Cosa sta accadendo in Italia e non solo, attorno ai diritti tanto faticosamente conquistati, che riguardano le nostre vite e i nostri corpi.
È fatto noto che a Verona il 29-30-31 marzo si terrà il World Congress of Families. Ufficialmente, da programma, vorrebbero semplicemente dare un sostegno alle famiglie, a superare le loro difficoltà quotidiane. I temi ufficiali del Congresso:
- La bellezza del matrimonio
- I diritti dei bambini
- Ecologia umana integrale
- La donna nella storia
- Crescita e crisi demografica
- Salute e dignità della donna
- Tutela giuridica della Vita e della Famiglia
- Politiche aziendali per la famiglia e la natalità
Eppure, c’è molto altro, sotto la superficie apparentemente innocua. Dietro c’è il lavoro di una rete internazionale, che di fatto ha pianificato e sostiene gli obiettivi politici dei movimenti più reazionari in Europa.
Per capire come sono organizzati, è utile leggere un documento di aprile 2018, pubblicato da EPF, una rete di parlamentari di tutta Europa, impegnati a tutelare la salute sessuale e riproduttiva delle persone nel loro paese ed all’estero, troviamo le “visioni degli estremisti religiosi per mobilitare le società europee contro i diritti umani in materia di sessualità e riproduzione”:
Per saperne di più: il documento completo, tradotto in italiano da SNOQ Torino. Qui un’intervista a Giulia Siviero molto interessante.
Tra i loro obiettivi quindi lo smantellamento dei diritti e delle libertà duramente conquistate negli ultimi decenni, assieme al ripristino di ruoli sociali ingabbiati e stereotipati per uomini e donne, il non riconoscimento di famiglie diverse da quelle eterosessuali unite in matrimonio.
Ritorna il tentativo di ripristinare un controllo sui corpi delle donne e di sottrarre loro il diritto ad autodeterminarsi:quindi stop a contraccettivi e aborto. Naturalmente segue l’abolizione delle unioni civili e del divorzio e tanto altro.
Quando a inizio anno ho appreso del Congresso mi è sembrato l’ennesimo tassello di un piano assai articolato e diffuso. Oggi ritengo che sia solo la punta dell’iceberg di un processo iniziato già negli anni ’80, a cui hanno alacremente partecipato, passino dopo passino, coloro che non hanno mai accettato determinati cambiamenti, che non si sono voluti fermare nemmeno davanti a due referendum, il cui risultato ha di fatto sancito un cambiamento culturale in atto. Ma i cambiamenti culturali non sono irreversibili, specialmente se negli anni non sono curati e manutenuti dalla collettività. Con il passare dei decenni molta polvere si è depositata, tante cose sono cambiate, anche le sensibilità, e la memoria di queste lotte non è sempre stata trasferita alle nuove generazioni. Intanto, c’è chi ha lavorato in background, entrando in modo capillare in ogni contesto e ambiente, radicalizzando le sue posizioni e idee e cercando di creare una lobby che lavorasse a una restaurazione reazionaria.
A leggere il retroterra culturale e il programma espressi da Agenda Europa sembra un’opera uscita dalla tragedia dell’assurdo o da una farsa, a noi pare roba venuta da un passato lontano che riteniamo ormai sepolto e irresuscitabile, a noi sembra qualcosa di improponibile, anacronistico, un accidente, un imprevisto in una visione di storia come progresso e miglioramento, che si rivela ancora una volta errata. Eppure, eppure sono interpreti e portavoci di un movimento internazionale di destra, che è al contempo sessista, omofobo, razzista e esplicitamente antifemminista. Sembrerebbe che si tratti anche di una “mobilitazione professionale” ispirata dal Vaticano.
In Italia abbiamo un visibile e innegabile scivolamento in atto che ha subito negli ultimi anni un’accelerazione, ma che come dicevo prima ha le radici ben più profonde nel tempo. Molto del lavoro è stato pianificato negli anni: contaminare piano piano e “occupare” spazi strategici, sottraendo spazi e aria alla laicità, lasciando penetrare associazioni niente affatto innocue all’interno degli ospedali pubblici, lasciando vagare per i reparti i volontari con il loro armamentario colpevolizzante, grazie ai numerosi accordi tra i centri di aiuto alla vita o similari e le strutture pubbliche lombarde.
