In che modo il Coaching può essere uno strumento utile per proteggerci dal danno dell’eccessivo stress?
di Maria Rosa Rocco – Executive & Life Coach
In che modo il Coaching può essere uno strumento utile per proteggerci dal danno dell’eccessivo stress?
Ci sono alcune parole di cui tutti sentono di conoscere il significato. Ogni persona, infatti, prima o poi sperimenta una situazione di stress. Un ragazzo prima degli esami, un bambino quando sta lontano da casa la prima volta, un adulto che si sente sopraffatto dalle proprie incombenze o responsabilità.
Qualunque sia la fonte reale o presunta, tutti in generale sperimentano l’urgenza di uscirne. Nella maggior parte dei casi si cerca di allontanarsi da quella che sembra esserne l’origine.
Di solito il processo si presenta così:
- chi prima chi dopo riconosce qualche sintomo, generalmente a livello fisico: mal di testa frequente, stanchezza, difficoltà di concentrazione, diminuzione della performance, tachicardia, insofferenza, scatti d’ira eccessivi o eccessivamente frequenti, pensieri ricorrenti, a volte quasi ossessivi, senso di non potercela più fare;
- si cerca di individuarne la causa: eccessive preoccupazioni, poco tempo per fare le cose, eccessive responsabilità, troppe richieste da altri (parenti, amici, colleghi, capi…);
- a questo punto arriva la consapevolezza della necessità ed il conseguente desiderio di intervenire in qualche modo. Ognuno ha una propria ricetta il cui beneficio è più o meno prolungato. Tendenzialmente l’obiettivo è quello di allontanare la causa (quando la si vede come esterna) ricavandosi spazio e/o tempo per sé. Molti escludono gli altri e cercano la solitudine come stato preferenziale per riprendere contatto con sé stessi. C’è chi attua una sorta di fuga e parte per un weekend lungo, un viaggio, chi cerca conforto e benessere in attività come lo yoga, la meditazione, ma anche la pratica di uno sport, il ballo … per la maggior parte dei casi qualcosa che ci distragga (dis-tragga), e mediamente che ci riporti in contatto con noi stessi.
Ma il più delle volte resta quel senso di impotenza, di frustrazione, che si genera quando ci si rende conto che l’intervento assume la funzione di palliativo, ci fa recuperare un po’ di energia ma non risolve il problema. E’ a questo punto che può essere utile un confronto con un coach esperto.
L’esperienza dimostra che molto spesso a causare la sensazione di stress è il nostro modo di affrontare le situazioni o un bisogno insoddisfatto. Prendiamo l’esempio di una situazione come questa:
Cliente: “le competizioni mi stressano, quindi, appena posso preferisco evitarle. Anche a costo di perderci – tipo nel caso di una gara per acquisire un cliente – anche se c’è una parte di me che se ne dispiace… ma mi stressano troppo!”
Coach: che cosa, esattamente, ti stressa delle competizioni?
Cliente: (ci pensa un po’…) la sfida, il fatto di dover vincere per forza…. Forse è il confronto con gli altri, il giudizio finale. ….
Coach: conosci qualcuno che vede le competizioni in maniera diversa?
Cliente: (si illumina!) la mia amica…., lei sì che ama le competizioni, per lei sono un divertimento, il momento per mettersi in gioco, ma giocare nel vero senso della parola. Ma lei è allenata. (momento di silenzio). Forse, se anche io mi allenassi magari un giorno “le soffrirei” di meno.
Coach: mi stai dicendo che se vedessi in una competizione un modo per allenarti (alla vita, allo sport ecc.) potresti anche buttartici?
Cliente: si certo, come allenamento potrei farlo.
Quanto emerge è la potenza della nostra lettura delle situazioni. Se le guardiamo da una prospettiva diversa le cose cambiano, diventano più maneggevoli e, come d’incanto perdono il potere di stressarci.
A volte però sembra che la fonte del nostro stress siano gli altri, e loro non si possono cambiare:
Cliente: io so cosa mi stressa!! Sono mio marito, mia mamma, i figli… !! Sembra che senza di me non possano fare nulla! E non appena entro in casa tutti vengono a sfogarsi con me. E uno e due e tre… e alla fine sono stufa. Mi stressano! Non ne posso più, ma come faccio? Mica posso dire loro che non voglio più ascoltarli!!
Coach: Cosa succederebbe se per una volta lei decidesse di non stare a sentirli?
Cliente: ma no, non posso. Come faccio? Sono la mamma, è giusto così. In fondo è anche il dovere di una mamma, di una moglie ecc… quello che mi scoccia veramente è che a me non chiede mai nessuno come sto. È tutto ad un’unica via.
Coach: se capisco bene, quindi, non le dispiace che tutti la ritengano così indispensabile, solo desidererebbe che ascoltassero anche lei ogni tanto. Potersi sfogare a sua volta, sentirsi supportata.
Cliente: si è vero, il vero problema è che anche io ho bisogno di avere una spalla su cui appoggiarmi ogni tanto.
Quello che è successo durante questo breve dialogo è che è emerso che in effetti la “vera causa” di stress era il bisogno insoddisfatto di reciprocità. A questo punto il colloquio col coach si sposta sull’individuazione di una strategia per arrivare a soddisfare il suo bisogno, senza né mettere in pericolo il proprio ruolo genitoriale, né privare gli altri del suo supporto.
Il ruolo del coach, come abbiamo visto in questi casi, è quello di aiutare il proprio interlocutore a vedere le cose anche da altre prospettive, mettendoci in grado di disincagliare la nostra mente dalle nostre convinzioni limitanti, e riacquistare la libertà di scelta, di azione, per ritrovare il benessere, soddisfare i nostri bisogni, raggiungere i nostri obiettivi.
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