La mostra che racconta storie di violenze sessuali attraverso i vestiti indossati dalle donne molestate
E’ una domanda che si rivolge spesso alle donne che hanno subito violenza, quasi a volerle far passare da vittima a consenziente dell’atto carnale. L’associazione liberesinergie.org ha organizzato al Tribunale di Milano (sala D Atrio principale in zona passaggio avvocati e magistrati quindi) in dal 6 all’ 8 Marzo una mostra che racconta le storie delle violenze sessuali subite attraverso gli abiti indossati dalle donne violentate. A voi giudicare dalle foto e storie se l’abito può essere addotto come pretesto per giudicare. Agli uomini non viene richiesto il tipo di abbigliamento indossato:(
La mostra ha ottenuto il patrocinio della Camera dei Deputati.
All’inaugurazione il 7 marzo sono intervenuti Roberto Bichi, Presidente del Tribunale di Milano Marina Tavassi, Presidente della Corte di Appello di Milano Fabio Roia e Giovanna Ichino, magistrati di Milano.
“Com’eri vestita?” è la domanda che puntualmente, in tutto il mondo, le vittime di violenza si sentono fare dopo la denuncia di stupro.
“Com’eri vestita?” è il titolo della mostra, promossa da Libere Sinergie, che verrà ospitata da mercoledì 6 a venerdì 8 marzo al III piano del Tribunale di Milano.
Il grembiule delle pulizie, il vestito da sera, il pigiama indossato per una tranquilla serata domestica: sono 17 gli abiti esposti. A ciascuno di essi corrisponde una storia vera di violenza. La N.1 è quella di Jessica Valentina Faoro, giovane ragazza di 19 anni uccisa a coltellate dall’uomo che voleva abusare di lei e al quale si era ribellata.
Quella a Palazzo di Giustizia è l’ultima di una quarantina di tappe compiute nel corso di un anno. Un viaggio iniziato alla Fabbrica del Vapore di Milano, l’8 marzo scorso, che ha toccato piccole e grandi realtà, dagli Atenei di Verona, di Pavia, Bari, Parma, Torino e Trento, alla Bocconi; da Crespi d’Adda a Grosseto, da Desio a Firenze.
Tutte le storie sono state tradotte in quattro lingue – italiano, inglese, spagnolo e francese – con l’intento di rivolgere a un’ampia platea un messaggio che deve essere chiaro: “la violenza sessuale non è colpa delle vittime, qualunque cosa indossino”. La mostra è fruibile anche dai non vedenti, attraverso un QRcode per tutti i testi.
“Com’eri vestita?” è un progetto realizzato per la prima volta nel 2013 dall’Università del Kansas – What were you wearing? – che Libere Sinergie ha contestualizzato alla realtà italiana.
Due racconti di donne violentate e sotto alcuni dei loro vestiti al momento delle stupro.
COME ERI VESTITA? Lavoravo per un’impresa di pulizie e la sera con il mio carrello entravo in tutti gli uffici a pulire. avevo un grembiule azzurro, stavo cambiando lo straccio per pulire il pavimento. non ricordo molto, solo una mano sulla bocca e un senso di soffocamento. Lui addosso a me contro la scrivania, sentivo male ovunque, quando ha finito ho capito che era il mio datore di lavoro.
Lo conoscevo, faceva parte della mia compagnia, era tardi e ho accettato il passaggio a casa, si è fermato in un parcheggio isolato, ha chiuso le portiere, ed è diventato una belva. Ho urlato, pianto, ma non ha avuto pietà. dopo mi ha lasciata davanti a casa piegata in due per il dolore e la vergogna.
Due racconti di donne violentate e sotto alcuni dei loro vestiti al momento delle stupro. La mostra organizzata da Libere Sinergie c’è anche domani al Tribunale di Milano.
Foto di Gianna Melis
Libere Sinergie è un’associazione culturale impegnata nella prevenzione e nel contrasto di ogni forma di violenza e di discriminazione fondate sulla differenza di genere. Libere Sinergie promuove lo sviluppo di una cultura che superi stereotipi e pregiudizi, per contribuire a creare una società nella quale vengano valorizzate le pari opportunità in ogni ambito privato e pubblico.
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