Educazione sessuale non significa insegnamento meccanico della pratica sessuale, significa invece educazione al sentimento e soprattutto educazione alla relazione. Cos’ha a che fare l’educazione sessuale, che dovrebbe essere una disciplina d’amore, con lo STALKING?
di Aura Fede
A proposito di quello che ha detto in questi giorni il Papa……….
Cos’ha a che fare l’educazione sessuale, che dovrebbe essere una disciplina d’amore, con lo STALKING?
Che abbiamo invece visto essere violenza e deviazione?
Per i più, per gli addetti ai lavori perlomeno, la risposta a questa domanda dovrebbe essere ovvia.
Ovvia non lo è per chi ancora non ha ben chiaro che educazione sessuale non significa insegnamento meccanico della pratica sessuale, significa invece educazione al sentimento e soprattutto educazione alla relazione.
È appunto nel concetto di relazione, complesso e di significato differente per ognuno di noi, che le radici dello stalking si formano (nella infelice, a volte disgraziata, interpretazione individuale
di questo unico concetto).
Perciò insegnare (o provare quantomeno a spiegare) ai nostri ragazzi quante e quali siano
le potenzialità delle relazioni intime umane (sessuali e sentimentali) e insieme prepararli, metterli in guardia su quanto queste stesse relazioni possano essere psicologicamente DIROMPENTI,
Ebbene, non dovrebbe essere solo un’occasione formativa, dovrebbe essere (sentiti i casi di cronaca) un nostro dovere civile.
Oggi a dire e scrivere di sesso, si è fatta l’abitudine. Forse un po’ troppo. Sedicenti PROFESSIONISTI dell’amore dispensano le loro ricette in tv, sui giornali e sul web.
Si parla di coppia e di crisi, di sesso e di corna, di potenze e impotenze.
Il tempo di una generazione, e una materia prima vietata e amorale, è diventata niente più che una chiacchiera da portinaia.
Senza che mai in questo tempo trascorso (un tempo di amore libero prima, di paura dell’AIDS poi di crociate infinite in nome del sesso sicuro, fino al presente dov’è libero e di fatto incontrollato ogni genere di sesso in rete) senza che MAI in tutto questo tempo si sia sentita l’esigenza di DISCIPLINARLA PEDAGOGICAMENTE, questa materia (lasciandola appunto pericolosamente alla stregua di una chiacchiera da bar, o da facebook) con la piccola differenza che questa particolare chiacchiera sa causare contagi venerei, gravidanze indesiderate, aborti e perfino, come abbiamo visto, persecuzioni e omicidi non esiste oggi (né è mai esistita) una legge che introduca e disciplini l’educazione sessuale nelle scuole
Ogni cosa è lasciata alla buona volontà d’insegnanti, genitori, operatori.
Raccontare, insegnare del corpo, del piacere, della capacità di condividere emozioni e sentimenti anche attraverso il contatto fisico, è considerata (oggi come ieri) una faccenda molto delicata.
Una responsabilità di cui pochi intendono farsi carico (né mai delegata in via ufficiale a qualcuno dalle istituzioni). Doversi esporre, parlare in qualche modo di sé e delle proprie scelte di vita, è cosa così complessa da mettere in crisi ogni adulto, in discussione il suo presunto compito di educatore.
Ci si metta poi la questione economica e logistica: le risorse (umane e non) della scuola sono oggi davvero scarse e gli operatori dei consultori (spesso unici referenti) sono pochi e con pochissime ore a disposizione (l’educazione sessuale non fa parte dei LEA). Molto più semplice allora impacchettare il tutto con un post-it a margine ATTENDERE.
Da consumarsi preferibilmente dopo la maggiore età.
Così i ragazzi (geneticamente ostili al concetto stesso di attesa) ben prima della maggiore età si arrangiano con il FAI DA TE per scoprire cosa effettivamente vi sia DENTRO LA SCATOLA.
Passaparola e mosca cieca. Per riproporre a conti fatti nulla più che una versione rivisitata, ammodernata, della sessualità di una volta.
Quella imbarazzata, elusiva e spezzettata, vissuta dai loro adulti di riferimento.
Prima le parole mancavano, non c’erano, perché le si credeva troppo forti.
Oggi le parole non ci sono, perché si crede (o si preferisce credere) che in definitiva ragazzi siano in grado di autogestire la propria educazione sessuale (davanti alla tv, meglio se da soli, in camera, a guardare un film, un talk show pomeridiano, o qualunque programma di tarda sera, o magari tra le pagine di una rivista, di un sito o di un libro).
