All’appuntamento annuale di “Marina di libri” a Palermo, si è parlato anche di scuole di frontiera e di” presidi coraggio”, quelle che lavorano nelle periferie dimenticate della città.
Quartieri “difficili” dove spesso mancano i servizi essenziali e che rischiano di diventare veri e propri ghetti.
Nel caso del capoluogo siciliano, hanno raccontato la loro esperienza, sei donne che hanno fatto del loro lavoro una missione, supportate da docenti, personale scolastico e spesso dalle stesse famiglie.
Ascoltando le loro testimonianze ci rendiamo conto che fronteggiano situazioni in cui versano tante città italiane.
Lottano ogni giorno contro furti e atti vandalici, rivoluzionano la didattica all’insegna della multiculturalità e della multireligiosità poiché nelle loro scuole la percentuale di alunni di origine straniera è superiore a quella italiana, combattono la dispersione scolastica.
Il loro messaggio è quello che la scuola, in questi quartieri periferici, deve essere uno spazio aperto a tutti e tutte, quindi forte è l’impegno nell’organizzazione di attività extra-scolastiche : gite per conoscere i luoghi e la storia della cultura della propria città, attività sportive e ludiche ma anche gare di lettura e tornei di raccolta differenziata.
Queste” presidi di frontiera” hanno raccontato emozionate che in alcuni casi, le mamme dei loro alunni hanno ripreso i libri in mano, hanno studiato e hanno conseguito lì, nella stessa scuola dei figli, la licenza media.
Ci viene in mente così l’immagine bellissima di queste donne, dirigenti e docenti, che prendono per mano altre donne e le accompagnano in questo cammino.
Una di loro afferma:” La scuola deve essere una calamita di positività, deve anche donare serenità e sorrisi alla gente che vive in questi quartieri disagiati, deve restituire loro sogni”
Ed un’altra:” Nella mia scuola ci sono alunni di 21 nazionalità diverse. Noi lavoriamo per l’accoglienza e per l’integrazione. Troviamo sempre i numerosi punti di contatto tra le varie culture. Gli alunni stranieri sono una ricchezza e la contaminazione può solo fare bene”.