Da ultima la notizia di una partnership fra le tre aziende sanitarie – Toscana centro, nord ovest e sud est – e il Forum toscano delle associazioni per i diritti della famiglia. L’accordo, che avrà durata triennale e sarà finanziato dalla Regione con 65.000 euro per ciascuna annualità, prevede una collaborazione per la progettazione e la realizzazione di azioni e iniziative tra la rete consultoriale del servizio pubblico e la rete di servizio e sostegno multidisciplinare del Forum.
Per approfondire: qui un articolo.
Aggiungo solo che da loro statuto, tra le loro finalità troviamo: “il diritto fondamentale di ogni essere umano alla vita e al rispetto della propria dignità, dal concepimento alla morte naturale”, quindi diritto alla vita sin dal concepimento che si contrappone evidentemente con i diritti della donna ad autodeterminarsi.
Per non parlare della situazione lombarda, con una crescita dei consultori privati confessionali convenzionati e la mancanza di investimenti su quelli pubblici, a partire dal ricambio generazionale e dell’aggiornamento della strumentazione (solo pochi consultori hanno un ecografo).
Altri tasselli di questo puzzle “indietro tutta” sono stati: l’innalzamento delle sanzioni per aborto clandestino e la riclassificazione a livello nazionale dei contraccettivi dalla fascia A a quella C a pagamento (ad oggi solo alcune regioni prevedono la gratuità a determinate fasce di età e di reddito). Eppure l’articolo 4 della 405 (che nel 1975 istituì i consultori) recita: “l’onere delle prescrizioni di prodotti farmaceutici va a carico dell’ente o del servizio cui compete l’assistenza sanitaria” e che “le altre prestazioni previste dal servizio istituito con la presente legge sono gratuite per tutti i cittadini italiani e per gli stranieri residenti o che soggiornino, anche temporaneamente, su territorio italiano”. Eppure in Lombardia paghiamo non solo i contraccettivi ma anche i ticket in consultorio.
Un sostegno indubbiamente trasversale da destra a sinistra a queste compagini, a questa deriva, in una trasversalità di posizioni che si sono appiattite e genuflesse alle logiche di coloro che sin dal 1978 lavorano allo smembramento della legge. In cui le pressioni delle parti sedicenti cattoliche pongono veti e diktat a tutte le altre.
Conosciamo le numerose mozioni no-choice presentate in vari Comuni negli ultimi mesi, al fianco dei manifesti e gonfaloni esposti in varie città italiane.
Trova sempre più conferma la mia tesi. Il moltiplicare le mozioni fotocopia serve ad attirare l’attenzione e spostare le opinioni sulla 194. Un lento e costante lavoro per confondere la popolazione, per demolire piano piano il sostegno al diritto all’autodeterminazione delle donne.
Sono emersi con azioni di questo tipo dopo un lavoro sotto traccia negli anni, sono emersi ora che il clima sentono più favorevole. Sono a mio avviso consapevoli che c’è ancora un po’ di lavoro sull’opinione pubblica da compiere, ma si sentono forti, protetti, a buon punto, sulla buona strada, corroborati da Pillon e Fontana che ha permesso al Congresso di avere il logo della presidenza del Consiglio dei Ministri, nonostante precisazioni.
Sono emersi ma continuano a lavorare sui territori, anche nelle scuole. Mi è capitato di incrociarne un paio in questi giorni, durante un mio seminario sul tema in una scuola superiore, durante la cogestione. Due professori, un uomo e una donna ben indottrinati, più o meno della mia generazione, con i loro Bignami fatti di schemi e risposte preconfezionate, con contenuti similari a quelli delle mozioni no-choice, insieme a tutta una serie di notizie parte della propaganda noscelta, compresa la manipolazione della recente modifica normativa sull’aborto nello stato di New York.
Per noi, la morte di Valentina Milluzzo nel 2016 dovrebbe essere un monito, un segnale dell’estremo rischio per la nostra salute, per tutte le donne in gravidanza che non ricevono adeguate cure e la cui vita viene dopo quella di un feto, che persona ancora non è. Il battito del cuore di una persona, la sua salute, la sua vita sono state messe in secondo piano rispetto al battito cardiaco di due feti di 19 settimane.