Non una comunicazione reale di parole e emozioni, piuttosto un rumore di fondo (un rumore bianco) che nasconde (e neppure tanto bene) le mancanze degli adulti e la loro arrendevolezza.
Si potrà pure continuare ad ignorarlo, ma lui c’è…L’ELEFANTE NELLA STANZA
Ci sono state rivoluzioni (sessuali), e poi anni di rivendicazioni, visioni (e dicasteri) di pari opportunità, eppure i contenuti di riferimento per il maschile continuano a essere forza, aggressività e dominio.
Seduzione, inganno e debolezza, per il femminile.
Lo capite dove si radica lo stalking?
«Piastre di metallo su cui vengono impresse immagini o elementi tipografici originali, in modo da permetterne la duplicazione su carta stampata.»
«Stereotipi», dal dizionario.
Matrici di una mentalità che noi crediamo passata, obsoleta, e che invece resiste negli anni, perché in fin dei conti è IMPRESSA dentro di noi, che senza rendercene conto la riproponiamo
appena un poco edulcorata ai nostri figli: incoraggiando senza saperlo la sua continua duplicazione Così, chi sceglie (tenta) di insegnare educazione sessuale deve fare i conti con queste eredità latenti (quasi genetiche).
Non si ha mai davanti un foglio immacolato, da riempire ex novo, ma si deve ogni volta lavorare con cautela, ai margini, negli spazi bianchi lasciati da ciò che è stato già scritto (impresso).
In più di trent’anni, nel territorio dell’Azienda ULSS di Treviso il progetto Educare alla Sessualità ha coinvolto centinaia di insegnanti e operatori, genitori e adulti di riferimento.
Abbiamo incontrato migliaia di bambini, e poi ragazzi, dalle scuole elementari alle scuole superiori.
Lavorare con i ragazzi, con i genitori, ci ha permesso nel tempo di avvertire nella stanza quella presenza ingombrante, di intuire per la prima volta i contorni sfumati del grosso elefante.
Si è potuto parlare d’identità, dell’essere maschio e femmina, del rispetto dell’altro e di diversità.
Di responsabilità e di scelta, attraverso l’emozione del raccontarsi e di raccontare il piacere e l’amore.
Tutto nell’imprescindibile rispetto della storia personale e familiare di ognuno: patrimonio vitale che va sempre tutelato, di qualunque natura esso sia, tenendo bene a mente che affrontare insieme un percorso sulla sessualità significa impegnarsi a costruire, anche su terreni che possono sembrare difficili, inariditi da paure e frustrazioni.
Educare alla sessualità è (deve essere) per i ragazzi e soprattutto per gli adulti un’occasione per riflettere su quello che noi chiamiamo patto generazionale.
La volontà (e la capacità) di insegnare (e non solo tramandare) ai ragazzi una reale competenza generativa, tale da permettere loro di costruire (e sopportare) legami significativi e profondi.
È Un impegno che si fonda sulla piena coscienza delle proprie responsabilità.
Che significa inevitabilmente mettersi in gioco, o meglio/peggio a nudo:
«…io alla tua età facevo questo… e poi un giorno è successo questo…
finché un giorno ho incontrato questa persona, che poi è tua/o mamma/papà…
e dopo un po’ sei venuta/o tu…
e io sarei così felice se un giorno a te capitasse una cosa del genere,
ma mille volte meglio però… perché sai, non è che sia sempre così semplice…
che non è sempre una benedizione come dicono…
che poi, ora che ci penso, anche i nonni con me… chissà loro quanta fatica…»
Bambine e bambini, e poi ragazzi e ragazze.
Proviamo a dire loro del coinvolgimento emotivo, della percezione del proprio corpo.
Della possibilità di entrare davvero in relazionale con l’altro, seppure noi per primi non ne siamo (stati) capaci (se mai ce ne fu data possibilità).
Significa costruire, o perlomeno indicare, un’idea: un progetto di vita vero (che a noi, generazioni precedenti, tante volte è stato negato).
Un patrimonio nuovo che loro possano custodire, fino a quando riterranno giusto mostrarlo ai propri figli, e assieme a loro rivederlo e correggerloin ragione dei tempi che saranno.
Questo noi vorremmo
(se mai ce ne sarà data possibilità).
Aura Fede. Laureata in Medicina e Chirurgia, specializzata in Ostetricia e Ginecologia.Siciliana ma ora abita a Treviso. A Padova ha fatto gli studi pre-universitari e universitari.