Le donne sono un grande serbatoio elettorale di cui tenere conto e la regola delle candidature impone di mettere un uomo e una donna nelle liste elettorali. Una norma che la politica ha imparato, suo malgrado, ad accettare e condividere.
Al Talk condotto sulla 7 da Giovanni Floris, il 23 aprile scorso è andata in onda una brutta pagina della politica attuale.
In quella occasione uno dei vice premier, Luigi Di Maio, ha voluto cogliere l’occasione per presentare le cinque candidate del suo Movimento alle prossime elezioni europee, delle quali preferisco non fare i nomi in questo articolo per rispetto di tutte le altre candidate.
In questa rincorsa al voto, i 5 Stelle hanno senz’altro segnato un punto essendo stati i primi a presentarle agli elettori.
Peccato che, malizia a parte, lo stesso Movimento non abbia mai brillato per una politica di genere.
Solo dopo il convegno sulle famiglie di Verona, qualcosa è stato detto nel merito del ddl Pillon messo sotto pressione da una campagna avviata con forza in ogni sede politica e nelle piazze dalle donne.
L’impegno preso a tutela dei diritti civili acquisiti, il rispetto dell’uguaglianza e della parità è apparso, per il ritardo con cui si espresso, più una contromossa contro l’avversario che una volontà politica.
Le donne però, e ormai dovrebbero saperlo anche i sassi, sono un grande serbatoio elettorale di cui tenere conto e la regola delle candidature impone di mettere un uomo e una donna nelle liste elettorali. Una norma che la politica ha imparato, suo malgrado, ad accettare e condividere.
Per questo, presentarsi con 5 donne capolista come una straordinaria e benevola presa di coscienza del loro valore, una consapevolezza delle loro qualità-cultura-professionalità ecc., ha avuto l’apparenza sgradevole del solito coniglio uscito dal cappello di un banale prestigiatore.
Nessuna magia e nessuna straordinarietà. Un atto dovuto alla rappresentanza del Paese, composta da persone diverse, uguali per diritto.
Ecco perché l’esposizione di cinque donne, cinque trofei accompagnati da un controllore delle loro parole, del dibattito, un suggeritore, una spalla, un capo e un domatore non è stato esemplare.
Presentate come “fenomeni” sotto la coda da pavone di chi le ha “scoperte”, sollevate dalla “polvere”, non è stato concesso loro che la ripetizione di poche parole imboccate, slogan sdoganati da tempo e uno spazio personale inferiore allo zero.
Poco avvezze, lo si vedeva bene, alla politica; timorose, lo si capisce; speranzose di acquisire un ruolo importante sia dal punto di vista politico che personale, le co-protagoniste di quella serata hanno interpretato benissimo il ruolo della piccola fiammiferaia.
Ci sono un ma e un però che ci rendono tuttavia ancora ottimiste.
Perché pensiamo e speriamo che le battaglie perseguite dalle donne, nel tempo e nell’oggi, abbiano sensibilizzato anche le più restie ad una sorellanza di genere. Un concetto che possa dare loro la forza, in caso di elezione, di modificare un atteggiamento privato in favore di una generosità femminile di cui si avverte sempre più il bisogno.
Troppe le donne che abbiamo appoggiato e che ci hanno deluse.
Vogliamo una rappresentanza femminile coerente a se stessa e sensibile ai diversi bisogni delle donne.
Le candidature elettorali sono sempre state piene di stelle, apparentemente di grande luce ma che sono poi sparite come meteore dal nostro mondo.
Perché le donne sono un pianeta, da nutrire e conservare, con cui convivere.