Eppure, evidentemente rimuoviamo. Rimuoviamo e tutto scorre via. Ma non è solo una questione di rimozione volontaria o di mancanza di memoria storica, per cui si può addirittura arrivare a sostenere che le donne cattoliche che all’epoca sostennero la legge 194 furono fuorviate da informazioni e stime false. In pratica il grande imbroglio, perché si sa che le donne si fanno facilmente manipolare. A ricordare i fatti, il lavoro trasversale tra le forze politiche e di sintesi che vi fu all’epoca, Livia Turco, che nel suo libro “Per non tornare al buio” – Ediesse 2016, lettura che consiglio. Su ragazzi e ragazze che sono a digiuno su questi temi, che non sanno a volte nemmeno dei consultori, certe argomentazioni dei no-choice hanno un certo effetto.
Negli anni ’70 circolavano testi come “Noi e il nostro corpo – The Boston women’s health book collective” e ci si formava su tutti i temi che riguardavano il proprio corpo, funzionalità, salute, contraccezione, sessualità, gravidanza, parto, IVG, tutti gli aspetti che una donna poteva sperimentare nel corso della propria vita.
In assenza di una informazione laica, di educazione all’affettività e alla sessualità, di conoscenza in materia di salute sessuale e riproduttiva, si innestano questi soggetti, educatori, o anche operatori di consultori confessionali, che fanno terrorismo psicologico addirittura sulla contraccezione, che si dichiarano tranquillamente a favore dell’abolizione della legge 194.
Quindi la soluzione per costoro sarebbe: abolizione della legge 194, niente contraccettivi perché sono rischiosi, ritorno a metodi anticoncezionali con un’elevata inaffidabilità, vita della madre subordinata o equiparata a quella di un embrione/feto. E nel caso non riuscissero ad abrogarla, si continuerà a lavorare allo svuotamento con qualche ritocchino. Sempre il professore in cui mi sono imbattuta, ma la pensa così anche gente che milita a sinistra, sostiene che occorra inserire l’opinione e il coinvolgimento del futuro padre per poter procedere nell’interruzione di gravidanza.
Infatti il senatore Maurizio Gasparri ha lestamente presentato a dicembre il disegno di legge 950 (già proposto nel 1995 dal Movimento per la vita italiano) a proposito di “Modifica dell’articolo 1 del codice civile in materia di riconoscimento della capacità giuridica del concepito”, assegnato alla 2ª Commissione permanente (Giustizia) in sede redigente il 22 dicembre 2018. Il testo è composto da un unico articolo:
“Ogni essere umano ha la capacità giuridica fin dal momento del concepimento. I diritti patrimoniali che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita”.
Per approfondire: qui un’intervista a Monica Cirinnà.
In barba a quanto espresso dalla Corte costituzionale, che nella sentenza n. 27/1975 fu molto chiara nel riconoscere, da un lato, che la tutela del concepito ha valore costituzionale, bilanciando però al tempo stesso il diritto di chi è già persona (la donna) ad autodeterminarsi sul proprio corpo, con il diritto di chi persona “deve ancora diventare” (e cioè l’embrione).
Desumo che non si conosca nemmeno la Piattaforma di Pechino, 1995, che afferma:
“i diritti umani delle donne comprendono il diritto ad avere il controllo e decidere liberamente e responsabilmente sulle questioni relative alla propria sessualità, compresa la salute sessuale e riproduttiva, libere da coercizione, discriminazione e violenza.”
Cosa abbiamo intenzione di fare? Quale risposta politica vogliamo dare?
Torniamo indietro, indietro e non è più sufficiente leggere le testimonianze delle donne prima che venisse legalizzato l’aborto, parlare dei problemi di applicazione della 194, delle obiezioni persino sulla contraccezione ordinaria e di emergenza, perché su tutto sembra calare la cappa soffocante della vulgata dei no-choice che sostiene che le donne usano l’aborto come metodo contraccettivo e che lo fanno con leggerezza. In molti sostengono che l’aborto sia la causa della denatalità italiana. In Italia questa è la narrazione degli antiscelta.
