò che trovava di meglio: suppellettili di scarso gusto, posate in argento, poche, e qualche altro oggetto di scarso valore.
«Perché? Perché sei un credulone.» rispose con grande ritardo Babbo Natale, continuando a raccogliere quegli oggetti che tutti insieme forse non avrebbero fatto più di duecento euro.
Andò in camera da letto, e trovò qualcosa che forse valeva qualcosa di più della pena di una ferita alla gamba e di una serata in pessima compagnia.
Freddie, continuando a restare immobile, e terrorizzato, pose un’altra inutile domanda: «Forse mi dici così perché credo in Babbo Natale?»
«No, ti dico così perché sei un cretino che crede che questa robaccia che hai in casa, valga la vita di uno come me…» sospirò guardando in controluce un anello con un
minuscolo brillante.
«Non mi uccidere ti prego.» singhiozzò Freddie, mantenendosi rigido come le figurine di un presepio vivente.
Fu in quel momento che si ricordò della tradizione del presepe, del suo significato, e di tante altre cose che aveva accantonato alla voce “cristiano”.
Pianse.
«Certo che non ti ucciderò! Ti sembro il tipo?»
In effetti Babbo Natale, non aveva l’aria di un assassino, era solo un ladruncolo camuffato per non dare nell’occhio la notte di Natale.
«Ti ringrazio,» disse sottovoce Freddie.
«Non devi ringraziarmi. Sarai tu a toglierti di mezzo, una volta che sarai abbastanza stanco di questa notte di Natale e chinerai la testa. Lo spirito del Natale mi impedisce
di ucciderti. Mettiamola così: è solo legittima difesa.»
Babbo Natale si caricò il sacco sulle spalle, e arretrando continuò a fissare Freddie che ora non faceva più domande.
Sulla soglia gli fece ciao con la mano, ma era piuttosto un addio.
Freddie ora ricordava parecchie cose, le amnesie erano finite, e tutta la vita gli passò davanti agli occhi in un solo istante.
Babbo Natale si lasciò la porta alle spalle, e poco dopo sentì uno sparo all’interno.
Era solo legittima difesa.