Tra i ragazzi ho trovato interesse al tema, il bisogno di affrontare questo che per loro è visibilmente ancora un tabù, rinviato spesso dagli stessi docenti a data da destinarsi, perché “troppo presto”. A che età, mi chiedo, insegneremo loro a prendersi cura di sé, quando avranno una gravidanza indesiderata o contrarranno una malattia sessualmente trasmissibile? Quando avremo la volontà di tornare a rendere curriculari certi percorsi di consapevolezza, di necessaria conoscenza del proprio corpo? A quando li educheremo a una sessualità consapevole, responsabile, sicura? Eppure, sappiamo che tutto ciò gioverebbe alla loro salute, come dimostra anche un recente studio statunitense. Li lasceremo all’oscuro di tutto, del passato, del presente, dei rischi di arretramento? Diremo loro che tutto va bene, che sono semplicemente le femministe che lanciano allarmi infondati? Li convinceremo che ristabilire “l’ordine naturale” è cosa buona e giusta? Li convinceremo che la legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza non corrisponda a qualcosa di giusto?
Ho incontrato alcuni ragazzi, futuri uomini, che mi hanno dato speranza con le loro argomentazioni, che sento accanto a noi donne nella lotta per la difesa del nostro diritto ad autodeterminarci, alla salute, per non tornare a morire. Mi sento di dire loro grazie, perché nonostante i bombardamenti che ricevono, riescono a non perdere uno sguardo critico.
Visto il clima, mi viene da pensare che la necessità avvertita dagli studenti e dalle studentesse di dedicare due ore della cogestione a un seminario sulla 194 sia nata non solo dall’urgenza di colmare un vuoto, ma anche di avere un’interlocuzione laica, diversa da certe impostazioni, che confondono la dimensione religiosa – la posizione del papa che parla di reato gravissimo – e le norme laiche del nostro Stato.
Io cerco di portare loro la mia esperienza e il mio percorso di donna, porto me stessa, porto le mie scelte. Sono partigiana in questo, ho scelto da che parte stare, perché non c’è più tempo per posizioni tiepide. Perché so che se dovessero riportarci indietro sarebbe terribile. Non posso pensare che la generazione di mia figlia potrebbe non poter contare su tutte le tutele e i diritti su cui ho potuto contare io. Rimbocchiamoci le maniche, cerchiamo di individuare gli ambiti in cui possiamo e dobbiamo intervenire per non lasciare campo aperto a certi soggetti reazionari, lavoriamo nel quotidiano, disveliamo cosa si cela dietro atteggiamenti conniventi o ambigui di soggetti che fanno il doppio gioco e permettono l’avanzata di questi gruppi, non accontentiamoci della rassicurante speranza che “tanto indietro non si torna”. Invece cogliamo l’esortazione di Emma Bonino: “Le giovani difendano i loro diritti da chi vuole fare passi indietro”. C’è chi invoca il ritorno di una legge naturale, antica e divina, eppure se ci guardassimo indietro nella storia scopriremmo aspetti interessanti, da Noi e il nostro corpo, 1971 edizione italiana, pagg. 184-185:
Non dimentichiamo che in virtù di quella “natura” per secoli siamo state depredate del diritto di scelta su tante questioni, anche quelle che riguardavano direttamente il nostro corpo e la nostra vita, subordinate, oggetti controllati a ogni passo, fissate a ruoli funzionali alla perpetuazione del patriarcato, a un destino biologico a cui vorrebbero riportarci.
Potrebbe essere domani il giorno in cui ci potremmo svegliare in un Paese in cui l’unica dimensione tornerà ad essere quella di angeli del focolare, fattrici. Pensiamoci seriamente. Nessuno può decidere sul nostro corpo, imporci la maternità, sottrarci la possibilità di pianificare le nostre vite. Per questo penso, che oltre a manifestare giustamente a Verona contro il congresso vergogna (qui e qui le due iniziative), occorra in qualche modo una mobilitazione capillare e diffusa nei nostri contesti quotidiani, occorre che ciascuno faccia la propria parte, occorre pretendere campagne informative laiche ed educazione sessuale e all’affettività nelle scuole, e last but not least, informarci bene quando andiamo a votare, cercando di evitare i no-choice e altri soggetti reazionari che troviamo in lista. Non permettiamo che il rifiuto dell’autodeterminazione delle donne da parte di questi gruppi ci riporti indietro, ci riporti ad essere percepite come oggetto di controllo e di dominio assoluto maschile, esattamente parte di quella cultura che alimenta la violenza contro le donne. Ricordiamoci sempre della molteplicità delle forme di violenza e non permettiamo che questa avanzata ci trovi impreparate a resistere.
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